La Guerriglia
I
Elementi Generali
La guerriglia è una forma di lotta prevalentemente offensiva (anche se spesso persegue finalità nettamente difensive), con la quale intere popolazioni o aliquote di esse, sfruttando l’aiuto diretto o indiretto di un esercito amico, tendono ad arrecare, col concorso di svariate attività clandestine, il maggior danno possibile all’avversario, intaccandolo nelle sue forze militari, nelle sue istituzioni civili, nel suo potenziale bellico, nelle sue riserve economiche, nel suo morale.
Nel campo tattico, la guerriglia non si manifesta con azioni di massa, neanche quando ambiente e circostanze particolari favoriscono il concentramento di numerose unità; è sempre invece, una lotta episodica, che può aumentare di intensità e in estensione, ma non evadere dal ristretto campo dell’azione minuta contro obbiettivi limitati e poco robusti.
Può manifestarsi durante un conflitto armato fra due o piú belligeranti; e in tal caso si svolge di preferenza nella zona degli eserciti operanti, immediatamente alle spalle o sulle linee di comunicazione di uno degli avversari, oppure, meno di frequente, in zone lontane; quasi sempre però nei territori che sono stati occupati nel corso delle operazione di guerra o che sono contesi.
Può manifestarsi in tempo di pace, e in tale caso si svolge dove condizioni ambientali e motivi ideologici ne favoriscono lo sviluppo; di preferenza nelle zone di confine, dove piú direttamente e piú efficacemente può alimentarla l’aiuto esterno.
La guerriglia non è mai fine a se stessa; al contrario, si propone sempre di favorire, direttamente o indirettamente la riuscita di un’altra azione, che è quella determinante. E cioè, per esempio;
1) in guerra: delle operazioni di un esercito (il proprio o l’alleato), dal quale attende la battaglia decisiva per la soluzione del conflitto;
2) in pace: dell’azione politica – interna o esterna – che dovrà portare all’insurrezione generale o all’intervento armato straniero, per la conquista del potere o per il diverso assetto di territori contesi.
Collegata a normali operazioni di guerra, ha lo scopo di:
1) ostacolare l’attività dell’avversario, tenendolo costantemente in allarme e infliggendogli continue perdite negli uomini e nei mezzi;
2) costringere il nemico a grandi e reiterati spiegamenti di forze, che sono cosí sottratte alle operazioni sulla fronte e logorate per l’effetto dei continui spostamenti;
3) creare al nemico le piú difficili condizioni di vita su un determinato territorio, costringendolo ad abbandonarlo o quanto meno a richiudersi nei grandi centri e a rinunziare al conseguimento (in tutto od in parte) dei suoi obiettivi: sfruttamento economico del Paese, annessione o colonizzazione, creazione di basi logistiche per alimentare operazioni belliche in corso, ecc.;
4) procacciarsi il maggior numero possibile d’informazioni per trasmetterle al comando dell’esercito amico;
5) partecipare alle operazioni di quest’ultimo con azione diretta sul tergo del comune avversario o sul suo sistema operativo e logistico.
Organizzata in tempo di pace o in previsione di un prossimo conflitto, in determinate zone di territorio nazionale o coloniale, preferibilmente di confine, col concorso di elementi locali asserviti, la guerriglia può tendere a:
1) logorare l’organizzazione civile e militare esistente;
2) creare una situazione locale atta a giustificare l’intervento armato dello straniero;
3) agevolare la penetrazione delle forze di questo ultimo;
4) condurre col concorso di circostanze favorevoli – indirettamente ma praticamente – alla perdita dei territori considerati.
Organizzata, in pace o in guerra, per provocare la caduta di un determinato regime politico o la sostituzione di questo con un altro – portata cioè sul piano della “guerra civile” – la guerriglia può prefiggersi di:
1) minare il morale delle forze regolari, arrecando ad esse continua molestia e infliggendo ripetuti scacchi;
2) ledere il prestigio del governo, sottraendo alla sua autorità e al controllo delle sue forze armate zone sempre piú vaste di territorio nazionale, in modo da potervi costituire un governo di parte, che serva a legalizzare la guerriglia e a darle un carattere nazionale;
3) trasformare a poco a poco l’azione isolata ed episodica in vere e proprie operazioni di guerra, dando vita a un esercito di insorti da contrapporre a quello regolare;
4) condurre contro forze straniere, eventualmente intervenute a sostegno del governo legittimo, una lotta spietata e implacabile, sí da rendere impossibile la vita o, per lo meno, tenerle in soggezione;
5) estendere e approfondire sempre piú il movimento in tutto il territorio nazionale e in tutti gli strati della popolazione, in modo da accelerare il processo di disintegrazione delle forze e dei poteri governativi;
6) guadagnare il favore delle masse, sempre disposte a tollerare il piú forte e in ultima analisi a proteggerlo e a seguirlo;
7) provocare, preparare e condurre l’insurrezione generale. Gli sforzi organizzatori tendono sempre a:
1) realizzare un comando unico di tutte le forze partecipanti alla guerriglia;
2) mantenere uno stretto e costante collegamento fra il comando di questo e quello dell’esercito amico (in caso di guerra).
Ciò nonostante, la guerriglia ha scarse possibilità di successo se perde il consenso delle popolazioni in mezzo alle quali deve operare.
La sua vera forza, che è quella morale, le proviene dal popolo che la sostiene, la alimenta e la protegge.
Particolare cura è posta da parte di tutti i guerriglieri – capi e gregari –, specie quando sono costretti ad agire in zone diverse dalle loro basi, nel non alienarsi la simpatia e l’appoggio delle popolazioni locali, con manifestazioni di intolleranza, prepotenza e disonestà. Piú che dalle armi del nemico, la guerriglia potrebbe essere stroncata dalla diffidenza e dall’ostilità delle popolazioni; le quali, dopo tutto, sono proprio quelle che sopportano di questo genere di guerra i danni maggiori. Su di esse il nemico, costretto a sospettare di tutti, reagisce quasi sempre indiscriminatamente.
Allorché la guerriglia crede di poter fare a meno del favore delle popolazioni, essa può vincerne l’ostilità soltanto col terrore e lo sterminio.
Si entra quindi nel caso della “guerra civile”, condotta da stranieri o da traditori al soldo dello straniero, costretti ad agire allo scoperto. Cosa questa che può rendere piú agevole il compito delle truppe regolari impegnate contro la guerriglia.
La guerriglia deve inoltre operare con scopi precisi, concentrando le azioni su obiettivi redditizi e importanti ed evitando atti di scarso interesse.
Ciò richiede la conoscenza perfetta dell’ambiente (terreno, popolazioni, nemico, ecc.).
Presupposto quindi di ogni attività di guerriglia è il funzionamento di un accurato servizio informazioni.
La guerriglia può svolgersi in qualunque ambiente geografico. Tuttavia l’ambiente è quello che:
1) offre sicuro asilo e sufficienti risorse alle unità che la svolgono;
2) permette di beneficiare del favore delle popolazioni tra le quali può scegliere con facilità gli elementi adatti – per particolare mentalità e attitudini – a rinforzare le sue file;
3) consente di sviluppare moventi ideologici e correnti tradizionali di ostilità locali verso le forze occupanti o le autorità governative;
4) favorisce le azioni delle piccole unità guerrigliere, ostacolando nel contempo, per insufficienza di strade e di risorse, la vita, il movimento e la manovra di grosse unità avversarie, specie le motorizzate;
5) consente di usufruire di una buona copertura dall’osservazione aerea; rende gravosa, per deficiente rete di comunicazioni e vastità di territorio, l’alimentazione delle forze nemiche.
La natura del terreno influisce perciò notevolmente sull’andamento e sulla riuscita delle operazioni.
Particolarmente adatto è il terreno coperto, rotto e scarsamente abitato; per cui i tipici ambienti della guerriglia sono: la montagna, la foresta, la palude, le vaste pianure a coltivazione intensiva costellate di boschi e di acquitrini.
Ma soprattutto la montagna. È nella montagna che la guerriglia nasce e si consolida, perché solamente quivi, per la sicurezza che il terreno offre, è possibile ai guerriglieri di concentrare le loro forze.
È nella montagna che essa conserva le sue basi quando, non trovando obiettivi adeguati alla sua consistenza e alle sue possibilità deve scendere al piano per operare.
Il piano e, per riferirsi ai nostri ambienti geografici, piú che il piano, la campagna ricca di strade e di abitati, disperde le forze della guerriglia, alle quali non offre larga possibilità di rifugio, e le costringe ad assumere formazioni piú minute che, pur essendo idonee ad agire su obiettivi di grande rendimento (come la campagna offre sempre), devono essere riunite e inquadrate allorché si tratta di compiere azioni di forza a piú ampio respiro.
Ciò impone un adeguato funzionamento di comandi, collegamenti, mezzi di trasporto, ecc., che solo un’accurata organizzazione centrale e periferica, tecnicamente perfetta, può consentire. Impone inoltre la presenza di comandanti minori capaci di stabilire un affiatamento perfetto con la popolazione locale.
La città accentua ancor piú le difficoltà. Le formazioni della guerriglia diventano qui ancor piú sottili, essendo la città il regno della lotta clandestina e quindi del nucleo.
In città e nelle zone densamente popolate la guerriglia cambia totalmente di fisionomia; essa perde la sua caratteristica operativa per limitare la sua azione al rispetto del ristretto campo dell’attentato e del sabotaggio.
L’intensità della guerriglia non è mai costante. Essa fa seguire a periodi di attività, periodi di attesa e di preparazione.
I periodi di attesa sono nella maggior parte dei casi imposti da condizioni climatiche avverse oppure, durante un conflitto, da necessità strategiche, per le quali il Comando dell’esercito amico può ordinare la sospensione della guerriglia in tutto il territorio interessato o in una certa sua parte.
La preparazione è necessaria specie quando da una organizzazione embrionale, quale può essere quella che caratterizza il movimento spontaneo della popolazione di un Paese occupato, si debba passare alla creazione di formazioni consistenti, atte a rappresentare un peso notevole nella lotta intrapresa, ma anche necessarie a evitare lo sfasciamento delle unità e la dispersione delle energie insufficientemente convogliate e sfruttate.
Attese e preparazioni, tuttavia, non possono essere lunghe. Il peggior nemico della guerriglia è il tempo. Stasi lunghe sono fonte di dubbi, scoraggiamenti, stanchezze, defezioni; che per essere combattuti hanno bisogno di un’azione di propaganda continua, insistente, appropriata.
Nei periodi di attesa le forze della guerriglia non possono smobilitare.
La guerriglia giustifica la sua esistenza con la continuità delle sue azioni. Se un’attività si arresta, essa ha finito di esistere; tutto il lavoro compiuto è disperso e grandi diventano per l’avversario le probabilità di averne completamente ragione.
I guerriglieri, d’altro canto, non possono deporre le armi sia pure con l’intenzione di adunarsi in tempi migliori e combattere ancora. A casa, li attenderebbe, con molta probabilità, l’arresto e la morte.
Ma talvolta l’attesa è inevitabile, specie in montagna, dove può essere imposta da semplici ragioni climatiche.
Se la montagna è abitata, le formazioni si ...