Il ritorno della felicità
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Il ritorno della felicità

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Camminava trascinando i piedi semi nudi in delle scarpe con suole bucate e con tomaie tutte lacere, trascinando le gambe, con andatura lenta a causa della sua età un po' avanzata ed ai molti acciacchi dovuti alle privazioni ed al freddo, dirigendosi verso un boschetto, alla periferia di un piccolo paese, dove aveva costruito una specie di baracca fatiscente, costruita con delle tavole che solitamente riusciva a reperire nelle discariche perché spesso, la gente del paese, gettava per liberarsi di loro essendo troppo usurate dal tempo e quindi inservibili, ma lui riusciva a scegliere le parti migliori per costruirsi la sua baracca per renderla più confortevole e calda, preoccupandosi di non gettare gli scarti, utilizzandoli dopo per accendere il fuoco, nel periodo invernale...

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Information

Publisher
Youcanprint
Year
2020
Print ISBN
9788827855584
IL RI­TOR­NO DEL­LA FE­LI­CI­TA’
Cam­mi­na­va tra­sci­nan­do i pie­di se­mi nu­di in del­le scar­pe con suo­le bu­ca­te e con to­ma­ie tut­te la­ce­re, tra­sci­nan­do le gam­be, con an­da­tu­ra len­ta a cau­sa del­la sua età un po' avan­za­ta ed ai mol­ti ac­ciac­chi do­vu­ti al­le pri­va­zio­ni ed al fred­do, di­ri­gen­do­si ver­so un bo­schet­to, al­la pe­ri­fe­ria di un pic­co­lo pae­se, do­ve ave­va co­strui­to una spe­cie di ba­rac­ca fa­ti­scen­te, co­strui­ta con del­le ta­vo­le che so­li­ta­men­te riu­sci­va a re­pe­ri­re nel­le di­sca­ri­che per­ché spes­so, la gen­te del pae­se, get­ta­va per li­be­rar­si di lo­ro es­sen­do trop­po usu­ra­te dal tem­po e quin­di in­ser­vi­bi­li, ma lui riu­sci­va a sce­glie­re le par­ti mi­glio­ri per co­struir­si la sua ba­rac­ca per ren­der­la più con­for­te­vo­le e cal­da, pre­oc­cu­pan­do­si di non get­ta­re gli scar­ti, uti­liz­zan­do­li do­po per ac­cen­de­re il fuo­co, nel pe­rio­do in­ver­na­le.
Ave­va tut­to il tem­po a di­spo­si­zio­ne, quin­di po­te­va fa­re tut­te le mi­glio­rie a lui ne­ces­sa­rie e quan­do tro­va­va pen­to­le, bi­do­ni e strac­ci li rac­co­glie­va per­ché era­no uti­li al­la sua so­vra vi­ven­za, in­fat­ti ave­va riem­pi­to, le pen­to­le ed i bi­do­ni, di ac­qua at­tin­ta vi­ci­no ad un ri­ga­gno­lo dal qua­le sgor­ga­va­no del­le ac­que lim­pi­de e sa­ne, es­sen­do il si­to un po' di­stan­te dal­la sua ba­rac­ca e per lui era­no fa­sti­dio­se at­tin­ger­le quo­ti­dia­na­men­te, da­ti i suoi ac­ciac­chi, ma riu­sci­va a riem­pi­re tut­te le pen­to­le, le lat­ti­ne e broc­che, tro­va­te nel­la di­sca­ri­ca, per aver­ne la scor­ta ne­ces­sa­ria, men­tre con gli strac­ci com­ple­ta­va una spe­cie di ma­te­ras­so ed un cu­sci­no per ri­po­sa­re la se­ra, in­som­ma ave­va tro­va­to il mo­do di sop­por­ta­re la sua mi­se­ra esi­sten­za.
In quel­la di­sca­ri­ca tro­va­va di tut­to, por­cel­la­ne, ve­tri, bot­ti­glie, fer­ro, al­lu­mi­nio e tan­te al­tre co­se, ma lui rac­co­glie­va sol­tan­to co­se in­di­spen­sa­bi­li, in­som­ma ave­va fat­to in mo­do di ave­re tut­te le co­mo­di­tà per so­prav­vi­ve­re e ci te­ne­va a te­ner­le in or­di­ne, gli man­ca­va sol­tan­to la cor­ren­te elet­tri­ca, ma ri­me­dia­va, la lu­ce di se­ra, con dei lu­mi­ni co­strui­ti con dei ba­rat­to­li, uti­liz­zan­do dei gras­si ed oli scar­ti tro­va­ti nel­la di­sca­ri­ca e co­me stop­pi­ni pren­de­va i lac­ci di mol­te scar­pe rot­te, get­ta­te in quel­la fos­sa, di­ver­sa­men­te ne co­strui­va al­cu­ni con de­gli strac­ci.
Si era fer­ma­to, mol­ti an­ni pri­ma, in un al­tro bo­sco mol­to più gran­de, non lo sa­pe­va di es­se­re di pro­prie­tà di un no­bi­le, ma quan­do sta­va per co­min­cia­re a pre­pa­ra­re, con del­la le­gna rac­col­ta, la co­stru­zio­ne di un ca­pan­no il pa­dro­ne, in oc­ca­sio­ne di una sua pas­seg­gia­ta nei suoi pos­se­di­men­ti, lo ave­va no­ta­to men­tre sta­va per ini­zia­re la co­stru­zio­ne, si era av­vi­ci­na­to per chie­der­gli co­sa stes­se fa­cen­do nel­la sua pro­prie­tà, Mau­ri­zio, co­sì si chia­ma­va il bar­bo­ne, gli dis­se di co­strui­re una pic­co­la ba­rac­ca per al­log­gia­re la se­ra e vi­ver­ci, si­cu­ro di sta­re in un bo­sco ab­ban­do­na­to ed a nes­su­no del pae­se avreb­be da­to fa­sti­dio in quel po­sto lon­ta­no ed iso­la­to, gli chie­se va­rie vol­te scu­sa e lo pre­gò, se non fos­se di di­stur­bo, di far­lo re­sta­re al­me­no per un po' di tem­po, pro­met­ten­do­gli che sa­reb­be an­da­to via.
Il pro­prie­ta­rio gli ave­va chie­sto da do­ve pro­ve­ni­va e lui gli rac­con­tò tut­te le di­sav­ven­tu­re del­la sua vi­ta pas­sa­ta.
Il pa­dro­ne ascol­ta­va in si­len­zio tut­ta la sua sto­ria e, com­mos­so, pre­se la de­ci­sio­ne di far­lo ri­ma­ne­re nel­la sua pro­prie­tà, si­cu­ra­men­te quell'uo­mo gli po­te­va evi­ta­re tut­ti gli at­ti van­da­li­ci de­gli abi­tan­ti del pae­sel­lo, in­fat­ti que­sti spes­so ar­re­ca­va­no dan­ni agli al­be­ri con il rac­co­glie­re la le­gna do­po ave­re ta­glia­to i ra­mi, quin­di ve­de­re lì una per­so­na, lo avreb­be­ro pre­so per il guar­dia­no del bo­sco e si fos­se­ro aste­nu­ti a fa­re al­tri scem­pi al bo­sco.
Don At­ti­lio, co­sì si chia­ma­va il pa­dro­ne, era un con­te ri­ma­sto ve­do­vo ed ave­va su­pe­ra­to gli ot­tant'an­ni e vi­ve­va nel pae­se con l'uni­ca ni­po­te, ri­ma­sta an­ch'el­la or­fa­na dei ge­ni­to­ri ed era in pro­cin­to di spo­sar­si, la qua­le, ol­tre a far­gli com­pa­gnia, prov­ve­de­va all'as­si­sten­za del­la sua abi­ta­zio­ne ed a tut­te le sue esi­gen­ze.
Don At­ti­lio era un uo­mo ca­ri­ta­te­vo­le spe­cial­men­te con le per­so­ne bi­so­gno­se che gli chie­de­va­no di aiu­tar­lo, com­pre­se le dif­fi­col­tà di Mau­ri­zio e gli per­mi­se di ri­ma­ne­re, a pat­to che con­trol­las­se even­tua­li van­da­li e rac­co­man­dan­do­si di non crea­re dan­ni al bo­sco, poi non do­vreb­be con­ti­nua­re la co­stru­zio­ne del ca­pan­no per­ché lui fa­ce­va ar­ri­va­re in gior­na­ta tut­to il ma­te­ria­le uti­le e per­so­ne, per la co­stru­zio­ne del­la sua ba­rac­ca.
Ve­den­do­lo poi co­sì de­pe­ri­to e la­ce­ro, si pre­sen­ta­va spes­so nel­la sua ba­rac­ca por­tan­do scor­te di vi­ve­ri, ve­stia­rio e for­nen­do­lo di at­trez­zi va­ri per col­ti­va­re la ter­ra ol­tre una cre­den­za, un let­to com­ple­to, un ta­vo­lo, se­die, pen­to­le, piat­ti, bic­chie­ri, e po­sa­te af­fin­ché Mau­ri­zio po­tes­se vi­ve­re una vi­ta mi­glio­re, ri­spet­to a tut­te le pri­va­zio­ne e sof­fe­ren­ze nel pas­sa­to su­bi­te, pre­gan­do­lo in­fi­ne, di ra­der­si la bar­ba ed i ca­pel­li, por­tan­do­gli for­bi­ci e ra­soi per­ché non lo vor­reb­be ve­de­re più in quel­lo sta­to.
Mau­ri­zio si mi­se a col­ti­va­re la ter­ra pre­pa­ran­do, vi­ci­no al­la ba­rac­ca, un pic­co­lo or­ti­cel­lo e lo cu­ra­va con amo­re, in­fat­ti era sem­pre pie­no di or­tag­gi e, quan­do ve­de­va ar­ri­va­re il suo be­ne­fat­to­re, cor­re­va a pre­pa­ra­gli le ver­du­re mi­glio­ri per far­le por­ta­re a ca­sa, per ri­cam­bia­re le sue pre­mu­re con il por­tar­gli sem­pre del­le prov­vi­ste.
Don At­ti­lio ave­va ini­zia­to a fre­quen­tar­lo più spes­so e si sof­fer­ma­va a lun­go con Mau­ri­zio e mol­te vol­te an­che a de­gu­sta­re le sue pie­tan­ze, spe­cial­men­te quan­do cu­ci­na­va i fun­ghi, lui es­sen­do mol­to ghiot­to, co­me Ca­te­ri­na sua ni­po­te qua­si sem­pre in com­pa­gnia del non­no, i qua­li si fer­ma­va­no vo­len­tie­ri a gu­sta­re quel­le pie­tan­ze of­fer­te, ri­ma­nen­do poi a di­scu­te­re di tan­te co­se, in­som­ma si era crea­ta un'ami­ci­zia che sem­bra­va per­du­ra­re nel tem­po, in­fat­ti era­no tra­scor­si mol­ti an­ni in per­fet­ta ar­mo­nia, ma la Sor­te do­ve­va an­co­ra con­dan­na­re il po­ve­ro uo­mo, per­ché il non­no e la ni­po­te, non si fe­ce­ro più ve­de­re per mol­ti me­si e lui, pre­oc­cu­pa­to, de­ci­se di fa­re la sua pri­ma vi­si­ta nel pae­se per sa­pe­re no­ti­zie di lo­ro.
Gli ri­fe­ri­ro­no del­la lo­ro di­par­ti­ta, in­fat­ti la ni­po­te era mor­ta in un in­ci­den­te stra­da­le ed il non­no, dal di­spia­ce­re, mo­rì po­co do­po.
Mau­ri­zio ri­ma­se scos­so e pian­se per la per­di­ta dei suoi be­ne­fat­to­ri, si al­lon­ta­nò me­sta­men­te per rag­giun­ge­re la sua ba­rac­ca, par­lan­do so­lo e pre­sa­gen­do che sa­reb­be si­cu­ra­men­te con­ti­nua­to il suo cal­va­rio, sen­za quel­la ami­ci­zia e, so­pra­tut­to, la lo­ro as­si­sten­za.
Ave­va tra­scor­so in quel bo­sco an­ni fe­li­ci, si era il­lu­so di tra­scor­re­re al­tri an­ni se­re­ni, in­fat­ti una mat­ti­na si pre­sen­tò, in­sie­me ad un po­li­ziot­to, un uo­mo il qua­le, sgar­ba­ta­men­te, chie­se:
< Sei tu Mau­ri­zio ? >.
Il vec­chiet­to ri­spo­se:
< Si, a ser­vir­vi >.
Que­sta vol­ta par­lò il po­li­ziot­to, di­cen­do:
<Que­sto si­gno­re ha de­nun­zia­to che lei ha pre­so pos­ses­so del­la sua pro­prie­tà sen­za al­cu­na au­to­riz­za­zio­ne, quin­di de­ve la­scia­re im­me­dia­ta­men­te que­sta ba­rac­ca ed an­da­re via, per­ché do­ma­ni ver­rà una ru­spa per ab­bat­ter­la>.
Inu­til­men­te Mau­ri­zio cer­ca­va di spie­ga­re di es­se­re sta­to don At­ti­lio a con­ce­der­gli di ri­ma­ne­re lì e lui lo com­pen­sa­va col fa­re il guar­dia­no del bo­sco e di tut­ta la te­nu­ta, l'uo­mo non vo­le­va sen­ti­re ra­gio­ni ed as­se­ri­va di es­se­re il ma­ri­to del­la ni­po­te e di non sa­pe­re di quell'au­to­riz­za­zio­ne con­ces­sa dal no­bi­le, co­mun­que do­ve­va su­bi­to la­scia­re quel­la ba­rac­ca, per­ché do­ve­va ven­de­re tut­ti i cam­pi com­pre­so il bo­sco, giac­ché l'ac­qui­ren­te ave­va l'in­ten­zio­ne di co­strui­re un cen­tro tu­ri­sti­co e non in­ten­de­va per­de­re al­tro tem­po.
An­da­ro­no via av­ver­ten­do­lo di por­ta­re via le sue co­se su­bi­to, di­ver­sa­men­te pas­sa­va se­ri guai.
Il po­ve­ro Mau­ri­zio si di­spe­ra­va e pian­ge­va, non sa­pe­va do­ve an­da­re e co­me ri­pa­rar­si dal­la piog­gia e dal fred­do ed in­fat­ti, pro­prio quel gior­no, non da­va­no tre­gua.
Il vi­gi­le gli per­mi­se di tra­scor­re­re la not­te, ma l'in­do­ma­ni mat­ti­na, do­ve­va as­so­lu­ta­men­te fa­re tro­va­re li­be­ra la ba­rac­ca dal­le sue co­se.
Non ave­va nes­su­na pos­si­bi­li­tà di far­lo per­ché, ol­tre ad es­se­re so­lo, non ave­va nes­sun mez­zo per tra­spor­ta­re le sue mi­se­re co­se.
Era l'al­ba quan­do Mau­ri­zio ini­ziò la ri­cer­ca di un si­to per un im­prov­vi­so gia­ci­glio ed inol­tran­do­si nel­la bo­sca­glia vi­de in lon­ta­nan­za, un al­tro bo­schet­to con vi­ci­no un tor­ren­te ed una di­sca­ri­ca fuo­ri dai pos­se­di­men­ti di don At­ti­lio e, ve­de­re quel tor­ren­te con le sue ac­que lim­pi­de, sem­bra­va lo vo­les­se in­vi­ta­re a fer­mar­si, quin­di pen­sò di ave­re tro­va­to fi­nal­men­te il po­sto idea­le per sta­bi­lir­si de­fi­ni­ti­va­men­te, in­fat­ti sa­reb­be sta­to il luo­go giu­sto per ini­zia­re a co­struir­si un ca­pan­no un po' di­stan­te dal­la di­sca­ri­ca e que­sta vol­ta, si­cu­ro di non es­se­re d'in­tral­cio a nes­su­no.
For­tu­na­ta­men­te ini­zia­va una gior­na­ta so­leg­gia­ta e cal­da, quin­di si die­de co­rag­gio ed ini­ziò a fa­re la spo­la, fra il bo­schet­to ed il bo­sco, per re­pe­ri­re le po­ve­re co­se uti­li al suo fab­bi­so­gno, pre­se un ba­di­le, la zap­pa, il mar­tel­lo, una se­ga, co­per­te ed al­tre co­se uti­li per la sua so­vra vi­ven­za e con­ti­nuò per mol­to tem­po e ri­tor­nan­do an­co­ra, pur­trop­po ad un suo al­tro ar­ri­vo, non tro­vò più la sua ba­rac­ca era sta­ta di­strut­ta dal­la ru­spa con tut­te le sue cian­fru­sa­glie nell'in­ter­no e tut­ti i ma­te­ria­li ven­ne­ro get­ta­ti nel­la di­sca­ri­ca, do­po aver­li ca­ri­ca­ti su di un ca­mion.
Dal di­spia­ce­re, pian­se e si chie­de­va il per­ché del­la tan­ta cat­ti­ve­ria di quell'uo­mo, po­te­va al­me­no met­te­re da par­te le co­se che gli po­te­va­no ser­vi­re, in­ve­ce nul­la.
Me­sta­men­te ri­tor­nò al bo­schet­to e si se­det­te ac­can­to al tor­ren­te, per pian­ge­re e quel gior­no non fe­ce al­tro e la not­te fu co­stret­to a tra­scor­rer­la sot­to le stel­le ed al ge­lo.
Fu una not­te agi­ta­ta, sen­ti­va la mor­sa del fred­do che l'at­ta­na­glia­va ed an­che quel­la del­la fa­me, per­ché non ave­va man­gia­to nul­la il gior­no pre­ce­den­te, co­mun­que era riu­sci­to a con­ser­va­re al­cu­ne del­le scor­te vi­ve­ri di don At­ti­lio, quan­do ve­ni­va a tro­var­lo, pur­trop­po era­no scar­se, quin­di do­ve­va pren­de­re dei prov­ve­di­men­ti, per con­ti­nua­re a vi­ve­re in quel po­sto, co­sì la mat­ti­na, di buon ora, co­min­ciò a rac­co­glie­re tut­te le ta­vo­le di­strut­te e get­ta­te nel­la di­sca­ri­ca del­la sua ba­rac­ca per po­ter fa­re, al­me­no per la se­ra, un ri­pa­ro dal­la piog­gia e dal fred­do.
Ar­ri­va­ta la se­ra, ave­va ter­mi­na­to qua­si tut­ti i la­vo­ri del ca­pan­no, ave­va mes­so del­le ta­vo­le co­me pa­vi­men­to e le al­tre, seb­be­ne rot­te, era riu­sci­to a met­ter­le in­sie­me fa­cen­do le fian­ca­te ed il tet­to, ave­va tra­la­scia­to la por­ta e le fi­ne­stre, per­ché le vo­le­va fa­re il gior­no suc­ces­si­vo, in­tan­to la se­ra po­te­va sta­re al ri­pa­ro dal­la piog­gia, dal fred­do e da even­tua­li ani­ma­li not­tur­ni, bar­ri­can­do le aper­tu­re con al­tre ta­vo­le uni­te e vec­chie la­mie­re.
Dor­mì quel­la not­te, se­re­na­men­te av­vol­to nel­le col­tri mes­se sul­le ta­vo­le del pa­vi­men­to, evi­den­te­men­te do­ve­va sen­tir­si pa­go di tut­to il la­vo­ro fat­to nel­la gior­na­ta.
Ave­va pio­vu­to tut­ta la not­te sen­za che Mau­ri­zio se ne ac­cor­ges­se ed all'al­ba cer­cò di usci­re, ma do­vet­te ri­nun­cia­re per la piog­gia in­ces­san­te, co­sì si ri­mi­se sot­to le col­tri ed avreb­be co­min­cia­to a fan­ta­sti­ca­re, ri­cor­dan­do even­ti bel­li e tri­sti du­ran­te la sua vi­ta.
Do­vet­te at­ten­de­re il po­me­rig­gio per ri­tor­na­re a con­ti­nua­re i la­vo­ri la­scia­ti, poi con la cal­ma e pa­zien­za, riu­scì a fa­re la por­ta d'in­gres­so e la fi­ne­stra del­la ba­rac­ca, na­tu­ral­men­te sen­za ve­tri, ma no­tò di ave­re an­co­ra bi­so­gno di spa­zio e si ri­mi­se a la­vo­ra­re per­ché ave­va le­gna­me in ab­bon­dan­za ed era im­por­tan­te fa­re un ri­pa­ro co­per­to per sta­re ri­pa­ra­to dal­la piog­gia e dal so­le, sen­za sta­re sem­pre chiu­so nel­la ba­rac­ca, co­sì po­te­va ser­vi­re per pre­pa­ra­re qual­co­sa da man­gia­re e fa­re pic­co­li la­vo­ri, com­ple­tan­do­la con una bel­la tet­to­ia, in­som­ma per lui era una reg­gia.
S'ac­cor­se di ave­re bi­so­gno di un ta­vo­lo e di una se­dia, ma con la sua gran­de pa­zien­za, riu­scì a co­struir­li con dei ra­mi di al­be­ri e, sod­di­sfat­to del suo la­vo­ro, fe­ce il pri­mo col­lau­do, poi si com­pli­men­tò con se stes­so per l'ot­ti­ma riu­sci­ta.
Era un uo­mo di gran­de ini­zia­ti­ve e si adat­ta­va a tut­to, era una per­so­na col­ta in­fat­ti, in gio­ven­tù, si era lau­rea­to in in­ge­gne­ria mec­ca­ni­ca ed ave­va avu­to in­ca­ri­chi di re­spon­sa­bi­li­tà, pri­ma di ca­de­re nel­le di­sav­ven­tu­re do­vu­te al­la sua fa­mi­glia, quan­do lo ri­dus­se­ro nel la­stri­co e fu co­stret­to a fug­gi­re.
Po­che vol­te si era pre­sen­ta­to nel pae­se do­ve ave­va co­strui­to, vi­ci­no al­la di­sca­ri­ca la ba­rac­ca, ora sen­ti­va la ne­ces­si­tà di fa­re un qual­sia­si la­vo­ro per so­prav­vi­ve­re per­ché era­no fi­ni­ti i vi­ve­ri, quin­di de­ci­se di chie­de­re, ad al­cu­ni in­du­stria­li del­la zo­na, la pos­si­bi­li­tà di as­su­mer­lo co­me ope­ra­io, ri­ce­ven­do sol­tan­to ri­fiu­ti ve­den­do­lo an­zia­no e mal ve­sti­to, chie­se per­si­no ai va­ri co­lo­ni di far­gli fa­re i la­vo­ri nei cam­pi, an­che qui ri­ce­ven­do de­lu­sio­ni, ri­tor­nan­do la se­ra stan­co per il trop­po cam­mi­na­re e de­lu­so per non aver po­tu­to ot­te­ne­re un'oc­cu­pa­zio­ne.
Era di­spe­ra­to e sen­ti­va i mor­si del­la fa­me e do­po inu­ti­li ten­ta­ti­vi al­la ri­cer­ca di la­vo­ro, com­pre­se di non ave­re mai più quel­la pos­si­bi­li­tà, quin­di de­ci­se di non chie­der­lo più, gli re­sta­va sol­tan­to nu­trir­si dell'er­bet­ta tro­va­ta nel bo­sco e di qual­che bac­ca.
Tra­scor­re­va il tem­po, ven­ne­ro va­rie sta­gio­ni, lui or­mai ras­se­gna­to, non ave­va di­men­ti­ca­to di col­ti­va­re il giar­di­net­to pre­pa­ra­to vi­ci­no al ca­pan­no, si nu­tri­va di quel­lo che po­te­va rac­co­glie­re e cer­ca­va nel bo­schet­to le er­be com­me­sti­bi­li, in mo­do da sod­di­sfa­re il suo sto­ma­co.
Ave­va co­strui­to del­le trap­po­le per cat­tu­ra­re le­pri e fa­gia­ni, mol­ti nel­la zo­na e spes­so li tro­va­va in­trap­po­la­ti, co­sì ri­me­dia­va il suo pa­sto ed il suo pa­ne era­no le pa­ta­te col­ti­va­te e, for­tu­na­ta­men­te, cre­sce­va­no in ab­bon­dan­za.
Si re­ca­va spes­so nel­la di­sca­ri­ca in cer­ca di qual­co­sa di uti­le al suo fab­bi­so­gno, lo rac­co­glie­va e por­ta­va nei pres­si del suo ca­pan­no, ma era pie­no di do­lo­ri e le for­ze co­min­cia­va­no a ve­ni­re me­no, era­no tra­scor­si al­tri an­ni sen­za che nes­su­no lo ve­nis­se a tro­va­re op­pu­re aiu­ta­re, ave­va esau­ri­to per­si­no le la­met­te quin­di la sua bar­ba, ol­tre ad es­se­re di­ven­ta­ta bian­ca ed i ca­pel­li gri­gi, era­no cre­sciu­ti fi­no al pet­to, per­si­no il ca­pan­no avreb­be avu­to la ne­ces­si­tà di ma­nu­ten­zio­ne, ma lui non ave­va più la for­za di fa­re quei la­vo­ri fat­ti pri­ma tran­quil­la­men­te, per­si­no pian­ge­re non sa­pe­va più far­lo, pe­rò riu­sci­va a fa­re sol­tan­to le co­se in­di­spen­sa­bi­li.
Una do­me­ni­ca, du­ran­te una mes­sa nel pae­se, il pre­te vol­le chie­de­re ai fe­de­li:
< Fra­tel­li, ave­te più vi­sto il guar­dia­no del bo­sco ? >,
que­sto era il no­me da­to a Mau­ri­zio dal­la gen­te del pae­se.
Nes­su­no ri­spo­se, al­lo­ra il pre­te con­ti­nuò:
< Mi me­ra­vi­glio di voi sem­pre sta­ti ca­ri­ta­te­vo­li, pos­si­bi­le di non es­ser­vi in­te­res­sa­ti di un fra­tel­lo, si­cu­ra­men­te bi­so­gno­so di aiu­to ? >.
Si guar­da­ro­no l'uno con l'al­tro, fin­ché una vec­chiet­ta dis­se:
< Pa­dre, an­drò io a ve­de­re co­me sta >.
< No, an­dre­mo tut­ti >,
ri­spo­se­ro in co­ro i pre­sen­ti nel­la chie­sa.
Ta­le fu la gio­ia del pre­te che, fi­ni­ta la mes­sa, vol­le an­da­re an­che lui per ve­de­re di per­so­na co­me sta­va il guar­dia­no.
Don Giu­sep­pe, co­sì si chia­ma­va il pre­t...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. IL RI­TOR­NO DEL­LA FE­LI­CI­TA’