Anarchia o socialismo?
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Anarchia o socialismo?

Iosif V. Stalin

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Anarchia o socialismo?

Iosif V. Stalin

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Scritti per il periodico «Akhali Tskhovreba» («Vita Nuova») e pubblicati tra il giugno e il luglio del 1906, gli articoli che compongono il saggio Anarchia o socialismo? consentono a Stalin di affrontare il cuore di una polemica mai risolta all'interno della sinistra rivoluzionaria e di sottolineare la supremazia del marxismo non soltanto da un punto di vista filosofico, ma anche come ideologia inscindibile dalla classe a cui spetta il compito storico di cambiare lo stato di cose presenti.

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ANARCHIA O SOCIALISMO?

La lotta di classe è il cardine della vita sociale moderna. Ma nel corso di questa lotta ogni classe è diretta dalla sua ideologia. La borghesia ha la sua ideologia: il cosiddetto liberalismo. Anche il proletariato ha la sua ideologia: essa, com’è noto, è il socialismo.
Non si deve considerare il liberalismo come un tutto unico e indivisibile: esso si suddivide in varie tendenze corrispondenti ai diversi strati della borghesia.
Neppure il socialismo è un tutto unico e indivisibile: anche nel suo seno esistono varie tendenze.
Non staremo qui ad esaminare il liberalismo; è meglio rinviare questo esame a un altro momento. Vogliamo far conoscere al lettore soltanto il socialismo e le sue tendenze. A parer nostro, ciò sarà più interessante.
Il socialismo si divide in tre tendenze principali: riformismo, anarchismo e marxismo.
Il riformismo (Bernstein e altri), che considera il socialismo solo come un fine remoto e nulla più; il riformismo, che nega di fatto la rivoluzione socialista e tenta di instaurare il socialismo per via pacifica; il riformismo, che non predica la lotta delle classi, ma la loro collaborazione: questo riformismo di giorno in giorno si decompone, di giorno in giorno perde ogni carattere di socialismo e, secondo noi, esaminarlo qui in questi articoli, in cui si definisce il socialismo, non presenta nessuna utilità.
Cosa completamente diversa sono il marxismo e l’anarchismo: entrambi sono attualmente riconosciuti come tendenze socialiste, entrambi conducono una lotta accanita fra loro, entrambi cercano di presentarsi agli occhi del proletariato come dottrine genuinamente socialiste e, indubbiamente, sarà molto più interessante per il lettore esaminarli e contrapporli l’uno all’altro.
Non siamo tra coloro che, quando si menziona la parola «anarchia», voltano sdegnosamente le spalle e, con un gesto di disprezzo, dicono: «Liberi voi di occuparvene; ma non vale neppure la pena di parlarne!».
Noi riteniamo che una simile «critica» a buon mercato è priva di valore.
Non siamo neppure tra coloro che si consolano pensando che gli anarchici «non hanno seguito di massa e perciò non sono poi tanto pericolosi».
Non si tratta di sapere chi è seguito da una «massa» maggiore o minore, ma si tratta della sostanza della dottrina. Se la «dottrina» degli anarchici esprime la verità, è ovvio allora che necessariamente si aprirà la strada e raccoglierà intorno a sé la massa. Se invece è inconsistente e fondata su una falsa base, non si reggerà a lungo e resterà sospesa per aria. L’inconsistenza dell’anarchia deve dunque essere dimostrata.
Alcuni ritengono che il marxismo e l’anarchismo abbiano gli stessi principi, che fra loro esistano soltanto dissensi tattici, cosicché, secondo costoro, è assolutamente impossibile contrapporre l’una all’altra queste due tendenze.
Ma questo è un grave errore.
Noi riteniamo che gli anarchici siano veri e propri nemici del marxismo. Di conseguenza, riconosciamo pure che, contro veri e propri nemici, bisogna condurre una vera e propria lotta. E perciò è necessario esaminare la «dottrina» degli anarchici da cima a fondo e saggiarla sistematicamente da tutti i lati.
Sta di fatto che marxismo e anarchismo sono fondati su principi completamente diversi, nonostante che entrambi si presentino sul terreno della lotta sotto la bandiera socialista. Pietra angolare dell’anarchismo è l’individuo, la cui liberazione sarebbe la condizione principale della liberazione della massa, della collettività. Secondo l’anarchismo, è impossibile la liberazione della massa finché non sarà liberato l’individuo; per cui la sua parola d’ordine è: «tutto per l’individuo».
Pietra angolare del marxismo è invece la massa, la cui liberazione sarebbe la condizione principale della liberazione dell’individuo. Cioè, secondo il marxismo, la liberazione dell’individuo è impossibile finché non sarà liberata la massa; per cui la sua parola d’ordine è: «tutto per la massa».
È chiaro che noi abbiamo qui due principi che si negano a vicenda, e non soltanto dissensi tattici.
Scopo dei nostri articoli è di mettere a confronto questi due principi opposti, paragonare fra loro marxismo e anarchismo e, grazie a ciò, mettere in luce i loro pregi e i loro difetti. Riteniamo inoltre necessario far conoscere qui al lettore la distribuzione degli articoli.
Inizieremo caratterizzando il marxismo, accenneremo, di passaggio, alle opinioni anarchiche sul marxismo e passeremo poi a criticare l’anarchia stessa. E precisamente: esporremo il metodo dialettico, le opinioni degli anarchici su questo metodo e la nostra critica; la teoria materialistica, le opinioni degli anarchici e la nostra critica (si parlerà qui anche della rivoluzione socialista, della dittatura socialista, del programma minimo e in generale della tattica); la filosofia degli anarchici e la nostra critica; il socialismo degli anarchici e la nostra critica; la tattica e l’organizzazione degli anarchici, e, per finire, esporremo le nostre conclusioni.
Ci sforzeremo di dimostrare che gli anarchici, in quanto predicatori del socialismo delle piccole comunità contadine, non sono veri socialisti.
Ci sforzeremo inoltre di dimostrare che gli anarchici, in quanto negano la dittatura del proletariato, non sono neppure veri rivoluzionari.
Mettiamoci dunque all’opera.

I - il metodo dialettico

«Al mondo tutto si muove... Muta la vita, crescono le forze produttive, crollano i vecchi rapporti», K. Marx
Il marxismo non è solo la teoria del socialismo: è una concezione completa del mondo, un sistema filosofico dal quale sgorga naturalmente il socialismo proletario di Marx. Questo sistema filosofico si chiama materialismo dialettico.
Esporre il marxismo significa perciò anche esporre il materialismo dialettico.
Perché questo sistema si chiama materialismo dialettico?
Perché il suo metodo è dialettico e la sua teoria è materialistica.
Che cos’è il metodo dialettico?
Si dice che la vita sociale è in continuo movimento e sviluppo. E questo è vero: non si può considerare la vita come qualcosa d’immutabile e di cristallizzato; essa non si ferma mai allo stesso livello, ma è in eterno movimento, in un eterno processo di distruzione e creazione. Nella vita quindi esiste sempre il nuovo e il vecchio, ciò che cresce e ciò che muore, ciò che è rivoluzionario e ciò che è controrivoluzionario.
Il metodo dialettico dice che bisogna considerare la vita proprio così com’essa è in realtà. Abbiamo visto che la vita è in continuo movimento; di conseguenza, dobbiamo esaminare la vita nel suo movimento e domandarci: dove va la vita?
Abbiamo visto che la vita presenta un quadro di continua distruzione e creazione; quindi è nostro dovere considerare la vita nella sua distruzione e creazione e domandarci: che cosa si distrugge e che cosa si crea nella vita?
Ciò che nella vita nasce e cresce di giorno in giorno è insopprimibile; fermare il suo movimento in avanti è impossibile. Cioè, se, per esempio, nella vita nasce il proletariato come classe, e cresce di giorno in giorno, ebbene, per quanto debole e poco numeroso possa essere oggi, in definitiva vincerà egualmente. Perché?
Perché si sviluppa, si rafforza e va avanti. Viceversa ciò che nella vita invecchia va verso la tomba, deve inevitabilmente essere sconfitto, anche se oggi rappresenta una forza gigantesca. Cioè, se, per esempio, la borghesia vede mancarsi gradualmente il terreno sotto i piedi e arretra di giorno in giorno, ebbene, per quanto forte e numerosa sia oggi, essa, in definitiva, sarà egualmente sconfitta. Perché?
Perché la borghesia, come classe, si decompone, s’indebolisce, invecchia e diventa un peso superfluo nella vita.
Da qui è scaturita la nota tesi dialettica: tutto ciò che realmente esiste, cioè tutto ciò che di giorno in giorno si sviluppa, è razionale; tutto ciò che di giorno in giorno si decompone, è irrazionale e non sfuggirà quindi alla sconfitta.
Esempio. Nel penultimo decennio del secolo scorso, fra gl’intellettuali rivoluzionari russi è scoppiata una grande disputa. I populisti sostenevano che la forza principale in grado incaricarsi della «liberazione della Russia» fosse la piccola borghesia rurale e urbana.
«Perché?», chiedevano loro i marxisti.
«Perché», rispondevano i populisti, la piccola borghesia rurale e urbana costituisce oggi la maggioranza, e inoltre è povera e vive nella miseria.
I marxisti ribattevano: «È vero che la piccola borghesia rurale e urbana costituisce oggi la maggioranza ed è effettivamente povera, ma è forse questo il problema? Già da molto tempo la piccola borghesia costituisce la maggioranza, ma finora, senza l’aiuto del proletariato, essa non ha dimostrato nessuna iniziativa nella lotta per la “libertà”. E perché? Proprio perché la piccola borghesia come classe non si sviluppa; essa, viceversa, si disgrega giorno per giorno e si scompone in borghesi e proletari. S’intende d’altra parte che anche la povertà non ha qui un’importanza decisiva: gli “straccioni” sono più poveri della piccola borghesia, ma nessuno dirà che siano loro a potersi incaricare della “liberazione della Russia”».
Come vedete, la questione non consiste nel sapere quale classe costituisce oggi la maggioranza o quale classe è più povera, ma nel sapere quale classe si rafforza e quale si disgrega. E poiché il proletariato è l’unica classe che cresce e si rafforza ininterrottamente, che spinge avanti la vita sociale e raccoglie intorno a sé tutti gli elementi rivoluzionari, è nostro dovere riconoscerlo quale forza principale del movimento moderno, metterci nelle sue file e fare delle sue aspirazioni progressive le nostre aspirazioni.
Così rispondevano i marxisti. Perché, evidentemente, i marxisti consideravano dialetticamente la vita, mentre i populisti ragionavano metafisicamente e consideravano la vita sociale come cristallizzata in un punto.
Così il metodo dialettico considera lo sviluppo della vita. Ma c’è movimento e movimento. C’era un movimento nella vita sociale nelle «giornate di dicembre»1, quando il proletariato, raddrizzata la schiena, assaltava i depositi di armi e marciava all’attacco contro la reazione. Ma si deve chiamare movimento sociale anche il movimento degli anni precedenti, quando il proletariato, in un periodo di sviluppo «pacifico», si limitava a scioperi parziali e alla fondazione di piccoli sindacati.
È evidente che il movimento ha diverse forme. E il metodo dialettico dice che il movimento ha una duplice forma: evoluzione e rivoluzione. Il movimento è di evoluzione quando gli elementi progressivi continuano spontaneamente il loro lavoro giornaliero e introducono nei vecchi ordinamenti piccoli cambiamenti quantitativi. Il movimento è rivoluzionario quando quegli elementi si uniscono, si permeano di un’idea unica e si scagliano contro il campo nemico per distruggere dalla radice i vecchi ordinamenti e introdurre nella vita cambiamenti qualitativi, stabilire nuovi ordinamenti.
L’evoluzione prepara la rivoluzione e crea ad essa il terreno, e la rivoluzione è il coronamento della evoluzione e contribuisce al suo lavoro ulteriore.
Gli stessi processi hanno luogo anche nella vita della natura. La storia della scienza dimostra che il metodo dialettico è un metodo effettivamente scientifico: dovunque, dall’astronomia alla sociologia, trova conferma l’idea che al mondo non c’è nulla di eterno, che tutto cambia, tutto si sviluppa. Di conseguenza, nella natura tutto deve essere esaminato dal punto di vista del movimento, dello sviluppo. E ciò significa che lo spirito della dialettica penetra tutta la scienza moderna.
Per quanto riguarda le forme del movimento, per quanto riguarda il fatto che, in conformità con la dialettica, i piccoli mutamenti quantitativi conducono in definitiva a grandi mutamenti qualitativi, questa legge ha eguale vigore anche nella storia naturale. Il «sistema periodico degli elementi» di Mendeleiev dimostra chiaramente la grande importanza che ha nella storia naturale il prodursi di cambiamenti qualitativi da cambiamenti quantitativi. In biologia, la teoria del neolamarckismo, cui cede il posto il neodar...

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