Metter le brache al mondo
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Metter le brache al mondo

Compatibilismo, conoscenza e libertà

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Metter le brache al mondo

Compatibilismo, conoscenza e libertà

About this book

È concepibile che esistano al contempo un soggetto onnipresciente, in grado di conoscere ogni cosa prima che accada, e individui che non siano determinati ad agire solo come questo soggetto vede e vuole? Come conciliare il fatto che un evento accaduto ieri possa, oggi, non essere accaduto ieri? La libertà coincide davvero con l'assoluta apertura del futuro? Se invece il futuro è chiuso dalla prescienza divina, o dai limiti della nostra esistenza, si possono comunque, o forse proprio per questo, aprire spazi di libertà in questo mondo? Ecco alcune delle domande che secoli di tradizioni filosofiche, scientifiche e teologiche hanno raccolto sotto il termine compatibilismo. Vi è stato, e vi è ancora, chi ha sostenuto che siano domande senza risposta, tentativi di metterle brache al mondo. Questo libro tratta di chi ha cercato di fornire una risposta, una soluzione all'interno del proprio modo di pensare - da Severino Boezio ad Anselmo d'Aosta a Tommaso d'Aquino; da Duns Scoto a Ockham sino a Molina e Leibniz. Oppure di chi ritiene utile servirsi del passato come di una serie di soluzioni a domande del presente. Ma racconta anche di chi ha serenamente rinunciato a rispondere, sino a chi intravede nel compatibilismo uno strumento prezioso per il dialogo tra culture e tradizioni religiose.

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Information

1
COMPATIBILISMO: FATTI O INTERPRETAZIONI?

L’argomento incompatibilista: fatti duri e fatti morbidi

Per il dibattito contemporaneo sui temi del compatibilismo e del fatalismo teologico la data cruciale è il 1965, anno di pubblicazione dell’articolo Divine Omniscience and Voluntary Action di Nelson Pike1. La riflessione di Pike prende le mosse da quello che abbiamo definito “argomento del prigioniero” formulato da Boezio nel V libro della Consolazione della filosofia, riferimento obbligato e tematizzazione esemplare del conflitto tra l’onniscienza divina e il libero agire delle volontà umane2. Vale la pena rileggere il passaggio cruciale del V libro:
Mi sembra […] che ci sia una insanabile contraddizione nell’affermazione che, da una parte, Dio conosce in anticipo tutte le cose e che, dall’altra, per la nostra libertà sussiste una qualche possibilità di scelta. Infatti, se Dio vede in anticipo tutte le cose e in nessun modo si può sbagliare, è inevitabile che si verifichi quello che la divina provvidenza ha previsto che debba verificarsi. Di conseguenza, se preconosce dall’eternità non soltanto le azioni umane, ma anche i disegni e i voleri, non vi sarà libertà di decisione; perché non può esistere alcun altro fatto o volere, quale che sia, se non quello di cui la provvidenza divina, immune da errori, abbia già avuto in anticipo conoscenza3.
L’incompatibilità tra fatalismo teologico e libertà dell’uomo, secondo la lettura di Boezio compiuta da Pike, non è altro che la necessaria conseguenza di una serie di premesse tacitamente assunte e che il filosofo americano ricostruisce in modo semi-formale. Pike si concentra in particolar modo sull’onniscienza, che è definibile, nei termini della logica contemporanea, come un attributo analitico di Dio, vale a dire che non può esistere una coerente definizione di Dio che non la preveda come sua caratteristica essenziale. Il problema, secondo Pike, non riguarda tanto la verità o la contraddittorietà di singoli concetti, quali l’onniscienza e l’eternità di Dio oppure la libera volontà umana, quanto il determinismo teologico che deriva dall’intreccio di tali concetti quando raccolti in una teoria unitaria.
A fronte di una lunga tradizione interpretativa – che comprende autori come Severino Boezio, Anselmo d’Aosta e Tommaso d’Aquino4 – secondo la quale Dio conosce ogni cosa fuori dal tempo, Pike sceglie piuttosto di confrontarsi con l’idea di un Dio collocato nel tempo, per quanto esso sia un tempo infinito. In questo senso, l’attributo dell’onniscienza va dunque inteso non solo come conoscenza di tutto ciò che si realizza nel presente e che si è verificato nel passato, ma soprattutto – poiché Dio è sempre esistito, prima di ogni evento – come conoscenza stabile di ciò che deve ancora verificarsi. Dio deve dunque conoscere in un dato momento t1 che l’evento X si verificherà in un successivo momento t2, poiché non può intendersi onnisciente un soggetto che non abbia conoscenza di tutti gli eventi collocati nella linea infinita del tempo.
È a questo punto che Pike propone un esempio divenuto poi celebre. Supponiamo che «lo scorso sabato pomeriggio Jones abbia tosato il prato del suo giardino. Se assumiamo che Dio esiste ed è essenzialmente onnisciente (nel senso chiarito sopra), ne consegue che […] ottant’anni prima dello scorso sabato pomeriggio Dio sapeva (e quindi credeva) che Jones avrebbe tosato il prato del suo giardino in quel tempo futuro determinato»5. Se così fosse, Jones aveva la possibilità, lo scorso sabato pomeriggio, di non tosare il prato? Stante il legame necessario tra il fatto che Dio crede X e il fatto che X si realizzi, la risposta di Pike è negativa: Jones a t2 (cioè lo scorso sabato) non aveva alcuna possibilità di agire diversamente da come ha fatto a causa della credenza di Dio a t1 (ottant’anni prima). Allo stesso modo, in presenza di un Dio onnisciente, nessuna azione umana può essere definita volontaria6.
L’argomentazione di Pike, applicabile a una qualsiasi azione compiuta da un soggetto S, è schematizzata in questo modo:
(1) «Dio è esistito a t1» implica «Se S ha fatto X a t2, Dio ha creduto a t1 che S avrebbe fatto X a t2».
(2) «Dio crede X» implica «X è vero».
(3) Non è in potere di nessuno, in un dato momento, di fare qualcosa che abbia una descrizione logicamente contraddittoria.
(4) Non è in potere di nessuno, in un dato momento t1, di fare qualcosa che comporterebbe il fatto che qualcuno che avesse avuto una certa credenza, in un momento precedente a t1, non avesse avuto quella credenza.
(5) Non è in potere di nessuno, in un dato momento t1, di fare qualcosa che comporterebbe il fatto che una persona esistita in un momento precedente a t1 non fosse esistita in quel momento precedente.
(6) Se Dio è esistito a t1 e se Dio ha creduto a t1 che S avrebbe fatto X a t2, allora, se era in potere di S a t2 di astenersi dal fare X, ne consegue che:
(I) era in potere di S a t2 di fare qualcosa che avrebbe portato al fatto che Dio avesse avuto una credenza falsa a t1,
oppure
(II) era in potere di S a t2 di fare qualcosa che avrebbe portato al fatto che Dio non avesse avuto la credenza che ha avuto a t1,
oppure
(III) era in potere di S a t2 di fare qualcosa che avrebbe implicato il fatto che qualsiasi persona avesse creduto a t1 che S avrebbe fatto X a t2 avrebbe avuto una credenza falsa e quindi non sarebbe stata Dio – cioè, che Dio non sarebbe esistito a t1.
(7-8-9) Le tre alternative (I, II, III) dei conseguenti di (6) sono false, rispettivamente per (2) e (3), per (4), per (5).
(10) Quindi, se Dio è esistito a t1 e se Dio ha creduto a t1 che S avrebbe fatto X a t2, allora non era in potere di S di astenersi dal fare X a t2.
(11) Allora, se Dio è esistito a t1 e se S ha fatto X a t2, non era in potere di S a t2 di astenersi dal fare X7.
Una volta dimostrato che tutte le possibili vie d’uscita cadono in contraddizione, poiché ciascuna di esse farebbe crollare qualche premessa imprescindibile del ragionamento (come l’onniscienza di Dio o la sua infallibilità), Pike affronta – e contesta – tre obiezioni classiche all’argomento incompatibilista.
La prima, che si rifà a Leibniz, è che l’argomento non riesce a distinguere fra necessità assoluta e necessità ipotetica8: anche se è necessariamente vero che «Se Dio sa che Jones farà X, Jones farà X», non segue dalla necessità ipotetica che è assolutamente necessario che Jones faccia X. Tuttavia Pike sostiene che tale obiezione non è rilevante, perché la nozione di necessità nel ragionamento di Jones non è l’operatore modale, ma piuttosto la nozione di involontarietà. In altre parole, possiamo supporre che sia contingentemente vero che Jones decida di fare X, che quindi era contingentemente vero che Dio sapesse che Jones avrebbe fatto X e anche che era contingentemente vero che Jones non avrebbe potuto fare il contrario9.
La seconda critica è rivolta alle posizioni di Luis de Molina, secondo il quale la libertà umana esiste già nella prescienza divina, poiché Dio non crede che Jones farà X, bensì che Jones farà liberamente X; ma anche una simile visione, secondo Pike, appare incoerente e contraddittoria10: se Dio ha creduto e quindi saputo a t1 che Jones avrebbe compiuto l’azione X a t2, ne segue che Jones non poteva compiere altra azione che X a t2; ed è contraddittorio pensare, come Molina, che Dio sappia in t1 che Jones compirà l’azione X liberamente, perché se lo sapesse l’azione di Jones non sarebbe libera e la credenza di Dio in proposito sarebbe contraddittoria.
La terza e ultima critica riguarda invece una posizione riconducibile al De libero arbitrio di Agostino, ovvero l’analogia fra prescienza divina e prescienza umana: così come possiamo “prevedere” che un nostro amico andrà al mare in un determinato giorno, allo stesso modo Dio sarebbe in grado di prevedere le azioni dell’uomo. L’obiezione di Pike a questo ragionamento poggia sulla infinita differenza qualitativa che sussiste fra l’intelletto divino e quello umano, e quindi sulla loro incommensurabilità11.
All’argomento incompatibilista si opporrebbero quindi ben poche vie d’uscita, e tutte problematiche: accettare che la conoscenza divina, diversamente da quella umana, non richieda una credenza, oppure che il processo cognitivo divino avvenga atemporalmente o ancora che Dio sia onnisciente, ma non del tutto (senza che sia chiaro come questo possa avvenire).
Il ragionamento di Pike ha dato origine a discussioni che hanno segnato, a più riprese (dapprima nella seconda metà degli anni Sessanta e poi negli anni Ottanta del secolo scorso), il dibattito interno alla filosofia della religione di matrice anglosassone e che hanno visto protagonisti, tra gli altri, lo stesso Pike, Marilyn McCord Adams, John Saunders, Alvin Plantinga, John Martin Fischer, Linda Zagzebski, Alfred Freddoso e altri.
L’esempio di Jones e del suo prato è immediatamente ripreso da John Saunders, che nel suo articolo Of God and Freedom (1966) lo utilizza per sollevare alcune obiezioni cruciali sulle implicazioni del fatalismo teologico e sui modi sotto i quali esso viene inteso. Indubbiamente, concede Saunders, non è possibile che un evento in t2 possa alterare retroattivamente un evento in t1, ma ciò non equivale necessariamente ad affermare il determinismo dell’azione di Jones o di tutte le altre possibili azioni umane. Se è impossibile pensare che il poter compiere X o Y in t2 possa causare un mutamento del passato, non è invece contraddittorio affermare che le azioni libere della volontà umana avrebbero potuto agire in modo che il passato sarebbe stato diverso da come effettivamente è: «Sebbene sia vero che, qualora nel 1965 mi fossi astenuto dallo scrivere questo articolo, l’assassinio di Giulio Cesare sarebbe stato diverso da com’è in quanto non avrebbe preceduto di 2009 anni la stesura di questo articolo, sarebbe assurdo dedurne che quindi non era in mio potere di astenermi dallo scrivere questo articolo nel 1965»12.
La replica di Pike è affidata allo scritto Of God and Freedom: a Rejoinder (1965), nel quale vede la luce una fortunatissima, benché controversa, distinzione: quella tra “fatti duri” e “fatti morbidi” (hard e soft facts)13. Il ragionamento prende l’avvio dall’affermazione di Saunders: se si può concedere che qualcuno possa compiere un’azione in modo tale da agire sul passato, modificandolo, esistono però eventi relativi...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. INTRODUZIONE
  6. 1: COMPATIBILISMO: FATTI O INTERPRETAZIONI?
  7. 2: DALL’OCKHAMISMO A OCKHAM
  8. 3: TRA USI E ABUSI IL PASSATO COME SERIE DI SOLUZIONI
  9. 4: RISPOSTE MEDIEVALI A DOMANDE MEDIEVALI SCHEMI CONCETTUALI A CONFRONTO
  10. 5: DA OCKHAM A MOLINA ANCORA IL PASSATO COME SOLUZIONE
  11. 6: IL COMPATIBILISMO ALLE SOGLIE DEL TERZO MILLENNIO
  12. 7: FARE COME I SALMONI: QUESTIONI DI METODO
  13. Conclusioni: IL COMPATIBILISMO CRITICO: MODESTA PROPOSTA PER UN CONFRONTO FRA CREDENZE RELIGIOSE
  14. Bibliografia