Il futuro dell'universo
eBook - ePub

Il futuro dell'universo

Cosmologia ed escatologia

  1. English
  2. ePUB (mobile friendly)
  3. Available on iOS & Android
eBook - ePub

Il futuro dell'universo

Cosmologia ed escatologia

About this book

Osservando la vastità dell'universo la teologia e la scienza spesso convergono attorno al comune interrogarsi sul futuro dell'essere e dell'esistere.
Gianfranco Ravasi Il libro - che si avvale della prefazione del Presidente dell'Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston - si propone di approfondire quanto la teologia, inserita nel contesto della cultura scientifica contemporanea, ha da dire circa il destino ultimo dell'universo. Tutto questo ben sapendo che tra la creazione degli inizi e l'apparizione dei «cieli nuovi» e della «nuova terra» nell' eschaton parusiaco di Cristo si dà non soltanto diastasi e frattura, ma anche continuità e progresso. Per comprendere l'universo nella sua struttura, nella sua origine e nel suo destino non è perciò sufficiente un approccio esclusivamente matematico-quantitativo, così come non è esaustivo il paradigma dimostrativo euclideo per affrontare questioni che di per sé travalicano gli ambiti di esclusiva competenza della scienza - della fisica e della cosmologia, in questo caso - e che invece chiamano in causa anche l'apporto che deriva dalla filosofia e dalla teologia. Grazie alla presa in carico e all'approfondimento dei principali contributi delle ricerche scientifiche degli ultimi decenni e alla ricca riflessione di alcuni dei più importati teologi contemporanei, si intende dare conto della rilevanza dell'escatologica cristiana nel contesto della cosmologia contemporanea e nel confronto critico con la cosiddetta escatologia fisica, ma anche del crescente valore che le più recenti scoperte nel campo dell'astrofisica e della cosmologia hanno assunto per la «riscrittura» di alcune delle pagine più controverse dell'escatologia teologica.

Frequently asked questions

Yes, you can cancel anytime from the Subscription tab in your account settings on the Perlego website. Your subscription will stay active until the end of your current billing period. Learn how to cancel your subscription.
No, books cannot be downloaded as external files, such as PDFs, for use outside of Perlego. However, you can download books within the Perlego app for offline reading on mobile or tablet. Learn more here.
Perlego offers two plans: Essential and Complete
  • Essential is ideal for learners and professionals who enjoy exploring a wide range of subjects. Access the Essential Library with 800,000+ trusted titles and best-sellers across business, personal growth, and the humanities. Includes unlimited reading time and Standard Read Aloud voice.
  • Complete: Perfect for advanced learners and researchers needing full, unrestricted access. Unlock 1.4M+ books across hundreds of subjects, including academic and specialized titles. The Complete Plan also includes advanced features like Premium Read Aloud and Research Assistant.
Both plans are available with monthly, semester, or annual billing cycles.
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Yes! You can use the Perlego app on both iOS or Android devices to read anytime, anywhere — even offline. Perfect for commutes or when you’re on the go.
Please note we cannot support devices running on iOS 13 and Android 7 or earlier. Learn more about using the app.
Yes, you can access Il futuro dell'universo by Francesco Brancato in PDF and/or ePUB format, as well as other popular books in Theology & Religion & Christian Theology. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.

Information

PARTE SECONDA

Capitolo IV
IL FUTURO DEL COSMO E LE PAROLE DELLA TEOLOGIA

«Meglio la fine di ogni cosa che il suo principio»
(Qo 7,8)
«Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più»
(Ap 21,1)

1. La teologia e le sue parole

Nell’universo la vita è testimone di un miracolo continuo, non solo perché è apparsa in condizioni estremamente complesse e avverse, ma anche perché persiste in un contesto altrettanto ostile.
Come abbiamo visto, non è impossibile estrapolare dalla condizione attuale dell’universo, alla luce di ciò che sappiamo della sua probabile provenienza e della sua origine, una prognosi sufficientemente chiara di quella che potrebbe essere la sua fine e così sapere cosa potrebbe accadergli nel suo lontano futuro. Sembra, però, solo che le diverse considerazioni di natura scientifica non possano non condurre all’affermazione fatta dal libro biblico di Qoelet: «Tutto è vanità» (Qo 1,2)1. E comunque, nel loro nucleo più profondo queste questioni sollevano dei dilemmi teologici che necessariamente richiedono delle soluzioni teologiche. Dire questo comporta mettere in conto tutta una serie di considerazioni, alcune delle quali possono essere qui elencate.
Innanzitutto la fine del mondo, per l’escatologia cristiana, non è soltanto la riflessione intorno alla conclusione della storia universale; i cieli nuovi e la nuova terra, infatti, sono l’espressione ultima dell’agire salvifico di Dio, e prima ancora di chiamare in causa questioni di natura cosmologica, vogliono significare un tema squisitamente teologico: ci dicono, cioè, del potere di Dio e della sua volontà di salvezza per tutte le cose.
Inoltre, se l’universo è stato creato da Dio, allora può avere un senso e ciò che accade in esso può sperare nella salvezza dalla decadenza e dalla morte. Se, poi, gli uomini sono creature amate dal loro Creatore, possono sperare in un futuro al di là della morte e possono credere che ogni generazione potrà ugualmente partecipare a questo medesimo destino2.
Infine, per la teologia il discorso sul futuro del cosmo non può non partire dalla Rivelazione, e perciò dalla considerazione della storia della salvezza come luogo del dispiegamento del progetto di Dio sul mondo e sull’uomo. Per questo le affermazioni escatologiche e le visioni apocalittiche contenute nei libri della Bibbia sono in realtà delle profezie ex eventu, fatte, cioè, a partire da quanto Dio ha già realizzato nella storia, da quanto Egli continua a operare nel presente, da quanto, si crede, abbia fatto agli inizi e, di conseguenza, in forza della sua fedeltà, da ciò che compirà alla fine3. Dire questo significa dichiarare che la prospettiva escatologica è un «presupposto indispensabile per dare un vero senso alla dottrina della creazione»4.
Anche nel discorso riguardante i segni precursori della parusia emerge la dimensione cosmica della salvezza. In effetti, i grandi segni nel cielo, il Sole e la Luna che si oscurano, le stelle che cadono, il ribaltamento della creazione delle origini e l’affermazione, ancora una volta, della confusione originaria, hanno il compito di dirci qualcosa sul carattere cosmico dell’agire salvifico-escatologico di Dio. Ci dicono che la creazione non sarà trasferita o traslocata alla buona dalla sua condizione attuale in quella finale senza passare attraverso il “fuoco”, senza fare i conti, cioè, con tutto ciò che sono le sue contraddizioni, la sua corruzione, la sua finitezza, senza incontrare il giudizio salvifico di Dio che crea e ricrea tutte le cose5.
Se ci accostiamo alle pagine della Scrittura, il discorso si fa più complesso e meno scontato. Ad esempio, il brano di Isaia 61,1-2, citato da Gesù nella sinagoga di Nazareth, per la prima volta parla di «cieli nuovi» e di una «nuova terra». Un altro passaggio dello steso libro profetico (Is 65,16b-25) parla, poi, della nuova creazione, e afferma che il cosmo non sarà distrutto, ma sarà trasformato. L’espressione «cieli nuovi e terra nuova», sarà ripresa da s. Paolo in 2Cor 5,17, e la ritroviamo anche in 2Pt 3,10-13 e in Ap 21,1. Quest’ultimo testo presenta i «cieli nuovi» e la «nuova terra» come qualcosa di diverso da ciò di cui attualmente facciamo esperienza, perché fa riferimento a una creazione nella quale non ci sarà più posto per il male e in cui la gloria di Dio potrà manifestarsi senza misura.
Credo che sia quasi superfluo ricordare che nei brani neotestamentari di carattere apocalittico, lì dove si parla di caduta degli astri e dello sconvolgimento delle potenze del cielo, non abbiamo a che fare con delle previsioni puntuali riguardanti la fine dell’universo e della terra. Infatti, al pari della protologia biblica – che non è un reportage sugli eventi delle origini –, anche l’escatologia cosmica non è la prognosi degli avvenimenti finali. Nell’uno e nell’altro caso, gli autori sacri hanno attinto alla visione del mondo propria del loro tempo e quindi, per la questione della fine, al ricco linguaggio metaforico dell’apocalittica. Le immagini della fine, per ciò stesso, non possono essere confuse con lo svelamento degli avvenimenti conclusivi della storia del cosmo né con le informazioni relative alle cose ultime che dovranno accadere con assoluta precisione a un certo punto della sua evoluzione.
«Fate attenzione, figli, a che vuol dire “compì in sei giorni”. Significa che il Signore in seimila anni compirà ogni cosa: infatti per lui un giorno significa mille anni. Lui stesso me lo attesta quando dice: “Ecco, il giorno del Signore sarà come mille anni”. Dunque, figli, il Signore porterà a termine ogni cosa in seimila anni». È ciò che afferma lo Pseudo-Barnaba nel 135 d.C., quando richiama il racconto genesiaco di creazione. È la convinzione di altri autorevoli scrittori cristiani dell’antichità, non ultimo Ireneo, il quale ricorre al quadro cronologico dei seimila anni per parlare del compimento del destino del mondo. Anche Ippolito di Roma, Lattanzio e molti altri sono di questo avviso. Altri autori, soprattutto nei secoli successivi, rinunceranno invece a indicare con precisione una data della fine del mondo, seguendo in sostanza l’insegnamento dello stesso Gesù, il quale si era rifiutato di dare seguito alla richiesta di alcuni dei suoi discepoli che gliene chiedevano conto: «Quanto a quel giorno e a quell’ora, però, nessuno lo sa, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre» (Mt 24,36). Per questo, soprattutto grazie all’opera di Agostino, si affermerà sempre più nella teologia latina un’interpretazione allegorica e spirituale delle profezie e delle visioni riguardanti la fine, e si abbandonerà con sempre maggiore convinzione la loro interpretazione di carattere storico.
Questi testi, così come tanti altri simili, non ci dicono nulla circa il come tutto ciò di cui si parla accadrà. La teologia cristiana nel suo insieme questo l’ha sempre saputo, e tuttavia – da Ireneo in poi, passando per Agostino sino a giungere a s. Tommaso e a tutta la teologia medievale, su su fino al Concilio Vaticano II –, ha pensato e continua a pensare all’escatologia cosmica come a un elemento fondamentale del credo della Chiesa. L’ha fatto e continua a farlo in stretto rapporto con quanto ha da dire sulla dimensione cosmica del corpo risuscitato e senza perdersi in considerazioni di natura “previsionistica” o “cronicistica”. Così facendo, cioè parlando della salvezza finale della creazione in comunione con i corpi risuscitati, di fatto ha detto qualcosa in più sul “come” avverrà ciò che è atteso e soprattutto su ciò che caratterizzerà la nuova creazione.
In generale, la teologia nel corso dei secoli e nelle diverse tradizioni ha pensato diversamente la fine del mondo, ora nei termini della distruzione, ora in quelli della trasformazione, a volte perfino nei termini dell’annichilazione, come è avvenuto soprattutto nel pensiero di Lutero, ma l’ha pensato anche in quelli del compimento, in quelli della semplice fine o in quelli della divinizzazione. Ci troviamo, quindi, di fronte alle posizioni della chiesa primitiva e medievale, in cui era forte l’idea della trasformazione escatologica del mondo. Ma anche di fronte alle posizioni dell’ortodossia luterana che, sulla base della lettura di 2Pt 3,12, ha optato generalmente per una “visione sterministica” e si è concentrata sulla visio Dei beatifica faccia a faccia, senza intermediazione creaturale, riservata, di conseguenza, all’uomo, fatto a immagine e somiglianza di Dio; una visione, cioè, in cui il cosmo assume inevitabilmente una posizione piuttosto marginale6.
Il magistero, da parte sua, si è occupato della parusia e del rinnovamento del cosmo solo occasionalmente e senza particolari considerazioni, come nel Concilio Lateranense IV del 1215 e, tra le righe, nella professione di fede di Michele Paleologo del 1274, mostrando, così, che la sua attenzione nei confronti dell’escatologia cosmica è stata in passato piuttosto scarsa, e certamente attenta a non dare spago alle fantasie dei diversi autori che amano speculare su queste questioni più del dovuto. Lo stesso aveva fatto il sinodo costantinopolitano chiamato di Endemousa, del 543 – approvato da papa Vigilio –, in cui, contro alcune posizioni origeniste, si condannarono coloro i quali sostenevano che il giudizio ultimo comporterà la distruzione del mondo corporeo e che la sorte futura è quella riservata alle creature spirituali separate dalla materia. Anche il Costantinopolitano II del 553 aveva affermato, almeno indirettamente, la permanenza del cosmo nella parusia e la consonanza tra la materia dell’universo e la materia del corpo dei risorti.
Pio II, molto tempo dopo, nel 1459, scrisse contro Zanino de Solcia (lettera Cum sicut), il quale sosteneva che il mondo si sarebbe consumato e sarebbe terminato naturalmente con l’estinguersi del calore e dell’umidità della Terra a causa del calore del Sole. Il Papa intervenne per ribadire che, secondo il magistero della Chiesa, bisogna rifiutare l’idea di un totale annichilirsi del mondo materiale.
Non troviamo, su questo tema, molto di più rispetto a questi scarni riferimenti. Un fatto, anche questo, di per sé molto significativo. In anni più vicini a noi, invece, Giovanni Paolo II in diverse occasioni si è mostrato molto interessato a queste tematiche. Rivolgendosi, ad esempio, all’allora direttore della Specola Vaticana, il padre gesuita G. Coyne – siamo nel giugno del 1988 –, si chiedeva quali fossero le implicazioni escatologiche della cosmologia contemporanea, soprattutto riguardo al futuro del nostro universo.
Un passaggio dello scritto del Papa è particolarmente importante, anche perché nel magistero centrale del postconcilio non si erano registrate affermazioni di questo tenore. Per trovare qualche accenno in questo senso bisognerà infatti attendere il Catechismo della Chiesa cattolica, che non ha fatto altro se non ribadire l’insegnamento paolino e ha parlato della stretta solidarietà che interlaccia l’uomo e il cosmo anche per quanto riguarda il loro comune destino (n. 1042).
Il Papa, quindi, si chiedeva: «Quali sono, se ve ne sono, le implicazioni escatologiche della cosmologia contemporanea, specialmente alla luce dell’immenso futuro del nostro universo? Può il metodo teologico avvantaggiarsi facendo proprie le intuizioni della metodologia scientifica e della filosofia della scienza?»7.
Credo che in queste domande siano contenute le ragioni che mi hanno spinto a scrivere questo libro e che, in buona parte, ne hanno anche ispirato lo svolgimento.
Giovanni Paolo II ci insegna, infatti, qualcosa di molto semplice ed estremamente importante: bisogna porsi le domande che riguardano il destino dell’universo, e mai eluderle. La teologia dovrebbe farlo sempre in dialogo con la scienza e, comunque, mai contro di essa e indipendentemente dalle sue acquisizioni. E allora, come stanno, proprio su questo punto, le relazioni tra la teologia e la scienza?
Provo ad aggiungere qualche altro tassello a quanto ho detto sinora.

2. Il futuro del cosmo tra teologia e scienza

Non ci sono in questo momento argomenti incontrovertibili e ragioni inoppugnabili e inconfutabili per optare definitivamente per un modello di universo rispetto ad altri, ovvero per far pendere l’ago della bilancia delle conclusioni scientifiche per l’uno o per l’altro, in quanto le “prove” e le “verifiche” in questo caso sono quanto mai deboli e in alcuni casi assenti. Questo vale, come si è visto, sia nel caso di un universo in espansione limitata – con un principio, una fine e un decorso temporale finito – sia nel caso di un universo in espansione illimitata – con un inizio e senza una vera fine, tendenzialmente vici...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. INDICE
  6. Epigrafe
  7. Prefazione: Il tempo della “scienza giovane”
  8. INTRODUZIONE
  9. PARTE PRIMA
  10. PARTE SECONDA
  11. CONCLUSIONE
  12. Ringraziamenti