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Noto per l'impegno rivoluzionario nell'Esercito di Liberazione Nazionale della Colombia, Camilo Torres fu anche un pioniere della sociologia, nonché fondatore della prima facoltà dedicata alla materia nel suo paese. In Violenza e rivoluzione, affrontando i temi che lo porteranno a scegliere la lotta armata, Camilo Torres analizza la portata di un'evidenza storica: è stata la violenza – afferma il rivoluzionario – a consentire al padronato di assoggettare le masse ai propri interessi, lo stesso mezzo che, sulla via del cambiamento radicale dell'esistente, è chiamato a trasformarsi in uno strumento di libertà (postfazione di Giuseppe Ranieri).
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Information
Subtopic
Storia mondialeVIOLENZA E MUTAMENTI SOCIALI
Introduzione per i profani
La scienza, come ogni elemento umano, è ambivalente. È uno strumento di comunicazione più profondo e solido per quelli che sono «iniziati», ma per coloro che non lo sono, sia perché coltivino altre discipline sia perché non possiedano una formazione scientifica, può essere un fattore di isolamento, di malintesi e pertanto di scontri.
L’autore del presente studio è un sacerdote che al contempo fa il sociologo; sarebbe interessante compiere un’ampia dimostrazione sulle relazioni intercorrenti tra queste due attività , come in generale, mostrare le differenze e i contatti del sacro col profano.
Per mettere a fuoco tale problema dovremo affrontare in tutta la loro estensione le conseguenze psicologiche, sociologiche e storiche dell’incarnazione di Dio. Tuttavia, queste considerazioni si allontanano dall’oggetto principale della presente introduzione.
Per poter esercitare le funzioni di ponte tra i colleghi in sacerdozio e i colleghi sociologi, credo che basti fare alcune rapide considerazioni sulla distinzione tra «normativo» e «positivo».
La scienza positiva è fondamentalmente induttiva, parte dall’osservazione empirica per giungere a generalizzazioni che ci danno una certezza metafisica che è nel terzo grado di astrazione e si basa sull’essenza immutabile degli esseri. Le scienze normative, come la morale, la politica, il diritto, devono basarsi su qualche certezza metafisica. Le scienze positive constatano i fatti, compiono generalizzazioni logiche e sono sottoposte alle verifiche empiriche per correggere, ampliare e nel caso abrogare le generalizzazioni.
Il presente studio intende essere un lavoro di sociologia positiva. Come spiegheremo più avanti, non è fondamentalmente sostenuto da un’analisi sul campo sociale: prende le esperienze dirette di altri e le osservazioni non sistematiche dell’autore per avanzare una serie di ipotesi di lavoro.
Dal punto di vista metodologico e scientifico questo sistema è incompleto ma non erroneo. Benché, come dicevamo dinanzi, la scienza positiva debba basarsi fondamentalmente sulle osservazioni empiriche, quando esse siano sufficientemente sviluppate, come nel caso della sociologia, è necessario mettere in relazione l’osservazione con una teoria generale. D’altra parte, per arricchire la teoria generale si esige che si facciano ipotesi che soltanto l’intuito dello scienziato può impedire che siano gratuite. In teoria sono per definizione (giacché sono ipotesi) fondamentalmente gratuite. Vengono proposte appunto perché siano verificate dall’investigazione positiva. In altre parole, i lavori scientifici di generalizzazione corrono il rischio di generare delle constatazioni empiriche; a partire da queste constatazioni si può però giungere a generalizzazioni che hanno il carattere di leggi scientifiche.
Nonostante l’evoluzione della sociologia, soprattutto negli ultimi anni, dobbiamo riconoscere che si tratta di una scienza relativamente nuova. In quanto tale i suoi concetti, la sua terminologia, i suoi metodi e le sue leggi non sono ancora sufficientemente strutturati. Alcuni sociologi, soprattutto alla fine del secolo scorso e agli inizi del XX secolo, optarono per una posizione settaria. Alcuni difendevano la teoria e le proposte generali contro le indagini empiriche di scarso valore teorico ma di molta precisione tecnica. I sociologi europei, in genere, adottarono questa posizione. Altri al contrario (e tra essi si contarono molti sociologi nordamericani), si dedicarono a minuziose indagini sul terreno attaccando le generalizzazioni gratuite.
È stato detto che la sociologia europea è più interessante che autentica e che, la sociologia nordamericana è più autentica che interessante. Comunque possiamo affermare che oggi, in termini generali, questa dicotomia è stata superata e possiamo parlare di una sociologia universale.
Attualmente il metodo induttivo e il metodo deduttivo (dal generale al particolare o dal particolare al generale) sono validi nella misura in cui si ammette che sono complementari, che nessuno dei due è veramente scientifico se esclude l’altro.
Comunque, il progresso della scienza è graduale ed esige contributi parziali che dovranno anch’essi essere complementari.
Nel caso della «sociologia colombiana» ci troviamo di fronte a una tradizione che non possiamo classificare entro la sociologia positiva. Solo fino a pochi anni fa si poteva parlare di filosofi sociali. Negli ultimi tempi abbiamo visto sorgere la sociologia positiva nel nostro paese. Dapprima su ispirazione nordamericana, poi con influenze europee. L’aspetto empirico della sociologia comincia a prevalere tra noi con un orientamento tale che può correre il rischio di dedicarsi unicamente allo studio di questo campo trascurando, nei fatti, le generalizzazioni.
Non è possibile creare una sociologia colombiana senza tener conto di quella mondiale. Tuttavia è necessario fare sociologia colombiana principalmente in due sensi: 1) Applicando alla nostra realtà concreta e specifica la teoria e i metodi sociologici generali; 2) Contribuendo a quella teoria e a quei metodi con l’analisi delle situazioni nuove che la nostra realtà può suggerire. Tale sociologia colombiana risulterebbe vana nella sua strutturazione sia che mancasse l’indagine empirica sia che si prescindesse dalla generalizzazione teorica. Il presente studio intende essere un contributo utile per questo ultimo aspetto.
Benché come sacerdote l’autore debba disapprovare i fatti sociali che sono in opposizione alla morale cristiana, come sociologo non può permettersi di emettere giudizi di valore, altrimenti cadrebbe nell’errore metodologico di mescolare alle scienze positive le scienze normative. Perciò, non meraviglia che si descriva un fenomeno come quello della «violenza» — che in termini generali, non può essere giustificato dal punto di vista morale — come un fattore di mutamento sociale importante, senza pronunciarsi sulla bontà o la cattiveria di tale cambiamento e sulla moralità delle sue conseguenze. Dire «importante» non vuol dire «costruttivo». Questo vocabolo si adopera soltanto nel campo dei fenomeni positivi che, se a causa della violenza sono stati profondamente trasformatori, hanno un’importanza sociologica indiscutibile.
Le osservazioni precedenti dovrebbero poter collocare il lettore, che non ha familiarità con le analisi positive delle realtà sociali, nella posizione propizia a valutare le proposte che vengono fatte in questo lavoro entro i limiti delle limitazioni della scienza empirica, che non può pretendere a generalizzazioni normative.
I
Portata dell’analisi
Per poter precisare la grandezza di un mutamento è necessario determinare molto chiaramente tre aspetti:
a) La situazione prima del mutamento;
b) I fattori che influiscono e il modo in cui influiscono sul mutamento;
c) La situazione posteriore all’azione di tali fattori.
Comunque, è necessario notare che in un mutamento socioculturale i punti di riferimento precedenti sono molto meno precisi che nel caso di un mutamento fisico.
Le variabili sociali possiedono una dinamica costante, e perciò è impossibile considerare situazioni stabili all’interno del mutamento sociale. Tuttavia, la società rurale colombiana prima di passare attraverso il fenomeno della «violenza»1 era una società relativamente statica, come cercheremo di descrivere in seguito. Questo facilita in parte la determinazione del mutamento avvenuto. Nonostante ciò, è necessario limitare il fenomeno del mutamento ad alcune variabili, giacché, per la sua complessità , non potrebbe mai essere descritto in modo esaustivo2.
Molte variabili che verranno considerate non sono da nessun punto di vista esclusive della società colombiana. In molti testi di sociologia si possono trovare tra i criteri di determinazione di qualunque società rurale. In questo caso le abbiamo scelte in considerazione del fatto che hanno subito l’influsso del fenomeno della violenza.
La presente analisi si riferisce quasi esclusivamente alla descrizione fatta da monsignor Germán Guzmán nel primo volume del suo libro La violencia en Colombia e ai lavori svolti sulla società rurale colombiana, prima di aver subito l’influsso della violenza.
Qui cercheremo di strutturare i dati dei lavori citati entro uno schema teorico adatto alla descrizione del mutamento occasionato dalla violenza. Il suo valore oggettivo dipenderà dall’obiettività di detti studi, e parecchie delle affermazioni non potranno avere un significato che vada molto al di là di semplici ipotesi di lavoro che chiedono ulteriori indagini sul terreno per poter essere sufficientemente comprovate, come abbiamo ampiamente spiegato nell’introduzione.
Fatte queste osservazioni possiamo addentrarci nell’analisi del mutamento socio-culturale prendendo in considerazione:
1. La situazione anteriore alla violenza delle variabili prese in esame;
2. Il modo in cui tale fenomeno della violenza ha influito su tali variabili;
3. Il risultato finale.
Le variazioni verranno quindi classificate in tre gruppi:
1. Comuni a tutte le società rurali;
2. Proprie delle società rurali dei paesi sottosviluppati;
3. Caratteristiche della società rurale colombiana.
È naturale che la divisione precedente non deve essere artificiale. Va intesa al fine di ordinare meglio l’analisi, ma cercheremo di applicarci concretamente alla Colombia, anche nell’ambito delle prime due categorie di variabili.
II
Variabili considerate
1. Variabili comuni a ogni società rurale:
a) Mancanza di divisione del lavoro di specializzazione e scarsità di ruoli sociali;
b) Isolamento sociale;
c) Importanza dei vicini nella vita sociale;
d) Individualismo;
e) Conflitto con l’extragruppo;
f) Sentimento di inferiorità ;
2. Variabili proprie delle società rurali dei paesi sotto sviluppati:
a) Assenza di mobilità verticale ascendente;
b) Aggressività latente;
3. Variabili caratteristiche della società rurale colombiana:
a) Settarismo politico;
b) Mancanza di coscienza di classe;
c) Rispetto della proprietà privata.
III
Mutamenti socioculturali avvenuti in ciascuna delle variabili considerate
1. Variabili comuni a ogni società rurale:
a) Mancanza di divisione del lavoro di specializzazione e scarsità di ruoli sociali
L’attività agropecuaria della cura della terra e del bestiame è praticamente l’attività esclusiva del contadino colombiano. In genere ogni altra occupazione è condizionata da questa: gli acquisti, l’attività religiosa, familiare ecc.
La violenza impone al contadino nuovi bisogni e con essi impone la divisione del lavoro e la specializzazione. Per i gruppi attivi, oltre alle necessità imposte da ogni azione bellica, sorgono quelle specifiche della guerra di guerriglia, come quelle di spionaggio, di comunicazioni clandestine, di approvvigionamento, di assistenza sociale, di relazioni pubbliche, ecc3.
Riguardo ai gruppi passivi dobbiamo anche comprovare l’apparizione di nuovi bisogni, come la vigilanza, la collaborazione, sia al proprio interno, sia con i gruppi guerriglieri, tutti quelli imposti nel caso di migrazioni forzate, ecc.
Per ciascuna di queste necessità è stato indispensabile distaccare elementi della comunità rurale che le esercitano abitualmente, giungendo così a un genere di specializzazione che, benché rudimentale, è importante nei riguardi delle relazioni sociali.
Queste relazioni nella società rurale, come conseguenza della mancanza di divisione e di specializzazione del lavoro, sono caratteristiche più intime, frequenti e personali.
Questo tipo di relazioni porta a un tipo di folk society descritta anche da Redfield: «Tale società è piccola, isolata, illetterata e omogenea, con un forte senso della solidarietà . Il modo di vita è regolato da convenzioni all’interno di un sistema coerente che chiamiamo cultura. La condotta è tradizionale, spontanea, non critica e personale. Non esiste legislazione, abitudine alla sperimentazione, né riflessione a fini intellettuali. Il parentado, i suoi rapporti e le sue istituzioni, appartengono al tipo delle categorie empiriche, e il gruppo familiare rappresenta l’unità d’azione. Lo spirituale prevale sul temporale. L’economia è basata più sull’autoconsumo che sul mercato»4.
Tutte queste caratteristiche potevano essere riscontrate esattamente nella nostra società rurale prima che essa passasse per la violenza.
All’interno di ciò dobbiamo segnalare la condotta tradizionale, spontanea, acritica e priva di personalità come effetto della preponderanza delle relazioni secondarie. Ebbene, la mancanza di divisione del lavoro e di specializzazione p...
Table of contents
- Collana
- Colophon
- Frontespizio
- Violenza e mutamenti sociali
- Documenti
- Postfazione
- Indice
- Red star e-book