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La metafisica
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Tutti gli uomini hanno un desiderio naturale del conoscere. Ne fa fede l'amore delle sensazioni: di fatto, s'amano senza riguardo all'uso, per sè medesime, e più di tutte quella degli occhi. Giacchè non solo per fare una cosa qualunque, ma anche senza voler far nulla, noi amiamo di guardare più, sto per dire, d'ogni altra cosa. E ciò perchè è questa la sensazione che ci fa conoscere meglio una cosa, e c'indica di molte differenze.
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Topic
PhilosophySubtopic
Philosophical MetaphysicsLIBRO QUARTO
SOMMARIO
I. - La scienza dell'ente per sè è diversa dalle scienze particolari occupate intorno ad una specie d'ente, § 1. Ed è appunto la filosofia§ 2.
II. - Si prova, che sia unica la scienza dell'essenza e si divide in più scienze sottordinate (Quest. II): che questa stessa è la scienza dell'ente in genere, e perciò anche degli accidenti proprii dell'ente (Quest. III) e dell'uno (Quest. IV) - L'ente è un predicato non univoco nè equivoco ma analogo. § 1. - Adunque, come ogni simil predicato, spetta ad una sola scienza di studiarlo nella varia unità de' suoi sensi. § 2. - Però, essendoci in questa pluralità di sensi, un senso primario a cui tutti gli altri si riferiscono, la filosofia è principalmente scienza dell'ente nel suo senso primario d'esservi sostanziale, e siccome ci ha parecchie specie d'essenze, così ci ha parecchie parti della filosofia che hanno un certo ordine naturale tra loro, nellastessa maniera delle parti della matematica. § 3 e 6. - Se non che siccome l'ente in genere è unico, così la scienza sua, in genere, è unica. § 4. - Per l'implicarsi reciproco dell'uno e dell'ente, le specie dell'uno si convertono con quelle dell'ente: e siccome l'uno chiama il suo contrario, la moltitudine; così le specie dell'uno chiamano le loro contrarie, quelle della moltitudine, capaci l'une e l'altre di più sensi analogici, vanno, come le speciedell'ente, considerate e studiate da una sola scienza.§ 5, 7, 8, 10, 11. - Si prova dal non ci essere un'altra scienza a cui potrebbe spettarne la cognizione. § 9: - dallo studio che ne fanno la sofistica e la dialettica, scienze che hanno la stessa materia, ma o non lo stesso fine o non lo stesso metodo della filosofia. § 12: - dalla natura de' contrarii. § 13: - dall'opinione comune che l'ente risulti da' contrarii: perciò non si possa conoscere senza conoscer questi. § 14: - dal ridursi tutti i contrarii alla sola e primaria contrarietà dell'unoemoltitudine.§ 15. - Conchiusione. § 16.
III - La filosofia, che è la scienza dell'ente, è anche la scienza de' primi principii dimostrativi. Si dimostra dall'universalità loro. § 1: dal non farsene lo studio da scienze parziali: e perfino dall'essere stati studiati da alcuni fisici per la supposta universalità della loro scienza. § 2: - dal dover essere posseduti appunto dal filosofo i principii più assoluti e certi. § 3. - Quali caratteri abbia il principio più assoluto e certo. § 4. - Enunciazione del principio di contradizione e sua evidenza immediata. § 5.
IV - Impossibilità di dimostrarlo a coloro che lo negano. § 1. - Possibile però di redarguirgli. Differenza della redarguizione dalla dimostrazione. § 2. - Come si deva procedere per redarguire: ottenere, chel'avversario dia un qualunque senso certo e determinato ad una qualunque parola. § 3. - Di fatto, se una tal parola ha un tal senso, non ha, adunque, il senso contrario. § 4. - Altro esempio del medesimo: è necessità per l'avversario di concedere, che ciascuna sua parola abbia uno o più significati, certi e determinati. § 5 - Il significato certo e determinato implica un concetto certo e determinato: ed esclude il concetto contrario. § 6. - E il concetto contrario esclude del pari, alla sua volta, il concetto certo e determinato della parola.
Oltre di che, a rispondere, quando vi si dimanda a che concetto equivale una parola, che la equivalga anche al contrario, è un mancare alle leggi del dialogo. § 7. - Come il negare un concetto proprio ad una parola, equivale a negare l'essenza, e a sostenere, che ci sia soli accidenti. § 8. - Che è impossibile, e per la natura della predicazione dell'accidente. § 9, e per la natura dell'accidente. § 10, - e per l'assurdo dell'identità d'ogni cosa che ne risulterebbe, assurdo che non si può cansare colle dottrine di Protagora e la darebbe vinta al sistema d'Anassagora. § 12. - Necessario però che ci caschino quelli che sostengono la verità simultanea de' contradittorii, dovendo d'ogni cosa negarne o affermarne qualunque altra. § 13 - ovvero altrimenti negare, che di qualunque cosa sia necessario negarne o affermarne un'altra. § 14 - Per via d'una serie di dilemmi si dimostra, che non potrebbero cansarlo, se non rigettando l'una o l'altra delle conchiusioni necessarie, che si ricavano a fil di logica dalla loro sentenza. § 15. Chi la sostenesse, non potrebbe non ammettere che la sentenza contradittoria colla sua sia anche vera. § 16. - E per essere consentaneo, non potrebbe finire l'enunciazione d'un concetto e così parlare di qualcosa mai, essendo nella perpetua necessità di riaffermare la sua negazione e di rinnegare la sua affermazione. § 17. - Una obbiezione immediata che si potrebbe far loro, ma attaccabile di petizion di principio. § 18. - Ma quest'altra no: os'appongono al vero i due che formolano due giudizii contradittorii o no: se sì, dunque non ci ha più una natura degli enti, un certo lor modo d'essere: se no, dunque ci ha qualcosa di certo § 19. - Oltre di che, nel primo caso, perchè parla? § 20. E se non sa perchè, non è già uomo. § 21. - Dove si vede, che queste opinioni non sono sincere, è nella pratica della vita, nella quale tutti operano d'una maniera piuttosto che d'un'altra, e nessuno crede, che per arrivare ad un fine, gli equivarrebbe allo stesso d'adoperare i mezzi contrarii a quelli che giudica più adatti. § 22. - E se si pretende che non si operi dietro un giudizio vero e certo, ma solo dietro un giudizio più o men verisimile, basta; se chi s'inganna più chi meno, ci deve essere la verità, alla quale s'avvicini più chi s'inganna meno, e dev'essere distinta dal falso da cui si dilunghi meno chi più s'inganna. § 23.
V - Identità dell'opinione di Protagora che tutto quello che appare, sia vero, coll'opinione sovresposta che i contradittorii siano insieme veri. § 1. - Simili opinioni, da certi son credute davvero, da certi sono spacciate per boria; diverso metodo a tenere per persuadere i primi e redarguire i secondi. § 2. - Si consideri in primo luogo l'opinione della verità simultanea de' contradittorii. Aquelli che se ne son persuasi, sono stati d'inciampo i sensibili, ne' quali le proprietà si avvicendano l'una coll'altra, restando identico il soggetto materiale, dal quale si generano. § 3. - Gli si deve rispondere che l'ente come attuale, ha proprietà certe e determinate, e non ha le contrarie, se non come potenziali: di maniera che i contradittori non sono insieme veri, essendo vero uno solo dei contradittorii nell'ente inteso a un snodo, e non essendo l'altro anche vero, se non perchè l'ente si può anche intendere altrimenti. § 4. - E che non tutto l'ente è sensibile e mutabile; c'è l'ente intelligibile, e l'ente sensibile sì, ma non mutabile: per queste due altre specie d'ente non accade, che abbiano potenzialmente la proprietà contraria a quella che hanno attualmente: e perciò rispetto ad esse non avrebbe mai luogo la verità simultanea de' contradittorii, quando pure si dovesse (che non si deve) concedere che abbia luogo rispetto all'ente sensibile e mutabile. § 5. - Analogie diverse, tratte del pari da' sensibili, e specialmente dalla maniera varia e diversa nella quale fanno impressione sopra di noi, hanno fatta accogliere l'altra opinione dell'uguale verità d'ogni apparenza. § 6. - Fonte di questa dottrina è quella confusione dell'intelligenza col senso, comune a tutti i filosofi antichi. § 7. - E per i semplici è appunto un appicco il vedere che degli uomini di grandissimo valore negli studii speculativi l'hanno difesa. § 8. - Senza badare che questi uomini hanno lavorate le loro speculazioni sulla considerazione di solo l'ente sensibile, indeterminato in gran parte § 9, - e mutabilissimo. § 10. - Quantunque avrebbero potuto scorgere anche loro, che la mutazione implica l'essere: e che il sensibile è mutabile e indeterminato in quanta reale ed incognito, ma è qualcosa di certo e di fisso, in quanto è un'essenza ideale, una specie, e che appunto, in quanto tale, c'è cognito. § 11. - E che, inoltre, non ogni sensibile è mutabile in quanto reale. § 12. - Anzi ci è un sensibile immobile: quantunque chi sostiene la coesistenza d'ogni cosa in ogni cosa e perciò la veracità d'ogni affermazione e negazione, potrà a rigor di logica così credere chel'ente sia soggetto ad un perpetuo moto, come che sia obbligato ad una quiete perenne. § 13. - Se poi dalle considerazioni della natura del sensibile si passa a quella della sensazione stessa, si può dire, che in quella dottrina non se ne sono ben determinati nè il valore nè i criterii. Il senso è testimone buono e verace sull'oggetto proprio. § 14. - E quando è nella sua condizione normale. § 15. - Come quando è debitamente esercitato. § 16. - E nessuno accetta l'autorità d'un senso per egualmente buona nell'attestare dell'oggetto proprio e nell'attestare dell'oggetto d'un altro senso. Ora, lo stesso senso sull'oggettosuo proprio non dà in uno stesso tempo sensazioni contrarie. Se non le dà nello stesso tempo, non sono dunque de' contrarii simultanei o vogliam dire de' contradittorii simultaneamente veri. Ora è vera un'apparenza sola, quantunque si dovesse concedere chedev'esser vera un'altra volta l'apparenza contraria. La quale però non sarebbe da imputare al senso; la tale o tal altra impressione sensibile è sempre quella stessa, quantunque un oggetto ora la soglia produrre, ora no, e anche produca ora l'uno ora l'altra. § 17. - Del resto, il sensibile è essenzialmente un relativo: e perciò l'ente non può essere solo e tutto sensibile. § 18.
VI - Un dubbio insipido. § I. - Radice sua e degli altri dubbii simili, che son facili a dissipare, in chi è di buona fede, ma impossibili a far tacere, in chi vuol essere sforzato a chetarsi per via di dimostrazione: la quale, consistendo a ridurre a contraddirsi chi non accetta una tal verità, richiede che s'incominci dall'ammettere il principio di contradizione. § 2. . Pure, volendo ragionare con costoro, bisognaavvertirli, che se son consentanei, devono dire che tutto sia del tutto relativo, e che perciò non ci sia punto un soggetto della relazione. § 3. - E, anche concesso un tanto e tale assurdo, avrebbero torto: perchè ognirelazione è una tal relazione determinata e non una qualunque altra. § 4. - e 5. Dall'impossibilità, che le contradditorie siano insieme vere, si deduce immediatamente l'impossibilità della coesistenza simultanea di due proprietà contrarie nello stesso soggetto. § 6.
VII - Il principio di contradizione implica l'altro del principio del mezzo escluso fra i contradittorii. La verità di quest'ultimo risulta dalla definizione stessa del vero e del falso. § 1. - Dalla necessità che il mezzo tra opposti sia un intermedio di generazioni § 2. - dall'affermazione o negazione implicata in ogni percezione intellettiva. § 3. - Se ci fosse il mezzo, ci sarebbe qualcosa tra il vero ed il falso, e tra l'ente e il non ente: ora, non c'è giudizio, che possa sotto lo stesso rispetto essere nè vero nè falso, nè generazione che sia da altro che dall'ente, e ad altro che al non ente. § 4. - E ci dovrebbe anche essere tra quelle specie, le quali adeguano in due tutta la comprensione d'un genere; di maniera che la negazione dell'una importa l'affermazione dell'altra. § 5. - Il processo all'infinito non si potrà cansare, ammettendo il mezzo. § 6. - Che non ci sia, risulta dalla natura semplice ed assoluta della negazione. § 7. Come l'opinione che ci sia il mezzo, si generi variamente. § 8. - Dal sistema d'Eraclito risulta la possibilità della verità simultanea dei contradittori, come da quella di Anassagora la possibilità d'un mezzo fra' contradittorii. § 9.
VIII. Le due tesi: 1. tutte le proposizioni son vere; 2. tutte le proposizioni son false: sono egualmente assurde: Risulta da quello che s'è già detto sulla assurdità della tesi che tutte le proposizioni siano vere e false insieme. § 1. - Contro a chi volesse dedurre la seconda tesi dal principio di contradizione, si faccia osservare, che dal non poter esser insieme vere due proposizioni contradittorie, non si ricava che devano essere false tutte e due. § 2 e 4. - Modo di procedere contro a quelli che sostengono di queste tesi. Fissare un senso alle parole. § 3. - Del resto, chi sifa a sostenerle, si dà il torto da sè. § 5. Le opinioni che ogni cosa sia in quiete o che ogni cosa sia in moto, sono false, e perchè le fanno tutt'uno con quelle già mostrate assurde, e per la natura della generazione, che si fa da quello che sta inquiete mediante un moto: di maniera che ci ha ad essere un motore immobile § 6 e 7.
CAPO I.
Definizione della filosofia
1. - Ci è una scienza, che contempla l'ente in quanto[1003. A. 21.]ente e le proprietà sue essenziali. La non s'identifica con veruna di queste scienze particolari: giacchè nessuna di queste medita in universale sull'ente in quanto ente; ma ciascuna studia le proprietà di sola quella parte dell'ente, che riesca per sè; così fanno, per esempio, le matematiche.
2. - E poichè noi cerchiamo i principii e le supremissime cause, è chiaro che devono necessariamente essere principii e cause d'una natura per sè Davvero, se fosser principii e cause d'una proprietà accidentale a qualcosa, non potrebbero esser primi: giacchè sarebbero anteriori a loroi principii di quell'essenza, di quel qualcosa stesso essenziale, di cui quella proprietà fosse un accidente. . Ora, se quegli i quali cercano gli elementi degli enti, cercavano appunto codeste cause, è necessario che codesti elementi dell'ente fossero quelli degli enti, non sotto un rispetto accidentale, ma in quanto enti Ecco il raziocinioin forma: I principii primi d'una cosa sono principii di quelloche la è per sè e non di quello che la sia accidentalmente: Ma chi cerca gli elementi primi dell'ente (per ipotesi), cerca appunto codesti principii primi: Dunque chi cerca gli elementi primi dell'ente, cerca gli elementi di quello che è l'ente per sè e non di quello che è accidentalmente. ; per il che anche noi bisogna trovare le cause prime dell'ente in quanto ente.(A).
CAPO II.
La scienza dell'Ente è una
QUEST. III. -Gli enti sostanziali sono oggetti, di scienze affini ed ordinate tra loro.
QUEST. IV -Lascienza dell'ente è scienza anche e dei contrarii dell'ente e dell'uno
1. - L'ente, davvero, si dice di più maniere: ma[p. 100 A. 33.]per relazione a qualcosa d'uno e aduna natura, e non equivocamente: appunto come ilsanoha sempre relazione allasanità,sia in quanto la conserva, sia in quanto la produce, sia in quanto n'è segno,[B.]sia in quanto la riceve. Ed ilmedicoallamedicina:di fatto, si dicemedicosia a chi abbia la scienza, sia a chi ci sia adatto, sia ad un effetto della medicina. Esi troverebbero altri esempi di simile uso. Ora, l'entes'usa per l'appunto così, in molti sensi, vo' dire, ma tutti in relazione ad un principio: certe cose, di fatti, si dicono enti, perchè essenze; certe, perchè affezioni d'essenza; certe, perchè avviamento all'essenza, o corruzioni o privazioni o qualità o fattive o generative d'essenza o d'entità nominate per relazione ad essenza o negazione di qualcuna di queste o d'essenza Non novera le dieci categorie dell'essere: ma dà alla rinfusa parecchi sensi in cui si predica l'essere. Accenna da prima le categorie in una distinzione generica d'essenza e affezioni. Queste seconde comprendono tutte le nove categorie che suol noverare oltre all'essenza(Cat.4. p. 1. 25). Di poi, novera senza ordine, sia alcune categorie, es. ilfareeilpatire,laqualità, sia alcune specie di categorie, laprivazione,lacorruzione,ecc. sia altri sensi dell'essere inteso come copula, es.negazione.Ecco esempii di tutti quei sensi dell'essere:è uomo (essenza), è buono (modificazione), è guasto (corruzione), è cieco (privazione), è bianco (qualità),il caldoè fecondante (generazione),l'industriaè produttiva(facimento)nonè nubile (negazione d'accidente),non èuomo (negazione d'essenza). : per il che anche ilnon-entediciamo chesiaente.
2. - Ora, siccome il sano, in tutti i suoi sensi, è oggetto d'una scienza, così avrà luogo il medesimo d'ogni simil cosa. Giacchè non pure quelle cose, la cui identità di nome deriva dalla conformità della nozione Le univoche, che son dette in due modi nel linguaggio d'Aristotile: con questod'univoche,e colla frase:cose denominate conforme a una nozione unica. ,ma quelle ancora nelle quali deriva dal riferirsi a unasola nozione Le analogiche, che stanno tra mezzo tra le univoche e le equivoche.«Iste modus communitatis medius est inter puram aequivocationem et simplicem univocationem. Neque enim in his quae analogicae dicuntur, est una ratio, sicut est in univoci: nec totaliter diversa, sicut est in aequivocis; sed nomen quod sic multipliciter dicitur, significat diversas proportiones ad aliquid unum».Thom. Aq. vanno studiate da una sola scienza: perchè anche queste, sotto un aspetto, hanno il nome dalla conformità della nozione. È adunque chiaro, che gli enti in quanto enti, vanno studiati da una sola scienza.
3. - Se non che, sempre, la scienza è principalmente d'unprimo,di qualcosa e da cui stia sospeso,e per cui si denomini il resto. Ora, se codesto primo èl'essenza, dell'essenze appunto dovrebbe il filosofo possedere i principii e le cause.
4. - Se non che d'ogni genere Si chiama quigenereun concettoprimariorispetto a' concetti secondarii ed analogici: dove più rigorosamentegenerenon si dice da Aristotile, se non a un concetto primario ed elementare rispetto ai concetti secondari ed univoci. Intendendogenerein questo secondo modo, l'ente, come ha mostrato lib. 3 cap. 3. § 10 (998. b. 22), non si può chiamargenere.Qui come si tratta di dimostrare l'unità della scienza dell'ente a quelli che non usavanogenerecon questa proprietà, non la...
Table of contents
- INTRODUZIONE
- LETTERA ALL'ABATE ANTONIO ROSMINI SERBATI
- LIBRO PRIMO
- NOTE AL LIBRO PRIMO
- LIBRO SECONDO
- NOTE AL LIBRO SECONDO
- LIBRO TERZO
- NOTE AL LIBRO TERZO
- LIBRO QUARTO
- NOTE AL LIBRO QUARTO
