L'eutanasia della democrazia
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L'eutanasia della democrazia

Il colpo di mani pulite

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L'eutanasia della democrazia

Il colpo di mani pulite

About this book

Ripercorrere il dibattito del 1992-1993 consente di ricostruire gli elementi che influenzarono una decisione affrettata. Valutare comparativamente il regime delle garanzie per i parlamentari consente di comprenderne il ruolo in tutte le democrazie moderne. Di qui il merito di questo libro, che riporta all'attenzione dell'opinione pubblica un tema importante per il futuro della nostra democrazia.(dalla Prefazione di Sabino Cassese) La stagione politica che impropriamente è andata sotto il nome di "Mani pulite" ha profondamente mutato la storia della nostra democrazia, incidendo in modo irreversibile sul rapporto tra poteri dello Stato. Uno dei passaggi cruciali è stata l'abolizione dell'autorizzazione a procedere per i membri del Parlamento. La riforma costituzionale dell'articolo 68 della Costituzione, avvenuta sotto l'incessante spinta delle piazze forcaiole, ha alterato la relazione tra poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, arrecando gravi fratture all'ordine democratico. In quest'opera, oltre alla fedele esposizione del dibattito parlamentare antecedente alla riforma, vi è anche uno scrupoloso lavoro di ricerca sulle guarentigie parlamentari. Quando nacquero? PerchÊ? Cosa prevedono le Costituzioni degli altri Paesi occidentali? Domande essenziali per comprendere l'evoluzione della nostra democrazia. La risposta del libro è che siamo un unicum nel panorama mondiale.

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Information

Le norme a confronto

Art. 68 della Costituzione approvato dall’Assemblea Costituente
I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura.
Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile.
Art. 68 della Costituzione dopo la legge costituzionale n. 3/1993
I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

1.Un doveroso sguardo al passato

1.La libertà dei rappresentanti è la nostra libertà

In una democrazia rappresentativa, la libertà d’espressione e d’azione dei membri del Parlamento costituisce condizione indefettibile per la libertà degli stessi consociati. L’uomo politico è longa manus della cittadinanza, legittimato a operare nell’interesse collettivo, ma in grado di farlo solo in un contesto ispirato ai valori del garantismo e della libertà di manifestazione del pensiero. Non vi può essere risoluzione efficace delle questioni sociali ed economiche, se non in un’ambiente di aperto confronto al diverso e all’opposto. La Costituzione della Repubblica assume, infatti, il pluralismo quale suo valore cardine, affermando all’art. 49 che «Tutti i cittadini hanno diritto ad associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale». La legittimazione attiva è attribuita a ciascun soggetto titolare di cittadinanza, senza alcuna discriminazione secondo il combinato disposto con l’art. 3.
Il verbo “concorrere” scelto dai membri dell’Assemblea è espressivo di compromesso e sintesi tra ideologie, nessuna avente maggiore dignità politica dell’altra. Queste si devono poi confrontare con metodo democratico, perché i Padri Costituenti, reduci dal ventennio del totalitarismo fascista, ben conoscevano i pericoli di una maggioranza dispotica senza adeguati contrappesi e guarentigie per le minoranze.
Tuttavia, non fu sufficiente affermare i nuovi valori dell’Italia democratica, fu altresì necessario garantire ai rappresentanti dei cittadini specifiche prerogative per il libero esercizio del proprio mandato, perché sentimenti dittatoriali sarebbero potuti tornare.
La libertà dei rappresentanti è condizione indefettibile per la libertà dei rappresentati.
Posto che il regime democratico è regime di pubblica opinione, che si fa valere attraverso la formazione di maggioranze raggruppate intorno a determinati programmi, è necessario che il diritto non ignori ordinamenti e procedimenti attraverso cui avviene questa formazione di volontà politica e la sua immissione nello Stato[1]. Gli artt. 67 e 68 salvaguardano l’indipendenza del singolo parlamentare, interna rispetto al partito ed esterna in relazione agli altri poteri pubblici, affinché questo possa agire in piena coscienza per rispondere ai propri elettori. Come scrisse un noto costituzionalista, che fu membro di quell’Assemblea, il parlamentare, coperto da immunità, gode di prerogative e, dunque, di particolari vantaggi, che si distinguono dai privilegi, perché mentre questi ultimi, scomparsi dagli ordinamenti moderni, sono accordati nell’interesse dei singoli che vengono a beneficiarne, i primi tendono invece a garantire il regolare esercizio di pubbliche funzioni[2]. Sancita la libertà dei rappresentanti, è altresì necessario che l’ordinamento garantista la sua effettività.

2.Per non cadere nella morsa antipolitica

In un’epoca storica di tumultuose correnti antiistituzionali che hanno risucchiato anche le menti più acute, riscoprire il dibattito, che ha dato luogo a uno Stato libero, può essere una chiave di volta per tornare ad attribuire dignità e valore al ruolo del deputato.
È, infatti, alquanto pericoloso e demagogico sovrapporre il piano delle capacità e della preparazione dell’attuale classe dirigente con quello della funzione del rappresentante politico. Il referendum sul taglio del numero dei parlamentari è espressione di un sentimento d’odio che inquina la salute della nostra democrazia. Riecheggia l’idea del politico affarista, disinteressato ai bisogni della civitas, e dunque mera scartoffia di cui sbarazzarsi al più presto. Cade però così in crisi la legittimazione delle Istituzioni, organi d’espressione della voce di ciascun consociato. Il populismo disprezzante d’oggigiorno è come un cane che si morde la coda: riduce gli spazi d’azione della classe politica, ma senza accorgersene riduce anche i propri. La crisi della democrazia rappresentativa, arrecata da coloro che paventano forme di democrazia diretta, è una sconfitta non per l’establishment, figura mistica dai contorni indefiniti, ma per tutti i cittadini. A rappresentanti delegittimati conseguono sempre rappresentati abbandonati.
A prescindere dalle qualità di coloro che siedono nel Parlamento della Repubblica, la salvaguardia della libertà delle funzioni che questi esercitano non può essere in alcun modo posta in discussione, pena il ritorno di nuove stagioni oscurantiste. A coloro che vorrebbero aprire le Istituzioni come una scatoletta di tonno si deve rispondere con la conoscenza del diritto, la storia, le parole e i fatti dei Padri della patria.

3.L’orizzonte della ricerca

La nascita e l’evoluzione delle democrazie occidentali è indissolubilmente legata all’affermazione della centralità delle Assemblee legislative e delle prerogative dei loro membri. Riscoprire la storia delle guarentigie parlamentari è condicio sine qua non per valutare correttamente le conseguenze politiche della revisione costituzionale del 1993, frutto di quei sentimenti sopra descritti.
Al contempo, mai fu così necessario riesaminare gli atti preparatori della Costituente sull’art. 68, per riportare alla luce il pensiero di coloro che ci restituirono le libertà violate, anche grazie all’affermazione delle guarentigie per i membri del Parlamento. Un dibattito di donne e di uomini che hanno messo a repentaglio la propria esistenza pur di ripristinare la legalità, lasciando lungo il percorso amici, genitori, fratelli. Un dibattito in cui presero la parola le menti più acute che il Paese potesse offrire dopo il secondo conflitto mondiale. Si confrontarono antitetiche visioni dell’individuo e della società, talvolta in contrapposizioni aspre, ma sempre ispirate dal senso di riconoscimento dell’altro e dall’alto valore di dignità della politica. Non semper mala tempora currunt.
Altrettanto intensa è l’esigenza di esaminare gli animi, le posizioni culturali e le ideologie poste a base della discussione parlamentare che condusse alla riforma delle immunità durante la stagione di “Tangentopoli”. Fu una revisione lampo, conseguenza delle pressioni extraparlamentari di quegli anni, su cui non si è ancora riflettuto a sufficienza. Un Paese è il portato della propria storia. Non sapremo mai chi siamo e qual è il ruolo del Parlamento nel nostro sistema costituzionale se non si analizzano a fondo le battaglie politiche e le riforme del passato.
Bill of Rights, Assemblea Costituente, Costituzioni dei principali Paesi occidentali: elementi indefettibili per formulare un giudizio fondato sull’attuale art. 68 della Costituzione italiana.
A distanza di quasi trent’anni dall’abolizione dell’autorizzazione a procedere è doveroso interrogarsi su qual...

Table of contents

  1. Prefazione L’immunità dei parlamentari e la democrazia
  2. Introduzione
  3. Le norme a confronto
  4. Ringraziamenti
  5. Bibliografia