Il dono da lontano
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Il dono da lontano

Alterità e ospitalità

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Il dono da lontano

Alterità e ospitalità

About this book

I saggi raccolti in questo volume riflettono sul paradigma del dono, in particolare sul dono a distanza. La fioritura di studi che sempre più fanno riferimento al celebre s (1925) di Marcel Mauss, cui si deve la scoperta del triplice obbligo di donare/ricevere/ricambiare non solo nelle società cosiddette primitive ma nelle stesse società moderne e postmoderne, apre piste di ricerca estremamente innovative. La scelta di mettere a fuoco il dono a distanza nasce dalla consapevolezza che la distanza - fisica, geografica, religiosa, culturale o antropologica in generale - è la condizione "negativa" che spinge gli individui a costruire legami e a trasformarli in "istituzioni". Il dono a distanza comprende un vasto territorio di rapporti sociali e interpersonali (lavoro, formazione, relazioni di cura, ecc.). La distanza pone la necessità di scegliere tra due opzioni: confinare l'"estraneità" nella dimensione del misconoscimento o della negazione, o riconoscerla in termini di reciprocità, vicinanza e ospitalità, vale a dire lavorare a un modello di convivenza che trovi il giusto equilibrio tra il principio di comune umanità e il principio di differenza.

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Information

Tra gratuità e reciprocità.
Il dono all’altro distante
nel mondo globale1

Elena Pulcini

1. L’altro distante: nello spazio e nel tempo
Penso sia legittimo sostenere che all’interno del paradigma del dono si delineano due fondamentali prospettive interpretative: la prima è quella che pone l’accento sulla assoluta e unilaterale gratuità del dono, di cui possiamo trovare una radicale formulazione in Jacques Derrida; la seconda è quella che, partendo da Marcel Mauss, considera il dono una struttura della reciprocità2. La domanda a cui vorrei provare qui a dare una risposta è allora la seguente: quale di queste due prospettive appare più adeguata a descrivere la dinamica del dono nell’età globale? E più precisamente, quale delle due forme di dono può funzionare efficacemente rispetto a quella inedita figura, prodotta dalla globalizzazione, che è l’altro distante? Distante, come vedremo, sia nello spazio che nel tempo3.
La mia tesi è che la globalizzazione, o meglio quella che preferisco definire l’età globale, per sottolineare cesure e continuità rispetto alla modernità, produce un’estensione inedita della figura dell’altro, e in particolare dell’altro significativo4, in quanto include l’altro distante nel nostro circle of concern5; e ciò dipende dal fatto che essa muta profondamente il concetto di distanza a causa di almeno due trasformazioni radicali che posso qui solo rapidamente richiamare:
I. l’erosione dei confini territoriali (grandi migrazioni, società multiculturali). Le grandi migrazioni indeboliscono la tradizionale separazione tra un dentro e un fuori e fanno sì che l’altro, finora confinato in un altrove remoto, penetri nei nostri territori, in un flusso continuo e inarginabile: diventando una nuova figura che, con Georg Simmel, possiamo chiamare lo «straniero interno»6;
II. l’interdipendenza degli eventi, il fatto cioè che un evento locale, sia esso una crisi finanziaria o un disastro ecologico, può avere conseguenze planetarie. Persino ciò che accade in una parte remota del mondo, anche un evento apparentemente poco importante, produce i suoi effetti a livello globale, effetti che possono avere conseguenze anche a lungo termine: come una guerra (dall’Iraq alla Siria), un virus (dalla Sars a Ebola), una catastrofe nucleare (da Chernobil a Fukushima) o ecologica (le molteplici e sempre più visibili espressioni del global warming). Questo vuol dire che le nostre azioni avranno effetti non solo sulle persone che vivono in altre parti del pianeta, ma anche sulle generazioni future, quali più che probabili vittime delle due più macroscopiche sfide globali (la minaccia nucleare e il climate change).
Insomma, nessuno può più sentirsi al sicuro, come lo spettatore di Lucrezio protagonista della metafora di Blumenberg, mentre assiste indifferente al naufragio da cui sa di essere al riparo7. Quelli che Ulrick Beck ha definito i «rischi globali»8 ci espongono tutti, oggettivamente, agli stessi pericoli e allo stesso destino, rendendo illusoria ogni separazione tra noi e gli altri: non solo tra noi e altri spazialmente lontani, ma anche tra noi e altri temporalmente lontani, come le generazioni future.
La globalizzazione riduce o comprime la distanza, anche a causa della comunicazione mediatica che ci rende più vicini a territori lontani, precedentemente persino sconosciuti. Siamo reciprocamente legati da molteplici interconnessioni: il mondo, sempre più aperto dall’erosione dei confini, appare allo stesso tempo sempre più piccolo e ristretto, in virtù di quella compressione spazio-temporale che lo rende simile ad un ‘villaggio globale’9. E questo fa sì che diventino oggettivamente significativi per noi sia l’altro distante nello spazio, sia l’altro distante nel tempo. Alludo nel primo caso alle popolazioni povere e svantaggiate del pianeta, afflitte da guerre senza fine, fame e povertà, e a coloro che sono affetti da catastrofi o drammatici eventi collettivi più o meno contingenti (terremoti, tsunami, disastri ecologici): soprattutto quando essi varcano i nostri confini e si appellano alla nostra solidarietà. Nel secondo caso, alludo come ho già accennato, alle generazioni future che, in quanto vittime più che probabili delle due sfide globali ambientali (il pericolo nucleare e il climate change), dipendono, per la loro stessa sopravvivenza, dalle scelte e dalle decisioni che noi adottiamo al presente.
Il problema, tuttavia, è che la compressione della distanza e i suoi effetti – la caduta dei tradizionali e rassicuranti confini spaziali, come pure la vaga consapevolezza del fatto che il futuro del genere umano e del pianeta dipendono da noi – vengono percepiti, più o meno inconsciamente, come una minaccia o un onere insostenibile. Si assiste di conseguenza, come ho suggerito altrove, a due diverse reazioni negative: una reazione immunitaria alla minaccia che proviene dall’altro come diverso; e una reazione di diniego verso i possibili effetti dei rischi ecologici. Si attivano, in altri termini, meccanismi di difesa che sono alimentati da passioni negative10.
Rispetto all’altro distante nello spazio (che si tratti delle vittime di atrocità terroristiche e di guerre, di fuga dalla povertà, o di disastri ecologici), la nostra prima reazione, di individui occidentali gelosi dei propri privilegi, è senza dubbio la rimozione della sofferenza dell’altro attraverso i classici meccanismi di distrazione e disattenzione favoriti in questo caso dall...

Table of contents

  1. La nuova talpa
  2. Premessa Marco Castagna, Francesco Fistetti e Ugo M. Olivieri
  3. Il Paradigma del dono. Verso una scienza dei «fatti sociali totali» di Francesco Fistetti
  4. La rivoluzione di Marcel Mauss nella scienza sociale di Alain Caillé
  5. Il dono tra generazioni e il debito del tempo Marcel Hénaff
  6. «Il più pericoloso dei doni»: per un’Europa di traduzioni e traduttori Jean Greisch
  7. Tra gratuità e reciprocità. Il dono all’altro distante nel mondo globale Elena Pulcini
  8. Il dono visto attraverso il diritto Jacqueline Morand-Deviller
  9. I segni del dono: una suggestione joyciana Marco Castagna
  10. Il concetto di dono nel linguaggio Antonio Pamies
  11. Scambio avaro e dare senza ritorno nel Merchant of Venice di Shakespeare Augusto Ponzio
  12. Dare la colpa Andreas Mihalopoulos-Philippopoulos
  13. Homo donans materno Geneviève Vaughan
  14. Il linguaggio, il materno, il dono Per un futuro anteriore di un mondo migliore Susan Petrilli
  15. Le economie del dono Ugo M. Olivieri
  16. Le istituzioni e il dono nella crisi globale Laura Pennacchi
  17. La tobin tax: dalle origini alla cooperazione rafforzata. Un’idea di imposta europea Eduardo Maria Piccirilli
  18. Dono, etica femminista e psicologia critica di comunità Caterina Arcidiacono e Salvatore Di Martino
  19. La «lente carceraria», specchio d’ingrandimento della società francese. Elementi di riflessione (maussiana e convivialista) per superare la crisi moderna della politica Anne-Marie Fixot
  20. Relazioni intergenerazionali, trasmissione dei saperi e logiche di dono. la centralità delle nonne a Velingara (Senegal)Francesca Lulli
  21. Tradurre, o il dono della lingua madre Paolo Donadio
  22. Gli autori