I figli di Noi tutti
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I figli di Noi tutti

About this book

Il libro racconta le storie di alcune persone segnate fin dalla nascita da gravi malformazioni.
Una bambina appena nata viene lasciata in un brefotrofio perché malformata, verrà poi messa incinta senza rendersene conto da un volontario.
La storia di una famiglia vissuta in Germania nel periodo della guerra alla quale viene fatto sparire il figlio disabile con il (programma eugenetica).
Un ragazzo viene messo in manicomio per una depressione, il medico che lo cura avrà con lui uno scambio di tenera affettuosità.
Una ragazza vittima del padre partorirà cinque figli, tre mentalmente ritardati, gli unici sani due gemelli saranno affidati agli assistenti sociali sperando in un recupero del degrado lasciando nello stupore i genitori.
Una ragazza focomelica incute coraggio alla sua assistente in cambio avrà la gioia di toccare per una volta il cielo con le dita, come donazione d'amore.

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Information

Publisher
Youcanprint
Year
2020
Print ISBN
9788831666268
eBook ISBN
9788831670142

Il cammino della speranza

An­to­nio è il quin­to di cin­que fra­tel­li; stu­dio­so, chiu­so, in­tro­ver­so, la­scia po­co spa­zio per even­tua­li ami­ci­zie.
La sua bon­tà lo ren­de di­spo­ni­bi­le ver­so chi ne ha bi­so­gno.
Fran­co un vi­ci­no di ca­sa, pa­dre di ra­gaz­zi suoi coe­ta­nei, lo at­ti­ra con una scu­sa nel­la sua stal­la, un aiu­to per mun­ge­re le muc­che.
Una vol­ta chiu­sa la por­ta, lo im­mo­bi­liz­za con le sue for­ti brac­cia e lo vio­len­ta.
An­to­nio è pa­ra­liz­za­to la sua boc­ca non rie­sce ad emet­te­re al­cun suo­no, a te­sta bas­sa fug­ge via sen­ten­do­si re­spon­sa­bi­le di quel­lo che è ac­ca­du­to, la sua pau­ra è che pos­sa tra­pe­la­re dal­la sua espres­sio­ne la sua col­pa.
I suoi tre­di­ci an­ni d’un trat­to di­ven­ta­no pe­san­ti co­me un ma­ci­gno, il se­gre­to che si por­ta den­tro lo de­te­rio­ra fa­cen­do­lo piom­ba­re in uno sta­to di com­ple­ta apa­tia.
I fa­mi­glia­ri, di estra­zio­ne mol­to sem­pli­ce, dap­pri­ma cer­ca­no a lo­ro mo­do di aiu­tar­lo, di spro­nar­lo ad usci­re, ma lui già co­sì so­li­ta­rio di na­tu­ra si chiu­de sem­pre più in se stes­so, si ri­fiu­ta di par­te­ci­pa­re an­che al­la vi­ta fa­mi­glia­re, il pa­dre è sem­pre fuo­ri si adat­ta a qual­sia­si la­vo­ro; da brac­cian­te a mu­ra­to­re a uo­mo di fa­ti­ca, d'al­tron­de il suo ob­biet­ti­vo è quel­lo di sfa­ma­re trop­pe boc­che.
Mam­ma Al­ba fa un po’ da chioc­cia per i suoi fi­gli, la­va­re sti­ra­re e pre­pa­ra­re i pa­sti per dei lu­pi qua­li so­no i suoi cuc­cio­li, poi se ca­pi­ta qual­che ser­vi­zio o co­me la­van­da­ia o sti­ra­tri­ce, si pre­sta vo­len­tie­ri per far qua­dra­re il bi­lan­cio.
Lo sta­to di sa­lu­te di An­to­nio non fa che peg­gio­ra­re ora è qua­si im­pos­si­bi­le far­gli esple­ta­re le più sem­pli­ci man­sio­ni, ri­fiu­ta di la­var­si, di an­da­re a scuo­la, in al­cu­ni mo­men­ti va­neg­gia, i ge­ni­to­ri an­che se con gran­di sa­cri­fi­ci ave­va­no ri­po­sto in lui mol­te spe­ran­ze da­to che per lo stu­dio sem­bra­va pro­prio por­ta­to.
Il me­di­co con­dot­to lo vi­si­ta e scuo­ten­do la te­sta di­ce:
“Co­sì non va be­ne il ra­gaz­zo va cu­ra­to se­ria­men­te.”
La si­gno­ra Al­ba guar­da il dot­to­re con aria pre­oc­cu­pa­ta e in­ter­ro­ga­ti­va
“Ma al­lo­ra co­sa si de­ve fa­re?”
“Un ri­co­ve­ro sa­reb­be la co­sa mi­glio­re, le pre­pa­ro su­bi­to la ri­chie­sta per l’ospe­da­le, na­tu­ral­men­te ci vuo­le an­che il con­sen­so di voi ge­ni­to­ri.”
E co­sì An­to­nio in­con­sa­pe­vo­le do­ci­le co­me un agnel­li­no si ri­tro­va ri­co­ve­ra­to in un ma­ni­co­mio.
Una vi­si­ta un po’ su­per­fi­cia­le sen­ten­zia che il ra­gaz­zo è un ma­nia­co de­pres­si­vo.
I far­ma­ci som­mi­ni­stra­ti in un mo­do ec­ces­si­vo ren­do­no An­to­nio sem­pre più apa­ti­co, as­sen­te, tan­to da co­strin­ger­lo spes­so a let­to con lo sguar­do fis­so al sof­fit­to.
I me­di­ci de­ci­do­no per una te­ra­pia d’ur­to: elet­tro­shock.
Il ra­gaz­zo vie­ne ca­ri­ca­to su una ba­rel­la e por­ta­to in una stan­za con tan­te per­so­ne in ca­mi­ce bian­co che si agi­ta­no at­tor­no a una don­na or­mai in­co­scien­te che vie­ne por­ta­ta via.
È il tur­no di An­to­nio che igna­ro e ar­ren­de­vo­le si ada­gia su un let­ti­no un po’ stret­to, vie­ne le­ga­to, gli vie­ne mes­sa una cuf­fia una sal­viet­ta tra i den­ti ed una sca­ri­ca im­prov­vi­sa lo tra­vol­ge dal­la te­sta ai pie­di, il tut­to ri­pe­tu­to più vol­te fi­no a la­sciar­lo sen­za più nes­su­na per­ce­zio­ne, un ab­ban­do­no to­ta­le del­le sue for­ze, una to­ta­le in­co­scien­za.
Quan­do An­to­nio si ri­sve­glia, non rie­sce a ca­pi­re da quan­te ore si tro­va in quel­la stan­za, si sfor­za ma non rie­sce a ri­cor­da­re la ben che mi­ni­ma co­sa di co­me si pos­sa tro­va­re in quel let­to, l’uni­co ri­cor­do è quell’or­ri­bi­le tor­tu­ra che gli è sta­ta pra­ti­ca­ta.
Un’in­fer­mie­ra ar­ri­va con un vas­so­io
“È ora di man­gia­re qual­co­sa.”
“Ho la nau­sea,” ri­spon­de il ra­gaz­zo.
“Su su che poi ci la­via­mo e an­dia­mo nel sa­lo­ne do­ve ci so­no tut­ti gli al­tri.”
Qua­si tra­sci­na­to An­to­nio vie­ne por­ta­to in una stan­za af­fol­la­ta di per­so­ne le qua­li ognu­na fa una co­sa di­ver­sa, c’è chi se la pren­de con qual­cu­no non pre­sen­te, al­cu­ni bat­to­no la te­sta al mu­ro, al­tri con­ti­nua­no a far gi­ra­re un og­get­to tra le ma­ni, poi ci so­no ta­lu­ni che si cre­do­no dei per­so­nag­gi fa­mo­si, uno va in­con­tro ad An­to­nio in­ta­vo­la un di­scor­so e non vuo­le es­se­re con­trad­det­to, cer­tu­ni so­no den­tro una spe­cie di re­cin­to guar­da­ti a vi­sta da­gli in­fer­mie­ri in­som­ma una ve­ra ba­raon­da.
An­to­nio ve­de una se­dia li­be­ra ci si sie­de ma ar­ri­va di cor­sa una ra­gaz­za e gli ur­la:
“Quel­la se­dia è la mia.”
“Non lo sa­pe­vo,” al­zan­do­si di fret­ta e in­ciam­pan­do si ri­tro­va in ter­ra, un in­fer­mie­re lo aiu­ta ad al­zar­si,
“Tut­to a po­sto?”
“Si gra­zie non cre­de­vo, qua­si a scu­sar­si, che i po­sti fos­se­ro as­se­gna­ti.”
Le tor­tu­re non so­no fi­ni­te, ol­tre all’elet­tro­shock ora ci so­no i ba­gni, sia bol­len­ti che ghiac­cia­ti, ad al­lie­ta­re le gior­na­te del­la mag­gior par­te dei pa­zien­ti, e guai a la­men­tar­si, il trat­ta­men­to si pro­lun­ghe­reb­be an­co­ra di più.
Gior­no do­po gior­no An­to­nio si ren­de con­to di es­se­re com­ple­ta­men­te nel­le ma­ni di al­tri, che ol­tre che la di­pen­den­za da far­ma­ci vi è quel­la psi­co­lo­gi­ca, il non po­ter far nul­la sen­za l’aiu­to di in­fer­mie­ri, as­si­sten­ti e me­di­ci so­prat­tut­to che pra­ti­ca­no cu­re che ten­do­no ad in­de­bo­li­re più che il fi­si­co la men­te e sen­tir­si com­ple­ta­men­te suc­cu­bi di aiu­ti de­le­te­ri.
Lui che in quell’in­fer­no, ha vis­su­to in so­li­tu­di­ne la ma­stur­ba­zio­ne ma­nia­ca­le, con­vin­to di es­se­re ina­de­gua­to per un rap­por­to con una don­na.
La pri­ma cot­ta a no­ve an­ni, con il ter­ro­re di ma­ni­fe­star­si ad una bam­bi­na con dei ric­cio­li bion­di, di no­me Gem­ma, per lui il mas­si­mo dell’emi­sfe­ro fem­mi­ni­le e quan­do per ca­so lei gli ri­vol­ge­va la pa­ro­la il suo vi­so di­ven­ta­va pao­naz­zo, non riu­scen­do più a spic­ci­ca­re una pa­ro­la, una di quel­le ri­pe­tu­ta fra se e se. Fra­si con le qua­li ma­ni­fe­sta­re tut­to il suo amo­re ma lei fug­gi­va sem­pre via at­trat­ta dai gio­chi che qual­che bam­bi­no un po’ più scal­tro gli pro­po­ne­va.
La si­tua­zio­ne non cam­bia, le re­go­le di quel po­sto e le per­so­ne che vi sog­gior­na­no fa­reb­be­ro im­paz­zi­re an­che i sog­get­ti più sa­ni, i sa­ni­ta­ri che vi la­vo­ra­no, sem­bra­no or­mai as­sue­fat­ti al­le se­vi­zie che si pra­ti­ca­no ai pa­zien­ti che an­zi­ché gua­ri­re peg­gio­ra­no.
Un me­di­co nuo­vo, vie­ne as­se­gna­to al re­par­to di An­to­nio. Lo con­vo­ca nel suo stu­dio e gli pro­po­ne di far par­te di un pro­get­to spe­ri­men­ta­le, An­to­nio non di­mo­stra mol­to in­te­res­se, per lui una te­ra­pia va­le l’al­tra, la sua apa­tia non gli con­sen­te di fa­re scel­te, le pre­ce­den­ti a cui era sta­to sot­to­po­sto era­no sta­te ef­fet­tua­te sen­za chie­de­re il suo con­sen­so.
“Ciao An­to­nio co­me stai?” Nes­su­na ri­spo­sta.
“Do­ma­ni ini­zia­mo la nuo­va cu­ra.” Ta­glia cor­to il dot­to­re to­glien­do il pa­zien­te dall’im­ba­raz­zo.
Un’in­fer­mie­ra il mat­ti­no do­po ac­com­pa­gna nel­lo stu­dio del dott. Leo­nar­do, An­to­nio che in pie­di sul­la por­ta non rie­sce a te­ne­re fer­me le ma­ni in pre­da ad un evi­den­te sta­to di agi­ta­zio­ne.
“Sie­di­ti non aver pau­ra i no­stri in­con­tri sa­ran­no ab­ba­stan­za fre­quen­ti e i far­ma­ci che fi­no ora ti so­no sta­ti som­mi­ni­stra­ti ver­ran­no di­mi­nui­ti, la co­sa fon­da­men­ta­le sa­rà la fi­du­cia che si de­ve istau­ra­re tra noi.”
An­to­nio ri­ma­ne in si­len­zio in quel po­sto ha im­pa­ra­to a non espri­me­re con trop­pa fret­ta le sue opi­nio­ni, il dot­to­re ca­pi­sce la sua re­ti­cen­za e lo scet­ti­ci­smo ver­so i me­di­ci pro­ba­bil­men­te do­vu­to agli in­con­tri fat­ti in pre­ce­den­za e lo la la­scia li­be­ro di ri­ti­rar­si di­cen­do:
“Ri­pren­dia­mo la pros­si­ma vol­ta.”
Il dott. Leo­nar­do non usa si­ste­mi coer­ci­ti­vi e gior­no do­po gior­no con mol­ta fa­ti­ca rie­sce a ti­rar fuo­ri qual­che pa­ro­la dal­la boc­ca del suo pa­zien­te e co­me ma­gia un gior­no lui par­la del suo pas­sa­to.
An­to­nio tor­na bam­bi­no e ri­vi­ve la sua dif­fi­col­tà ad al­lac­cia­re ami­ci­zie, la ti­mi­dez­za che lo al­lon­ta­na­va ad­di­rit­tu­ra dai fa­mi­glia­ri, la sua di­spo­ni­bi­li­tà ver­so chi ave­va bi­so­gno, che agli oc­chi de­gli al­tri lo fa­ce­va sem­bra­re uno stu­pi­do.
Il dot­to­re ca­pi­sce di aver fi­nal­men­te aper­to un var­co nell’in­ti­mo di un uo­mo che si è co­strui­to una co­raz­za co­me di­fe­sa,
”Con­ti­nuia­mo il di­scor­so do­ma­ni An­to­nio.”
La not­te è co­sì dif­fi­ci­le fa­re un buon son­no ri­sto­ra­to­re com­pa­io­no sem­pre i vec­chi fan­ta­smi e le cu­re che gli so­no sta­te pra­ti­ca­te.
La pau­ra quan­do un in­fer­mie­re gli si av­vi­ci­na e che lo pos­sa tra­sci­na­re di nuo­vo nel­la stan­za del­le tor­tu­re.
Gli ap­pun­ta­men­ti con il dot­to­re so­no un mo­do per spez­za­re una gior­na­ta che non fi­ni­sce mai, vi­sto che le me­di­ci­ne so­no sta­te di­mi­nui­te non ha più quel­lo sta­to di as­sen­za che non gli fa­ce­va ave­re la co­gni­zio­ne del tem­po.
“An­to­nio ti ri­cor­di a quan­do ri­sa­le il pe­rio­do del tuo ma­les­se­re?”
“No dot­to­re pe­rò ero an­co­ra un bam­bi­no.”
“Ed è suc­ces­so per un mo­ti­vo in par­ti­co­la­re? o per un tor­to che hai ri­ce­vu­to?”
“Io nel­la mia in­ge­nui­tà mi so­no fi­da­to di una per­so­na, un vi­ci­no di ca­sa che co­me al­tre vol­te mi chia­ma­va per aiu­tar­lo nel­la stal­la, lui è sta­to bru­ta­le, vio­len­to ed io mi so­no por­ta­to quel­la mac­chia die­tro per an­ni co­me una col­pa.”
“Ma ne hai par­la­to ai tuoi ge­ni­to­ri?”
“Non ho avu­to il co­rag­gio.”
Il dott. Leo­nar­do si al­za si av­vi­ci­na ad An­to­nio gli pog­gia le ma­ni sul­la schie­na con­so­lan­do­lo di­ce:
“Ora che sei riu­sci­to a ri­muo­ve­re que­sto do­lo­ro­so epi­so­dio ti sen­ti­rai più li­be­ro da quei fan­ta­smi che ti ven­go­no a tro­va­re la not­te.”
Il pe­so si­cu­ra­men­te che at­ta­na­glia­va An­to­nio si è al­leg­ge­ri­to, rie­sce a par­la­re di se du­ran­te i col­lo­qui con me­no dif­fi­col­tà an­che per­ché tra lui e il me­di­co si è istau­ra­ta una cer­ta fi­du­cia.
Le se­du­te han­no un ef­fet­to be­ne­fi­co per An­to­nio, ma so­prat­tut­to il ca­lo­re uma­no che re­spi­ra in quel­la stan­za gli co­mu­ni­ca­no una sen­sa­zio­ne a lui sco­no­sciu­ta o per­lo­me­no di­men­ti­ca­ta, ac­cor­ger­si poi che sta ri­tro­van­do un’iden­ti­tà che cre­de­va per­du­ta, che la sua te­sta non ha più quel sen­so di vuo­to ma che rie­sce a te­ne­re una con­ver­sa­zio­ne.
Do­po tan­to tem­po i suoi ge­ni­to­ri gli han­no fat­to vi­si­ta, que­sto lui pen­sa­va, ma la mam­ma di­ce:
“Non ti ri­cor­di le al­tre vol­te che sia­mo ve­nu­ti?”
An­to­nio ci pen­sa su un at­ti­mo poi,
”No non lo ri­cor­do as­so­lu­ta­men­te.”
La con­ver­sa­zio­ne pro­ce­de con le do­man­de che m...

Table of contents

  1. Rosina (piccole impronte)
  2. Il cammino della speranza
  3. Contorni invisibili
  4. Incontro al buio
  5. Gli abbracci negati
  6. Il piede nel baratro
  7. Mani infantili di un grande cuore
  8. Disconoscenza
  9. Stretta parentela
  10. I figli sono di chi li cresce
  11. A tutti i costi
  12. La ragazza con le ali
  13. Biografia