L’emigrazione italiana ebraica, intellettuale e antifascista negli Stati Uniti
Francesco Bello
L’attività politica e culturale di Bruno Zevi tra Italia e Stati Uniti
L’intento di questo saggio introduttivo non è certo quello di sintetizzare gli interventi presenti in questo volume; tale operazione rischierebbe di apparire tanto inutile quanto rischiosa. Il suo scopo, invece, è quello di delineare al lettore la dimensione problematica dell’attività politico-culturale di uno dei maggiori rappresentanti dell’architettura italiana del Novecento. Nel corso degli anni la critica ha ampiamente ricostruito e analizzato l’opera di Bruno Zevi come critico e storico dell’architettura. La sua figura di militante antifascista all’estero e di intellettuale anticomunista non è stata invece, nel suo complesso, argomento di un’indagine approfondita, nonostante l’importanza assunta sia durante il periodo dell’esilio americano, sia all’interno del panorama culturale italiano del secondo dopoguerra. L’obiettivo del presente lavoro collettaneo è appunto quello di approfondire, nell’arco cronologico che va dal 1940, anno dell’esilio, alla metà degli anni Cinquanta, i diversi aspetti della biografia intellettuale di Zevi alla luce della disponibilità di nuove fonti archivistiche. Grazie a queste, infatti, è possibile avanzare nuove domande storiografiche e formulare rinnovate interpretazioni, mettendo in relazione due aspetti e momenti storici cruciali per il nostro paese: l’emigrazione politica e razziale negli Stati Uniti e lo sviluppo delle relazioni culturali italo-statunitensi alla fine della seconda guerra mondiale. Alle origini dello scontro bipolare, l’Italia, infatti, da nazione sconfitta divenne agli occhi degli americani un alleato indispensabile non solo per la difesa dei confini dell’Europa occidentale ma anche nel contenimento del comunismo europeo sul piano della physiological warfare.
L’esilio negli Stati Uniti e l’inizio di una nuova esperienza professionale e politica
Bruno Zevi nacque a Roma il 22 gennaio del 1918 da una famiglia benestante di antica origine ebraica dedita al sapere tecnico e scientifico. Il padre Guido ebbe un posto di prestigio come ingegnere capo nell’amministrazione del sindaco Ernesto Nathan (1907-1913) e fu vicepresidente dell’Unione delle Comunità israelitiche italiane (1933-1940). Zevi frequentò il Liceo Tasso di Roma con buoni profitti. Le conoscenze nate tra i banchi di scuola gli procurarono le prime esperienze di impegno politico: nel 1934 frequentò il Circolo giovanile di cultura moderna fondato da Mario Alicata, che si riunì settimanalmente per circa due anni proprio a casa del futuro esponente comunista. Durante il periodo liceale manifestò la sua inclinazione verso l’architettura lavorando alla stesura e alla pubblicazione di un articolo che esprimeva una serie di interessi concettuali che sarebbero stati ampliati e approfonditi in seguito, sulla rivista «Anno XIII», il periodico studentesco diretto da Vittorio Mussolini, figlio del duce, e redatto da Ruggero Zangrandi. Si iscrisse nel 1936 alla Facoltà di Architettura di Roma e partecipò ai Littoriali di Napoli del 1937 con Alicata e Paolo Alatri. L’anno seguente aderì ai Gruppi universitari fascisti (GUF) e vinse i Prelittoriali di Roma nella categoria convegni per la sezione «Studi di critica letteraria e artistica», con una relazione dal titolo Caratteri di un’arte fascista che derivi i suoi motivi e la sua essenza dalla grande tradizione italiana. Fu tra i partecipanti, inoltre, dei Littoriali di Palermo del ’38 e gli venne conferita, nello stesso anno, la medaglia di bronzo della Fondazione Mario Palanti, intitolata a Benito Mussolini, come miglior studente iscritto alla Facoltà di Architettura. Nel marzo del ’39 Zevi si trasferì a Londra per iscriversi ai corsi del terzo anno presso la School of Architecture dell’Architectural Association.
La pubblicazione del Manifesto della razza nel luglio del ’38 e la legislazione antiebraica emanata nel novembre successivo mutarono senza appello alcuno la condizione degli ebrei, cogliendo di sorpresa quei settori del mondo ebraico italiano che, come la famiglia Zevi, non avevano manifestato alcuna forma di dissenso nei confronti del regime mussoliniano. Guido, infatti, venne ricevuto diverse volte dallo stesso Mussolini durante il ventennio e gli sottopose un piano urbanistico, con lo scopo di ridurre il traffico nelle principali arterie della capitale. Benché il giovane Bruno avesse potuto completare gli studi sulla base di una deroga per gli studenti italiani e stranieri già iscritti a corsi universitari nel 1937-38, la promulgazione delle leggi razziali lo spinse a lasciare l’Italia, all’inizio solo temporaneamente, non solo alla ricerca di una possibile futura occupazione, perché una volta laureato non avrebbe potuto esercitare alcuna professione, ma anche nella prospettiva di poter maturare un’esperienza che avrebbe di certo contribuito ad ampliare i suoi orizzonti professionali.
Nella capitale inglese frequentò con una certa intensità Carlo Ludovico Ragghianti, personalità di spicco della cultura italiana antifascista all’estero. Fu proprio il critico d’arte esule a Londra a metterlo in contatto con i principali esponenti del gruppo di Giustizia e Libertà, quali Alberto Cianca, Lionello e Franco Venturi, Emilio Lussu, Aldo Garosci, che incontrò a Parigi nel gennaio del 1940. Iniziò così a consolidarsi l’identità politico-culturale del giovane Zevi, in seguito alle leggi del ’38: da una parte la passione per l’architettura e la sua storia, consolidatasi già durante il periodo liceale e universitario, e dall’altra l’adesione al movimento antifascista socialista e liberale di Carlo Rosselli. Il precipitare degli eventi in Europa, dovuto all’avvio del secondo conflitto mondiale, cambiò il destino di Zevi. Decise infine di trasferirsi definitivamente negli USA. Dopo una breve sosta a Roma, il 21 febbraio del 1940 si imbarcò da Napoli con un biglietto di prima classe sul Conte di Savoia per New York. I contatti maturati nei mesi precedenti, prima di assumere la definitiva decisione di lascia...