Padri e figli
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Padri e figli

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Questo romanzo ha come tema il contrasto fra generazioni e la posizione della gioventù di fronte ai movimenti radicali dell'epoca (specialmente il cosiddetto nichilismo), che scatenò un'aspra polemica su i suoi contenuti politico-ideologici. Oggi invece riteniamo Padri e figli soprattutto un'opera di poesia, forse la più alta manifestazione dell'arte turgeneviana. Dall'incipit del libro: Nessuna opera d'arte ebbe, come questa, tanta fortuna di violenti attacchi, quando uscì per la prima volta nel 1860, e più tardi ancora. Gli alti strati sociali si sollevarono di sdegno, i bassi fondi ribollirono; la critica, paurosa e piaggiatrice dei più, scagliò all'autore ogni più abbietta calunnia, ogni più velenosa contumelia. Piaceva all'aristocrazia il ritratto parlante della democrazia, mentre i democratici, dal canto loro, trovavano stupenda la satira contro i parrucconi. Ciascuno, in somma, accettava quella metà di libro che non lo riguardava: e così anche il libro era dilaniato come l'autore. Naturalmente, il romanzo fu proibito in Russia: la stessa sorte avrebbe avuta, se pure non avesse sollevato una così fiera tempesta. Che cosa in Russia non si proibisce? L'Indice dello Zar è più rigoroso di quello del Sacro Collegio. Autori nazionali e stranieri, poeti e scienziati, storici e romanzieri, statisti e teologi, filosofi e naturalisti, – il bando li coglie tutti alla rinfusa. Ciò vuol dire che lo Zar ha una stima grande della stampa, al contrario di quanto accade in Italia, dove per la stampa si ha così poco riguardo che la si lascia dire tutto quel che vuole. Sul gran mercato librario di Lipsia non passa giorno che non si spacci una novità letteraria o scientifica, v'Rassii zaprescenà (proibita in Russia). È un artifizio molto usato per stuzzicare la curiosità dei lettori. I lettori abboccano all'amo e, dopo aver divorato il libro, cercano studiosamente il segreto motivo della proibizione. E non lo trovano quasi mai.

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Information

Publisher
Youcanprint
Year
2018
eBook ISBN
9788827811252

XXIV.

Due ore dopo, egli bussava alla porta, di Basarow.
– Scusatemi – cominciò – se vi disturbonelle vostre dotte occupazioni....
E messosi a sedere presso la finestra, appoggiò le manisopra una bella mazza col pomo d’avorio (per solito nonportavamazza).
– Son costretto – proseguì – a pregarvidi concedermi cinque minuti del vostro tempo.... non più.
– Tutto il mio tempo è a vostra disposizione, –rispose Basarow, il quale, all’apparire di Paolo Petrovic,s’era sentito come una contrazione passargli sul viso.
– Cinque minuti mi bastano. Son venuto a porvi unaquestione.
– Una questione? di che si tratta?
– Vogliate ascoltarmi. Sul principio del vostro arrivo incasa di mio fratello, quando non ancora mi rifiutavo il piacere didiscorrer con voi, miaccadde di udire i vostri giudizi su variiargomenti; ma per quanto mi ricordo, nè fra noi nè allamia presenza, cadde mai il discorso sul duello.... in generale.Permettetemi di domandarvi quel che voi pensate di questaquestione.
Basarow, che s’era alzato per andare incontro a Paolo,sedette sul margine della tavola e incrociò le braccia.
– Ecco quel che io ne penso, – disse; – dalpunto teorico di vista, il duello è una follia; ma dal puntodi vista pratico, è un altro par di maniche.
– Volete dire, cioè, se vi ho ben capito, chequalunque sia il vostro giudizio teorico sul duello, in pratica poinon permettereste mai che vi si recasse offesa senzachiederesoddisfazione?
– Avete perfettamente interpretato il mio pensiero.
– Benissimo. Godo in udir ciò da voi. Le vostreparole mi tolgono da un’ignoranza....
– Da un’incertezza, volete dire.
– Val lo stesso: mi esprimo alla meglio perchè mis’intenda; non sono un topo da seminario. Le parole vostre midispensano da un certo dovere assai rincrescevole. Io horisoluto dibattermi con voi.
Basarow spalancò gli occhi.
– Con me?
– Proprio
– E a proposito di che? spiegatevi.
– Potrei spiegarvene il motivo, ma preferisco tacerlo.Secondo me, voi siete soverchio qui, non vi posso soffrire, vidisprezzo, e se ciò nonvi basta....
Gli occhi di Paolo scintillarono; quelli di Basarow si acceseroanche di sdegno.
– Benissimo, – disse questi. – Inutile ognialtra spiegazione. Vi è saltato il grillo di sperimentaresopra di me il vostro umore cavalleresco. Potrei non consentire adarvi questo piacere; ma tiriamo via!
– Cordialmente obbligato, – rispose Paolo, – eposso ora sperare che voi accetterete la mia sfida, senza metterminella necessità di ricorrere alle misure coercitive.
– Cioè, parlando fuor di metafora, a cotestobastone?– notò Basarow freddamente. – Avete perfettamenteragione. Non serve che m’insultiate.... il che, del resto,non sarebbe senza pericolo per voi. Potete rimaner gentiluomo....Accetto, anche da gentiluomo, la vostra sfida.
– Egregiamente, – dissePaolo, mettendo il bastoneinun angolo. – Diremo or ora due parole sulle condizioni delnostro duello; ma prima bramerei di sapere se vi par necessario diricorrere alla formalità di un piccolo alterco, che potesseservir da pretesto al nostro scontro.
–No, meglio senza formalità.
– Anch’io penso così. Credo pure fuor diproposito approfondire i veri motivi della contesa. Noi non cipossiamo soffrire l’un l’altro. Che altro ci vuole?
– Che altro ci vuole? – ripetè ironicamenteBasarow.
– Riguardo alle condizioni dello scontro, siccome nonavremo padrini.... poichè dove li prenderemmo?
– Difatti, dove li prenderemmo?
– Così io ho l’onore di proporvi quanto segue:ci batteremo domani di buon’ora, mettiamo alle sei, dietro ilbosco, alla pistola: dieci passidi distanza....
– Dieci passi? bene: è precisamente la distanza a cuici odiamo.
– Possiamo anche fare otto, – notò Paolo.
– Possiamo: perchè no?
– Tireremo due volte; e, per ogni evento, ciascuno simetterà in tasca un biglietto, nel quale accuseràsestesso della propria fine.
– In ciò, se permettete, – osservòBasarow, – non sono perfettamente d’accordo. Si cade unpo’ nel romanzo francese, in un certo ched’inverisimile.
– Può darsi. Convenite però che non èpiacevole tirarsi addosso la taccia di assassino.
– Ne convengo. Ma c’è un mezzo per sottrarsi acotesta brutta imputazione. Non avremo padrini, ma ci potràessere un testimone.
– E chi, di grazia?
– Pietro.
– Chi.... Pietro?
– Il cameriere di vostro fratello. È un uomo che sitrova all’altezza della civiltà contemporanea, erappresenterà la sua parte con tutto ilcomm’ilfautindispensabile in tali circostanze.
– Mi sembra che scherziate, egregio signore.
– Niente affatto. Se riflettete un po’ alla miaproposta, la troverete, piena di buon senso edi semplicità.Non c’è fumo senza fuoco. Di Pietro m’incarico io,sì per prepararlo come si conviene, sì per condurlo sulteatro del combattimento.
– Voi continuate a scherzare, – disse, alzandosi,Paolo Petrovic. – Ma dopo la gentilesollecitudinedimostratami, non ho il diritto di avanzarpretensioni.... Sicchè, tutto è combinato.... Aproposito, voi non avete pistole?
– Dove volete che le pigli? non sono mica un uomo diguerra.
– In tal caso vi offro le mie. Potete esser sicuro che dacinque anninon le ho adoperate.
– Ecco una notizia rassicurante.
Paolo riprese il suo bastone.
– Ed ora, egregio signore, non mi rimane che ringraziarvie rendervi alle vostre occupazioni. Ho l’onore diriverirvi.
– A ben rivederci, signore pregiatissimo, – risposeBasarow, riconducendolo.
Paolo uscì e Basarow, dopo essere un po’ rimastofermo dietro la porta, esclamò:
– Che il diavolo mi pigli!... ecco un bell’affare,ma anche stupido: parecchio! Che graziosa commediaabbiamorecitata!... proprio come i cani ammaestrati che ballanosulle zampe di dietro. E non era possibile rifiutare: era capace dibattermi, e allora.... – Basarow si fece pallido a questopensiero e tutto il suo orgoglio si sollevò. –....allora lo avrei strangolato come un gatto!
Tornò al suo microscopio, ma il cuore gli batteva e lacalma, indispensabile all’osservazione, era sparita.
– Ci ha veduti oggi, questo è certo, –pensò; – non mi spiego che si faccia così fieropaladino del fratello. Che gran male, in fondo, un bacio?... Cideve esser dell’altro.... O che non sia egli stessoinnamorato? Così è, senz’altro; è chiaro comela luce del sole. Che pasticcio, che pasticcio!... Brutto affare;da qualunque parte lo si guardi. Non solo giuocarsi la vita, ma, inogni caso, partire; e Arcadio poi.... e quell’animale innocuodi Nicola Petrovic.... Brutto, brutto affare!
La giornata passò tranquilla come al solito. Fènickaera addirittura scomparsa dalla faccia della terra; se ne stavachiusa in camera, come un topolino nella sua tana. Nicola era tuttorannuvolato; gli avevano riferito che nel frumento, sul qualefondavansi le sue maggiori speranze, era comparsa la volpe.
Paolo incombeva su tutti, perfino su Prokofic, con la suaglaciale cortesia.
Basarow comincio a scrivere una lettera al padre, ma lastrappò subito e la gettò sotto la tavola.
– Se muoio – pensò – lo sapranno lostesso. Ma non muoio: ho ancora da tirarla in lungo su questomondaccio cane.
Ordinò a Pietro che, il giorno appresso, venisse a destarlodi buon mattino per un affare importante; Pietro sifigurò chelo voleva menar seco a Pietroburgo. Basarow andò tardi aletto, e tutta notte fu tormentato da brutti sogni.... La signoraOdinzow gli girava davanti, ed era sua madre, dietro a lei correvauna gattina coi baffi neri, e la gattina era Fènicka; poi gliveniva davanti Paolo Petrovic in forma di un gran bosco, e conquesto ad ogni modo bisognava battersi.
Pietro lo svegliò alle quattro precise. Basarow sivestì subito ed uscì, seguito dal domestico.
Il mattino era splendido e più fresco dell’usato.Delle nuvolette screziate correvano in bioccoli sull’azzurrodel cielo; una finissima rugiada, copriva le foglie degli alberi el’erba dei prati; splendevano argentini i sottili ragnateli;la terra umida e scura pareva aver serbato un riflesso deiprimirossori dell’alba; trillavano le allodole in tutti i puntidel cielo.
Basarow arrivò al bosco, si mise a sedere all’ombra,e solo allora svelò a Pietro che specie di servizioaspettavasi da lui. Il signorile lacchè fu pigliato da unapaura da non sidire; ma Basarow lo calmò alquanto,assicurandolo che non altro doveva fare se non che starsene indistanza e guardare: nessuna responsabilità per lui.
– E intanto – soggiunse – pensa un po’la parte importante che ti è affidata!
Pietro agitò le braccia, abbassò il capo e siappoggiò, verde in viso, ad un albero.
La strada che veniva da Marino costeggiava una piccola selva;una polvere leggera la copriva tutta, nè fin dal giornoinnanzi una ruota o un piede l’aveva smossa. Basarowinvolontariamente spingevalo sguardo verso quella parte, estrappando e masticando qualche filo d’erba,borbottavafra’ denti: «Che sciocchezza!» Il freddodel mattino lo fece rabbrividire un par di volte.... Pietro loguardò, ma Basarow si contentò di sorridere. Egli nonaveva paura.
Suonò sulla via un calpestìo di cavalli. Di dietroagli alberi sbucò un contadino. Spingeva innanzi due cavalliimpastoiati, e, passando davanti a Basarow, lo guardò in uncerto modo strano nè si cavò il berretto. Ciò parvea Pietro un brutto presagio.
–Anche costui – pensò Basarow – si èalzato di buon’ora; ma almeno fa qualcosa di utile. Manoi?...
–Ecco, viene, – balbettò Pietro ad untratto.
Basarow alzò la testa e vide Paolo Petrovic. Vestito di ungiacchettino colorato e di calzoni bianchi comela neve, egliavanzavasi svelto per la strada; portava sotto il braccio unascatola in un drappo verde.
–Domando scusa, se, come pare, v’ho fatto attendere,– disse, salutando prima Basarow e poi Pietro, nel quale, inquel momento, egli onorava l’ufficiodi secondo; – nonho voluto destare il mio cameriere.
– Niente, niente, – rispose Basarow; – nonsiamo arrivati che poco fa.
–Ah, tanto meglio! – esclamò Paolo volgendosiintorno. – Nessuno si vede, nessuno, ci daràmolestia.... Possiamo cominciare?
–Cominciamo.
–Suppongo che non esigiate nuove spiegazioni!
–Non le esigo.
–Volete caricar voi le armi? – domandò Paolocavando le pistole dalla scatola.
–No. Caricate voi, io conterò i passi. Ho i piedipiù lunghi, – soggiunse Basarow con un sorriso.–Uno, due, tre.
–Signor Basarow, – balbettò Pietro con untremito di febbre, – con permesso vostro, io mi scosto.
–Quattro.... cinque.... Scostati pure, scostati; puoianche metterti dietro un albero e turarti le orecchie; non chiuderegli occhi però....e se vedi cadere uno di noi, corri subito araccattarlo.... Sei, sette, otto....
Basarow si fermò.
–Basta così? – domandò, volgendosi aPaolo, – o debbo ancora misurare due passi?
–Fate come vi piace, – rispose Paolo calcando laseconda palla.
–Ebbene,contiamone altri due! – e con la punta dellostivale Basarow tracciò un limite. – Questa è labarriera. A proposito: quanti passi ci si deve allontanare dallabarriera?... è una questione grave anche questa. Ieri sera cisiamo scordati di discuterne.
–Credo dieci passi, – rispose Paolo porgendoall’avversario le due pistole. – Vogliatescegliere.
–Voglio.... Convenite però che il nostro duelloè strano fino al ridicolo.... Guardate un po’ allafaccia del nostro secondo.
–Vi piace sempre di scherzare, – rispose Paolo.– Non nego la stranezza del nostro duello, ma credo miodovere prevenirvi che io conto battermi sul serio. «A bonentendeur, salut!»
–Oh! non dubito punto che abbiamo deciso tutti e due disterminarci!... ma perchè non ridere un poco ed unire«utile dulci»? Ecco: voi mi parlate francese, ed io virispondo in latino.
– Conto di battermi sul serio, – ripetè Paoloandando a prendere il suo posto.
Basarow, dal canto suo, contò dieci passi oltre la barrierae si arrestò.
– Siete pronto? – domandòPaolo.
– Perfettamente.
– Avanti dunque!
Basarow si avanzò lentamente e Paolo fece lo stesso,tenendo la mano sinistra in tasca e alzando a poco a poco la cannadella pistola....
– Mi piglia proprio il naso di mira, – pensòBasarow, – e come stringe gli occhi il brigante! Non èuna cosa piacevole, certo. Mirerò alla catenadell’orologio.
Un che di rapido e sibilante passò presso l’orecchiodi Basarow, e nel punto stesso un colpo si udì.
– L’ho inteso, dunque non ho niente, – glibalenò in mente. Diè ancoraun passo, e senza mirare,premette il grilletto.
Paolo Petrovic fece un lieve movimento e portò la mano allagamba. Un filo di sangue rosseggiò sul bianco dei calzoni.
Basarow gettò la pistola e si avvicinòall’avversario.
– Siete ferito? – domandò.
– Avevate il diritto – rispose Paolo – dispingervi fino alla barriera.... È una ferita da nulla.Secondo le condizioni, ciascuno di noi ha da tirare un altrocolpo.
– Scusate, sarà per un’altra volta, –rispose Basarow afferrando Paolo per la vita, il quale sifaceva,pallido. – Adesso son dottore, non già duellista, eprima di tutto ho da osservare la vostra ferita. Pietro! vieni qua,Pietro! dove...

Table of contents

  1. IVAN TURGHENIEFF.
  2. PREFAZIONE.
  3. I.
  4. II.
  5. III.
  6. IV.
  7. V.
  8. VI.
  9. VII.
  10. VIII.
  11. IX.
  12. X.
  13. XI.
  14. XII.
  15. XIII.
  16. XIV.
  17. XV.
  18. XVI.
  19. XVII.
  20. XVIII.
  21. XIX.
  22. XX.
  23. XXI.
  24. XXII.
  25. XXIII.
  26. XXIV.
  27. XXV.
  28. XXVI.
  29. XXVII.
  30. XXVIII.