Corte dei conti e processo civile
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Corte dei conti e processo civile

Le regole del giusto processo nell'unitĂ  funzionale della giurisdizione

Massimo Cirulli

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Corte dei conti e processo civile

Le regole del giusto processo nell'unitĂ  funzionale della giurisdizione

Massimo Cirulli

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L’opera analizza i rapporti tra processo civile e processo contabile. Il primo capitolo è dedicato alla translatio iudicii consecutiva a declinatoria di giurisdizione. Il secondo capitolo tratta della relazione tra il giudizio di responsabilità amministrativa per danno indiretto e la causa promossa dal terzo danneggiato contro la pubblica amministrazione. Massimo Cirulli, avvocato in Chieti, è professore straordinario di Diritto dell’esecuzione civile nell’Università telematica “Pegaso”. È autore di monografie e saggi sul processo civile. Nella collana Pacini “Quaderni di Judicium” ha pubblicato il volume Profili processuali dell’azione revocatoria.

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Information

Year
2021
ISBN
9788833793719

CAPITOLO II

Rapporti tra il giudizio civile ed il giudizio contabile

SOMMARIO: 1. La sospensione necessaria del processo contabile. Pregiudiziali generiche e pregiudiziali specifiche. – 2. Il coordinamento del giudizio civile di condanna dell’amministrazione e dell’azione di responsabilità per danno indiretto: premessa. – 3. La decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità per danno indiretto. – 3.1. Rilevanza processuale della questione. – 3.2. L’evoluzione della giurisprudenza. – 3.3. La pretesa erariale come fattispecie a formazione progressiva. – 4. – L’azione di responsabilità anteriore al giudicato civile: rigetto allo stato degli atti, condanna condizionata o mero accertamento dell’aspettativa? – 5. Connessione per pregiudizialità bilaterale ed efficacia riflessa del giudicato. – 6. L’efficacia del giudicato civile nel giudizio di responsabilità. – 7. Esclusione dell’efficacia attenuata del giudicato ex artt. 1485 e 1952 c.c. – 8. La chiamata in causa del terzo responsabile nel processo civile e nel processo amministrativo. – 9. Il coordinamento dei due processi. – 9.1. Gli orientamenti della giurisprudenza contabile. – 9.2. Le leggi n. 24/2017 e n. 117/1988. – 9.3. Mia opinione. – 10. Effetto espansivo esterno della riforma della sentenza civile e sorte del giudicato contabile. – 11. Sospensione necessaria, ragionevole durata del processo ed economia dei giudizi. – 12. La sospensione facoltativa del giudizio di responsabilità: premessa. – 13. Il controverso rapporto tra gli artt. 295 e 337 c.p.c. – 14. L’incerta distinzione tra pregiudizialità logica e pregiudizialità tecnica. – 15. La durata della sospensione (necessaria e facoltativa) e la prosecuzione del giudizio. – 16. Litispendenza, continenza e connessione.

1. La sospensione necessaria del processo contabile. Pregiudiziali generiche e pregiudiziali specifiche

Dispone l’art.106, comma 1, c.g.c. che “il giudice ordina la sospensione del processo quando la previa definizione di altra controversia1, pendente davanti a sé o ad altro giudice, costituisca, per il suo carattere pregiudiziale, il necessario antecedente dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia richiesto con efficacia di giudicato”. Il successivo capoverso regola, invece, la sospensione facoltativa, disponibile, su istanza concorde di tutte le parti e nel concorso di giustificati motivi, per un periodo non superiore a tre mesi e non reiterabile. L’ultimo comma ammette l’impugnazione dell’ordinanza di sospensione necessaria con il regolamento di competenza dinanzi alle sezioni riunite della Corte dei conti.
Dal raffronto dell’alinea dell’art. 106 c.g.c. con l’art. 295 c.p.c. si evince che nel processo contabile la sospensione è necessaria soltanto se la decisione di altra causa, oltre a costituire l’indefettibile presupposto logico-giuridico della decisione della controversia pendente davanti al giudice contabile, sia richiesta con efficacia di giudicato.
L’espressione è ellittica, non essendo indicata la fonte che impone l’accertamento immutabile della pregiudiziale (v., invece, l’art. 819, comma 1, c.p.c.)2. Nel nostro ordinamento il giudice può conoscere, in via meramente incidentale e senza autorità di giudicato, di tutte le questioni pregiudiziali di merito – per tali intendendosi, secondo l’accezione corrente, quelle che potrebbero formare oggetto di un autonomo processo3 e che possono non rientrare nella competenza del giudice adito4 – ai fini della decisione, ancorché esulanti dalla sua giurisdizione o dalla sua competenza. Il principio è codificato, nel processo civile, dall’art. 34 c.p.c.: norma di derivazione chiovendiana, il cui significato minimo è appunto quello di legittimare il giudice a conoscere incidentalmente di tutti i fatti ed i rapporti giuridici rilevanti onde stabilire la fondatezza della domanda, si svolgano quei rapporti tra le medesime parti del giudizio o tra la parte ed un terzo. Esistono tuttavia rapporti giuridici inter partes sui quali il giudice ha il potere-dovere di statuire con autorità di giudicato, perché lo impone la legge o lo chiede una parte5.
La previsione di legge, che trasforma la questione pregiudiziale in causa pregiudiziale6, può essere intesa restrittivamente, nel senso che occorra una espressa disposizione normativa affinché il giudice debba provvedere con autorità di giudicato (v., ad es., l’art. 124 c.c.)7, od estensivamente, “comprendendosi ogni ipotesi in cui, sia pure per ragioni di carattere sistematico, trascendenti il mero dato letterale, non risulterebbe assolutamente concepibile una cognizione con effetti limitati al processo in corso”8.
Tra i casi di accertamento incidentale ex systema figurano, per generale consenso, le controversie in materia di stato e capacità delle persone, che pur in assenza di una espressa disposizione di legge (non richiesta dall’art. 34 c.p.c.) devono essere decise con autorità di giudicato, non potendo formare oggetto di cognizione incidentale (se non in casi eccezionali)9, perché la decisione ha effetto erga omnes10. Sono tali quelle, riservate alla competenza per materia del tribunale (che giudica in composizione collegiale e nelle quali è obbligatorio l’intervento del pubblico ministero: artt. 9, 50- bis e 70 c.p.c.), aventi ad oggetto lo status familiae, lo status civitatis e la capacità legale (non anche quella naturale)11 di agire delle persone (fisiche)12, con esclusione delle questioni che non concernono lo status in senso stretto, come quella relativa alla condizione del pubblico impiegato eletto consigliere regionale13: ne è menzione nell’art. 3, comma 1, c.p.p., che ammette la sospensione del processo penale fino alla decisione con sentenza passata in giudicato di una di tali controversie, se il processo pregiudiziale è pendente e la questione è seria (i.e. non manifestamente infondata).
L’art. 14 c.g.c. (che riproduce l’art. 8, comma 2, c.p.a.) riserva al giudice ordinario la decisione delle pregiudiziali in materia di stato e capacità delle persone, esclusa quella di stare in giudizio (che non è una pregiudiziale di merito, ma di rito14 ed attiene alla rappresentanza processuale)15, nonché della querela di falso: si tratta delle c.d. pregiudiziali civili specifiche16. Anche nel giudizio civile di falso, come nelle cause di stato e capacità delle persone, è necessario l’intervento del pubblico ministero (art. 221, comma 3, c.p.c.); la causa rientra nella competenza per materia del tribunale ed è riservata al collegio (art. 225 c.p.c.); non si tratta, peraltro, di un caso di accertamento incidentale ex lege, in quanto subordinato alla domanda di parte17.
Il dato strutturale comune alle pregiudiziali specifiche è l’indisponibilità dell’oggetto (che nel processo di falso è costituito, eccezionalmente, da un fatto anziché da un diritto), cui si correla la necessaria partecipazione al giudizio del pubblico ministero, titolare dell’azione penale. La falsità ideologica o materiale del documento può integrare gli estremi di reato: donde l’interesse dell’ufficio requirente a partecipare all’incidente di falso18, nel quale non si accerta il reato19, ma si acquisiscono elementi utili ai fini dell’accertamento della reità. Quando sorge una di tali questioni, che la Corte dei conti non può incidentalmente conoscere, il processo contabile va sospeso fino alla formazione della regiudicata. L’ipotesi, salvo che sia proposta querela di falso (art. 105 c.g.c.)20, è piuttosto rara: si può pensare al caso della pensione di reversibilità chiesta da soggetto che si dichiari figlio naturale del defunto titolare.
Una pregiudiziale che deve essere decisa con forza di giudicato per volontà di legge è quella concernente l’accertamento della responsabilità penale del convenuto, quando ne sia chiesta la condanna al risarcimento del danno all’immagine della pubblica amministrazione. L’art. 1-sexies legge n. 20/1994 prevede infatti che, “nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”. La res iudicata costituisce pertanto condizione dell’azione erariale, con la conseguenza che il processo contabile, anteriormente introdotto, va sospeso fino alla definizione del processo penale con sentenza irrevocabile. La pregiudizialità non sussiste, tuttavia, nella speciale ipotesi contemplata dall’art. 55-quater, comma 3-quater, d.lgs. n. 165/2001, in tema di licenziamento disciplinare del pubblico impiegato sottoposto a procedimento penale per avere falsamente attestato la presenza in servizio21.
La necessità della sospensione in presenza di una pregiudiziale specifica dipende dall’impotenza della Corte dei conti di conoscerne incidentalmente: la legge riserva tali questioni alla giurisdizione del giudice ordinario ed esige che siano decise con efficacia di giudicato. Si possono estendere, per quanto di ragione, al processo contabile le considerazioni svolte dalla dottrina a proposito della pregiudizialità nel processo amministrativo. Mentre nel giudizio civile il problema della pregiudizialità dà luogo ad una questione di competenza, nel giudizio amministrativo (di legittimità) la questione è di giurisdizione, “nel senso che in tanto il giudice amministrativo si può porre il problema di subordinare la decisione del ricorso alla decisione di un’altra questione, in quanto quest’ultima si collochi all’infuori della propria giurisdizione. Se vi ricadesse, infatti, o sarebbe oggetto immediato di giudizio, o non si porrebbe problema, a causa dell’inoppugnabilità” degli atti non tempestivamente impugnati, che non sono suscettibili di disapplicazione se illegittimi, pena l’elusione del termine decadenziale. “In altre parole, mentre nel giudizio civile...

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