Liberazione o morte
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Liberazione o morte

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Studioso profondamente attento alle dinamiche popolari, fondò la prima facoltà di sociologia in Colombia. Uomo profondamente religioso, vestì l'abito talare interpretando in modo radicale il messaggio di giustizia sociale insito nel Vangelo. Come marxista, non esitò a compiere una scelta decisiva: arruolarsi nell'Esercito di Liberazione Nazionale per offrire se stesso alla causa della Rivoluzione. Tutto questo appartiene alla straordinaria biografia di Camilo Torres (1929-1966): una vita spesa lottando al fianco degli ultimi della Terra e condensata in un testo di rara potenza come Liberazione o morte. Nella convinzione che "se Gesù fosse vivo sarebbe nella guerriglia" (postfazione di Giuseppe Ranieri)

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Information

INTRODUZIONE

La sua voce si levò per chiamare il popolo, a prepararsi alla gran lotta finale.
Nella storia dell’umanità, sono esistiti degli uomini che per il loro valore, per la loro intelligenza, per la loro integrità, hanno prestato servigi immensi nella lotta sociale dei popoli.
È stato soprattutto quando la lotta ha assunto caratteri definitivi e una direzione precisa verso il conseguimento di obiettivi rivoluzionari tendenti a cambiare strutture caduche e a instaurare idee e strutture sociali che meglio si accordassero con gli interessi popolari, soprattutto allora è successo che quegli uomini eccezionali hanno dato il loro apporto più valido. Alcuni hanno con la loro intelligenza orientato lo sviluppo di questo cambiamento, hanno formulato le basi ideologicamente corrette della lotta e degli obiettivi. Altri hanno speso il loro valore, la loro audacia e le loro capacità militari e politiche per condurre le forze popolari al conseguimento di tali obiettivi.
Gli uni e gli altri occupano nel cuore dei popoli un posto a parte, mentre l’eredità del loro pensiero e della loro azione resta intatta nei successi del popolo.
Nell’America Latina il ricordo e l’esempio dei nostri primi eroi, sia di quelli che si posero alla testa del popolo nella sua lotta contro l’impero spagnolo, sia di quelli che l’hanno sollevato in epoca più recente contro l’imperialismo nordamericano, ancora oggi esercitano la loro influenza e sono di sprone nel suscitare un nuovo movimento di ribellione.
La lotta non conclusa si ravviva oggi attraverso tutta la nostra America. Uomini nuovi sono all’avanguardia alla testa dei nostri popoli. Altri già hanno segnato la via con la traccia del loro sangue. Uomini eccezionali come Luis de la Puente, Guillermo Lobatón, Fabricio Ojeda, Camilo Torres, Luis Augusto Turcios Lima figurano ormai nella storia della lotta di liberazione americana. Valorosi suscitatori e protagonisti della lotta rivoluzionaria antimperialista, le loro idee, il loro esempio eroico hanno ormai oltrepassato i confini dei propri paesi e sono oggi raccolti dai popoli di tutto il continente.
A prima vista, sembra cosa sorprendente che il ricordo di ciascuno di loro possa fondersi in un unico ricordo e che nominandone uno, si rievochi la memoria di tutti gli altri; ma il fatto è che il loro pensiero, la loro azione forma qualcosa di unico e univoco, che non si può distinguere e separare: è la lotta di tutti i popoli latinoamericani per la liberazione nazionale.
Morendo, esaltando con il loro martirio gli ideali per i quali lottarono, non sono morti per il popolo di un solo paese, ma si sono immolati per tutti i popoli oppressi.
Dai loro eroi e condottieri caduti combattendo, i nostri popoli hanno molto da imparare. Il loro contributo è patrimonio dì tutto il popolo e non può essere separato dalla sua lotta. Ecco perché libri come questo, da cui si può comprendere chiaramente il pensiero politico rivoluzionario di uno di questi figli martiri della nostra America, hanno grande importanza: la divulgazione di queste idee è infatti di somma utilità per una migliore comprensione del processo rivoluzionario. Così da Camilo Torres Restrepo, il sacerdote-guerrigliero, l’eroico dirigente rivoluzionario, caduto in combattimento per la liberazione del popolo colombiano – e quindi di tutti i popoli nostri – hanno molto da imparare tutti i rivoluzionari.
Perché Camilo fu un rivoluzionario e un patriota completo. Sempre, da quando si gettò nella lotta rivoluzionaria, seppe anteporre a qualunque interesse personale, di gruppo e in qualsiasi circostanza, l’interesse del popolo e la Rivoluzione.
Tutta la sua vita di rivoluzionario è un luminoso esempio di come il destino di un dirigente si identifichi con quello del suo popolo. Camilo, oltre che sacerdote cattolico, era sociologo e dal 1959 si trovava in servizio all’Universidad Nacional, dapprima come cappellano e in seguito come professore universitario. Il suo rovello di indagatore della realtà sociale lo spinse a occuparsi dell’analisi dei profondi cambiamenti introdotti nella società colombiana dalla violenza che, scatenata dall’oligarchia, s’abbatté sulle zone contadine dopo il ’47.
Nel corso di tali studi entrò in contatto con le popolazioni delle zone maggiormente colpite e attraverso di esse cominciò a conoscere i terribili mali causati al popolo dallo sfruttamento dell’oligarchia, ossia le varie forme che questo sfruttamento assume nei diversi strati della società e gli strumenti di cui la borghesia si avvale per esercitarlo. Tutto ciò lo portò a comprendere la necessità di realizzare radicali cambiamenti di ordine sociale, economico e politico; cambiamenti che dovevano partire dall’iniziativa della maggioranza del popolo, per condurlo all’indispensabile presa del potere.
Queste conclusioni da lui raggiunte e che comunicava ai suoi allievi, suscitando una naturale agitazione nel mondo studentesco, aiutandolo a comprendere meglio il suo ruolo all’interno della società e dando un senso al suo anticonformismo, era logico che non tornassero gradite all’alta gerarchia ecclesiastica, né alla minoranza oligarchica che deteneva il potere. Per questa ragione, al fine di allontanarlo dall’Università e dal paese, gli proposero di recarsi in Europa a proseguire i suoi studi.
Ma in Camilo ormai l’inquietudine intellettuale aveva trovato il suo sbocco nella convinzione rivoluzionaria. Respinse l’offerta e il 22 maggio 1965 proclamò al popolo una piattaforma unitaria chiamandolo a organizzarsi in un Fronte unito, a lottare, per la conquista di obiettivi rivoluzionari e per la presa del potere. Quando Camilo si getta nella lotta politica, nelle campagne della Colombia già si combatte. Sin dall’anno precedente i contadini di Marquetalia si sono raggruppati in distaccamenti guerriglieri per far fronte all’aggressione dell’esercito. D’altra parte, il 7 gennaio 1965 ha fatto la sua apparizione a Simacota, l’Esercitò di liberazione nazionale con una chiara linea rivoluzionaria: sviluppare la lotta armata fino a strappare il potere all’oligarchia.
La crisi politica permanente del regime si è acuita: il peso dello sfruttamento opprime il popolo in modo insopportabile; l’intervento imperialista si fa sempre più sfacciato, instaurando tutte quelle condizioni economiche, sociali e politiche che in uguale misura affliggono i popoli dell’intero continente latinoamericano. Ma nonostante l’esistenza di tutti questi fattori favorevoli al processo rivoluzionario, i partiti colombiani di sinistra non hanno preso coscienza di tali possibilità o non hanno voluto affrontare fino in fondo la questione e i compiti della rivoluzione.
Alcune organizzazioni, formate soprattutto da elementi giovanili, da vari anni professavano la lotta armata come unica via rivoluzionaria, ma senza staccarsi dal piano teorico, senza calarsi nella pratica; anzi consumavano risorse, tempo ed energie in polemiche che si allontanavano dalla realtà nazionale e non facevano che seminare confusione tra il popolo.
Gli altri partiti rivoluzionari, alleati alle forze di sinistra dei partiti ufficiali, rimanevano ostinatamente attaccati agli stessi metodi, alle stesse forme di lotta perseguiti per tanti anni e la cui inefficacia era stata ampiamente comprovata. Per loro l’esperienza storica del popolo colombiano pareva essere passata invano. Continuavano a puntare tutto sulla lotta elettorale, che rimaneva il centro delle loro attività politiche col beneplacito della borghesia dominante e dell’imperialismo.
Il popolo, da parte sua, mostrava di possedere una visione più ampia e profonda e una maggior decisione che non i dirigenti degli stessi partiti rivoluzionari. Lo aveva manifestato alle elezioni del 1964, attraverso un’astensione massiccia che raggiunse il 64%. E continuava a manifestarlo nella crescente combattività degli scioperi studenteschi e operai e nella risposta armata dei contadini all’aggressione governativa.
In contrasto con gli atteggiamenti indecisi ed errati dei partiti, l’Esercito di liberazione nazionale continuava la sua azione armata rivoluzionaria.
Camilo entra, dunque, nell’attività rivoluzionaria in un momento in cui nelle classi popolari ci si rivolge verso una nuova concezione della lotta: la lotta armata.
All’inizio Camilo si appoggia a quel settore popolare cui è più legato, ossia gli studenti. Ma presto le sue tesi e le sue impostazioni oltrepassano i confini universitari e si diffondono fra le masse operaie e contadine di tutto il paese. In pochi mesi visita un gran numero di città e villaggi, dialogando con il popolo, organizzando i comandi del Fronte unito, spiegando chiaramente alle popolazioni le ragioni della loro miseria, denunciandone i veri responsabili: l’oligarchia e l’imperialismo e indicando loro un obiettivo concreto, ovvero la presa del potere. Camilo sa quale importanza ha per la rivoluzione l’unione del popolo, di tutti coloro che sono contro l’oligarchia e che ormai non credono più nelle sue promesse, visto che non l’appoggiano alle elezioni aspirando a un cambiamento radicale. Questa grande massa, che è poi la maggioranza della popolazione, era mantenuta divisa proprio dall’oligarchia per indebolirla e creare al suo interno contraddizioni che finivano per favorire unicamente l’oligarchia stessa. II Fronte unito ricerca invece l’unità, senza distinzione né di partito né di religione né di qualsiasi altro genere, distinzioni che finirebbero per dividere il popolo.
«Dobbiamo richiamare tutto ciò che ci unisce e respingere tutto ciò che ci separa» diceva Camilo, e poi aggiungeva: «Non perdiamo il tempo a discutere se l’anima è immortale quando sappiamo che la fame, questa sì che è mortale».
Per merito suo, nel Fronte unito si riunirono conservatori e liberali, comunisti e cristiani, operai, contadini e studenti, che avevano in comune lo stesso nemico: l’oligarchia e l’imperialismo sfruttatore.
Mai prima di allora era esistito in Colombia un movimento che in così poco tempo fosse riuscito a polarizzare verso un obiettivo rivoluzionario strati tanto ampi della popolazione. Dovunque andasse Camilo, le piazze si riempivano. Il settimanale «Frente Unido», sotto la sua direzione, dava al popolo l’orientamento e la guida per la lotta. Attraverso quel giornale indirizzò a tutti i settori popolari, ai cristiani, ai comunisti, ai non allineati, ai sindacalisti, ai contadini, alle donne, agli studenti, ai disoccupati, ai prigionieri politici, i suoi famosi «Messaggi» nei quali analizzava la situazione di ciascuno di tali settori e il ruolo che avrebbero dovuto svolgere nella lotta ormai iniziata. E perfino l’oligarchia fu accusata delle colpe per le quali sarebbe stata spazzata via dal popolo.
Un fervore incontenibile si notava nei sempre più stretti vincoli che legavano la maggioranza alla lotta rivoluzionaria.
L’oligarchia, che agli inizi si era ingannata nei confronti di Camilo credendolo un uomo politico come tutti gli altri, della stessa risma cioè di quelli che era abituata a corrompere assumendoli al proprio servizio, s’accorse ben presto dell’errore. Quando vide che il popolo si mobilitava dietro di lui, quando comprese che ciò che lui proponeva era veramente una rivoluzione, e che egli non avrebbe mai tradito il popolo, cominciò a perseguitarlo. Avvalendosi della legge di stato di assedio vigente nel paese, proibì le sue manifestazioni. Ma né il popolo né Camilo si piegarono a questo arbitrio e le assemblee popolari continuarono a svolgersi come prima. Allora il regime impiegò la forza pubblica, perseguitò e incarcerò i rivoluzionari, e fra questi lo stesso Camilo, che fu arrestato e percosso dalla polizia nelle cittadine di Medellín e Girardot.
Nello stesso tempo fu impedita la circolazione del settimanale «Frente Unido» attraverso scandalose pressioni esercitate dallo stesso governo sulla società editoriale che lo pubblicava.
Ma gli attacchi contro il Fronte unito e contro Camilo non provenivano soltanto dall’oligarchia. Le direzioni dei partiti di opposizione e rivoluzionari, che lo stesso Camilo aveva chiamato a far parte del Fronte, cominciarono a manifestare un’insofferenza per alcune delle sue proposte, insofferenza che venne aumentando progressivamente, man mano che si avvicinavano le elezioni per il cambiamento di governo, fino a costringere la maggioranza di questi partiti a separarsi dal Fronte unito. Ma non si trattava di divergenze tra gruppi che perseguivano lo stesso scopo rivoluzionario. Al contrario, le posizioni di quelle direzioni erano capitolarde e il loro collegamento con il Fronte unito opportunista. Era successo in realtà che anche loro, nel valutare ciò che rappresentava Camilo, avevano preso un abbaglio.
Quando videro che le masse lo seguivano, che il popolo si polarizzava attorno alle sue proposte rivoluzionarie, temettero per il loro capitale di voti e pensarono che un buon sistema per aumentare il numero di suffragi alle loro liste fosse quello di appoggiare Camilo e di sfruttare il Fronte unito a proprio vantaggio.
Ma poi, quando si accorsero che egli non si sarebbe presentato alle elezioni, che non avrebbe favorito la divisione del popolo presentandosi candidato a elezioni manipolate dall’oligarchia per garantire il trionfo dei suoi rappresentanti, che insomma non si sarebbe prestato a fare il gioco dell’oligarchia, subito si unirono, in forma più o meno velata al coro delle ingiurie e delle accuse orchestrato contro Camilo.
Mentre dunque questi partiti chiamavano demagogicamente il popolo alle votazioni, Camilo esponeva esplicitamente il suo pensiero riguardo alle elezioni.
Egli per principio era cosciente che l’oligarchia non avrebbe concesso pacificamente il potere alla maggioranza, e che il popolo avrebbe dovuto conquistarselo ricorrendo alle armi. Questa convinzione, lungi dall’essere frutto di un giudizio affrettato, era anzi motivata dalla sua conoscenza profonda della realtà nazionale e delle esperienze vissute dal popolo nel corso di lunghi anni di lotta.
Nei giorni 6 e 7 luglio 1965 avvenne il primo contatto tra Camilo e la direzione dell’Eln, e da questo storico colloquio derivarono una serie di accordi e di analisi della situazione nazionale che com’è noto avrebbero dato un impulso alla lotta rivoluzionaria. C’era già una straordinaria identità tra il pensiero di Camilo e i principi dell’Eln. Dopo l’unità sui propositi, si attuò l’unità sui metodi. Lo sviluppo stesso degli avvenimenti, originato dalla crescente agitazione popolare che Camilo aveva fatto sorgere, gli servì per poter spiegare al popolo, con mezzi eccezionali, i cambiamenti che le nuove condizioni ormai esigevano, nell’ambito della sua concezione della lotta rivoluzionaria. Così, quando il regime incominciò a reprimere le assemblee pubbliche, avvertì il popolo, col messaggio intitolato Perché non vado alle elezioni, che l’oligarchia non cederebbe mai il potere sotto la sola pressione della volontà popolare. Poi, nel messaggio Ai non allineati, lo mise all’erta contro l’arma fondamentale usata dall’oligarchia per frustrare le sue lotte: la violenza reazionaria. Lo esortò a premunirsi adeguatamente per contrastare le armi dell’oligarchia; e nel caso che questa riuscisse ad assassinare lui, Torres, a prepararsi a seguire parole d’ordine precise: «La prima è di ritirarsi nella campagna e di non dar battaglia in città. La seconda, di non esercitare alcuna azione offensiva finché non esiste un’organizzazione nelle campagne in grado di sostenerla».
Quando l’oligarchia accent...

Table of contents

  1. Collana
  2. Colophon
  3. Frontespizio
  4. Introduzione
  5. Piattaforma rivoluzionaria
  6. Possibilità della sinistra
  7. Lettere di Camilo Torres a Fabio Vásquez
  8. Messaggio ai cristiani
  9. Messaggio ai comunisti
  10. Messaggio ai militari
  11. Messaggio ai non allineati
  12. Messaggio ai sindacalisti
  13. Messaggio ai contadini
  14. Editoriale
  15. Messaggio alle donne
  16. Editoriale
  17. Messaggio agli studenti
  18. Messaggio ai disoccupati
  19. Messaggio al Fronte unito del popolo
  20. Messaggio ai detenuti politici
  21. Messaggio all’oligarchia
  22. Dalle montagne
  23. Postfazione
  24. Indice
  25. Red star e-book