Nel Novecento
La «Questione ceca»
Se per gli storici la «rinascita nazionale» ceca si concluderà soltanto con la fondazione della repubblica, dopo la fine della Prima guerra mondiale, le rivendicazioni culturali dei “filologi sovversivi” possono ritenersi soddisfatte già nella seconda metà del XIX secolo. Nel corso dell’Ottocento uno degli obiettivi, più volte dichiarato, dei politici cechi fu l’affermazione dell’autonomia del proprio diritto pubblico, condizione per il riconoscimento di uno Stato ceco all’interno della monarchia. All’inizio degli anni Ottanta del XIX secolo le regioni ceche erano le più ricche e industrializzate dell’Impero1 e, di conseguenza, ebbero un ruolo di primo piano nelle vicende che ne caratterizzarono gli ultimi quarant’anni di vita, in particolare per quanto riguarda la cosiddetta Cisleitania, la sua zona “austriaca”, distinta da quella ungherese a partire dal 1867. Gli storici sono concordi nel sottolineare la particolarità del nazionalismo ceco nel quadro generale delle tensioni nazionali ottocentesche interne allo stato asburgico: la rinascita culturale ed economica della nazione si era compiuta all’interno della monarchia sovranazionale; alla componente ceca della popolazione di Boemia e Moravia non avrebbe giovato la dissoluzione dell’Impero perché li avrebbe privati, nei confronti della ricca e influente borghesia tedesca, del contrappeso sovranazionale esercitato dal governo di Vienna. La concorrenza di nazionalismo ceco e nazionalismo tedesco – la ceca e la germanica erano le due etnie più forti nella Cisleitania – era dunque un elemento caratterizzante delle dinamiche allora attive.
Il Teatro Nazionale.
Alcune importanti rivendicazioni dei liberali cechi ricevono soddisfazione nel corso degli anni Ottanta del XIX secolo; la lingua ceca ottiene un riconoscimento istituzionale nel 1880 con le cosiddette ordinanze di Stremayr, che dal punto di vista giuridico sancirono la parità di ceco e tedesco come lingue dell’amministrazione, anche se la loro applicazione avrebbe ancora incontrato notevoli difficoltà. Nel 1881 è decretata la divisione dell’Università Carolo-Ferdinandea di Praga in un ateneo di lingua ceca e uno di lingua tedesca. I due atenei mantengono lo stesso nome: infatti solo nel 1920 all’università ceca fu attribuito il nome di Univerzita Karlova, mentre la Deutsche Karls-Ferdinand Universität fu rinominata Deutsche Universität in Prag. Nel 1890 viene fondata l’Accademia ceca di Scienze, Lettere e Arti; al 1883 risale l’inaugurazione definitiva del Teatro Nazionale (Národní divadlo), frutto di un’iniziativa perseguita ostinatamente per oltre quarant’anni da politici, pubblicisti e semplici cittadini.
Annose polemiche di carattere nazionalistico lasciano il posto a un dibattito culturale che ambisce finalmente a un reale confronto con l’esterno, con le altre culture europee. Nel 1883 Tomáš G. Masaryk, il futuro primo presidente della Repubblica cecoslovacca, fonda Athenaeum. Listy pro literaturu a kritiku vědeckou (Athenaeum. Giornale di letteratura e critica scientifica); la fondazione di questa rivista, che nel titolo dichiara di ispirarsi ad autorevoli precedenti, può essere considerata un punto di svolta per la cultura ceca.
Il suo programma conteneva i principi a cui si ispirava un gruppo di studiosi – molti dei quali attivi presso l’università ceca – che negli anni Ottanta sarà protagonista della fase finale della «rinascita» della nazione.
Il frontespizio del primo numero e il Programma di Athenaeum.
Proprio sulle pagine di Athenaeum, all’inizio del 1886, cominciò una polemica accesissima, combattuta in nome della verità scientifica: si trattava dell’ultima fase delle «dispute sui Manoscritti», nel corso della quale la nuova filologia ceca dimostrò la solidità delle proprie acquisizioni. L’approccio «critico e scientifico» adottato dagli studiosi guidati da Masaryk fu in grado di battere i rappresentanti di un orientamento ideologico chiuso e conservatore – quello espresso dai sostenitori dell’autenticità dei manoscritti – che subordinava l’attività di ricerca al timore di perdere autorità e prestigio infrangendo gli idoli di una pretesa tradizione culturale ceca. Lo smascheramento definitivo del falso ottocentesco costruito con i cosiddetti manoscritti di Dvůr Králové e di Zelená Hora significò l’emancipazione dall’ideologia nazionalista e il richiamo consapevole a una tradizione culturale non limitata alla difesa di un’identità che si voleva credere minacciata, ma capace di attività autonoma. Il protrarsi delle polemiche ancora per qualche tempo e il loro connotarsi di valenze politiche indicano che il sistema culturale ceco era adesso in grado di sopportare un dibattito interno senza che la sua identità potesse ormai essere messa in discussione.
Il rinnovato ateneo praghese di lingua ceca inaugura la sua attività nell’anno accademico 1882-1883 con le facoltà di Lettere e filosofia e di Giurisprudenza, alle quali l’anno successivo seguirà Medicina. Uno dei primi professori chiamati a insegnare filosofia nell’ateneo ceco è proprio Tomáš G. Masaryk, già docente presso l’università di Vienna, dove si era formato come allievo di Brentano.
Tomáš G. Masaryk.
Studioso di estetica – la letteratura aveva per lui un fondamentale valore noetico – e di sociologia, nel 1891 Masaryk fu eletto deputato nel parlamento viennese. La sua riflessione sul destino della propria nazione si basava su uno studio accurato del passato e del presente, come testimoniato dai lavori su Jan Hus (1896), sul pensiero russo (Russland und Europa, 1913) e sulla cosiddetta «Questione ceca»:
L’azione politica di Masaryk era legata al suo impegno sociale, come mostrano le prese di posizione contro l’alcolismo, a favore dell’emancipazione femminile, contro la superstizione e l’ignoranza.
Un esempio di questo impeg...