Il Piccolo Principe
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Il Piccolo Principe

About this book

"Il Piccolo Principe", è un racconto lungo che nel formato dei libri ha battuto i record di vendita nel mondo e in tutte le lingue dal 1943, anno in cui è stato pubblicato per la prima volta in francese. Nelle sue pagine vengono evocati i valori più profondamente radicati ed essenziali dell'umanesimo - in modo semplice e chiaro - in cui si rivelano solidarietà, gentilezza, integrità, tenacia, compagnia ed entusiasmo per la conoscenza. Il libro è un simbolo della ricerca permanente dell'uomo, di quei principi che arricchiscono lo spirito e portano infinita pace all'anima.

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Information

XXVI

Vicino al pozzo c’erano i ruderi di un vecchio muro di pietra. Quando tornai in quel luogo la sera successiva, dopo aver lavorato, vidi da non molto lontano il mio piccolo principe che stava seduto là sopra, con i piedi penzolanti. E lo udii dire:
“Allora non ti ricordi. Questo non è il luogo esatto.” Un’altra voce doveva avergli risposto, perché lui replicò: “Sì, sì! È il giorno giusto, ma non è questo il posto.”
Continuai a camminare verso il muro. Non sentii e non vidi mai nessuno. Il piccolo principe, però, rispose ancora:
“Esattamente. Vedrai dove comincia la mia traccia nella sabbia. Non devi fare altro che aspettarmi là. Sarò là stanotte.”
Ero a soli venti metri dal muro, e non vedevo ancora nulla. Dopo un silenzio il piccolo principe parlò di nuovo:
“Hai un buon veleno? Sei sicuro che non mi farà soffrire troppo a lungo?” Mi fermai di colpo, col cuore a pezzi; ma ancora non capivo. “Ora vai via”, disse il piccolo principe. “Voglio scendere dal muro.”
Abbassai quindi lo sguardo ai piedi del muro, e feci un salto per aria. Là davanti a me, di fronte al piccolo principe, c’era uno di quei serpenti gialli che ci mettono appena trenta secondi per porre fine alla tua vita. Proprio mentre stavo frugando in tasca per tirar fuori la mia rivoltella feci un passo indietro di corsa. Ma, a quel rumore che feci, il serpente si lasciò scorrere agevolmente sulla sabbia come se fosse lo spruzzo morente di una fontana, e, senza alcuna fretta apparente, scomparì, emettendo un lieve suono metallico, tra le pietre.
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Raggiunsi il muro appena in tempo per prendere in braccio il mio ometto; il suo volto era bianco come la neve. “Che cosa significa?” domandai. “Perché parli con i serpenti?”
Gli avevo slegato la sciarpa dorata che indossava sempre. Avevo inumidito le sue tempie, e gli avevo dato da bere un po’ d’acqua. E ora non osavo fargli altre domande. Mi guardava in modo molto serio, e mi mise le braccia intorno al collo. Sentii il suo cuore battere come quello di un uccello che muore, colpito dal fucile di qualcuno.
“Sono contento che tu abbia trovato quale fosse il problema del tuo motore”, disse. “Ora puoi tornare a casa...”
“Come fai a saperlo?”
Stavo proprio tornando a dirgli che il mio lavoro era andato a buon fine, più di quanto avessi osato sperare. Non rispose alla mia domanda, ma aggiunse: “Anche io torno a casa oggi...” E poi, mestamente:
“È molto più lontano... È molto più difficile...”
Mi resi chiaramente conto che stava accadendo qualcosa di straordinario. Lo stavo tenendo stretto tra le mie braccia come un bambino piccolo; eppure mi sembrava che lui stesse precipitando a capofitto in un abisso senza che io potessi fare nulla per trattenerlo...
Il suo sguardo era molto serio, come quello di qualcuno perdutosi lontano.
“Ho la tua pecora. E ho la scatola della pecora. E ho la museruola...”
E mi fece un sorriso triste.
Aspettai a lungo. Potevo vedere che poco a poco si stava rianimando. “Caro ometto,” gli dissi, “hai paura...” Aveva paura, non c’era alcun dubbio a riguardo. Ma sorrise lievemente.
“Avrò molta più paura questa sera...”
Ancora una volta mi sentii congelato da una sensazione di qualcosa di irreparabile. E sapevo di non poter sopportare il pensiero di non sentire mai più quella risata. Per me era come una fonte d’acqua fresca nel deserto.
“Ometto,” dissi, “voglio sentirti ridere ancora.”
Ma lui mi disse:
“Stanotte sarà un anno. La mia stella si troverà proprio sopra il luogo dove sono sceso sulla Terra, un anno fa...”
“Ometto,” dissi, “dimmi che è solo un brutto sogno questa faccenda del serpente, e del luogo d’incontro, e della stella...”
Ma non rispose alla mia supplica. Mi disse, invece: “La cosa che è importante è la cosa che non si vede...”
“Sì, è vero...”
“È proprio come con il fiore. Se ami un fiore che vive su una stella, è dolce guardare il cielo, la notte. Tutte le stelle sono in fiore...”
“Sì, è vero...”
“È proprio come con l’acqua. A causa della carrucola, e della corda, quello che mi hai dato da bere era come una musica. Lo ricordi... quanto era buono.”
“Sì, certo...”
“E la notte alzerai lo sguardo verso le stelle. Dove vivo io è tutto così piccolo che non posso mostrarti dove si trova la mia stella. Meglio così. La mia stella sarà solo una delle stelle, per te. E così amerai guardare tutte le stelle del cielo... Saranno tutte tue amiche. E, in più, ti farò un regalo...”
Rise di nuovo.
“Ah, piccolo principe, caro piccolo principe! Amo sentire quella risata!”
“Sarà il mio regalo... Sarà come è stato quando abbiamo bevuto l’acqua...”
“Cosa intendi dire?”
“Tutti gli uomini hanno le stelle,” rispose, “ma queste non sono la stessa cosa per persone diverse. Per alcuni, che sono viaggiatori, le stelle sono delle guide. Per altri non sono nulla di più che piccole luci nel cielo. Per altri, che sono studiosi, sono dei problemi. Per il mio uomo d’affari erano ricchezza. Ma tutte queste stelle sono silenziose. Tu, solo tu, avrai le stelle come nessun altro le ha...”
“Cosa intendi dire?”
“In una delle stelle io vivrò. In una di loro starò ridendo. E così sarà come se tutte le stelle stessero ridendo, quando guarderai il cielo di notte... Tu, solo tu, avrai le stelle che sanno ridere!”
E rise di nuovo.
“E quando il tuo dolore sarà stato consolato (il tempo lenisce tutti i dolori), sarai contento di avermi conosciuto. Sarai sempre mio amico. Vorrai ridere con me. E qualche volta aprirai la finestra, proprio per provare quel piacere... E i tuoi amici saranno giustamente meravigliati vedendoti ridere mentre guardi in su verso il cielo! Allora tu gli dirai: ‘Sì, le stelle mi fanno sempre ridere!’ E loro penseranno che tu sia pazzo. Sarà davvero un tiro mancino quello che ti avrò giocato...”
E rise di nuovo.
“Sarà come se, al posto delle stelle, io ti avessi dato tantissime piccole campane che sanno ridere...”
E rise di nuovo. Poi diventò di colpo serio: “Stanotte... Sai... Non venire.”
“Non ti lascerò”, dissi.
“Sembrerà che io stia soffrendo. Sembrerà un po’ come se io stessi morendo. È così. Non venire a vederlo. Non ne vale la pena...”
“Non ti lascerò.”
Ma era preoccupato.
“Ti dico così... anche a causa del serpente. Non deve morderti. I serpenti... sono creature maligne. Questo potrebbe morderti solo per divertimento...”
“Non ti lascerò.”
Ma un pensiero lo rassicurò:
“È vero che non hanno abbastanza veleno per un secondo morso.”
Quella notte non lo vidi mettersi in cammino. Si allontanò da me senza fare rumore. Quando riuscii a raggiungerlo stava procedendo con passo veloce e deciso. Mi disse soltanto:
“Ah! Sei qui...”
E mi prese per mano. Ma si stava ancora preoccupando.
“Hai fatto male a venire. Soffrirai. Sembrerà che io sia morto, e non sarà vero...” Io non dissi nulla.
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“Capisci... È troppo lontano. Non posso portare questo corpo con me. È troppo pesante.” Non dissi nulla.
“Ma sarà come un vecchio guscio abbandonato. Non c’è nulla di triste nei vecchi gusci...” Non dissi nulla.
Era un po’ scoraggiato. Ma fece ancora uno sforzo:
“Sai, sarà davvero bello. Anche io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con delle carrucole arrugginite. Tutte le stelle mi verseranno dell’acqua fresca da bere...”
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Non dissi nulla.
“Sarà così divertente! Tu avrai cinquecento milioni di piccole campane, e io avrò cinquecento milioni di fonti d’acqua fresca...”
E anche lui non disse più nulla, perché stava piangendo... “Eccoci. Lasciami andare avanti da solo.”
E si mise a sedere, perché aveva paura. Poi disse ancora:
“Sai... Il mio fiore... Sono responsabile di lei. È così debole! Ed è così ingenua! Ha quattro spine, del tutto inutili, per proteggersi da tutto il mondo...”
Mi sedetti anch’io, perché non riuscivo più a stare in piedi.
“Eccoci... È tutto...”
Esitò ancora un poco, poi si alzò. Fece un passo. Io non potevo muovermi.
Vi fu solo un lampo di giallo vicino alla sua caviglia. Rimase immobile per un istante. Non gridò. Cadde delicatamente come cade un albero. Non vi fu alcun rumore, a causa della sabbia.
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XXVII

E ora sono già passati sei anni... Non avevo ancora mai raccontato questa storia. I compagni che mi incontrarono al mio ritorno furono ben contenti di vedermi vivo. Ero triste, ma gli dissi: “Sono stanco”.
Ora il mio dolore è un poco consolato. Cioè... non del tutto. Ma so che lui tornò sul suo pianeta, perché all’alba non trovai il suo corpo. Non era un corpo molto pesante... E la notte amo stare ad ascoltare le stelle. Sono come cinquecento milioni di piccole campane...
Ma c’è un fatto...

Table of contents

  1. I
  2. II
  3. III
  4. IV
  5. V
  6. VI
  7. VII
  8. VIII
  9. IX
  10. X
  11. XI
  12. XII
  13. XIII
  14. XIV
  15. XV
  16. XVI
  17. XVII
  18. XVIII
  19. XIX
  20. XX
  21. XXI
  22. XXII
  23. XXIII
  24. XXIV
  25. XXV
  26. XXVI
  27. XXVII