Un amore senza confini. L'addio del branco
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Un amore senza confini. L'addio del branco

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Un amore senza confini. L'addio del branco

About this book

Mi sono domandato spesso scrivendo questo romanzo, in una trilogia di libri, se sia la realtà a superare la fantasia o viceversa. Inventiva e verità possono convivere in perfetta sintonia perché unite si compensano. Non c'è creatività senza un minimo di realtà. Non c'è realtà senza un pizzico di fantasia. Questo libro racchiude nel suo interno: amore e passione. La ferocia e l'intelligenza di un branco di lupi guidati dal loro Alfa umano. Sogni dolci e incubi. La morte sempre in agguato, che dopo essere stata gabbata tante volte, cerca la rivincita. Una donna innamorata ma pronta a tutto per salvare i propri figli, anche a sacrificare altre vite.
Spero che la forza dell'amore prevalga, perché solo l'amore può vincere la morte.
Leggendo questo libro puoi vivere o rivivere tutti i tuoi sogni.

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Information

L’OMBRA DELLA MORTE

«Ami­co? Car­pe­gna? Di che co­sa stai par­lan­do? Tu chi sei pic­co­let­to? Sei for­se un Go­blin co­me lo­ro?», mi chie­de con ar­ro­gan­za.
«Che co­sa stai di­cen­do? Non sai ri­co­no­sce­re o non hai mai vi­sto una per­so­na? Pos­so sa­pe­re da do­ve dia­vo­lo vie­ni?».
«Ora ri­cor­do, sei un uma­no. Mol­to be­ne, per que­sta se­ra ab­bia­mo ri­sol­to il pro­ble­ma», di­ce sog­ghi­gnan­do.
“Chis­sà di che co­sa sta par­lan­do, e qua­li so­no le sue in­ten­zio­ni. Mi pia­ce po­co quel ghi­gno”, mor­mo­ro. Mi squa­dra dal­la te­sta ai pie­di an­co­ra un istan­te, poi si ri­vol­ge a quei pic­co­li es­se­ri.
«Que­sta se­ra vo­glio ac­con­ten­tar­vi, po­tre­te man­gia­re in ab­bon­dan­za: ec­co­vi la vo­stra ce­na», di­ce in­di­can­do­mi.
Non fac­cio in tem­po nean­che a ren­der­mi con­to di quel­lo che sta ac­ca­den­do che mi pren­de una fit­ta do­lo­ro­sa sul­lo sto­ma­co: un gri­do di do­lo­re, e un’im­pre­ca­zio­ne ma­le­di­cen­do la mia boc­cac­cia. “Stu­pi­do che non so­no, do­ve­vo dir­gli che so­no un uma­no? Que­sti li man­gia­no”.
«Ra­gio­nia­mo un at­ti­mo», di­co lo­ro cer­can­do di pren­de­re tem­po per esco­gi­ta­re una via d’usci­ta dal­la già pre­ca­ria si­tua­zio­ne che mi so­no ve­nu­to a crea­re in­vo­lon­ta­ria­men­te.
«Che co­sa ci pro­po­ni», mi ri­spon­de uno di lo­ro. «Dav­ve­ro cre­de­vi di po­ter­ci sfug­gi­re, so­lo per­ché è not­te. An­che noi sia­mo abi­tua­ti al ti­po di vi­ta che stai con­du­cen­do tu. Il buio non ci fa nes­su­na pau­ra, e co­me ve­di, ab­bia­mo aspet­ta­to il mo­men­to pro­pi­zio. Ulu­la ora se ti rie­sce, co­sì fac­cia­mo fuo­ri an­che lo­ro».
Fi­nal­men­te rie­sco ad apri­re gli oc­chi, e a ve­de­re la real­tà. Mi tro­vo an­co­ra sot­to il gros­so al­be­ro, do­ve mi ero di­ste­so per ri­pa­rar­mi dal­la guaz­za del­la not­te, so­lo che mi han­no le­ga­to co­me un sa­la­me. La vo­ce non è più quel­la di pri­ma, né di un Troll, né di un Go­blin, che è stri­du­la e squit­ten­te, di­rei qua­si ani­ma­le­sca, ma piut­to­sto di una per­so­na. In­fat­ti, di fron­te a me tre in­di­vi­dui di età com­pre­sa fra i tren­ta e i qua­rant’an­ni, mi stan­no os­ser­van­do pron­ti a far­mi la pel­le sen­za tan­ti ten­ten­na­men­ti. Il do­lo­re al pet­to non è do­vu­to al­le so­li­te ne­vral­gie ma al col­tel­lo ser­ra­ma­ni­co che uno di lo­ro sta­va cer­can­do di con­fic­car­mi den­tro per uc­ci­der­mi. Qual­che goc­cia di san­gue co­min­cia ti­mi­da­men­te a usci­re. Il do­lo­re è ab­ba­stan­za sop­por­ta­bi­le, ma il mio pen­sie­ro ri­cor­re al­tro­ve: che co­sa ne sa­rà di Eva, di Spe­ran­za e Lui­gi­no, or­mai per me non c’è via di scam­po, è giun­ta la fi­ne. Chis­sà, for­se se aves­si chia­ma­to il bran­co, ora non mi tro­ve­rei in que­st'as­sur­da si­tua­zio­ne, ma pri­ma o do­po do­ve­va ac­ca­de­re. So­no stan­co. Spe­ro che tut­to fi­ni­sca in fret­ta.
«Aspet­ta Gia­co­mo, la­scia­lo par­la­re, so­no cu­rio­so di sen­ti­re che co­sa ci vuol di­re».
«Vor­rei so­lo sa­pe­re il per­ché di que­sto vo­stro ac­ca­ni­men­to nei miei con­fron­ti. Sa­pe­te be­nis­si­mo che la mor­te non mi fa pau­ra, ma la cu­rio­si­tà è tan­ta».
«Ti sei for­se di­men­ti­ca­to di Gia­co­mo Coc­cia e di suo fi­glio Gior­gio? Non sei sta­to tu a far­li sbra­na­re dai lu­pi? Noi ab­bia­mo l’or­di­ne di ven­di­car­ne la mor­te. Non ce lo ab­bia­mo con te. Ci di­spia­ce, in fon­do non rap­pre­sen­ti un pro­ble­ma. Per noi è so­lo un la­vo­ro, cre­di­mi, se po­tes­si­mo…».
Non fi­ni­sce la fra­se che dei rug­gi­ti spa­ven­to­si rim­bom­ba­no nel bo­sco spa­ven­tan­do­ci. Due mo­stri, di raz­za in­de­fi­ni­bi­le, av­vol­ti da una lu­ce ab­ba­glian­te: pel­lic­cia fol­ta e scu­ra. Al­ti e gros­si il dop­pio di un go­ril­la. Un cor­no bian­co e af­fi­la­to nel cen­tro dell’enor­me te­sta da do­ve par­te il na­so che va fi­ni­re so­pra l’enor­me boc­ca. Den­ti lun­ghi e aguz­zi. Due oc­chi pic­co­lis­si­mi sot­to le lun­ghe e ap­pun­ti­te orec­chie. Han­no quat­tro zam­pe con af­fi­la­ti ar­ti­gli, ma cam­mi­na­no eret­ti su quel­le po­ste­rio­ri. Or­mai so­no a po­chi me­tri da noi e si av­vi­ci­na­no mi­nac­cio­si. “Che stra­no”, pen­so, “com’è pos­si­bi­le cer­ti ani­ma­li da que­ste par­ti, che io sap­pia so­lo la fan­ta­sia può crear­li. For­se non è de­sti­no che muo­ia que­sta not­te”. Un sus­se­guir­si di col­pi d’ar­ma da fuo­co non rie­sco­no a fer­mar­li, sem­bra che non li scal­fi­sca­no. Un fug­gi fug­gi, e una con­ci­ta­zio­ne ge­ne­ra­le.
«Lui­gi, dob­bia­mo scap­pa­re, co­me fac­cia­mo con quel­lo? Hai te­le­fo­na­to al ca­po che l’ave­va­mo pre­so».
«Ti pa­re il mo­men­to di por­si cer­te do­man­de? Se ti vuoi fer­ma­re per uc­ci­der­lo fal­lo pu­re. Tor­na in­die­tro, io me la bat­to. Avre­mo mo­do di ri­pren­der­lo, ma so­no si­cu­ro che non sa­rà ne­ces­sa­rio, ci pen­se­ran­no lo­ro a far­lo fuo­ri. Ti per­di sem­pre in un bic­chier d’ac­qua, Gia­co­mo».
«Sai com’è! A vol­te è pre­fe­ri­bi­le ve­der­se­la con be­stie fe­ro­ci che con cer­te per­so­ne», gli ri­spon­de piut­to­sto an­go­scia­to pen­san­do al­la rea­zio­ne dal boss.
«Tu rie­sci co­mun­que a ca­var­te­la ogni vol­ta ma Giu­sep­pe ed io sia­mo co­stan­te­men­te sog­get­ti al­le sue sfu­ria­te».
«Beh! Al­lo­ra ve­di­te­la tu con quei due mo­stri, se ti fa pia­ce­re. Io me la bat­to. Cre­do sia me­glio ri­par­lar­ne do­po, ades­so sbri­ga­te­vi, non è tem­po di com­men­ti o ri­fles­sio­ni. Il pri­gio­nie­ro si­cu­ra­men­te lo pos­sia­mo con­si­de­ra­re mor­to».
“Già! Lo pen­so an­ch’io, ma non so­no del tut­to con­vin­to che ab­bia ra­gio­ne. Al­me­no non mi aves­se­ro le­ga­to ma­ni e pie­di co­sì stret­to, pro­ve­rei a scap­pa­re, ma se fos­se­ro ve­ri non cre­do me ne da­reb­be­ro il tem­po”, ac­ci­den­ti a lo­ro. Le due be­stie si av­vi­ci­na­no fin qua­si a sfio­rar­mi, poi spa­ri­sco­no co­me ri­suc­chia­ti dal­la neb­bia che sta scen­den­do pia­no pia­no sul bo­sco, men­tre io emet­to un lun­go re­spi­ro ri­las­san­te. Im­prov­vi­sa­men­te una fi­gu­ra ma­schi­le, po­co vi­si­bi­le, qua­si il­lu­so­ria, mi scru­ta con un sor­ri­so piut­to­sto enig­ma­ti­co di­cen­do­mi:
«Non ca­pi­sco per­ché mio fra­tel­lo ab­bia vo­lu­to che ti sal­vas­si. Voi mi­se­ri mor­ta­li e le vo­stre rac­co­man­da­zio­ni».
«Tu chi sei? Di che co­sa stai par­lan­do. Ti rin­gra­zio ma…scu­sa po­tre­sti spie­gar­mi che co­sa sta ac­ca­den­do?».
«So­no quel­lo che gli dei chia­mo “Ice­lo”, co­no­sciu­to da voi uo­mi­ni co­me Fo­be­to­re, fra­tel­lo di Mor­feo e Fan­ta­so. Quei due mo­stri li ho crea­ti io, so­no so­lo om­bre».
«Vuoi di­re che si so­no ri­vol­ti a te per­ché ac­cor­res­si in mio aiu­to?».
«Non fin­ge­re di non sa­pe­re. Ti­ta­nia, la re­gi­na del­le fa­te e Obe­ron il re dei fol­let­ti si so­no rac­co­man­da­ti a Mio fra­tel­lo, e lui a me, e co­me ve­di ho prov­ve­du­to. Ora pos­so an­dar­me­ne, ma ri­cor­da­ti che la pros­si­ma vol­ta do­vrai ca­var­te­la da so­lo».
«Com’è pos­si­bi­le? Vuoi di­re che ac­ca­drà an­co­ra? Sai dir­mi co­me fi­ni­rà? No! For­se è me­glio non sa­pe­re».
Non ri­spon­de, co­sì in si­len­zio com’è ar­ri­va­to, spa­ri­sce: om­bra nel buio del­la not­te. “Lo so che ci ri­pro­ve­ran­no ap­pe­na sa­pran­no che so­no an­co­ra vi­vo”, mor­mo­ro sot­to­vo­ce per pau­ra che ci sia an­co­ra qual­cu­no nei pa­rag­gi ad ascol­tar­mi. Quan­do cer­te si­tua­zio­ni so­no dif­fi­ci­li da ge­sti­re, ci si la­scia pren­de­re dall’an­sia, dall’an­go­scia, e pos­so­no ge­ne­ra­re pau­re spro­por­zio­na­te, estre­me, e di­ven­ta­re fo­bie in­va­li­dan­ti. Pen­so sia me­glio che pro­vi a scuo­ter­mi un po’, al­tri­men­ti non sa­rà so­lo la mia vi­ta in pe­ri­co­lo, ma an­che quel­la dei miei ca­ri. D’ora in avan­ti non usci­rò più so­lo di not­te, e tut­te le mie pau­re con la lo­ro pre­sen­za spa­ri­ran­no.
È mat­ti­na inol­tra­ta; quat­tro per­so­ne stan­no par­lan­do ani­ma­ta­men­te, e al­me­no uno di lo­ro è piut­to­sto con­tra­ria­to.
«Ca­po de­ve cre­der­ci, so­no ap­par­si all’im­prov­vi­so due enor­mi crea­tu­re, al­te qua­si quat­tro me­tri, or­ren­de. Gli ab­bia­mo spa­ra­to di­ver­si col­pi di fu­ci­le e di pi­sto­la, ma nien­te. Che co­sa po­te­va­mo fa­re se non scap­pa­re. Or­mai quel­lo sa­rà mor­to».
«Ma cer­to, ma­ga­ri vo­la­va­no an­che, ve­ro? Quan­te vol­te ve l’ho det­to che non do­ve­te be­re du­ran­te il la­vo­ro. Ca­pi­sco, for­se era fred­do, e un sor­so al­la vol­ta vi sa­re­te sco­la­ti una bot­ti­glia di co­gnac. Dav­ve­ro cre­de­te di pren­der­mi in gi­ro? Mo­stri? Sie­te de­gli eme­ri­ti im­be­cil­li. Non ve­ni­te­mi a rac­con­ta­re sto­riel­le. L’ave­va­te pre­so, sì o no? Ba­sta­va un col­po di pi­sto­la in te­sta ed era fi­ni­ta. No! Ar­ri­va­no bel­li bel­li, rac­con­tan­do­mi una sto­riel­la co­me si fa con i bam­bi­ni. Sie­te de­gli in­ca­pa­ci. Se il buio vi fa pau­ra, do­ve­va­te dir­me­lo ca­ca­sot­to. Se do­ves­se ac­ca­de­re di nuo­vo una co­sa del ge­ne­re, vi am­maz­zo tut­ti e tre. E ora spa­ri­te pri­ma che ci ri­pen­si», ri­spon­de lo­ro mi­nac­cian­do­li con la pi­sto­la in pu­gno.
«Hai sen­ti­to Lui­gi, te lo ave­va­mo det­to che non ci avreb­be cre­du­ti. Se fos­se an­co­ra vi­vo e riu­scis­si­mo a ri­pren­der­lo glie­lo por­to ben im­pac­chet­ta­to per far­glie­lo di­re da lui. Non vo­glio che ci pren­da per dei vi­sio­na­ri. È ve­ro che ab­bia­mo be­vu­to, ma non cre­do che tut­ti e tre fos­si­mo ubria­chi. Cer­to una bot­ti­glia l’ab­bia­mo fi­ni­ta di be­re, ma…».
«Ma co­sa? Non so co­sa dir­vi, e sì che li ho vi­sti an­ch’io. Non pos­sia­mo aver­li so­lo so­gna­ti. For­se ha ra­gio­ne il ca­po». Io in­tan­to…
«Mu­set­to do­ve sei fi­ni­to? Ho bi­so­gno di te, svel­to! Si può sa­pe­re per­ché sei scap­pa­to? Im­ma­gi­no te la sia fi­la­ta pri­ma che ar­ri­vas­se­ro i tre ma­fio­si. Avre­sti po­tu­to sve­gliar­mi in­ve­ce di la­sciar­mi pren­de­re a bot­te in te­sta». Od­dio! Ades­so mi met­to a par­la­re an­che con il ghi­ro. Sa­ran­no gli scher­zi che mi pro­cu­ra­no cer­te pau­re. Beh! Spe­ria­mo che ca­pi­sca e ro­sic­chi que­ste ma­le­det­te cor­de che mi stan­no bloc­can­do an­che la cir­co­la­zio­ne del san­gue. Nel frat­tem­po so­no riu­sci­to a por­ta­re le brac­cia sul da­van­ti e mo­strar­glie­le. «Dai mor­di la cor­da, svel­to. Non vor­rei che quel­li tor­nas­se­ro o si fos­se­ro na­sco­sti nel­le vi­ci­nan­ze. Co­sì bra­vo, dai... dai…fi­nal­men­te! Ades­so al­le gam­be ci pen­so io».

LA PASSERELLA

Il mio ulu­la­to si espan­de fin giù nel­la pia­na, è una ri­chie­sta d’aiu­to. La ri­spo­sta non si fa at­ten­de­re. Ap­pe­na ar­ri­va­no, de­ci­do di par­ti­re, ma pri­ma fac­cio una te­le­fo­na­ta.
«Pron­to Eva, mi sen­ti? Esci di ca­sa un at­ti­mo per fa­vo­re».
«Va be­ne, so­no fuo­ri, ma non ca­pi­sco. Che co­sa suc­ce­de?».
«Ver­so mez­zo­gior­no sa­rò da te, non pos­so dir­ti al­tro, ciao».
Mi mas­sag­gio be­ne gam­be e brac­cia e mi av­vio. Fac­cio mol­ta fa­ti­ca a cam­mi­na­re. Nien­te che ap­pog­gio il pie­de, le gam­be si pie­ga­no, sem­bra che non mi reg­ga­no più. Co­min­cia­no a for­mi­co­la­re di nuo­vo, poi len­ta­men­te si at­te­nua, co­sì fi­nal­men­te rie­sco a met­ter­mi in cam­mi­no se­gui­to dal bran­co. Ar­ri­vo nei pres­si del­la pas­se­rel­la ver­so le un­di­ci. È dav­ve­ro una gior­na­ta cal­da. Lu­glio è ap­pe­na ini­zia­to e l’afa è tor­na­ta far­si sen­ti­re. Mi fer­mo un at­ti­mo e mi asciu­go la fron­te. An­co­ra po­chi me­tri e fi­nal­men­te ci sia­mo. So­no dav­ve­ro stan­co, do­po tut­to quel­lo che ho pas­sa­to, fa­re an­co­ra qua­si tre ore di cam­mi­no, in mez­zo al bo­sco, non è sem­pli­ce co­me par­lar­ne.
«For­za Stel­la, dai Lu­na, an­co­ra una cin­quan­ti­na di me­tri e sia­mo ar­ri­va­ti, co­sì po­tre­te ri­po­sar­vi an­che voi».
Pas­sa­no die­ci mi­nu­ti, ma la pas­se­rel­la non si ve­de. “For­se ho sba­glia­to stra­di­no, de­vo tor­na­re in­die­tro”, di­co fra me e me.
«Avan­ti ami­ci, ec­co­la là a po­chi pas­si da noi».
Im­prov­vi­sa­men­te sem­bra es­ser­si spo­stata più a val­le di qual­che me­tro. È pos­si­bi­le che non me ne sia ac­cor­to pri­ma, e ma­ga­ri ho sba­glia­to di nuo­vo a im­boc­ca­re il sen­tie­ro. Tor­no in­die­tro, e fi­nal­men­te me lo tro­vo da­van­ti. Fac­cio un pas­so per sa­li­re sul­la pas­se­rel­la, ma non c’è più, si è nuo­va­men­te spo­sta­ta ver­so l’al­to.
“E no, que­sta vol­ta non ci ca­sco”, far­fu­glio ner­vo­sa­men­te.
«Obe­ron vie­ni fuo­ri! Che co­sa ti pren­de? Ho pas­sa­to un sac­co di guai nel­le ul­ti­me ore, e non ho nes­su­na vo­glia di scher­za­re».
Fi­ni­sco ap­pe­na di par­la­re che sen­to la sua vo­ce al­le mie spal­le.
«Sei diven­ta­to an­che per­ma­lo­so ades­so? Se non fos­se sta­to per me, ora non sa­re­sti qui, lo sai ve­ro?» mi ri­spon­de con to­no sar­ca­sti­co.
...

Table of contents

  1. INTRODUZIONE
  2. MALINCONIA E PREOCCUPAZIONI
  3. INCUBI
  4. ANCORA MAFIA
  5. IL RE DEI FOLLETTI
  6. L’INCONTRO CON MORFEO
  7. RITORNA IL PASSATO
  8. DISPERAZIONE
  9. UN NUOVO AMICO
  10. UN AFFILIATO DELLA MAFIA
  11. IL GRANDE CUORE DELLA LUPA STELLA
  12. AGGUATO E INCUBO PRESAGIO DI MORTE
  13. LA TRAPPOLA
  14. LA MORTE NON ASPETTA
  15. L’ACCUSA
  16. LATITANZA AMARA
  17. LA TERRA TREMA
  18. LA PRIGIONE
  19. IL SOGNO
  20. IL RITORNO ALLA LATITANZA
  21. SITUAZIONE INGARBUGLIATA
  22. L’ARRIVO DI EVA
  23. L’OMBRA DELLA MORTE
  24. LA PASSERELLA
  25. SOGNO PREMONITORE
  26. FUGA NEL BOSCO
  27. I DUE MAFIOSI
  28. AMICO O TRADITORE?
  29. IL LADRO DI MEMORIA
  30. LA SCOMPARSA DI EVA
  31. L’OMBRA DELLA MORTE SI AVVICINA
  32. IL SOSPETTO
  33. LA VERITA’
  34. AGGUATO E MORTE
  35. IL TRADITORE FA L’AMICO
  36. LA CATTURA E L’AMARA VERITÁ
  37. LA RESA DEI CONTI
  38. INCONTRO E COMMOZIONE
  39. L’ULTIMA CACCIA
  40. LA FINE DI TUTTO