1. Alla ricerca del canone. Glosse, commenti e letteratura normativa sul genere bucolica
1. Il dialogo, l’ecloga e l’epistola
Tra le opinioni critiche tese a svalutare i testi bucolici medievali ve ne sono alcune che, formulate dal Carrara più di un secolo fa, vengono ancora riproposte da qualche studioso, nonostante l’approccio alla letteratura medievale sia cambiato notevolmente di segno nel corso del Novecento. Negli studi moderni, tra i problemi avvertiti con maggiore urgenza vi è l’uso ambiguo del termine “ecloga” e il rapporto tra poesia pastorale, dialogo e forma epistolare. Il vocabolo ecloga deriva dal greco e designa, nel mondo latino, l’estratto di un’opera oppure, più spesso, un breve componimento poetico. Per questo motivo, forse, si cominciò ad utilizzarlo in relazione all’opera virgiliana, riferendolo però alle singole composizioni, in quanto Bucolica indicava il libro nel suo complesso. Bucolica infatti non è mai usato al singolare, se non con valore collettivo: era necessario un termine che corrispondesse al singolo componimento e fosse «meno generico e polisemico di carmen (fra l’altro compromesso con la lirica»).
Rapida è la diffusione dell’uso di ecloga relativamente all’opera virgiliana. Se ne registrano numerose occorrenze già nei primi commentatori: da una parte il titolo collettivo usato per le Bucoliche negli esemplari tardoantichi di Virgilio ha decretato la scomparsa dei titoli dei singoli componimenti, probabilmente originali, ancora noti a Donato e Servio, dall’altra, con l’incremento della fortuna delle Bucoliche, la parola “ecloga” finisce quasi per assumere un senso antonomastico, legandosi definitivamente all’opera di Virgilio e al carattere precipuo di queste composizioni. “Ecloga” quindi viene ascritto al mondo pastorale in maniera esplicita attraverso una paretimologia, come accade nella Vita Gudina:
egloga dicitur quasi egaloga, quia ega dicitur capra, logos, sermo; inde egloga dicitur sermo de capris.
Il progressivo saldarsi alla tradizione delle Bucoliche virgiliane fa sì che nel medioevo il termine “ecloga” subisca un ulteriore arricchimento semantico che la avvicina a uno degli elementi connotativi della poesia bucolica, il canto amebeo, pur non vincolandola necessariamente a un contesto strettamente pastorale, come si legge nel Liber Glossarum:
egloga: pars carminis que definit auctor seu scriptor quasi interlocutio dragmatico caractere inducitur, cantiones in carminibus.
Questa accezione, che tiene conto dell’aspetto formale ma non definisce un particolare genere di composizione, si affianca all’altra, sempre più connotata sul piano dei contenuti bucolici. Per questo motivo un testo dialogico o drammatizzato ‒ anche se non bucolico ‒ può essere benissimo designato come egloga durante il medioevo. La polisemia del vocabolo ecloga, di cui noi moderni abbiamo smarrito la percezione, ha alimentato alcuni pregiudizi critici relativamente alla bucolica mediolatina: la presenza di numerose ecloghe non pertinenti al genere pastorale ha fatto ritenere che nel medioevo si fosse perduta ogni sensibilità di discernimento relativa a questo genere letterario.
Altrettanto dibattuto è il legame tra il conflictus, il contrasto e la bucolica. Secondo alcuni come Hedberg, Godman o Schmidt il conflictus sarebbe un genere letterario che si sviluppa a partire dall’età carolingia proprio perché legato all’insegnamento della retorica e trae i suoi modelli dalle declamationes e dalle controversiae di origine classica. Negli studi che valorizzano la componente colta del conflictus, questo viene inteso come un portato della cultura scolastica, creato nella scuola e per la scuola, che trova i suoi modelli nelle dispute didattiche o nella bucolica antica. Secondo altre prospettive critiche, il conflictus (come suo parallelo volgare) si sviluppa dalla contaminazione di forme colte e temi popolari insieme, così come avviene all’interno del testo alcuiniano sull’inverno e la primavera, in cui si notano elementi della tradizione classica (il contesto bucolico) mescolati con altri di derivazione chiaramente popolareggiante, come l’arrivo della primavera, inscenato allegoricamente dalla sconfitta dell’inverno e sancito dal ritorno del cuculo, due temi frequenti nella produzione folklorica nordeuropea. Il peso della lezione bucolica virgiliana nella tradizione dei conflictus non è in discussione, ed è pacifico anche per Peter Stozt,; lo studioso però ne sottolinea la contaminazione con altre esperienze di tipo retorico e forense, quali le dispute filosofiche che venivano organizzate in posti molto simili ai loca amoena pastorali e potrebbero avere influito sull’ambientazione vagamente bucolica tratteggiata spesso nella cornice narrativa del conflictus. Mentre per la bucolica la componente paesistica fa parte della struttura organante del testo, in alcuni conflictus essa è molto meno rilevante, per cui viene tratteggiata per essere trascurata ‒ dopo poche righe – in funzione dell’agone vero e proprio. Certo, come ricorda Schmidt, le ecloghe «con i loro agones drammatici tra pastori devono essere state un modello di non trascurabile importanza», tuttavia nei conflictus medievali vengono...