I crimini giapponesi
Ken Ishida
Il problema dei crimini di guerra in Giappone e in Italia. Tre punti di vista comparati*
Come si possono confrontare i crimini di guerra dellâItalia e del Giappone? Limitando la mia argomentazione al tema di questo convengo, cercherò di affrontare il problema da tre diversi punti di vista. Anzitutto, allo scopo di comprendere la ragione per cui furono commessi i crimini di guerra, è opportuno utilizzare una prospettiva di lungo periodo. PoichĂŠ il Giappone e lâItalia, in quanto ultime arrivate tra le potenze imperialiste, utilizzarono metodi simili per controllare le loro colonie oltremare, esaminerò come esse cominciarono ad adottare, fin dallâinizio del ventesimo secolo, metodi brutali per eliminare la resistenza locale. In secondo luogo, poichĂŠ la sensibilitĂ nei confronti dei crimini di guerra è legata al modo in cui la popolazione in Giappone e in Italia si poneva rispetto alle sofferenze causate dalla guerra, accennerò allâatteggiamento adottato in proposito dagli intellettuali giapponesi e italiani negli anni trenta. In terzo luogo, esaminerò la stretta connessione tra i calcoli politici dei vinti e dei vincitori, in rapporto al proscioglimento dei responsabili dei crimini di guerra. Concentrandosi sui processi e le epurazioni successive alla seconda guerra mondiale, è facile trovare nel contesto storico lâorigine dei mancati processi agli autori di tali crimini.
Il primo punto di osservazione concerne le caratteristiche dellâespansione coloniale degli Stati nazionali di nuova indipendenza. Giappone e Italia affrontarono problemi simili quali la presenza di scarse risorse a fronte di una numerosa popolazione in aree rurali scarsamente produttive. Per superare la loro debolezza economica si affrettarono a competere nella corsa coloniale. Tutti coloro che idolatrano le ricchezze delle colonie raccontano solo bugie senza sensi di colpa. Da parte mia, cercherò di fornire una visione di lungo periodo dellâespansione militare di Italia e Giappone, soffermandomi anche su esempi rilevanti di generali aggressivi quali Sadao Araki, Isamu Cho, Pietro Badoglio e Rodolfo Graziani.
Il Giappone, durante la sua prima guerra su larga scala contro la Cina nel 1894, sterminò 30 mila ÂŤcontadini coreani ribelliÂť. Nonostante che, con il trattato di pace del 1895, il Giappone avesse ottenuto lâisola di Formosa, lâesercito giapponese fino al 1915 impiegò 50 mila soldati in una campagna di repressione contro la guerriglia uccidendo 30 mila persone. Tra il 1918 e il 1922, durante la spedizione siberiana, i militari giapponesi sperimentarono unâaltra guerra contro i partigiani. Il generale Sadao Araki, che negli anni Trenta divenne un acceso militarista, fu fautore dellâintervento contro il governo bolscevico e preparò la campagna militare in Siberia. Nel 1919 lâesercito di leva giapponese eseguĂŹ massacri, stupri e incendi per domare il movimento coreano del ÂŤPrimo MarzoÂť. Lâasservimento dei popoli dâoltremare, anche durante la guerra russo-giapponese e la prima guerra mondiale, gettò gradualmente unâombra sui ÂŤrispettosi soldati giapponesiÂť.
Lâimpero giapponese, che aveva la pretesa di essere il fratello maggiore di tutti i popoli asiatici, utilizzava il concetto dello scontro tra razze âdi coloreâ e razze bianche per giustificare la sua espansione nei paesi asiatici vicini. Il complesso dâinferioritĂ nei confronti dellâOccidente alimentò anche la propensione a ricorrere a misure energiche di controllo e a metodi coercitivi verso le popolazioni asiatiche. Dâaltra parte i giapponesi sopravvalutarono il significato delle loro continue vittorie sulla Cina; per questo non riuscirono ad accettare le enormi perdite dovute alla forte resistenza incontrata intorno a Shanghai nel 1937. Da Shanghai a Nanchino, la vendetta sanguinosa si trasformò in un orrendo massacro. I soldati giapponesi, inoltre, vivevano saccheggiando la popolazione cinese, poichĂŠ spesso soffrivano la fame a causa dellâinsufficiente appoggio logistico.
LâItalia fece un ingresso peculiare nellâespansione coloniale con la âdisonorevoleâ esperienza della sconfitta di Adua nel 1896. Le sconfitte strategiche si ripeterono anche durante la campagna libica dal 1911 al 1932. PoichĂŠ lâesercito italiano incontrò la resistenza della guerriglia, commise atrocitĂ contro la popolazione facendo oltre 100 mila vittime. Oltre a far uso dei bombardamenti aerei e dei gas velenosi, il governatore Pietro Badoglio e il generale Rodolfo Graziani deportarono i contadini locali in campi di concentramento circondati da filo spinato dove, secondo le statistiche italiane, tra il 1930 e il 1932 morirono circa 30 mila prigionieri su 80 mila. A Graziani fu affibbiato il soprannome di âmacellaio dâEtiopiaâ, per aver portato ÂŤi capi dissidenti legati mani e piedi a bordo di un aeroplano e [averli gettati] da unâaltezza di diverse migliaia di piedi sugli accampamenti tribaliÂť. Persino dopo il rilascio dai campi di concentramento molti contadini furono costretti a lavorare ÂŤin condizioni di semischiavitڝ per la costruzione di strade e progetti di sviluppo agricolo nellâinteresse dei coloni italiani. La âmissione civilizzatriceâ spazzò via la popolazione locale o la cacciò dalle terre fertili.
In nome della civiltĂ , Emilio De Bono, governatore della Tripolitania, ministro delle Colonie e comandante in capo durante la guerra dâEtiopia, proclamò la liberazione degli schiavi dellâEtiopia settentrionale nellâottobre 1935. Sebbene paragonasse Mussolini ad Abramo Lincoln, molti dei suoi soldati furono reclutati con la forza nelle colonie italiane. La vita di questi soldati di colore era considerata cosĂŹ poco che si dice che Ciano abbia ucciso trentasei ascari dellâesercito italiano bombardandoli per sbaglio.
Come i militari tedeschi che, tra il 1904 e il 1908, avevano perseguito una ÂŤstrategia di sterminioÂť uccidendo la metĂ degli Herero e dei Nama nellâAfrica sud occidentale, una volta promossi al ruolo di generali svolsero poi un ruolo importante negli anni quaranta nella guerra di sterminio contro lâUnione Sovietica, anche molti militari giapponesi e italiani, che avevano condotto spietate guerre coloniali, furono responsabili negli anni trenta e quaranta dellâespansione aggressiva dei loro paesi. Certamente il razzismo bianco della Germania e dellâItalia era diverso dal complesso di superioritĂ giapponese nei confronti della ÂŤfamiglia asiaticaÂť, complesso in base al quale il Giappone avrebbe dovuto castigare i suoi âmaleducati fratelli minoriâ. Tuttavia, non è possibile tracciare una netta distinzione tra la gerarchia delle razze e la visione discriminatoria dei giapponesi nei confronti degli altri asiatici considerati âinferioriâ. Nella loro rapida espansione oltremare, i modelli di crudele escalation militare dellâItalia, del Giappone e della Germania si assomigliavano.
Il generale Sadao Araki patrocinò nel 1931 lâoperazione con cui venne fatta saltare in aria parte della ferrovia della Manciuria del sud, nei pressi di Mukden (cosiddetto Manchurian Incident) attribuendone la colpa ai cinesi, e un gruppo di ÂŤesperti di CinaÂť dellâesercito giapponese organizzò subito dopo un colpo di Stato con lâobiettivo di farlo diventare primo ministro. Uno dei cospiratori, Isamu Cho, che avrebbe dovuto essere nominato soprintendente generale nel progettato gabinetto Araki, fu uno dei principali responsabili delle atrocitĂ di Nanchino nel 1937.
Studenti âpatriotticiâ giapponesi, tra cui i seguaci del generale Araki, furono inviati a Nanchino da undici universitĂ con il compito di uccidere i cinesi, come se si trattasse di unâattivitĂ accademica. Essi non si sentivano per nulla colpevoli, perchĂŠ credevano fermamente nella onestĂ dellâesercito giapponese. Il militarismo fanatico mise radici in Giappone anche perchĂŠ â circa ogni dieci anni a partire dal 1895 â il paese intraprese guerre e azioni violente di repressione contro i suoi vicini dâoltremare. Campagne militari condotte con grande crudeltĂ possono facilmente essere trasferite allâinterno del paese. CosĂŹ quando nel 1945 il generale Cho divenne capo di Stato Maggiore con il compito di difendere dal nemico le isole di Okinawa, anche molti civili giapponesi furono assassinati in suicidi collettivi coatti o nel corso delle operazioni suicide da lui volute.
Sia Badoglio sia Graziani ricorsero allâuso di gas velenosi e a bombardamenti indiscriminati nella guerra dâEtiopia dal 1935 al 1936, cosĂŹ come lâesercito giapponese utilizzò i gas in Cina dopo lo...