Abbecedario Verde
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Abbecedario Verde

Salvare la Terra partendo dalla scuola

Ilaria D'Aprile

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Salvare la Terra partendo dalla scuola

Ilaria D'Aprile

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La metafora della rana che non avverte l'istinto di saltare fuori dal contenitore, nonostante la temperatura dell'acqua aumenti in maniera lenta ma graduale, fotografa con precisione il modo in cui ci stiamo comportando di fronte ai cambiamenti del clima.Come la rana, anche noi rimaniamo indifferenti mentre il pianeta si riscalda.Grazie all'educazione sostenibile si sta scoprendo che l'attuale stile di vita fondato su spreco e abbondanza, in un pianeta dalle risorse limitate, condurrà inevitabilmente alla catastrofe: cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, fine dell'energia a basso costo, predazione delle risorse naturali, degrado ambientale, disuguaglianza sociale, obesità, diabete, asma, ecc.L'educazione sostenibile è l'unica strategia di lungo termine da promuovere nella scuola.Questo libro, come un kit integrato di pensiero e azione, raccoglie giochi e metafore per aiutare gli educatori a riflettere e far riflettere sulle relazioni esistenti tra i singoli individui, le comunità in cui essi vivono o interagiscono e le conseguenti pressioni che queste relazioni hanno sull'ambiente naturale. Attraverso esperienze concrete di gioco rivolte ai bambini, si può guidare al superamento dell'idea che sia possibile vivere svincolati dalla natura.Ciò significa trasformare la scuola in comunità sostenibili.La scuola che promuove l'educazione sostenibile, insomma, non fa solo laboratorio sul sistema natura ma si trasforma in una creativa, divertente comunità di discorso, dove si attivano processi di comunicazione orientati allo studio delle relazioni della rete della vita.

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Information

Year
2020
ISBN
9788861537910

PARTE TERZA

Rifiuti e risorse

Introduzione

Rifiuti e comunità scolastiche sostenibili

Ora della merenda a scuola. I bambini scartano confezioni di merendine, snack ipercalorici, patatine fritte e qualunque altra forma di cibo spazzatura monodose. Anche tu fai merenda e preferisci una tavoletta di cioccolata che è impacchettata con della carta e un sottile foglio di alluminio. Quando hai finito, appallottoli la confezione e la butti nella spazzatura che straborda di bustine di plastica, tovaglioli di carta, cannucce e resti di cibo. Che cosa accadrà a quel cestino ricolmo di rifiuti? Nulla si può semplicemente buttar via. Tutto ciò che è presente sulla Terra, in qualche modo, torna alla terra perché “In natura, nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Che cosa accade alla confezione della cioccolata? Dal cestino della classe viene raccolta da un collaboratore scolastico e portata nel bidone dell’immondizia. Da qui è trasportata da un camion alla discarica o all’inceneritore. Presso la discarica la confezione viene accatastata insieme agli altri rifiuti sulla montagna di scarti. La carta si disfa lentamente, marcisce, inserendosi così nel ciclo naturale: la sua materia prima, infatti, è il legno e tornerà nuovamente in circolo.
Il foglio di alluminio, invece, resta tale e quale, non si dissolve, è eterno.
Che cosa accade invece quando la confezione della cioccolata va a finire nell’inceneritore? Durante il processo di combustione dei rifiuti si producono gas e cenere. Le ceneri sono trattenute dai filtri, mentre fumo e gas finiscono nell’aria. Il problema è che fumo e gas spesso contengono delle particelle microscopiche (diametro uguale o inferiore ai 10 micron), che vengono chiamate nano particelle o PM10. Quando fumo e gas vengono emessi, possono rilasciare le nano particelle che poi ricadono sul terreno. A quel punto, i PM10 possono essere assorbiti dalle piante insieme ai componenti minerali e così entrare a far parte della catena alimentare. Noi siamo in cima alla catena alimentare e pertanto consumando carne, frutta e verdura contenenti queste sostanze, le accumuliamo nel nostro organismo. L’accumulo di sostanze inquinanti nel corpo umano può compromettere la nostra salute. Per quanto riguar da la cenere, resta come residuo sul fondo del forno di un inceneritore e, trattandosi di un rifiuto tossico-nocivo, deve essere depositata in apposite discariche.
Per creare comunità scolastiche sostenibili, dobbiamo essere capaci di osservare quello che fa la natura con gli scarti e imitarla. Poiché la natura rimette tutto in circolo, anche noi dobbiamo cercare di fabbricare materiali che siano biodegradabili e che ritornino a far parte della rete della vita. Noi siamo l’esempio vivente di questo riciclo della materia. Le nostre cellule sono costituite da sostanze che provengono dalla terra e dall’aria. I nostri ingredienti sono acqua, ossigeno, calcio, zucchero, azoto, fosforo, potassio, zolfo, magnesio e ferro: tutti elementi che provengono dal cibo di cui ci nutriamo e dall’aria che respiriamo. Per creare comunità sostenibili dobbiamo sviluppare una coscienza critica nei confronti dei beni di consumo, mettere in discussione il concetto di felicità che deriva dal possesso di beni e riprodurre i cicli naturali della terra. Eppure un tempo non troppo lontano, doveva essere così. Come facevano i nostri antenati a smaltire i rifiuti?

I rifiuti nella storia

I rifiuti preistorici ci forniscono la maggior parte delle attuali conoscenze sui popoli della preistoria: attraverso l’esame di quello che è rimasto negli insediamenti (resti di alimenti, materiali in pietra e terracotta e molto altro) siamo in grado di ricostruire l’organizzazione sociale dei popoli. Nella storia, le prime civiltà che sentirono il bisogno di organizzare un servizio pubblico di pulizia della città venivano dalla Grecia. I documenti dicono che Aristotele incaricasse dieci sorveglianti per il controllo degli spazzini che si occupavano di pulire una città di 250 mila abitanti. Nella Roma Imperiale, che contava oltre un milione di abitanti, è sempre mancato un sistema di raccolta pubblica: i cittadini dovevano occuparsi della pulizia delle case e del circondario per evitare di incorrere in sanzioni. Giulio Cesare, nell’Editto di Eraclea, bandì una gara pubblica per la pulizia delle strade. Vennero assunti quattro curatores viarum, due si occupavano della città interna e due della periferia. Dalle invasioni barbariche in poi, per circa mille anni, la situazione igienico-sanitaria delle città fu disastrosa e questo portò al diffondersi di epidemie come il tifo e la peste. Eppure, verso la fine del Medioevo, si prese a migliorare le condizioni igieniche dei centri abitati e vennero fissati regolamenti per la gestione della nettezza urbana. Analizzando i rifiuti all’inizio della Rivoluzione industriale, avremmo trovato, oltre che ai resti di cibo e deiezioni, le ceneri derivanti dal riscaldamento domestico (ceneri di legna che venivano usate per lavare e ceneri del carbone, inservibili). All’epoca, tutti i metalli erano riciclati, mentre il vetro era poco diffuso. Si può affermare che, fino all’800, le città non producevano rifiuti. La Seconda Rivoluzione industriale e il diffondersi della produzione in serie, hanno dato origine alla “società dei rifiuti”: gli oggetti non vengono riparati perché sono fatti per durare poco ed essere immediatamente rimpiazzati da nuovi. Il risultato è che la produzione di rifiuti è diventata simbolo di ricchezza e benessere di una società. Con l’invenzione delle materie plastiche anche la composizione dei rifiuti è cambiata notevolmente: la cenere è scomparsa completamente, mentre plastica, vetro, carta e avanzi di cibo costituiscono gli scarti comuni. Con la nascita della produzione in serie, tra gli anni ’50 e ’60, la pratica del riciclaggio, recupero e riutilizzo degli oggetti, sono state soppresse. La società “usa e getta”, infatti, ha associato a questi atteggiamenti un valore spregiativo che distingue le classi sociali. Il preconcetto su cui il consumismo ha attecchito è: poiché i tuoi padri hanno riciclato i rifiuti, se sei costretto a farlo oggi, vuol dire che sei povero come loro. Pertanto, imparare a fare una corretta raccolta differenziata, a riutilizzare ciò che può essere ancora utile e ridurre i consumi, sono tutti atteggiamenti che possono essere acquisiti solamente se viene smantellato questo preconcetto e si sostituisce alla parola “Rifiuto” il concetto di “Risorsa”.

Rifiuti secondo natura

Anche nei cicli naturali si ha la produzione di sostanze di scarto che possono essere considerate rifiuti. Eppure per la natura, quello che è rifiuto per certi organismi, diventa una risorsa per altri organismi. All’interno degli ecosistemi naturali, gli organismi sono organizzati in una complessa rete di relazioni e catene alimentari:
I produttori, le piante che, con i processi di fotosintesi, utilizzano sostanze inorganiche (anidride carbonica, sali minerali e acqua) ed energia solare per produrre sostanza organica;
I consumatori, distinti in erbivori e carnivori, che si nutrono di sostanza organica (vegetale o animale);
I detritivori, come insetti, miriapodi e lombrichi, che nutrendosi, sminuzzano e preparano la sostanza organica per i decompositori;
I decompositori, cioè funghi e batteri, che decompongono la sostanza organica trasformandola nuovamente in sostanza inorganica (sali minerali, acqua e anidride carbonica), riutilizzabile dai produttori.
In questo modo gli scarti sono completamente restituiti alla natura e reintrodotti nel ciclo.

Da dove provengono i rifiuti in Italia

Acqua in bottiglia
Nonostante in Italia il 96% della popolazione sia raggiunta da acqua potabile direttamente a casa, gli italiani, con 194 litri/anno pro capite, hanno il primato mondiale di consumo di acqua in bottiglia. Questo incide sulla produzione di rifiuti. Infatti, il 65% dell’acqua è imbottigliata nella plastica e ogni anno finiscono tra i rifiuti, 320-350 mila ton...

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