O di uno o di nessuno; Di sera, un geranio; Il figlio cambiato
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O di uno o di nessuno; Di sera, un geranio; Il figlio cambiato

Luigi Pirandello

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O di uno o di nessuno; Di sera, un geranio; Il figlio cambiato

Luigi Pirandello

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In questa edizione sono riunite insieme tre fra le più rare e preziose novelle del grande Luigi Pirandello: O di uno o di nessuno, Di sera, un geranio e Il figlio cambiato. Tutti e tre i racconti, forse non famosissimi come altri del drammaturgo agrigentino (Nobel per la Letteratura nel 1934) però certamente altrettanto suggestivi, fanno parte della sua celeberrima antologia narrativa Novelle per un anno.

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O DI UNO O DI NESSUNO


I.
Chi era stato? Uno de’ due, certamente. O forse un terzo, ignoto. Ma no: in coscienza, né l’uno, né l’altro de’ due amici avevano alcun motivo di sospettarlo. Melina era buona, modesta; e poi, così disgustata dall’antica sua vita; a Roma non conosceva nessuno; viveva appartata e, se non proprio contenta, si dimostrava gratissima della condizione che le avevano fatta, richiamandola due anni addietro, da Padova, dove, studenti allora d’università, l’avevano conosciuta.
Vinto insieme un concorso al Ministero della guerra, collegata la loro vita in tutto, Tito Morena e Carlino Sanni avevano stimato prudente e giudizioso, due anni addietro, cioè ai primi aumenti dello stipendio, provvedere anche insieme al bisogno indispensabile d’una donna, che li curasse e salvasse dal rischio a cui erano esposti, seguitando ciascuno per suo conto a cercare una qualche sicura stabilità d’amore, di contrarre un tristo legame, non men gravoso d’un matrimonio, per adesso e forse per sempre conteso loro dalle ristrettezze finanziarie e difficoltà della vita.
E avevano pensato a Melina, tenera e dolce amica degli studenti padovani, che erano soliti andar a trovare in via del Santo, nelle sere d’inverno e di primavera lassù. Melina sarebbe stata la più adatta per loro: avrebbe recato con sé da Padova tutti i lieti ricordi della prima, spensierata gioventù. Le avevano scritto; aveva accettato; e allora (giudiziosamente, come sempre) avevano disposto che ella non coabitasse con loro. Le avevano preso in affitto due stanzette modeste in un quartiere lontano, fuori di porta, e lì andavano a trovarla, ora l’uno ora l’altro, così come s’erano accordati, senza invidia e senza gelosia.
Tutto era andato bene per due anni, con soddisfazione d’entrambi.
D’indole mitissima, di poche parole e ritegnosa, Melina si era mostrata amica a tutt’e due, senz’ombra di preferenza né per l’uno né per l’altro. Erano due bravi giovani, bene educati e cordiali. Certo, uno – Tito Morena – era più bello; ma Carlino Sanni (che non era poi brutto neanche lui, quantunque avesse la testa d’una forma curiosa) molto più vivace e grazioso dell’altro.
L’annunzio inatteso, di quel caso impreveduto, gettò i due amici in preda a una profonda costernazione.
Un figlio!
Uno di loro due era stato, certamente; chi de’ due, né l’uno né l’altro, né la stessa Melina potevano sapere. Era una sciagura per tutti e tre; e nessuno de’ due amici s’arrischiò a domandare dapprima alla donna: – Tu chi credi? – per timore che l’altro potesse sospettare ch’egli intendesse con ciò di sottrarsi alla responsabilità, rovesciandola soltanto addosso a uno; né Melina tentò minimamente d’indurre l’uno o l’altro a credere che il padre fosse lui.
Ella era nelle mani di tutti e due, e a tutti e due, non all’uno né all’altro, voleva affidarsi. Uno era stato; ma chi de’ due ella non solo non poteva dire, ma non voleva nemmeno supporre.
Legati ancora alla propria famiglia lontana, con tutti i ricordi dell’intimità domestica, Carlino Sanni e Tito Morena sapevano che quest’intimità non poteva più essere per loro, staccati come già ne erano per sempre. Ma, in fondo, erano rimasti come due uccellini che, sotto le penne già cresciute e per necessità abituate al volo, avessero serbato e volessero custodir nascosto il tepore del nido che li aveva accolti implumi. Ne provavano intanto quasi vergogna, come per una debolezza che, a confessarla, avrebbe potuto renderli ridicoli.
E forse l’avvertimento di questa vergogna cagionava loro un segreto rimorso. E il rimorso, a loro insaputa, si manifestava in una certa acredine di parole, di sorrisi, di modi, che essi credevano invece effetto di quella vita arida, priva di cure intime, in cui più nessun affetto vero avrebbe potuto metter radici, che eran costretti a vivere e a cui dovevano ormai abituarsi, come tanti altri. E negli occhi chiari, quasi infantili, di Tito Morena lo sguardo avrebbe voluto avere una durezza di gelo. Spesso lo aveva; ma pure talvolta quello sguardo gli si velava per la commozione improvvisa di qualche lontano ricordo; e allora quella velatura di gelo era come l’appannarsi dei vetri d’una finestra, per il caldo di dentro e il freddo di fuori. Carlino Sanni, dal canto suo, si raschiava con le unghie le gote rase e rompeva con lo stridore dei peli rinascenti certi angosciosi silenzii interiori e si richiamava all’ispida realtà del suo vigor maschile che, via, gl’imponeva ormai d’esser uomo, vale a dire, un po’ crudele.
S’accorsero, all’annunzio inatteso della donna, che, senza saperlo e senza volerlo, ciascuno, dimenticandosi dell’altro e anche della voluta durezza e della voluta crudeltà, aveva messo in quella relazione con Melina tutto il proprio cuore, per quel segreto, cocente bisogno d’intimità familiare. E avvertirono un sordo astio, un’agra amarezza di rancore, non propriamente contro la donna, ma contro il corpo di lei che, nell’incoscienza dell’abbandono, aveva evidentemente dovuto prendersi più dell’uno che dell’altro. Non gelosia, perché il tradimento non era voluto. Il tradimento era della natura; ed era un tradimento quasi beffardo. Ciecamente, di soppiatto, la natura s’era divertita a guastar quel nido, che essi volevano credere costruito più dalla loro saggezza, che dal loro cuore.
Che fare, intanto?
La maternità in quella ragazza assumeva per la loro coscienza un senso e un valore, che li turbava tanto più profondamente in quanto sapevano che ella non si sarebbe affatto ribellata, se essi non avessero voluto rispettargliela; ma li avrebbe in cuor suo giudicati ingiusti e cattivi.
Era in lei tanta dolcezza dolente e rassegnata! Con gli occhi, il cui sguardo talvolta esprimeva il sorriso mesto delle labbra non mosse, diceva chiaramente che lei, non ostante quell’ambiguo suo stato, da due anni, mercé loro, si sentiva rinata. E appunto da questo suo rinascere alla modestia degli antichi sentimenti, dovuto a loro, al modo con cui essi, quasi a loro insaputa, l’avevano trattata, proveniva la sua maternità, il rifiorire di essa che, nella trista arsura del vizio non amato, s’era per tanti anni ist...

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Pirandello, L. (2021). O di uno o di nessuno; Di sera, un geranio; Il figlio cambiato ([edition unavailable]). Tiemme Edizioni Digitali. Retrieved from https://www.perlego.com/book/2790353/o-di-uno-o-di-nessuno-di-sera-un-geranio-il-figlio-cambiato-pdf (Original work published 2021)

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Pirandello, Luigi. (2021) 2021. O Di Uno o Di Nessuno; Di Sera, Un Geranio; Il Figlio Cambiato. [Edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. https://www.perlego.com/book/2790353/o-di-uno-o-di-nessuno-di-sera-un-geranio-il-figlio-cambiato-pdf.

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Pirandello, L. (2021) O di uno o di nessuno; Di sera, un geranio; Il figlio cambiato. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali. Available at: https://www.perlego.com/book/2790353/o-di-uno-o-di-nessuno-di-sera-un-geranio-il-figlio-cambiato-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Pirandello, Luigi. O Di Uno o Di Nessuno; Di Sera, Un Geranio; Il Figlio Cambiato. [edition unavailable]. Tiemme Edizioni Digitali, 2021. Web. 15 Oct. 2022.