Il codice del terzo settore - Seconda edizione
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Il codice del terzo settore - Seconda edizione

Commento al D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 Seconda edizione aggiornata con il DM 15 settembre 2020 (Definizione delle procedure di iscrizione degli enti, delle modalità di deposito degli atti, delle regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione

Marilena Gorgoni

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Commento al D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 Seconda edizione aggiornata con il DM 15 settembre 2020 (Definizione delle procedure di iscrizione degli enti, delle modalità di deposito degli atti, delle regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione

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Il Codice del Terzo settore coinvolge il diritto civile contemporaneo, il diritto dell'economia, il diritto del lavoro, il diritto tributario e il diritto pubblico. Infatti, la trasversalità è la cifra dell'approccio del legislatore e, di conseguenza, la multisciplinarietà è la caratteristica di questo volume, giunto alla sua seconda edizione, riuscito nell'intento di coniugare l'analisi lucida ed approfondita dei tanti istituti chiamati in causa con l'attenzione costante rivolta alle implicazioni operative. Tale connotazione ne fa uno strumento di approfondimento, ma anche una guida pratica in grado di soddisfare, quindi, le esigenze dello studioso e quelle del professionista. Anche chi presta la propria opera all'interno del variegato mondo del terzo settore troverà nel volume una risposta concreta a dubbi e domande. Questa seconda edizione mantiene immutati i caratteri della prima – stessa partizione interna degli argomenti e stessi autori – e fa tesoro delle esperienze di concreta applicazione del Codice, mettendone in risalto le criticità ed i punti di forza. Soprattutto si confronta con le modifiche e le integrazioni che ne hanno interessato l'impianto originario e con i decreti attuativi nel frattempo adottati. Di particolare impatto si rivela l'adozione dell'atteso decreto RUNTS con le implicazioni che tagliano trasversalmente una molteplicità di profili (costituzione, controlli, preservazione dell'autonomia e accountability degli ETS; attuazione dell'art. 118 Cost.).

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Information

Year
2021
ISBN
9788833793375
Topic
Droit
Subtopic
Droit civil
DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE IN GENERALE
(ARTT. 1-16)

IL CODICE DEL TERZO SETTORE TRA LUCI ED OMBRE

Marilena Gorgoni
A Maria Eletta Martini
SOMMARIO: 1. L’impronta costituente del Terzo settore, la deriva statalista e l’avanzamento del mercato. – 1.1. Il Terzo settore as a whole. – 1.2. Nomina sunt consequentia rerum. – 1.3. L’ombra del mercato. – 1.4. L’effetto di svuotamento del Codice civile. – 2. Il perché e il come del Codice del Terzo settore. – 3. Le esclusioni, totali, parziali, sui generis. – 4. Di alcune discutibili scelte sistematiche. – 4.1. Enti del Terzo settore che hanno una disciplina particolare nei limiti della compatibilità. – 5. Attività di interesse generale e la triade finalistica. – 6. Rapporti del Codice del Terzo settore con la libertà di associazione. – 6.1. Enti di diritto comune e Terzo settore.

1. L’impronta costituente del Terzo Settore, la deriva statalista e l’avanzamento del mercato.

1.1. Il Terzo settore as a whole.

La scelta di superare, attribuendo esclusivamente al primato di un codice (di settore1), il groviglio della “fantasiosa”2 legislazione speciale in tema di enti non profit3 e, al contempo, di recepire – rispondendo ad una diffusa domanda di modernizzazione del Libro primo del Codice civile4 – alcune spinte innovative già rivestitesi di tipicità sociale5, ha prodotto, a cascata, una pluralità di effetti, apprezzabili su diversi piani.
Il primo riflesso è di matrice culturale, avendo fatto sì che l’interesse privatistico per gli enti collettivi tornasse centrale, dopo un lungo periodo, durato un ventennio, in cui occuparsene “equivaleva a nuotare in un arcipelago al di fuori delle acque del diritto privato. La dottrina […] si specializzava in accattivanti scritti di carattere socio-economico ovvero ripercorreva l’avito percorso delle idee elaborate attorno alla personalità giuridica e agli istituti connessi, come il patrimonio separato”6 e sugli enti del Terzo settore calava una “cortina di fumo”7. Ad ogni modo, non va sottaciuto che anche da questo angolo prospettico il Codice “è solo un punto di partenza”, giacché alla legislazione è necessario affiancare una “teoria giuridica che consenta di elaborare un vero e proprio, autonomo “diritto vivente” del Terzo settore, di pari dignità rispetto a quelli aventi ad oggetto altre tipologie di enti giuridici”8.
Un altro dato su cui per lo più si conviene è che il Terzo settore e gli enti del Terzo settore non possano più essere considerati una categoria interpretativa9, essendo divenuti a tutti gli effetti una categoria (anche) normativa per molti versi nuova e destinata a rivestire un ruolo tutt’altro che marginale10.
Non solo: il legislatore non sembra si sia limitato a disciplinare gli enti del Terzo settore, ma ha trattato il Terzo settore – in sé e per sé considerato – quale coprotagonista della vita economica e sociale, collocato accanto allo Stato ed al Mercato. Ha avuto in mente, insomma, un territorio di intervento più ampio, dimostrando di concepire il Terzo settore as a whole, collegato simbioticamente con l’economia sociale di Mercato11 (o economia civile, come pure da taluno viene definita) che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, che intinge nel neoliberismo, nel neowelfarismo liberale (il quale, a sua volta, ha sintetizzato il welfare misto e quello comunitario)12 e nella dottrina sociale della Chiesa13 ed ammicca alla responsabilità sociale dell’impresa, intesa come vocazione anche culturale ad andare oltre ai vincoli e agli obblighi formali per mettere al centro (dell’impresa) la persona e per promuovere il mercato dei valori14. Insomma, ha immaginato e, quindi, dato forma ad un ordinamento civile tripolare, i cui poli sono rappresentati dallo Stato, dal Mercato e dal Terzo settore15, sostituendo la concezione definita emergentista a quella additivista degli Enti del Terzo Settore16.
Un riconoscimento significativo, in tal senso, viene dalla Corte Costituzionale che, con la decisione n. 131 del 26 giugno 202017, ha sottolineato il rilievo costituzionale delle implicazioni di sistema derivanti dal riconoscimento della profonda socialità che connota la persona umana e della sua possibilità di realizzare una azione positiva e responsabile solidale. Il che conforta quella parte della letteratura specialistica che pone l’accento sulla base costituzionale del nuovo diritto del terzo settore18.
Riguardato da una prospettiva sociologica, il Terzo settore così inteso è, a tutti gli effetti, un soggetto sociale, cioè “un attore societario autonomo, portatore di una specifica identità e cultura, come tale distinto dagli altri e indispensabile per l’intera società”19, con valori di riferimento specifici, regole proprie e una peculiare capacità di gestione amministrativa, con la disponibilità di un autonomo codice simbolico, fatto di reciprocità, di fiducia, di solidarietà, di dono, di appartenenza e in grado di produrre un esito precipuo: un outcome, cioè un risultato, piuttosto che un output, vale a dire un prodotto.
Ebbene, in una prospettiva di mero sociologismo, cioè di tentativo di spiegare il sociale solo con il sociale, sarebbe inconcepibile per tale soggetto manifestare l’attitudine ad identificarsi con il soggetto giuridico, nel senso che se è vero che l’interesse generale è rappresentato dal Terzo settore, è difficile considerarlo titolare dello stesso. Meglio pensare ad esso non come soggetto giuridico, bensì come una “modalità rappresentativa” che “conserva identità solo sociologica” con funzione organizzativa delle libertà sociali20.
Del resto, devono farsi i conti con la tendenza a considerare la sociologia una disciplina puramente interpretativa, più vicina alla letteratura o al movimentismo giuridico che non ai canoni della scientificità; il che l’ha resa una scienza zoppa21: eppure da tempo gli studi sociologici si avvalgono della sintesi di una pluralità di approcci epistemologici al diritto; dal canto loro, anche i giuristi chiamano in soccorso le scienze sociali, giacché “il diritto è anche sempre il diritto della società. Ciò significa che il soggetto giuridico è prodotto dal soggetto sociale”22. Se così è, potrebbe dirsi che il Terzo settore da soggetto sociale (prius) sia divenuto soggetto giuridico (posterius)23.
Il codice avrebbe, dunque, dato prova di aver superato la precedente difficoltà regolativa di un fenomeno socioeconomico caratterizzato da mobilità e da ontologica flessibilità24.
Che si stesse andando in quest’ultima direzione è dimostrato anche dall’interpretazione evolutiva delle categorie produttive, di cui si è resa protagonista la giurisprudenza amministrativa. Sono significative due vicende che hanno riguardato la composizione del CNEL. La Cgil e il Collegio nazionale degli Agrotecnici avevano avanzato il sospetto che la presenza, all’interno del CNEL, di rappresentanti del volontariato e del privato sociale fosse costituzionalmente illegittima. Con due pronunce, il Tar del Lazio ha chiarito che la locuzione ‘categorie produttive’ adoperata dall’art. 99 Cost. va sottoposta ad una interpretazione evolutiva, perché non si può negare che le organizzazioni non profit rappresentino una componente sicuramente rilevante per l’economia del paese. Alla possibilità di configurarle quali categorie produttive aventi titolo a partecipare ad un organo come il CNEL, che ha l’iniziativa legislativa e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale, non è d’ostacolo la “circostanza che, di massima, esse utilizzino […] gli eventuali proventi conseguiti anziché distribuirli come profitti o dividendi”, giacché ciò “non le priva della funzione produttiva di servizi e, in genere, di utilità sociale, le quali costituiscono, per la collettività nazionale, una ricchezza di rilievo raffrontabile con quella prodotta dai settori primari e secondari, e dei servizi retribuiti”25.
Certo, non è tutto oro ciò che riluce. Se sia oppure no opportuno disporre di una definizione univoca e condivisa di Terzo settore (il where it is) distinta da quella dagli enti del Terzo settore (il who they are) è da dimostrare, ma che la scelta del legislatore sia andata in questa direzione è testimoniato da alcuni dati che non sono, di norma, oggetto di attenzione, neppure in chiave critica: il riconoscimento normativo del volontariato individuale26 (su cui cfr. infra Sanna), il “travaso” anzi l’avvenuta spalmatura – con alcuni aggiustamenti incrementali resisi necessari per inserire nello stesso contenitore una pluralità di enti, prima divisi e competitivi – di alcune caratteristiche, ritenute prerogative, anzi caratteri esclusivi, del volontariato (es. l’originalità) (su cui cfr. Greco), l’atteggiamento meno rigido rispetto all’impiego in senso sociale dell’impresa27.
Si era discusso in controluce di un problema, solo parzialmente analogo, quando ci si era chiesti se il legislatore ...

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