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Ritratto di Kit Brandon
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Forse sentiva in cuor suo il convincimento crescente che nella vita della fabbrica era negata ogni possibilità di sviluppo a qualcosa dentro di sÊ, che restava lÏ soffocato, il convincimento comune oggigiorno a tanti americani della giovane generazione, che è sparita l'epoca delle buone occasioni, distrutto l'antico mito secondo cui in America è dato a chiunque di salire a vertiginose altezze di splendore.
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Information
1.
Kit parlava poco e raramente di suo padre. âIl babbo,â lo chiamava certe volte, e certâaltre diceva âmio padreâ. Dopotutto, quandâio la conobbi, Kit era cambiata da capo a piedi in seguito alle sue esperienze nel gran mondo. Aveva i suoi punti di vista, le sue idee particolari, e a me parvero piu concrete della maggior parte delle idee di noi tutti.
Dâaltronde le mancava qualcosa, che non era la cultura in senso stretto. âAccidenti alla cultura,â cosĂŹ si sarebbe espressa.
La sua storia imparai a conoscerla un poâ alla volta, a frammenti. Stemmo insieme appunto per questo, perchĂŠ lâascoltassi come lâennesima tra le tante storie curiose, terribili, sciocche, appassionanti o straordinarie che chiunque potrebbe raccontarti sol che ne fosse capace.
âE va bene, dunque ti parlerò di quando ero bambina, se mi lasci guidare la macchina.â
Questo accadde quando venne a trovarmi dâinverno, allâepoca in cui scrivevo una serie dâarticoli per una rivista sulle condizioni del South Dakota. Era lâanno della lunga e tremenda siccitĂ in quella zona, dei turbini di polvere, poderi sepolti da cima a fondo, palizzate sepolte sotto cumuli di sabbia e polvere; fu durante lâinverno successivo. Kit arrivò col treno e câincontrammo in una cittadina.
âLasciami guidare.
Penso meglio quando guido la macchina. Lo faccio da tanto tempo.
Abitavo col babbo, la mamma, due sorelle e un fratello minori di me, in una casupola sui monti del Tennessee orientale. Lassu mio padre aveva un poderetto e era ormai vecchio, vecchio per prender moglie, voglio dire, quando sposò la mamma, châera molto giovane. Lei aveva solo diciassettâanni e lui doveva essere sui trentacinque.
Era giĂ stato sposato, ma dalla prima moglie non ebbe figli, e quindi non contava.
Buffo davvero se ci si pensa, châio non abbia avuto figli, coi rischi che ho corso senza mai stare attenta.
Dicevo dunque di una casupola, al disotto di una grande strada maestra che saliva su per la montagna. La casupola dava su una stradicciola tutta sassi e rotaie.
E avevamo una mucca e un granaio giusto sul margine della stradicciola, e anche un cavallo. Cavalli ce nâerano a bizzeffe.â
Kit rise, con quella sua risatina strana e fredda che aveva solo parlando del padre. Era vicina ai trentâanni quando ci frequentammo durante le giornate rigide e ventose nella terra desolata del South Dakota.
âIl babbo non finiva mai di trafficare in cavalli. Era il suo passatempo, la sua passione, il suo modo di metter qualcuno nel sacco o di esserci messo lui. Montava sul nostro vecchio ronzino, e via. Poteva darsi che qualcun altro, che abitava dalle nostre parti, lo accompagnasse su un altro ronzino. A volte spariva per giorni di fila. Badava al suo commercio. Il che significava veder gente, altri uomini, e stare in mezzo a loro; ed anche bere in compagnia, mostrare quanto sei in gamba.â
Descrisse la casa in cui abitò da piccola. Le sue parole rievocarono una catapecchia sudicia e sciatta, e riusciva difficile capacitarsi che ci avesse vissuto, lei che era cambiata a quella maniera, che era divenuta cosĂŹ snella e piacente, cosĂŹ eretta, cosĂŹ curiosamente bella, a modo suo. Secondo lei, non doveva aver saputo o notato gran che quandâera piccola.
A dispetto della miseria, suo padre portava sempre la tuta, anche di domenica, tutta toppe e rammendi: se la rattoppava e ricuciva da sĂŠ, disse Kit; a dispetto di ogni cosa, aveva sempre lâaria pulita.
Il padre, mi spiegò Kit, era un ometto asciutto dai capelli neri, durissimi. Gli stavano ritti e ispidi sul capo e li teneva rasati a dovere, âcome lâerba nel cortile di una casa, che si taglia una volta alla settimanaâ, disse, ed era scuro di carnagione.
Somigliava ad un italiano, o forse a un greco, non sembrava un americano.
âAveva i denti piĂš bianchi che si possano vedere in bocca a un uomo, e tutti sani.â
Nella casa di montagna lei aveva passato lâinfanzia e la prima adolescenza e, nonostante le successive avventure, la figura del padre le era rimasta fortemente impressa nella memoria. âCapisci, io somiglio alla mamma, alta e un poâ seccaâ; sorrise usando la parola âseccaâ per descrivere il proprio corpo esile e aggraziato, richiamandoci su lâattenzione a quella maniera, come si compiacciono di fare tutte le donne; âma somiglio anche al babbo. Sono scura come lui e ho i denti buoni, e i capelli neri comâerano i suoi.â
Colsi delle immagini della sua vita dâallora, mentre Kit discorreva guidando la mia automobile, spesso per sudice strade, nei giorni pungenti dâinverno, ed io interrompevo il colloquio quando arrivavamo ad una cittĂ .
Erano delle immagini spezzettate, quelle che lei mi dava: una strada di montagna che saliva da una valle del Tennessee orientale, prima che codesta regione venisse industrializzata, prima che le fabbriche spuntassero in molte cittadine a prendersi e a sfruttare la mano dâopera a buon mercato venuta dai monti.
Una strada di montagna che saliva e saliva per quindici o venti miglia fuori da una valle di pochi ricchi poderi e agricoltori, una strada tutta giravolte. Potevi seguirla su per parecchie montagne, attraverso poche fertili valli, lungo miglia interminabili di foreste irte di sottobosco, magari fermandoti per ammirare la vista da qualche cima, e in capo a settanta o a ottanta miglia giungevi a Knoxville del Tennessee. Non era selciata ma molto aspra, durante lâinfanzia di Kit. Oggi è divenuta unâautostrada.
âE laggiu nella valle, a circa diciotto miglia da noi,â spiegò Kit, âera la prima cittĂ châio abbia mai visto.â Soltanto a quindici anni le si presentò lâoccasione dâandare in cittĂ . âA quei tempi non câerano molte fabbriche, ma ora hanno impiantato unâindustria del rayon.â
Soggiunse poi che ancor oggi si può viaggiare sulla grande strada da Asherville nel North Carolina a Knoxville nel Tennessee, lâattuale sede della TVA1, centro degli sforzi del governo di ricostruire, di riplasmare lâesistenza di unâintera popolazione, i montanari degli Appalachiani Meridionali, percorrendo per duecentocinquanta miglia una zona identica a quella in cui lei era cresciuta, âe tu diresti fra te che lassĂš non ci vive nessuno, che non potrebbe viverci perchĂŠ non riuscirebbe a campare, ma sbaglieresti di grosso.â
Spiegò che quando era piccina, un mucchio di gente, migliaia e migliaia di persone, vivevano nella stessa maniera della sua famiglia, âse si può chiamar vita,â soggiunse. Stava stretta ai suoi monti, una popolazione aff...
Table of contents
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- 0.Sherwood_Anderson_Ritratto-di_Kit_Brandon
- 1.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 2.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 3.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 4.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 5.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 6.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 7.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 8.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 9.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 10.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 11.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 12.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 13.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 14.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 15.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 16.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 17.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 18.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 19.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 20.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 21.Ritratto-di_Kit_Brandon
- 22.Ritratto-di_Kit_Brandon