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Salmodiando con Petrarca - Saggio
About this book
Il breve salterio petrarchesco, a carattere prettamente penitenziale, esprime in nuce la vita interiore del Poeta, profondamente segnata, forse in maniera particolarmente esagerata ed esasperata, da continue confessioni e richieste di perdono, onde evitare le pene dell'Inferno. Nei versi che compongono i sette salmi è dominante l'aspetto dell'amore misericordioso di Dio sempre pronto a proteggere i suoi figli dalle insidie del tentatore. Salmodiando con Petrarca s'impara a meditare e a pregare.
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Information
PSALMUS I
1. Heu michi misero, quia iratum adversum me constitui Redemptorem meum, et legem suam contumaciter neglexi.
C’è un diffuso senso di colpa nell’animo del poeta, anche se di ordinaria amministrazione, come del resto si può riscontrare in qualunque uomo soggetto alla fragilità trasmessa dai progenitori.
Il fatto è che a Petrarca, data la sua posizione di clericus e data la frequentazione della Curia avignonese, ogni minimo passo “falso” pesa come un macigno nel suo voler essere un cristiano esemplare.
Il suo stato di povertà interiore, dovuto alla trascuratezza della Legge fa scatenare l’ira divina. Un quadro quanto mai fosco, questo, in cui il misero appare soccombente senza alcuna prospettiva di redenzione. Nei suoi momenti di solitudine, spesso voluti, il poeta immagina di essere giunto al dies irae, al cospetto di un Dio severo e irremovibile.
2. Iter rectum sponte deserui et per invia longe lateque circumactus sum.
La confessione si fa un po’ più aperta, dalla quale si evincono due elementi, benché non ancora ben specificati: l’abbandono della retta via e, di conseguenza, la sbandata. Tutto ciò non avviene casualmente o per sbadataggine, ma sponte, consapevolmente, di propria iniziativa. Il Nostro penitente lascia la strada giusta per perdersi in terreni impraticabili e pericolosi. Il richiamo alla selva oscura e alla diritta via dantesche mi pare ovvio o per lo meno opinabile, come anche al suo mentore quanto mai autorevole, Agostino, il quale, in fatto di confessione delle proprie colpevolezze, è palesemente schietto.
3. Aspera quelibet et inaccessa penetravi; et ubique labor et angustie.
Quali siano stati i luoghi aspri e inaccessibili nei quali è entrato il poeta non è dato sapere. Certamente si tratta di una metafora, che rispecchia la selva oscura dantesca e quindi lo stato di peccato, cui ogni uomo va incontro. Mi piace sottolineare questa consapevolezza, forse esagerata, del poeta nel sentirsi perennemente in colpa, fino ad angustiarlo e a provarlo in maniera seria.
C’è chi non si cura del proprio stato spirituale e chi, invece, avverte continuamente la propria κένωσις, il proprio vuoto spirituale, che vorrebbe riempire e colmare di beni di grazia duraturi.
4. Unus aut alter ex gregibus brutorum, et inter lustra ferarum habitatio mea.
Il peccato fa assomigliare più alla bestia che all’uomo, che è stato creato a immagine di Dio. È tale il disordine procurato dallo stato peccaminoso che l’uomo a un certo punto, in un momento di resipiscenza, si sente come un verme nascosto sotto terra o come una bestia che, per paura di essere sbranata da altre belve più forti di lei, vive rintanata. Ritorna il tema del nascondimento a cui si è costretti quando non si è in stato di grazia. Il poeta si sente così affranto che ormai la sua dignità è svanita.
5. In anxietatibus cum voluptate versatus sum; et in sentibus cubile meum stravi.
Chi vive nel disordine morale trova una sorta di assuefazione e di compiacenza, per cui gli sta bene ogni situazione. Il giaciglio tra i rovi indica certamente una posizione scomoda. Chi è aduso al male, di qualunque intensità esso sia, vi si adagia, ci prova una sorta di gusto e difficilmente ne viene fuori, se non trova una forza superiore che lo strattoni e lo faccia ritornare in sé. L’ansietà unita al piacere diventa come una droga, la cui assuefazione porta alla sonnolenza, alla pigrizia spirituale e mentale e alla non cura di se stessi.
6. Et obdormivi in interitum; et speravi requiem in tormentis.
Che il poeta si addormentasse o si adagiasse nel suo stato di ordinario peccatore e sperasse di ottenere riposo nei suoi tentennamenti interiori, non è credibile.
Vedo insito in questo versetto un messaggio non tanto rivolto a se stesso quanto all’umanità intera.
Petrarca rispecchia l’alter ego davidico, senz’altro con l’eccessiva presunzione di assumersi un ruolo che, se non gli compete del tutto, in parte gli spetta, in quanto ordinato in sacris, avendo ricevuto gli ordini minori.
Ricordiamoci quindi che il poeta è un clericus, per giunta un canonico della Chiesa Cattolica e come tale deve trasmettere un messaggio: non bisogna adagiarsi nella rovina, pena la morte dell’anima, né sperare di risolvere i nostri problemi chiudendoci in noi stessi, ma aprendoci a Dio, unica nostra speranza di salvezza.
Sono presenti in questo versetto due coppie di term...
Table of contents
- PREFAZIONE
- PSALMUS I
- PSALMUS II
- PSALMUS III
- PSALMUS IV
- PSALMUS V
- PSALMUS VI
- PSALMUS VII