I Longobardi e la storia
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I Longobardi e la storia

Un percorso attraverso le fonti

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I Longobardi e la storia

Un percorso attraverso le fonti

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Compiere Un percorso attraverso le fonti per la storia dei Longobardi significa esplorare i modi con i quali la storia dei Longobardi è stata costruita. Il volume procede in ordine cronologico, dal più antico autore di storie sopra i Longobardi (Procopio di Cesarea) fino al più recente (Paolo Diacono), tentando di offrire uno strumento che consenta di osservare quanto si muove dietro il palcoscenico.Non Fonti per la storia dei Longobardi, né Storia dei Longobardi, ma, semplicemente, I Longobardi e la storia.

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Information

Paolo Cesaretti
I Longobardi di Procopio23*
«I Longobardi sono quasi del tutto rimasti in ombra a Bisanzio».
Con queste parole, enunciate ammettendo una punta di «delusione», Paolo Lamma (1915-1961) iniziava il suo saggio Sulla fortuna dei Longobardi nella storiografia bizantina.24 Lo scritto nacque da un’occasione congressuale del 1951, ma a distanza di tempo lo cogliamo come perfettamente allineato agli interessi profondi dello studioso, nell’ottica di quella considerazione storico-culturale dei rapporti tra Oriente e Occidente medievale alla quale egli dedicò tanti contributi, dal parallelo studio su Teoderico nella storiografia bizantina25 all’ancora imprescindibile Comneni e Staufer,26 quest’ultimo dedicato a tempi ben più avanzati rispetto all’alto medioevo, che era stato privilegiato oggetto di ricerca dei suoi primissimi scritti.
A Lamma, ormai più di mezzo secolo fa, non premeva tanto risolvere problemi storiografici, per esempio in merito alle relazioni bizantino-longobarde,27 quanto «ricostruire le linee di una “fortuna”»28 che giungeva sino a Costantino Porfirogenito. In questa prospettiva, il primo autore bizantino cui Lamma dava considerazione e voce era Procopio di Cesarea, cui dedicava una pagina corredata da una lunga nota e interpretando le notizie offerte dallo storico di Cesarea come una «trattazione esauriente».29 Lamma rimarcava l’attenzione geografica di Procopio per la precisa localizzazione dei Longobardi («una delle forze che premono sul Danubio attorno a Sirmio», ambito che lo studioso definiva «punto delicato», «linea di frattura» tra Oriente e Occidente).30 Segnalava anche la coscienza procopiana della valenza strategica di quella localizzazione, in un’area fitta di contatti con altre popolazioni e gravida di sviluppi ora pacifici ora bellici (esemplare il caso dei rapporti tra i Longobardi e i Gepidi), che per le loro «ripercussioni rapidissime e inopinate» possono coinvolgere l’impero tutto, la sua prosperità complessiva.31
Passando dalla fase descrittiva a quella più propriamente interpretativa, Procopio è scorto da Lamma come portatore di velate ma tenaci accuse all’imperatore (ciò che oggi chiamiamo Kaiserkritik32), in merito non solo alle situazioni locali ma a tutta la politica occidentale.33 Nell’ottica procopiana ricostruita dal Lamma, i favori che Giustiniano non lesina ai Longobardi si mostrano, difatti, vani, perché alla fine ciò che prevale è il «ricostruirsi dell’unità barbarica, con grave pericolo per Bisanzio».34 Non gioca assolutamente a favore, scrive il Lamma, l’opzione “cattolica” dei Longobardi, chiaramente espressa da Procopio, che potrebbe eventualmente indurre a una loro idealizzazione in qualità di «barbari buoni».35
Nell’immagine dei Longobardi presentata dallo storico di Cesarea esisterebbe inoltre, secondo il Lamma, una “sottotraccia” consistente nella specifica funzionalizzazione militare dei Longobardi al seguito (e, aggiungiamo, al soldo) dell’impero, ciò che viene a coincidere essenzialmente con il loro impiego da parte dei Romani nell’ambito della guerra gotica in Italia. Si precisa così lo statuto non tanto ambiguo quanto duplice che i Longobardi verranno «ad assumere per un certo periodo nella tradizione storica bizantina»: ora «popolazione secondaria da contrapporre ad altre in un logorio di guerre intestine» (oltre confine), ora «riserva di ausiliari per la guerra su tutti i fronti».36
Quando poi Lamma scrive che «in fondo c’è una possibilità di trovare nei Longobardi quello che più tardi si volle vedere nei Franchi»,37 egli allude implicitamente alla «simpatia per i barbari Franchi» che egli stesso scorse in Agazia,38 lanciando dunque un ponte di collegamento che oggi definiremmo intertestuale verso i successivi sviluppi della storiografia di Bisanzio39 ma anche prefigurando successivi orientamenti della critica, particolarmente sensibile, specie in anni recenti, ai temi relativi all’immagine dell’altro nelle fonti letterarie, con studi che coniugano sensibilità letteraria e competenza storica a elementi di analisi antropologica.40
Dopo Procopio, e già ai tempi di Agazia, con i Longobardi dominanti su tanta parte di quell’Italia che i Romani di Costantinopoli avevano appena e faticosamente sottratta ai Goti – Longobardi ora connotati religiosamente come “ariani” – ben diverse percezioni sarebbero nate.41 E sull’ipotesi di una mutata immagine dei Longobardi a Bisanzio dopo il 568 in cui Alboin ad Italiam venit (HL II 7) insistette particolarmente un saggio dello studioso bulgaro Ivan Dujčev, presentato in occasione delle giornate di studio del 1971 sulla cultura longobarda in Europa.42 All’interno di un’ampia trattazione relativa al rapporto tra Bizantini e Longobardi, egli interpretava e contestualizzava la testimonianza di Procopio nei termini di una dinamica e di una problematica diverse da quelle del Lamma. Per Dujčev il 568 fungeva da spartiacque fra i due tempi della valutazione dei Longobardi da parte della cultura bizantina (con tutti i limiti relativi a una siffatta generalizzazione). Il primo momento – anteriore all’invasione – è da lui ritenuto decisamente favorevole ai Longobardi, interpretati come validi alleati dell’impero contro i Goti: Procopio è ai suoi occhi il campione di questo atteggiamento, per cui Dujčev non teme di usare più volte termini come «simpatia», «predilezione», «favore».43 Dopo il 568 la percezione, come si diceva, cambierebbe e i Longobardi verrebbero messi in luce meno propizia, propendendo il favore bizantino, invece, verso i Franchi anche perché cattolici. L’osservazione è forse troppo univoca, e non solo perché – Lamma lo adombrava; nel prosieguo di questo scritto cercheremo di evidenziarlo – i Longobardi di Procopio non sono così irreprensibili come Dujčev sembra presentarceli. Per converso, in testi successivi al 569 – per esempio nel De administrando imperio, manuale di politica estera di...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Colophon
  5. Premessa
  6. Francesco Mores, Introduzione
  7. Paolo Cesaretti, I Longobardi di Procopio
  8. Francesco Lo Monaco, Dai Fasti a Fredegario
  9. Walter Pohl, Origo gentis Langobardorum
  10. Francesco Mores, Come lavorava Paolo Diacono
  11. Bibliografia
  12. Indice dei nomi, dei luoghi e delle cose notevoli
  13. Indice delle fonti
  14. Quarta di copertina