Il filosofo e i modelli
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Il filosofo e i modelli

Alberto Valenti Murzi Mauro

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Il filosofo e i modelli

Alberto Valenti Murzi Mauro

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Il modello sintattico è uno strumento per rappresentare le teorie scientifiche, in modo utile ma incompleto.
Esso identifica una teoria scientifica con l'insieme degli enunciati derivabili dagli assiomi. Ha alcuni limiti, la cui individuazione è anche uno degli obiettivi della filosofia della scienza, come si potrà scoprire in questo utile saggio divulgativo.

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Information

Publisher
Kimerik
Year
2020
ISBN
9788855162135

1. Come la filosofia circoscrizionista si inserisce nella filosofia continentale

1.1 Le nuove frontiere dell’ermeneutica

Gianni Vattimo, in Oltre l’interpretazione1, si sofferma in particolare sulle conseguenze degli sviluppi recenti della filosofia ermeneutica che provengono dal mondo delle scienze2. Egli spazia su vari momenti della filosofia ermeneutica (o “continentale”) e si confronta con molte scuole, tendenze e pensatori, andando dall’Husserl della Krisis3 all’Habermas di Teoria dell’agire comunicativo4, da Kuhn a Marquard.
La tesi di fondo di Vattimo è che tali sviluppi mostrano come l’esito maturo e consapevole dell’ermeneutica sia il nichilismo. Le basi di questa posizione nichilistica sarebbero secondo Vattimo da rintracciare negli sviluppi della scienza. “Nichilismo” significa soprattutto, qui, negazione della metafisica, negazione dei punti di avvio della riflessione metafisica.
Questo esito nichilistico dell’ermeneutica risulta chiaramente, si mostra in tutta la sua forza se si esamina l’ambito, solitamente trascurato dai filosofi continentali, delle scienze naturali. Allora, la tesi di Vattimo è meglio precisabile come segue: la scienza occidentale è il luogo in cui si mostra l’irreparabile naufragio del pensiero metafisico.
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Gianni Vattimo
La scienza è sì (heideggerianamente) figlia della metafisica, ma si rivela essere figlia matricida. È dalla scienza e grazie alla scienza, allora, che giunge la notizia della fine della metafisica. Sta alla filosofia, in particolare a quella “voce comune” della coscienza europea che è la filosofia ermeneutica, interpretare l’annuncio proveniente dal mondo della scienza/tecnica, articolare argomentativamente quello che la scienza ha inesorabilmente sancito. Nietzsche aveva proclamato la “morte di Dio”. Quell’annuncio andava inteso come la dichiarazione dell’impossibilità di pensare ancora il Dio della metafisica, ossia legato al rinvenimento del fondamento e delle certezze incontrovertibili della metafisica. Se quella nietzschiana era una profezia, è ora dalla scienza, sostiene Vattimo, che giunge la notizia preannunciata da Nietzsche.
Con questa notizia dobbiamo fare filosoficamente i conti. Quanto asserito dal filosofo torinese costituisce certamente una novità nel campo del pensiero ermeneutico (o continentale). La sua definizione del ruolo della scienza nella dissoluzione della metafisica costituisce un rovesciamento rispetto alle idee di quei pensatori (pensiamo a Heidegger e a Gadamer, innanzitutto) che hanno relegato le scienze ad un ruolo tecnico, estraneo ai temi filosofici della verità e della conoscenza veritiera.
Questa posizione di Vattimo, inoltre, è in rilevante contrasto con quella di altri debolisti, quali Odo Marquard5, secondo il quale la cultura umanistico-filosofica espressa dal pensiero post-moderno ha soprattutto una funzione difensiva, di riparo, per lo husserliano “mondo della vita” (lebenswelt). Riparo e protezione nei confronti della aggressiva crescita della scienza/tecnica nel nostro mondo. Il “moderno” è caratterizzato soprattutto dal pensiero tecnico e scientifico: dunque il post-moderno è una risposta al pensiero moderno, alla situazione impressa all’umanità a partire dall’epoca moderna. Poiché costituisce un tentativo di correzione o di indebolimento del “mondo delle macchine”, il post-moderno è, in tal senso, ben inserito nel moderno. Il post-moderno è infatti una specie di panacea, di dolcificante o, potremmo dire, l’oppio di chi è travolto dal mondo e pensiero moderni, di chi è stordito dalla accelerazione impressa al mondo dal moderno.
Se il post-moderno ha, nel pensiero di Marquard, questa funzione vicaria, necessaria per alleviare le asprezze della vita nel mondo della scienza/tecnica, della produzione, della massificazione, allora è evidente che tra moderno e post-moderno non c’è opposizione o contrapposizione; essi rappresenterebbero due categorie complementari e due realtà compatibili, sia pure dialetticamente compatibili. Questa interpretazione di Marquard del post-moderno, se inserita nella concezione heideggeriana della scienza come prodotto del pensiero metafisico, significherebbe che anche il post-moderno, in quanto parte (nel senso detto) del moderno, rientra nel sistema di pensiero e nel mondo creati dal pensiero metafisico greco. Un esito, questo, di segno opposto a quello della riflessione di Vattimo.
Vedremo nel seguito quale forza e quale coerenza manifesti la posizione vattimiana, se paragonata alla posizione di Marquard, così consolatoria, accomodante e, insieme, così “umanistica”. L’impianto concettuale di Vattimo appare ben più motivato, articolato e rigoroso.

1.2 Ermeneutica e mondo della scienza

Vattimo parte dalla contrapposizione, presente nella tradizione dei pensatori ermeneutici, tra scienze dello spirito e scienze della natura. Questa contrapposizione ha un esempio rilevante in Verità e metodo6 di Hans-George Gadamer. Il titolo di quest’opera sembra suggerire una disgiunzione tra verità e metodo nelle scienze. Alla scienza matematico-sperimentale spetterebbe cioè il primato del metodo, non quello della verità.
È a tutti nota la sentenza di Martin Heidegger che “la scienza non pensa7. In qualche circostanza il pensatore friburghese ha più volte ripetuto che “la scienza è roba da tecnici”. Altrettanto nota è la valutazione complessiva che Heidegger dà del mondo della scienza/tecnica e del modello di razionalità proposto dalle scienze. Secondo Heidegger, la scienza appronta, attraverso il suo metodo, un insieme di apparati concettuali e pratici che altro non sono che strumenti di dominio (tecnico oppure simbolico) del mondo. Questa ragione strumentale, calcolatrice, assetata di dominio, ha smarrito il senso dell’essere.
La radice di questo smarrimento, di questa smemoratezza del senso dell’essere è però, secondo il pensatore tedesco, da ricercare nella metafisica greca. È la metafisica greca ad aver oscurato il vero senso dell’essere e ad aver preparato una concezione del mondo in cui la scienza/tecnica ha potuto successivamente affermarsi. Qual è questo senso vero, originario dell’essere? Heidegger parla a questo proposito di essere come evento, come accadere della verità.
Tra i modi in cui questo accadere si fa presente all’uomo, tra gli eventi inaugurali dell’essere, egli annovera l’opera d’arte, l’evento politico, le grandi esperienze religiose e le interrogazioni filosofiche.
Mancano, in questo elenco, le scoperte scientifiche. Infatti Heidegger considera la scoperta scientifica come in qualche modo preannunciata nel sistema logico-deduttivo nel cui ambito viene rinvenuta, prodotta, enunciata. Nella scienza secondo Heidegger non ci sono novità vere e proprie, ma solamente deduzioni di risultati già implicitamente contenuti nelle premesse della teoria. Ciò è particolarmente evidente nei sistemi assiomatici, in cui gli assiomi iniziali della teoria contengono in nuce tutto quanto verrà man mano dedotto nei teoremi.
Per questo si può affermare che la scienza calcola, non pensa. Se la raffigurazione heideggeriana della scienza suona rassicurante per i sistemi deduttivi, non va dimenticato che la scienza non è costituita da un unico sistema deduttivo, ma la storia della scienza ha visto un succedersi di tali sistemi (deduttivi e non-deduttivi). Karl Popper ha descritto l’affermarsi di una teoria su un’altra attraverso il processo di falsificazion...

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