Novella Settima
Uno scolare ama una donna vedova, la quale, innamorata d'altrui,una notte di verno il fa stare sopra la neve ad aspettarsi; laquale egli poi, con un suo consiglio, di mezzo luglio ignuda tuttoun dì la fa stare in su una torre alle mosche e a' tafani e alsole.
Molto avevan le donne riso del cattivello di Calandrino, epiù n'avrebbono ancora, se stato non fosse che loro in crebbedivedergli torre ancora i capponi, a color che tolto gli aveano ilporco. Ma poi che la fine fu venuta, la reina a Pampinea impose chedicesse la sua; ed essa prestamente così cominciò.
Carissime donne, spesse volte avviene che l'arte èdall'arte schernita,e per ciò è poco senno il dilettarsidi schernire altrui.
Noi abbiamo per più novellette dette riso molto delle beffestate fatte, delle quali niuna vendetta esserne stata fattas'è raccontato; ma io intendo di farvi avere alquantacompassione d'una giusta retribuzione ad una nostra cittadinarenduta, alla quale la sua beffa presso che con morte, essendobeffata, ritornò sopra il capo. E questo udire non saràsenza utilità di voi, per ciò che meglio di beffarealtrui vi guarderete, e farete gran senno.
Egli non sono ancora molti anni passati, che in Firenze fu unagiovane del corpo bella e d'animo altiera e di legnaggio assaigentile, de' beni della fortuna convenevolmente abondante enominata Elena; la quale rimasa del suo marito vedova, mai piùrimaritarnon si volle, essendosi ella d'un giovinetto bello eleggiadro a sua scelta innamorata; e da ogni altra sollicitudinesviluppata, con l'opera d'una suafante, di cui ella si fidavamolto, spesse volte con lui con maraviglioso diletto si dava buontempo.
Avvenne che in questi tempi un giovane chiamato Rinieri, nobileuomo della nostra città, avendo lungamente studiato a Parigi,non per vender poi la sua scienzia a minuto, come molti fanno, maper sapere la ragion delle cose e la cagion d'esse (il cheottimamente sta in gentile uomo), tornò da Parigi a Firenze; equivi onorato molto sì per la sua nobiltà e sì perla sua scienzia, cittadinescamente viveasi.
Ma, come spesso avviene, coloro ne' quali è piùl'avvedimento delle cose profonde più tosto da amore essereincapestrati, avvenne a questo Rinieri. Al quale, essendo egli ungiorno per via di diporto andato ad una festa, davanti agli occhisi parò questa Elena, vestita di nero sì come le nostrevedove vanno, piena di tanta bellezza al suo giudicio e ditantapiacevolezza, quanto alcuna altra ne gli fosse mai parutavedere; e seco estimò colui potersi beato chiamare, al qualeIddio grazia facesse lei potere ignuda nelle braccia tenere. E unavolta e altra cautamente riguardatala, e conoscendo che le grancose ecare non si possono senza fatica acquistare, secodiliberò del tutto di porre ogni pena e ogni sollicitudine inpiacere a costei, acciò che per lo piacerle il suo amoreacquistasse, e per questo il potere aver copia di lei.
La giovane donna, la quale nonteneva gli occhi fitti in inferno,ma, quello e più tenendosi che ella era, artificiosamentemovendogli si guardava dintorno, e prestamente conosceva chi condiletto la riguardava, accortasi di Rinieri, in sé stessaridendo disse: - Io non ci sarò oggi venuta in vano, ché,se io non erro, io avrò preso un paolin per lonaso. - Ecominciatolo con la coda dell'occhio alcuna volta a guardare, inquanto ella poteva, s'ingegnava di dimostrar gli che di lui lecalesse; d'altra parte, pensandosi che quanti più n'adescassee prendesse col suo piacere, tanto di maggior pregio fosse la suabellezza, e massimamente a colui al quale ella insieme col suoamore l'aveva data.
Il savio scolare, lasciati i pensier filosofici da una parte,tutto l'animo rivolse a costei; e, credendosi doverle piacere, lasua casa apparata, davanti v'incominciò a passare, con variecagioni colorando l'andate. Al qual la donna, per la cagiongià detta di ciò seco stessa vanamente gloriandosi,mostrava di vederlo assai volentieri; per la qual cosa lo scolare,trovato modo, s'accontò con la fante di lei, e il suo amor lescoperse, e la pregò che con la sua donna operasse sì chela grazia di lei potesse avere.
La fante promise largamente e alla sua donna il raccontò,la quale con le maggior risa delmondo l'ascoltò, e disse:
- Hai veduto dove costui è venuto a perdere il senno cheegli ci ha da Parigi recato? Or via, diangli di quello ch'e'vacercando. Dira'gli, qualora egli ti parla più, che io amomolto più lui che egli non ama me; ma che a me si convien diguardar l'onestà mia, sì che io con l'altre donne possaandare a fronte scoperta, di che egli, se così è saviocome si dice, mi dee molto più cara avere.
Ahi cattivella, cattivella, ella non sapeva ben, donne mie, checosa è il mettere in aia con gli scolari!
La fante, trovatolo, fece quello che dalla donna sua le fuimposto.
Lo scolar lieto procedette a più caldi prieghi e a scriverlettere e a mandar doni, e ogni cosa era ricevuta, ma indietro nonvenivan risposte se non generali; e in questa guisa il tenne grantempo in pastura.
Ultimamente, avendo ella al suo amante ogni cosa scoperta edegli essendosene con lei alcuna volta turbatoe alcuna gelosiapresane, per mostrargli che a torto di ciò di lei sospicasse,sollicitandola lo scolare molto, la sua fante gli mandò, laquale da sua parte gli disse che ella tempo mai non aveva avuto dapoter fare cosa che gli piacesse poi che del suoamore fatta l'avevacerta, se non che per le feste del Natale che s'appressava ellasperava di potere esser con lui; e per ciò la seguente seraalla festa, di notte, se gli piacesse, nella sua corte se nevenisse, dove ella per lui, come prima potesse, andrebbe.
Lo scolare, più che altro uom lieto, al tempo impostogliandò alla casa della donna, e messo dalla fante in una corte edentro serratovi, quivi la donna cominciò ad aspettare.
La donna, avendosi quella sera fatto venire il suo amante e conlui lietamente avendo cenato, ciò che fare quella notteintendeva gli ragionò, aggiugnendo:
- E potrai vedere quanto e quale sia l'amore, il quale io hoportato e porto a colui del quale scioccamente hai gelosiapresa.
Queste parole ascoltò l'amante con gran piacerd'animodisideroso di vedere per opera ciò che la donna con parole glidava ad intendere. Era per avventura il dì davanti a quellonevicato forte, e ogni cosa di neve era coperta; per la qual cosalo scolare fu poco nella corte dimorato, che egli cominciòasentir più freddo che voluto non avrebbe; ma, aspettando diristorarsi, pur pazientemente il sosteneva.
La donna al suo amante disse dopo alquanto:
- Andiancene in camera, e da una finestretta guardiamo ciòche colui, di cui tu se'divenuto geloso, fa, e quello che eglirisponderà alla fante, la quale io gli ho mandata afavellare.
Andatisene adunque costoro ad una finestretta, e veggendo senzaesser veduti, udiron la fante da un'altra favellare allo scolare edire:
- Rinieri, madonna è la più dolente femina che maifosse, per ciò che egli ci è stasera venuto uno de' suoifratelli e ha molto con lei favellato, e poi volle cenar con lei, eancora non se n'è andato; ma io credo che egli se n'andràtosto; e per questo non è ella potutavenire a te, ma tostoverrà oggimai; ella ti priega che non ti increscal'aspettare.
Lo scolare, credendo questo esser vero, rispose:
- Dirai alla mia donna che di me niun pensier si dea in fino atanto che ella possa con suo acconcio per me venire; ma chequestoella faccia come più tosto può.
La fante, dentro tornatasi se n'andò a dormire.
La donna allora disse al suo amante:
- Ben, che dirai? Credi tu che io, se quel ben gli volessi chetu temi, sofferissi che egli stesse là giù adagghiacciare? - e questo detto, con l'amante suo, che già inparte era contento, se n'andò a letto, e grandissima pezzastettero in festa e in piacere, del misero iscolare ridendosi efaccendosi beffe.
Lo scolare, andando per la corte, sé esercitava perriscaldarsi, né aveva dove porsi a sedere né dove fuggireil sereno, e maladiceva la lunga dimora del fratel con la donna; eciò che udiva credeva che uscio fosse che per lui dalla donnas'aprisse; ma invano sperava.
Essa infino vicino della mezza notte col suo amantesollazzatasi, gli disse:
- Che ti pare, anima mia, dello scolare nostro? Qual ti parmaggiore o il suo senno o l'amore ch'io gli porto? Faratti ilfreddo che io gli fo patire uscir del petto quello che per li mieimotti vi t'entrò l'altrieri?
L'amante rispose:
- Cuordel corpo mio, sì, assai conosco che così cometu se' il mio bene e il mio riposo e il mio diletto e tutta la miasperanza, così sono io la tua.
- Adunque, - diceva la donna - or mi bacia ben mille volte, aveder se tu di' vero. - Per la qual cosa l'amante, abbracciandolastretta, non che mille, ma più di cento milia la baciava. Epoi che in cotale ragionamento stati furono alquanto, disse ladonna:
- Deh! levianci un poco, e andiamo a vedere se 'l fuoco èpunto spento, nel quale questo mio novello amantetutto il dìmi scrivea che ardeva.
E levati, alla finestretta usata n'andarono, e nella corteguardando, videro lo scolare fare su per la neve una carola tritaal suon d'un batter di denti, che egli faceva per troppo freddo,sì spessa e ratta, che mai simile veduta non aveano.
Allora disse la donna:
- Che dirai, speranza mia dolce? Parti che io sappia far gliuomini carolare senza suono di trombe o di cornamusa?
A cui l'amante ridendo rispose:
- Diletto mio grande, sì.
Disse la donna:
- Io voglio che noi andiamo infin giù all'uscio: tu tistarai cheto e io gli parlerò, e udirem quello che eglidirà; e peravventura n'avrem non men festa che noi abbiam divederlo.
E aperta la camera chetamente, se ne scesero all'uscio, e quivi,senza aprir punto, la donna convoce sommessa da un pertugetto chev'era il chiamò.
Lo scolare, udendosi chiamare, lodò Iddio, credendositroppo bene entrar dentro; e accostatosi all'uscio disse:
- Eccomi qui, madonna: aprite per Dio, ché io muoio difreddo.
La donna disse:
- O sì che io so che tu se' uno assiderato; e anche èil freddo molto grande, perché costì sia un poco di neve!Già so io che elle sono molto maggiori a Parigi. Io non tiposso ancora aprire, per ciò che questo mio maladettofratello, che ier sera ci venne meco a cenare, non se ne va ancora;ma egli se n'andrà tosto, e io verrò incontanente adaprirti. Io mi son testé con gran fatica scantonata da lui,per venirti a confortare che l'aspettar non t'incresca.
Disse lo scolare:
- Deh! madonna, io vi priego per Dio che voim'apriate,acciò che io possa costì dentro stare al coperto, perciò che da poco in qua s'è messa la più folta nevedel mondo, e nevica tuttavia; e io v'attenderò quanto visarà a grado.
Disse la donna:
- Ohimè, ben mio dolce, che io non posso chéquestouscio fa sì gran romore quando s'apre, che leggermentesarei sentita da fratelmo, se io t'aprissi; ma io voglio andare adirgli che se ne vada, acciò che io possa poi tornare adaprirti.
Disse lo scolare:
- Ora andate tosto; e priegovi che voi facciate fare un buonfuoco, acciò che, come io enterrò dentro, io mi possariscaldare, ché io son tutto divenuto sì freddo cheappena sento di me.
Disse la donna:
- Questo non dee potere essere, se quello è vero che tum'hai più volte scritto, cioè che tu per l'amordi me arditutto; ma io son certa che tu mi beffi. Ora io vo: aspettati, e siadi buon cuore.
L'amante, che tutto udiva e aveva sommo piacere, con lei nelletto tornatosi, poco quella notte dormirono, anzi quasi tutta inlor diletto e in farsi beffe delloscolare consumarono.
Lo scolare cattivello (quasi cicogna divenuto, sì fortebatteva i denti) accorgendosi d'esser beffato, più voltetentò l'uscio se aprir lo potesse, e riguardò se altrondene potesse uscire; né vedendo il come, faccendo le volte delleone, maladiceva la qualità del tempo, la malvagitàdella donna e la lunghezza della notte, insieme con la suasimplicità; e sdegnato forte verso di lei, il lungo e ferventeamor portatole subitamente in crudo e acerbo odio transmutò,seco gran cose e varievolgendo a trovar modo alla vendetta, laquale ora molto più disiderava, che prima d'esser con la donnanon avea disiato.
La notte, dopo molta e lunga dimoranza, s'avvicinò aldì, e cominciò l'alba ad apparire. Per la qual cosa lafante della donna ammaestrata, scesa giù, aperse la corte, emostrando d'aver compassion di costui, disse:
- Mala ventura possa egli avere che iersera ci venne. Egli n'hatutta notte tenute in bistento, e te ha fatto agghiacciare; ma saiche è? Portatelo in pace, ché quello che stanottenonè potuto essere sarà un'altra volta; so io bene che cosanon potrebbe essere avvenuta, che tanto fosse dispiaciuta amadonna.
Lo scolare sdegnoso, sì come savio, il quale sapevaniun'altra cosa le minacce essere che arme del minacciato,serrò dentro al petto suo ciò che la non temperatavolontà s'ingegnava di mandar fuori, e con voce sommessa,senza punto mostrarsi crucciato, disse:
- Nel vero io ho avuta la piggior notte che io avessi mai, mabene ho conosciuto che di ciò non ha la donna alcunacolpa, perciò che essa medesima, sì come pietosa di me, infinquaggiù venne a scusar sé e a confortar me; e come tudi', quello che stanotte non è stato sarà un'altra volta;raccomandalemi e fatti con Dio.
E quasi tutto rattrappato, come potè a casa sua se netornò; dove, essendo stanco e di sonno morendo, sopra il lettosi gittò a dormire, donde tutto quasi perduto delle braccia edelle gambe si destò. Per che, mandato per alcun medico edettogli il freddo che avuto avea, alla sua salute fe'provedere.
Limedici con grandissimi argomenti e con presti aiutandolo,appena dopo alquanto di tempo il poterono de' nervi guerire e farsì che si distendessero; e se non fosse che egli era giovane esopravveniva il caldo, egli avrebbe avuto troppo da sostenere. Maritornato sano e fresco, dentro il suo odio servando, vie piùche mai si mostrava innamorato della vedova sua.
Ora avvenne, dopo certo spazio di tempo, che la fortunaapparecchiò caso da poter lo scolare al suo disideriosodisfare; per ciò che, essendosi ilgiovane che dalla vedovaera amato (non avendo alcun riguardo all'amore da lei portatogli),innamorato di un'altra donna, e non volendo né poco némolto dire né far cosa che a lei fosse a piacere, essa inlagrime e in amaritudine si consumava. Ma la sua fante, la qualgran compassion le portava, non trovando modo da levar la sua donnadal dolor preso per lo perduto amante, vedendo lo scolare al modousato per la contrada passare, entrò in uno sciocco pensiero,e ciò fu che l'amante della donna sua ad amarlacome far soleasi dovesse poter riducere per alcuna nigromantica operazione, e chedi ciò lo scolare dovesse essere gran maestro, e disselo allasua donna.
La donna poco savia, senza pensare che, se lo scolare saputoavesse nigromantia, per sé adoperata l'avrebbe, pose l'animoalle parole della sua fante, e subitamente le disse che da luisapesse se fare il volesse, e sicuramente gli promettesse che permerito di ciò, ella farebbe ciò che a lui piacesse.
La fante fece l'ambasciata bene e diligentemente, laquale udendolo scolare, tutto lieto seco medesimo disse: - Iddio lodato sie tu:venuto è il tempo che io farò col tuo aiuto portar penaalla malvagia femina della ingiuria fattami in premio del grandeamore che io le portava. - E alla fante disse:
- Dirai alla mia donna che di questo non stea in pensiero, che,se il suo amante fosse in India, io gliele farò prestamentevenire e domandar mercé di ciò che contro al suo piacereavesse fatto; ma il modo che ella abbia a tenere intorno aciò, attendo di dire alei, quando e dove più lepiacerà; e così le di', e da mia parte la conforta.
La fante fece la risposta, e ordinossi che in Santa Lucia delPrato fossero insieme.
Quivi venuta la donna e lo scolare, e soli insieme parlando, nonricordandosi ella che lui quasi alla morte condotto avesse, glidisse apertamente ogni suo fatto e quello che disiderava, epregollo per la sua salute. A cui lo scolar disse:
- Madonna, egli è il vero che tra l'altre cose che ioapparai a Parigi si fu nigromantia, della quale per certo io sociò che n'è, ma per ciò che ella è digrandissimo dispiacer di Dio, io avea giurato di mai né per mené per altrui adoperarla. E il vero che l'amore il quale io viporto è di tanta forza, che io non so come io mi nieghi cosache voi vogliate cheio faccia; e per ciò, se io ne dovessi perquesto solo andare a casa del diavolo, sì son presto di farlo,poi che vi piace. Ma io vi ricordo che ella è piùmalagevole cosa a fare che voi per
avventura non v'avvisate; e massimamente quando una donna vuolerivocare uno uomo ad amar sé o l'uomo una donna, per ciòche questo non si può far se non per la propria persona a cuiappartiene; e a far ciò convien che chi 'l fa sia di sicuroanimo, per ciò che di notte si convien fare e in luoghisolitari e senza compagnia; le quali cose io non so come voi visiate a far disposta.
A cui la donna, più innamorata che savia, rispose:
- Amor mi sprona per sì fatta maniera, che niuna cosaè la quale io non facessi per riaver colui che a torto m'haabbandonata; ma tuttavia, se ti piace, mostrami in che mi convengaesser sicura.
Lo scolare, che di mal pelo avea taccata la coda, disse:
- Madonna, a me converrà fare una imagine di stagno in nomedi colui il qual voi disiderate di racquistare, la quale quando iov'arò mandata, converrà che voi, essendo la luna moltoscema, ignuda in un fiume vivo, in sul primo sonno e tutta sola,sette volte con lei vi bagniate; e appresso, così ignuda,n'andiate sopra ad un albero, o sopra una qualche casa disabitata;e, volta a tramontana con laimagine in mano, sette volte diciatecerte parole che io vi darò scritte; le quali come detteavrete, verranno a voi due damigelle delle più belle che voivedeste mai, e sì vi saluteranno e piacevolmente vidomanderanno quel che voi vogliate che si faccia.A queste fareteche voi diciate bene e pienamente i disideri vostri; e guardateviche non vi venisse nominato un per un altro; e come detto l'avrete,elle si partiranno, e voi ve ne potrete scendere al luogo dove ivostri panni avrete lasciati e rivestirvi e tornarvene a casa. Eper certo, egli non sarà mezza la seguente notte, che ilvostro amante piagnendo vi verrà a dimandar mercé emisericordia; e sappiate che mai da questa ora innanzi egli peralcuna altra non vi lascierà.
La donna, udendo queste cosee intera fede prestandovi, parendoleil suo amante già riaver nelle braccia, mezza lieta divenutadisse:
- Non dubitare, che queste cose farò io troppo bene, e hoil più bel destro da ciò del mondo; ché io ho unpodere verso il Vai d'Arno di sopra, il quale è assai vici...