Giuda Iscariota - L'enigma irrisolto
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Giuda Iscariota - L'enigma irrisolto

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Giuda Iscariota è ritenuto l'artefice del maleficio più deprecato della storia della cristianità. O forse fu il patriota giudeo che voleva utilizzare Gesù per il nobile fine di riscattare il popolo d'Israele? O forse l'esecutore di un mandato per la realizzazione del disegno divino volto alla salvezza di tutti? L'Illustrazione, analizzando le varie ipotesi avanzate sulla personalità e comportamenti di Giuda, cerca di fornire al lettore elementi per trarre personali valutazioni. A tal fine vengono analizzati tutti i passi evangelici che riferiscono di Giuda onde cogliere analogie ed incongruenze e valutare gli aspetti psicologici del comportamento umano. Verranno quindi riproposte le riflessioni teologiche interpretate da teologi dell'antichità, come Origene e S. Agostino, e riconsiderate dai più recenti, tra cui T. de Quincey e K. Barth.

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Information

1Introduzione

Giuda Iscariota, in virtù della scelta di “tradire” Gesù, è divenuto una figura emblematica nella cultura dell’Occidente, laddove si è diffuso il Cristianesimo in ciascuna delle sue forme dottrinali. Egli ha così assunto una visibilità paragonabile a quelle degli apostoli Pietro e Paolo, una rilevanza superiore a quella degli evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni ed una popolarità ampiamente superiore a tutti: “Giuda è, al di fuori di Gesù, il personaggio più importante dei Vangeli. Perché egli solo, fra tutti gli apostoli, operò attivamente in quella situazione decisiva al compimento della volontà di Dio, che divenne poi la sostanza del Vangelo” (Karl Barth, teologo protestante).
Giuda, così come si desume dai resoconti evangelici e dagli scritti apologetici, fin dai primi decenni successivi alla crocifissione di Gesù, venne assimilato tra i componenti delle prime comunità dei seguaci di Cristo come il prototipo del traditore che irretisce la vittima con un bacio perverso. Successivamente, nelle numerose analisi di cui è stato oggetto, da quelle medioevali biasimevolmente ostili, l’immagine di Giuda si identificò con quella dell’artefice del maleficio più odioso e deprecato nella storia del mondo cristiano. A Giuda venne quindi associata l’immagine del personaggio abietto e malvagio per eccellenza che, nella comune sensibilità, non solo quella del credente, e nella cultura popolare opportunamente manipolata dalla pastorale ecclesiastica per renderlo più ripugnante, divenne il protagonista del più rilevante e memorabile dramma delle tragedie umane.
L’immagine del personaggio Giuda, tragica e contraddittoria come emerge dalle poche e talvolta sferzanti citazioni dei Vangeli, agendo prevalentemente fuori della scena, appare quasi sempre sfuggente e celata da una mancanza di esibizione che sembra conferirgli quell’autenticità che molti gli negano. E, pur restando avvolto in una nube di deviata umanità, Giuda emerge con i suoi nascosti impulsi che lo spingono ad agire ed a farlo identificare come il “figlio della perdizione” (Gv 17, 12) che, sopraffatto da una tragica disperazione, viene assegnato alla demonizzazione e consegnano ad un mito perenne e perverso. Pertanto, la morte di Giuda è da sempre considerata dal credente una consolazione così come la sua dannazione è ritenuta la giusta punizione per l’infamia del baratto di un Dio per pochi soldi. Una fatale sequenza, il “tradimento” e la “morte” che, nell’immaginazione popolare, suscita una gamma di contrastanti sensazioni, risonanti tra sbigottimento e disprezzo, incredulità e disaggio, e si installa quale stabile riferimento al modello di abiezione e diviene espressione di malvagità, disprezzo e tradimento.
Tuttavia la riflessione indotta dall’analisi dell’effetto di quel “tradimento” porta alla considerazione che esso, avendo causato la morte di Cristo, ha determinato, secondo la teologia, la “salvezza” di tutti gli uomini e la nascita di una “dottrina”, il Cristianesimo. Un fenomenale movimento che ha causato il più importante mutamento sociale dell’Occidente, costituendone l’embrione del suo sviluppo civile e culturale.
All’analisi del personaggio “Giuda”, hanno quindi rivolto il loro interesse intellettuali di diversa estrazione e teologi. E diversi tra questi, con analisi problematiche ed articolate, partendo dall’assunzione teologica che lo stesso Giuda con il suo “tradire” ha reso possibile il dispiegarsi degli eventi che hanno determinato la realizzazione del piano di “salvezza”, lo hanno rimosso dalla sua condizione di “capro espiatorio” emarginato e denigrato per riproporlo alla riflessione di tutti con l’interrogativo “fu veramente Giuda un malvagio traditore?”.
Dall’esegesi dei fatti evangelici sono nate, così, ricostruzioni storiche, puntuali indagini filologiche, valutazioni etiche, esami psicologici e considerazioni teologiche che, oscillanti tra ipotesi e mistero e trovando puntello nella frammentarietà delle informazioni evangeliche, prospettano una gamma di affascinanti congetture, immancabilmente rivisitate, smentite e rielaborate, che coinvolgono il lettore e lo proiettano nel timore di sentirsi rispecchiato in quella oscura vicenda. Alcune analisi, sfidando l’anatema, arrivano perfino a sostenere: ”Non una sola cosa, tutte le cose che la tradizione attribuisce a Giuda Iscariota sono false“ (T. de Quincey).
Gli eventi che hanno determinato la condanna e la crocifissione di Gesù sono state condizionate dalle passioni umane. In questo contesto va collocata la figura di Giuda e, anzitutto, con valenza umana vanno esaminati gli eventi di quei giorni e la scelta del “tradire” che ha condotto Giuda ad una morte che, tempestiva, non gli ha concesso il tempo della “redenzione”.
Il fine di questa illustrazione non è pertanto di avanzare nuove ipotesi ma cercare di operare un sintetico esame di quelle già avanzate per fornire al lettore gli aspetti morali, politici e psicologici che hanno indirizzato gli eventi onde consentirgli di trarre personali valutazioni.
Le controversie emerse sulla figura di Giuda riguardano:
- il profilo del personaggio dal significato di “Iscariota”;
- i suoi progetti;
- il comportamento durante la cena pasquale;
- il contributo all’arresto di Gesù;
- il compenso ricevuto;
- le circostanze della sua morte.
Prima di affrontare la riflessione sulle ipotesi formulate è opportuno rivelare i percorsi che possono averle determinate.
I testi evangelici non sono giunti a noi nella stesura originale ma sono opera di trascrizioni o traduzioni dall’aramaico al greco.
Per quanto si riferisce poi ai contenuti va sottolineato che quello del Vangelo di Marco si ritrova quasi per intero in quelli di Matteo e Luca che riportano eventi, mentre lo sviluppo del Vangelo di Giovanni ha una impronta più marcatamente teologica.
L’esame filologico dei manoscritti evangelici ha rivelato che nel corso della traslitterazione dalla lingua aramaica scritta, che non possiede vocali, alla lingua greca sono sorti rilevanti malintesi. In tale ambito è accaduto che un termine aramaico, relativo a nomi di persone, di luoghi o di oggetti, abbia potuto assumere significati differenti a seconda delle vocali che il traduttore ha ritenuto di inserire e del significato che abbia inteso attribuire al termine. Così il “termine aramaico” è stato assunto e trascritto in maniera da conferire al testo un significato che può avere alterato quello originale. Quale esempi emblematici di quanto enunciato si possono citare due interpretazioni di S. Girolamo1 che, nel corso della sua versione in latino delle Sacre scritture, malgrado abbia alterato l’originale significato, la sua interpretazione è stata accolta come tale dalla comunità religiosa.
Il primo esempio lo si ricava dalla traduzione del versetto dell’Esodo (34,29): “Quando Mosè scese dal monte Sinai … non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato col Signore”. Il termine “raggiante” nell’aramaico (privo di consonanti) è contraddistinto dal trigramma “KRN” che, con l’inserimento delle vocali può essere traslitterato con il termine “karan” nel senso di “irradiazione” o col termine “keren” nel senso di “corna” (apparato osseo animale). S. Girolamo ha scelto la seconda attribuzione modificando l’originale significato di “viso raggiante” (radiante facie), in “viso con le corna” (cornuta facie). A seguito di questa lettura Michelangelo ha rappresentato il Mosè con le “corna”.
Altro esempio riguarda il passo del Vangelo di Matteo (19, 24): “È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago…”: il termine aramaico (
) può essere traslitterato in greco con “gamelos” col significato di “cammello” o con “gamilos” con il significato di “corda”: il traduttore ha optato per il significato errato di “cammello”2.
Alle variabili derivanti dalle interpretazioni dei manoscritti aramaici e dalle traslitterazioni in greco si sovrappone l’opera sovente scadente dei copisti nei primi secoli del Cristianesimo. Essi, pur dotati di capacità manuali, non possedevano la cultura adeguata alla delicatezza del compito e, abituati ad esprimersi nel linguaggio popolare, incorrevano in errori nella trascrizione fonetica, nell’interpretazione nel testo o nella copiatura e nell’attribuzione di termini resi illeggibili per il deterioramento del supporto di papiro. Ne è risultata una alterazione del testo originale che ha fornito lo spunto per un numero elevato di varianti alla base di singolari ipotesi interpretative.

2Il significato di “Iscariota”

Giuda Iscariota3, da non confondere con l’altro apostolo Giuda Taddeo fratello di Giacomo “il Minore”, era uno dei dodici apostoli scelti da Gesù (Lc 6, 13-16: “Fattosi giorno chiamò a sé i suoi discepoli, ne scelse dodici e diede loro il nome di apostoli: Simone che chiamò anche Pietro e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo, Matteo e Tommaso, Giacomo figlio di Alfeo e Simone soprannominato zelota, Giuda figlio di Giacomo e Giuda Iscariota che fu poi il traditore”). Anche Matteo e Marco, nell’elenco degli apostoli (rispettivamente 10, 2-4 e 3,16-19) collocano Giuda all’ultimo posto e lo designato come “traditore”4.
Giuda, quindi, come tutti gli altri apostoli, fu espressamente scelto da Gesù (Gv 13, 18: “Io conosco chi ho scelto”)5 perché l’appartenenza al gruppo non era un impegno di poco conto e la scelta era finalizzata a “scacciare gli spiriti immondi e guarire ogni sorta di malattia e di infermità” (Mt 10, 1), “predicare dicendo - È vicino il regno dei cieli, Guarite gli infermi, risuscitate i morti…” (Mt 10, 7), “a predicare con il potere di scaricare i demoni” (Mc 3, 15) e “diceva loro - La messe è molta … Andate! Ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi” (Lc 10, 2).
Giovanni identifica Giuda come “figlio di Simone Iscariota” (n.4)
Null’altro è certo.
Ma chi era effettivamente Giuda?
Per rispondere bisogna operare una carrellata sulle varie ipotesi formulate relativamente al termine “Iscariota” che, in mancanza di riscontri certi, vanno assunte come mere congetture. Tali ipotesi possono essere distinte a seconda della:
- località di provenienza;
- appartenenza ad un movimento rivoluzionario;
- attività.

2.1 “Iscariota” inteso come località di provenienza

Il termine “Iscariota” associato a Giuda si trova, riportato nelle antiche e più autorevoli trascrizioni dei Vangeli greci, traslitterato dall’aramaico al greco in diverse varianti6 tra cui le seguenti:
(letti isk-Keriòt o isch-Qeriòth, ecc.),
a cui, secondo la supposizione più accreditata tra gli studiosi, andrebbe attribuito il significato di provenienza da una città o località.
Il termine “Iscariota” nella forma
è quello preferibilmente ripreso dai manoscritti del Nuovo Testamento. In questa forma “
” è il prefisso di “
” che potrebbe corrispondere al nome della città ebraica di Qeriòt (menzionata da Geremia; 31, 24)7 che si trovava nel territorio di Horma a sud di Hebron, o, in alternativa, alla città di Keriot che, secondo Giosuè (15, 25), corrisponderebbe a una delle città del Neghev situate all’estremità del territorio di stanziamento della tribù di Giuda. Il prefisso “
” (Ish) dovrebbe indicare “provenienza” in quanto usualmente in ebraico è utilizzato in tal senso. Ma, in ebraico, “Ish”, oltre ad essere un prefisso, assume il significato proprio di “individuo” ed è utilizzato come sinonimo di “uomo”. Sulla base di tali considerazioni,
si dovrebbe pertanto interpretare come “uomo di Qeriòt” che può essere assimilato dal punto di vista linguistico e fonetico a “uomo di Keriot”.
S. Tommaso d’Aquino, nel suo commento ai Vangeli, Catena Aurea, avvalora l’ipotesi della provenienza territoriale8.
La sostituzione del suffisso
non porrebbe alcun problema interpretativo in quanto, aspetto ben noto nella lingua greca,
rappresenterebbe un suffisso nominale.
Una analoga interpretazione si rifà alla considerazione che il termine
(Qeriòt), così come è stato usato da Geremia (48, 41)9, significando, in ebraico, il plurale di “città”, farebbe supporre la provenienza di Giuda, non da una città ma da una regione individuata da un gruppo di città.
Pertanto, sulla base delle ipotesi sopra riportate, è da concludere che Iscariota indicherebbe un luogo di provenienza che, si tratti di Horma o della estremità settentrionale del Negev, si sarebbe trovato in Giudea o ai margini.

2.2 “Iscariota” inteso come appartenenza ad un movimento

Secondo una diversa traslitterazione, dall’aramaico al greco, del termine “Iscariota” in
(sicarios), verrebbe attribuito al termine il significato di “sicario”, dal latino sicarius10. Termine con cui, nella Palestina del I secolo, si designava un gruppo rivoluzionario estremista, all’interno della setta giudea degli zeloti11.
Tale interpretazione presupporrebbe che Giuda fosse un rivoluzionario antiromano appartenente alla setta degli zeloti. Sennonché considerazioni storiche inducono a sollevare perplessità su tale attribuzione in quanto la setta degli zeloti si costituì nei decenni precedenti la nascita di Gesù col fine di salvaguardare l’interpretazione ortodossa della legge mosaica, di difendere l’integralismo ebraico e di perseguire l’indipendenza politica della Giudea, contrastando l’occupazione romana con atti di guerriglia. La setta degli zeloti era, pertanto, attiva fin dal tempo del censimento organizzato in Siria e Giudea dal governatore romano P.S. Quirino (6 aC).
Nei primi decenni del I sec. (probabilmente intorno al 30 dC) si costituì, all’interno della setta, la fazione estremista dei sicarii, definiti così dai romani per via del pugnale ricurvo, sica12, che essi usavano per uccidere. I sicarii, soprattutto nel decennio precedente la prima guerra giudaica (66-74 dC), allorché Antonio Felice (52-60 dC) era prefetto della Giudea, iniziarono a ricorrere sistematicamente ad azioni terroristiche contro avversari politici ed ebrei collaborazionisti che, appartenenti alle classi più ricche, si legavano agli occupanti romani al fine di condurre liberamene i loro affari.
Poiché Giovanni definisce con il termine “Iscariota” anche il padre di Giuda (6, 71: “Gesù parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota”)13 risulta poco probabile ritenere che Simone Iscariota potesse appartenere alla ...

Table of contents

  1. Giuda Iscariota, l’enigma irrisolto
  2. Indice
  3. 1. Introduzione
  4. 2. Il significato di “Iscariota”