L'universo quantistico svelato
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L'universo quantistico svelato

(e perché cadiamo attraverso il pavimento)

Brian Cox, Jeff Forshaw

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L'universo quantistico svelato

(e perché cadiamo attraverso il pavimento)

Brian Cox, Jeff Forshaw

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Con accattivante chiarezza e un entusiasmo contagioso gli autori, Brian Cox e Jeff Forshaw, si confrontano con la meccanica quantistica, una delle teorie fisiche più affascinanti, ma notoriamente ostica al grande pubblico. Semplicemente: cos'è la meccanica quantistica? Come si lega con le teorie di Newton e Einstein? E soprattutto, come facciamo a essere certi che sia una teoria valida? Il regno subatomico vanta una reputazione ambigua, sospesa tra la capacità di previsioni concrete e sbalorditive sul mondo che ci circonda, e la genesi di innumerevoli malintesi. Nell'Universo quantistico svelato, Cox e Foshaw fanno piazza pulita di ogni confusione, offrendo un approccio illuminante e accessibile al mondo della meccanica quantistica, mostrando non solo cos'è e come funziona, ma anche perché è così importante.

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Information

Publisher
Hoepli
Year
2021
ISBN
9788836005697

Epilogo: la morte delle stelle

Quando le stelle muoiono, molte diventano sfere super-dense di materia nucleare mescolata con un mare di elettroni, note come nane bianche. Questo sarà il destino del nostro Sole una volta terminato il propellente nucleare, tra circa 5 miliardi di anni. Sarà anche il destino di oltre il 95% delle stelle della nostra galassia. Usando soltanto penna, carta e un po’ d’intelletto, per queste stelle possiamo calcolare la massa più grande possibile. Il calcolo, eseguito per la prima volta da Subrahmanyan Chandrasekhar nel 1930, utilizza la teoria quantistica e la relatività per arrivare a due precise previsioni. Innanzitutto che degli oggetti come le stelle nane bianche devono esistere: cioè una sfera di materia tenuta in vita contro la forza distruttiva della sua stessa gravità dal principio di esclusione di Pauli. Secondo, che distogliendo la nostra attenzione dai fogli di carta con i nostri appunti teorici, rivolgendo lo sguardo verso il cielo notturno non vedremo mai una nana bianca con una massa più grande di 1,4 volte la massa del nostro Sole. Sono previsioni spettacolarmente ambiziose.
Oggi gli astronomi hanno catalogato circa 10.000 nane bianche. La maggior parte ha massa intorno a 0,6 masse solari, ma la più grande mai osservata è appena sotto 1,4 masse solari. Questo numero da solo, “1,4”, è il trionfo del metodo scientifico. Riguarda la comprensione della fisica nucleare, della meccanica quantistica e della teoria della relatività speciale di Einstein, un intreccio affascinante della fisica del Ventesimo secolo. Al calcolo concorrono anche le costanti fondamentali della natura che abbiamo incontrato in questo libro. Prima della fine di questo capitolo impareremo che il limite superiore di massa è determinato dal rapporto:
Guardate con attenzione quanto abbiamo appena scritto: dipende dalla costante di Planck, dalla velocità della luce, dalla costante gravitazionale di Newton e dalla massa del protone. È magnifico che si possa esprimere l’estremo superiore della massa di una stella che muore usando questa combinazione di costanti fondamentali. La triplice combinazione di gravità, relatività e del quanto di azione nel rapporto (hc/G)1/2 si chiama massa di Planck; mettendo i numeri dentro la relazione troviamo che vale circa 55 microgrammi, più o meno la massa di un granello di sabbia. Così, la massa di Chandrasekhar, in modo piuttosto sorprendente, si ottiene considerando due masse, la prima dell’ordine di un granello di sabbia e l’altra è la massa del protone. Da questi due numeri piccolissimi viene fuori una nuova fondamentale scala di massa in natura: la massa di una stella che muore.
Potremmo presentare un’ampia panoramica di come si arriva alla massa di Chandrasekhar, invece vorremmo fare qualcosa di più: descriveremo il vero calcolo, una cosa da brividi lungo la schiena. Arriveremo a un passo dal valutare il numero preciso (1,4 masse solari), ma ci avvicineremo vedendo come il fisico professionista raggiunge conclusioni profonde avventurandosi in una sequenza di passi logici sviluppati con cura, invocando lungo il cammino principi fisici ben noti. Nessun atto di fede. Invece, manterremo i nervi saldi e in modo lento ma inesorabile raggiungeremo il più eccitante dei risultati.
Il nostro punto di partenza sarà: “Cos’è una stella?” Con ottima approssimazione, l’universo visibile è composto da idrogeno ed elio, i due elementi più semplici formatisi nei primi minuti dopo il Big Bang. Dopo circa mezzo miliardo di anni di espansione, l’universo era abbastanza freddo da permettere che, nell’enorme nuvola di gas, alcune regioni leggermente più dense cominciassero ad aggregarsi sotto l’effetto della loro stessa gravità. Erano i semi delle galassie e, dentro di queste, attorno ad ammassi più piccoli, le stelle cominciarono a formarsi.
Nelle proto-stelle, durante il collasso su loro stesse, il gas diventò sempre più caldo, come può facilmente intuire chiunque abbia usato una pompa da bicicletta: un gas in compressione, infatti, si riscalda. Raggiungendo la temperatura di circa 100.000 gradi, gli elettroni non restano più legati alle orbite intorno ai nuclei di idrogeno ed elio, così gli atomi si spezzano creando un plasma di nuclei ed elettroni. Il gas rovente cerca di espandersi verso l’esterno resistendo a un ulteriore collasso, tuttavia, per ammassi abbastanza massivi, la gravità continua a dominare. Avendo i protoni carica positiva, si respingeranno tra loro; inoltre, con il persistere del collasso gravitazionale e con l’innalzamento della temperatura, i protoni accelerano sempre più. Raggiunta la temperatura di parecchi milioni di gradi, i protoni si muovono così veloci da avvicinarsi a sufficienza per sentire gli effetti della forza nucleare debole. A quel punto due protoni possono interagire tra loro; uno si trasforma spontaneamente in un neutrone con l’emissione contemporanea di un positrone e di un neutrino (illustrato in Figura 11.3 del capitolo precedente). Liberati dalla repulsione elettrica, il protone e il neutrone si fondono attraverso l’azione della forza nucleare forte formando un deutone. Questo processo rilascia grandi quantità d’energia per via della formazione di un legame tra le particelle, proprio come nel caso della molecola d’idrogeno.
L’energia rilasciata da una singola fusione non è grande per gli standard della vita quotidiana. Un milione di reazioni di fusione protone-protone genera grossomodo una quantità di energia pari a quella di una lampadina da 100 watt in un nanosecondo, oppure all’energia cinetica di una zanzara in volo. Tuttavia, è una quantità enorme su scala atomica e, ricordate, stiamo parlando del cuore denso di una nuvola di gas in collasso, dove ci sono circa 1026 protoni per centimetro cubico. Se si fondessero tutti in deutoni, si libererebbero 1031 joule di energia, abbastanza per alimentare una piccola città per tutto un anno.
La fusione di due protoni in un deutone è l’inizio di un grande festival di fusione. Il deutone stesso si fonde allegramente con un terzo protone creando una versione leggera dell’elio (detta elio-3), con l’emissione di un fotone, e i nuclei di elio si accoppiano per fondersi in nucleo di elio normale (elio-4), con l’emissione di due protoni. A ogni passo, i processi di fusione liberano sempre maggiore energia. Inoltre, i positroni emessi all’inizio di questa catena si fondono rapidamente con gli elettroni del plasma circostante emettendo coppie di fotoni. Tutta l’energia liberata crea un gas caldo di fotoni, elettroni e nuclei che si oppone alla spinta verso l’interno e arresta l’ulteriore collasso gravitazionale. Questa è una stella: la fusione nucleare brucia il propellente del nucleo stellare, generando una pressione verso l’esterno che stabilizza la stella contro il collasso per gravità.
Ovviamente c’è soltanto una quantità limitata di propellente a idrogeno disponibile per la fusione, e a un certo punto finisce. Con l’arresto del rilascio di energia si estingue anche la pressione verso l’esterno, la gravità riprende di nuovo il controllo della situazione e la stella riprende il suo collasso, ritardato di qualche tempo. Se la stella è abbastanza massiva, il nucleo si riscalderà fino a una temperatura di circa 100 milioni di gradi. A quel punto, si accende l’elio, prodotto dalla fase di combustione dell’idrogeno, che si fonde per produrre carbonio e ossigeno: il collasso gravitazionale è di nuovo temporaneamente compensato.
Ma cosa succede se la stella non è abbastanza massiva da innescare la fusione dell’elio? È il caso delle stelle con massa inferiore a metà di una massa solare, attese da un destino davvero incredibile. La stella, contraendosi, si riscalda, ma prima che il nucleo raggiunga i 100 milioni di gradi qualcos’altro arresta il collasso: la pressione esercitata dagli elettroni dovuta all’effetto del principio di esclusione di Pauli. Come abbiamo imparato, il principio di Pauli è cruciale per capire come gli atomi rimangano stabili, ed è basilare per tutte le proprietà della materia. Ecco un’altra freccia per il suo arco: riesce a spiegare l’esistenza di stelle compatte che sopravvivono nonostante l’impossibilità di bruciare ulteriore propellente nucleare. Come funziona?
Nella fase di compressione della stella gli elettroni sono confinati in un volume sempre minore. Ragioniamo su un elettrone nella stella in termini del suo momento p e della lunghezza d’onda di de Broglie associata, h/p. In particolare, la particella può essere sempre descritta solo da un pacchetto d’onda esteso almeno quanto la lunghezza d’onda associata.1 Ciò significa che, quando la stella è abbastanza densa, gli elettroni si sovrappongono, e non è possibile descriverli con un pacchetto d’onda isolato. Di conseguenza, gli effetti quantistici, e il principio di Pauli in particolare, diventano importantissimi nella descrizione degli elettroni. Nello specifico, sono compressi insieme fino al punto in cui due elettroni cercheranno di occupare la stessa regione dello spazio, cosa a cui opporranno resistenza per via del principio di Pauli. Perciò, in una stella morente gli elettroni si evitano generando una rigidità che si oppone all’ulteriore collasso gravitazionale.
Questo è il destino delle stelle più leggere, ma cosa accade a stelle grandi come il nostro Sole? Le abbiamo lasciate un paio di paragrafi indietro intente a bruciare elio trasformandolo in carbonio e in ossigeno. Ma una volta terminato l’elio? Ricomincia il collasso per gravità e, di conseguenza, anche gli elettroni vengono schiacciati. Allora, come per le stelle più leggere, entra in scena il principio di Pauli fermando il collasso. Ma per queste stelle più massive anche il principio di esclusione di Pauli ha i suoi limiti. Con il collasso stellare e la compressione degli elettroni, il nucleo si scalda ancora e gli elettroni stessi diventano più veloci. Per stelle abbastanza pesanti, la velocità degli elettroni si avvicina a quella della luce, e qui accade qualcosa di nuovo. In prossimità della velocità della luce, la pressione elettronica si riduce a tal punto da non essere più in grado di opporre resistenza al collasso per gravità. Semplicemente, la spinta gravitazionale non si pareggia più e il collasso riprende. Il compito di questo capitolo è di calcolare quando ciò avviene, visto che abbiamo già anticipato la conclusione finale. Per stelle con masse più grandi di 1,4 masse solari gli elettroni perdono e la gravità vince.
Adesso la panoramica che getta le basi del nostro calcolo è completa. Possiamo procedere dimenticando ogni cosa sulla fusione nucleare, che per le stelle che stanno bruciando non ha più alcun interesse. Invece, vogliamo capire cosa accade dentro le stelle morte. Vogliamo vedere come la pressione quantistica degli elettroni c...

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