Il fantasma dell'Opera
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Il fantasma dell'Opera

Sognando una filosofia

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Il fantasma dell'Opera

Sognando una filosofia

About this book

Che cosa non è questo libro? Non è una recensione, con 109 anni di ritardo, del "Fantôme de l'Opéra" di Gaston Leroux. Siamo spiacenti, ma è tutt'altro. Che cosa è questo libro? Dopo più di settant'anni di didattica nell'ambito della drammaturgia musicale e di impegno professionale con ruoli decisivi al servizio del Teatro alla Scala, Quirino Principe vuole condividere con chi non tema di leggerlo una sua antica certezza, oggi ingigantita e travolgente: che musica da un lato, teatro dall'altro, siano due realtà miracolose che l'Occidente ha saputo conquistare per sé, al confronto con altre nobili e valorose ma diverse culture. Un prodigio della Natura, nato da energia cosmica, e un prodigio della Storia, ispirato da virtù la cui radice prima è nella forma simbolica di civiltà in cui l'Occidente deve riconoscersi, se vuole esistere. Anzi: se vuole essere. Il libro cerca una possibile definizione di che cosa sia veramente il Teatro d'Opera (il suo meraviglioso «fantasma»), e di come esso possa rivelarsi come strumento dell'antico «conosci te stesso», di misteriosa origine, e del pindarico «divieni ciò che sei». Sarebbe massima ragione di felicità, per l'autore, convincere il lettore che se perdiamo il Teatro d'Opera, se lasciamo che ci sfugga dalle mani, siamo perduti. Sì, certo, questo libro è anche un'arringa, un atto di accusa. Ma per svilupparlo, per sollevare il lettore al giusto grado d'indignazione e alla giusta temperatura dell'ira non più repressa, l'autore suggerisce anche qualche ascensione ad alta quota, di quelle che avvicinano alle costellazioni.

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Information

Publisher
Jaca Book
Year
2020
eBook ISBN
9788816800199

II
FENOMENI E FORME

VAMPIRI E SPETTRI.
IL PAESAGGIO DI MARSCHNER

… was a very astonishing, enigmatic, obscurely horrible individual.
… era un individuo sorprendente, enigmatico, orrendamente oscuro.
HOWARD PHILLIPS LOVECRAFT, The Case
of Charles Dexter Ward, II, 1
1. Terre, paesaggi, fiumi, alture, foreste, città
Tra il corso del fiume Elba che è il confine occidentale e quello dell’Oder che limita il territorio a oriente, c’è uno di quei vicoli ciechi in capo al mondo, di quegli angoli morti appartati e al riparo dal respiro diretto della storia, che s’incontrano più volte nell’Europa centro-orientale. Come la Slesia, come l’Oberpfalz, è una regione storica e geografica, non un Land o altra circoscrizione amministrativa, e il suo nome non ha significato politico. Il suo nome tedesco è Lausitz; i polacchi, la cui area è subito al di là del confine orientale, la chiamano Lužyca (si pronuncia “Lújiza”, dove la j suona come nel francese jour). Nell’uso italiano, il nome è adattato in “Lusazia”. Abbiamo nominato l’Oder, ma c’è un fiume molto più presente nella regione, ed è uno dei tre corsi d’acqua (un caso di omonimia idrografica addirittura tripla: una delle non poche bizzarrie di quel territorio) che si chiamano Neiße. Esiste la Glatzer Neiße, lunga 196 chilometri, affluente di sinistra dell’Oder, e nasce dal Glatzer Schneeberg a 1300 metri: sfocia nel fiume maggiore tra Oppeln e Brieg. La Glatzer Neiße bagna la città dal nome originario, Neiße, ai piedi dei Sudeti orientali, che nel 1939, con i suoi 37.900 abitanti, era un piccolo specimen di architettura gotica e luterana, una scenografia da manuale, con la mirabile chiesa di Sankt Jakobus, un bel teatro d’opera, musei, scuole d’arte, industrie tessili e agroalimentari; distrutta per più della metà durante la seconda guerra mondiale, dopo il 1945 divenne città polacca con il nome di Nysa. Decaduta, imbruttita, cattolicizzata, spopolata, oggi raggiunge a stento le 25.000 anime. Tutt’altro fiume è la breve Jauersche Neiße (detta anche Wütende Neiße, “la Neiße furibonda”) di soli 37 chilometri, affluente di destra della Katzbach, a sua volta affluente dell’Oder in terra di Slesia.
C’è, infine, con il suo ragguardevole corso di 256 chilometri, la Lausitzer Neiße (in polacco, Nysa Lužycka), quella che più ci interessa: nasce dall’Isergebirge in terra boema, è anch’essa un affluente di sinistra dell’Oder, e dopo aver attraversato la piccola città di Guben (detta Wilhelm-Pieck-Stadt1 tra il 1960 e il 1989, ai tempi della D.D.R.) è navigabile per circa 20 chilometri, sino al punto di confluenza con il fiume maggiore, saldandosi così con l’Oder in un’imponente via di comunicazione fluviale ma anche in una netta linea di confine (“Oder-Neiße-Linie”), divenuta, dopo la seconda guerra mondiale, la nuova e probabilmente definitiva frontiera tra tedeschi e polacchi, tra mondo germanico e mondo slavo. Se nel suo tratto settentrionale e pianeggiante, dopo Guben, la Lausitzer Neiße ha assunto a partire dal 1945 e in modo drastico questa funzione di limes polacco-tedesco che prima non aveva o lasciava intuire in forme fluide e confuse (con molte sovrapposizioni dovute soprattutto all’elemento ebraico, ora slavizzante ora germanizzante nell’onomastica ma comunque più incline, nella parlata, agli idiomi germanici che a quelli slavi), nel tratto meridionale e collinoso della sua vallata il fiume lusaziano era stato un confine nazionale e linguistico già prima che il Diktat successivo al 1945 mutilasse la Germania. A sud, infatti, già da secoli la Lausitzer Neiße separava i tedeschi dai polacchi, e in particolare nel territorio intorno a una città adagiata sulla sua sponda sinistra, Görlitz, centro importante (oggi, di circa 100.000 abitanti), tanto importante da dare al fiume il suo secondo nome: la Lausitzer è chiamata anche Görlitzer Neiße. Ancora più a sud, da Görlitz risalendo verso la sorgente, la Lausitzer o Görlitzer Neiße diventa, insieme con l’Elba (in ceco, Labe), la linea di confine tra tedeschi e boemi.
Se la Lausitzer Neiße delimita e racchiude la Lusazia, la regione è solcata di traverso dal corso superiore e meridionale di un altro fiume importante, la Spree, che circa 200 chilometri più a nord-ovest, a metà del suo corso inferiore, percorre il Brandeburgo e attraversa Berlino. La Bassa Lusazia (Nieder-Lausitz) è la parte settentrionale dell’intera regione, si estende sino alle colline del Fläming, al fiume Bober e alla zona in cui la Spree forma il lago di Schwieloch. L’Alta Lusazia (Ober-Lausitz) è la parte meridionale; i suoi confini meridionali sono costituiti (procedendo da ovest a est) dal circondario di Dresda, da un tratto di quel bell’affluente dell’Elba che è la Schwarze Elster, dalle alture dell’Elbsandsteingebirge, dai Lužické Hory (i “monti lusaziani”, come sono detti in lingua ceca con fervorosa enfasi), dal Zittauer Gebirge. L’unica area che, in tutta la regione, sia un po’ elevata sul livello del mare è il sud collinoso. Malgrado i nomi altisonanti, sono alture molto modeste. L’Elbsandsteingebirge (i “monti di arenaria dell’Elba”) non supera i 562 metri, e i Lužické Hory raggiungono i 793. Per il resto, la Lusazia è tutta una terra pianeggiante, un “Tiefland”. È anche terra di acque stagnanti, generatrici di nebbie malsane e sinistre nei mesi autunnali e invernali: del resto, lo stesso nome polacco (propriamente, come vedremo, sorabico) della regione, Lužycka, significa “terra di paludi”. Alcuni laghi, come lo stesso Schwielochsee, diventano periodicamente paludosi lungo le sponde. A volte, un piccolo miracolo: accanto agli acquitrini verdeggiano foreste. Tale è l’Oberspreewald nei pressi di Lübbenau, circa 50 chilometri a nord-ovest dell’importante città di Cottbus che ai tempi della D.D.R era capoluogo (dando ad esso il nome ufficiale) di uno dei 14 “Bezirke”2 in cui era ripartito amministrativamente il territorio dello Stato comunista tedesco sino alla sua estinzione mercoledì 3 ottobre 1990.
A nord, in Bassa Lusazia, i centri principali sono quelli già ricordati: Cottbus al centro, Lübbenau a ovest, Guben più a nord-est. Qualche industria tessile, le miniere di lignite, un’agricoltura di buoni prodotti ma di deboli capacità commerciali, sono le forze che agiscono in un’area di economia depressa, ancora oggi a quasi un trentennio dall’unificazione tedesca. La qualità della vita non è entusiasmante nei centri minori e nei borghi per altro bene ordinati e altamente civili del Nieder-Lausitz: Finsterwalde, Lauchhamtner, Luckau, Kirchhain a occidente, Spremberg, Senftenberg, Hoyerswerda al centro, Forst, Bad Muskau, Weisswasser a oriente. A sud, nel paesaggio dell’Ober-Lausitz più movimentato e ridente, l’economia gode di una salute lievemente migliore. Le attività sono più o meno le medesime che nel Nieder-Lausitz, ma comincia a svilupparsi un promettente turismo, almeno là dove la seconda guerra mondiale non ha troppo infierito sui centri storici e sui monumenti. Il maggiore benessere investe non soltanto la ragguardevole città di Görlitz ma anche i centri di media entità come Radeberg e Kamenz a ovest, Bautzen al centro, Löbau a est.
Si diceva: angolo morto della terra, vicolo cieco nell’Europa profonda, zona in cui il tempo storico quasi abbandona il suo corso rettilineo e sembra assumere una forma circolare, come il tempo ciclico della natura: questa è la sensazione lievemente magica che ci coglie in Lusazia. «Una ruota di mola, un vecchio tronco, / confini ultimi al mondo», ha scritto Eugenio Montale in Notizie dall’Amiata. Siamo tentati di sussurrare quei versi, quando siamo in cima a una collina dell’Ober-Lausitz. Terra di confine, la Lusazia ha origini storiche che si celano al termine di percorsi tortuosi, e a volte una realtà si rovescia in quella opposta o complementare. Le tradizioni sono tedesche, in prevalenza protestanti; l’architettura, là dove l’autentico è sopravvissuto alle catastrofi e alle “liberazioni”, è dominata dal gotico anche negli edifici più modesti. Eppure, i più antichi abitanti che la storiografia riesca a identificare erano slavi, insediati nel “Milzener” (detto poi Ober-Lausitz) già nel V o VI secolo dopo Cristo. Alla fine del X secolo, il territorio passò nelle mani di una signoria tedesca. Il suo capoluogo, Budissin (il nome si mutò poi in Bautzen), diede nome all’intera regione: “das Land Budissin”. In seguito, i signori di quella terra furono alternamente polacchi (1002-1031, 1159-1319) e boemi (1032-1158, 1320-1329). Il Nieder-Lausitz fu più a lungo terra di slavi, oltre la fine del primo millennio dell’era volgare, fino a quando, nel 1136, l’imperatore Lotario II concesse in feudo la Bassa Lusazia ai margravi di Meissen, potenti signori sassoni della casata dei Wettin. Fu allora che la Lusazia cominciò a popolarsi di tedeschi, venuti in maggioranza dalla Franconia e dalla Bassa Sassonia: la migrazione proseguì fino alla seconda metà del XIII secolo. Nel 1303 la Bassa Lusazia fu concessa dall’imperatore Alberto I d’Absburgo a Giovanni V di Stendhal margravio di Brandeburgo; nel 1368 l’imperatore Carlo IV annesse le pianure lusaziane del nord al regno di Boemia, di cui egli stesso era re con il nome di Carlo I. Prima di quest’ultima presa di possesso, l’Ober-Lausitz, che meglio del Nieder-Lausitz sapeva difendere la propria indipendenza grazie anche al carattere fiero dei suoi abitanti avvezzi a combattere in zone montuose, si era garantito un’autonomia politica destinata a durare quasi mezzo secolo, da quando, nel 1346, si era costituita la “Lega delle sei città” (“Sechsstädte-Bund”): Bautzen, Görlitz, Zittau, Kamenz, Löbau, Lauban. Le prime cinque le abbiamo fuggevolmente additate sulla carta geografica (Zittau, per ora, soltanto indirettamente): quanto a Lauban, si tratta a dire il vero di una piccola città non propriamente lusaziana, bensì dislocata più ad oriente, nella Bassa Slesia, sulle sponde del fiume Queis affluente del Bober, e perciò oggi si trova in Polonia con il nome di Luban, una trentina di miglia a sud-ovest di Boleslawiec (in tedesco, Bunzlau).
Nel XVI secolo, la Riforma penetrò in profondità e dilagò in tutto il territorio lusaziano. A metà della guerra dei Trent’anni, la vittoria degli imperiali sugli svedesi a Nordlingen (1634) e la pace di Praga (1635) assegnarono le due Lusazie all’elettorato di Sassonia, poi divenuto regno di Sassonia con Federico Augusto III (come principe elettore; Federico Augusto I come re) nel 1806, per volontà di Napoleone. La fine dell’avventura napoleonica costò al “traditore” Federico Augusto I una prigionia di quindici mesi, dall’ottobre 1813 al gennaio 1815. Poi il re sassone ritornò sul trono, ma il congresso di Vienna lo privò di gran parte del suo territorio. Nel 1815, tutto il Nieder-Lausitz e metà dell’Ober-Lausitz passarono alla Prussia. Alla Sassonia rimase l’altra metà dell’Ober-Lausitz, ma con una costituzione, una legislazione e un’amministrazione separate e autonome, che rimasero tali fino al 1919.
Il Lausitzer Bergland è un lembo di territorio a ovest della Görlitzer Neiße. Malgrado il termine “Bergland” (“terra di montagne”), è una zona di modestissime colline, la cui altezza media sul livello del mare è di 200 o 300 metri. Tuttavia, il rilievo del terreno è ininterrotto, il paesaggio è mosso e vario, con piccoli boschi, campi ben coltivati nelle strette vallate, ridenti villaggi a distanza ravvicinata l’uno dall’altro. A sud, il Zittauer Gebirge raggiunge altezze maggiori: la quota più alta è la Lausche, un monte di 793 metri. A paragone con le bassure del Nieder-Lausitz, poco abitate e acquitrinose, il Lausitzer Bergland è fittamente popolato. Le industrie tessili sono più attive che nel resto della Lusazia, e non mancano giacimenti di granito, lignite e caolino.
Villaggi e borghi sono operosi e godono di un benessere maggiore che in tutto il resto della Lusazia, comprese le zone centrali e settentrionali dell’Ober-Lausitz. Quelli più piccoli sono graziosi, talora incantevoli, e sembrano miracolosamente protetti dai guasti e dagli involgarimenti della storia: Jonsdorf, Oybin, Waltersdorf. Borghi un po’ più cospicui si danno parvenze cittadine: Gross-Schönau, Olbersdorf. L’unica vera città del Lausitzer Bergland è Zittau, in un luogo strategico e simbolico: il triplice confine su cui si fronteggiano tre Stati un tempo sospettosi l’uno dell’altro, Germania, Polonia e Repubblica Ceca, il punto in cui convergono tre grandi aree storiche, tre tradizioni nazionali e religiose diversissime, tre idiomi, tre letterature, tre genealogie musicali.
Fra le stranezze e le curiosità della Lusazia, il contesto linguistico occupa un posto primario. In quel territorio si parla tedesco misto a polacco, ma esistono almeno dal secolo XIII due etnie slave tra loro affini, i serbo-lusaziani (o Sòrabi) superiori e i serbo-lusaziani (o Sòrabi) inferiori. I primi sono localizzati nella zona intorno a Bautzen (in sòrabo Budyšin) e sono circa 100.000 persone, i secondi si trovano più a nord intorno a Cottbus (in sòrabo Chosébuz) e sono poche decine di migliaia. Il serbo-lusaziano è una lingua con caratteristiche intermedie tra il serbo e il polacco arcaico: nel sòrabo inferiore c’è la sistematica depalatalizzazione di č che diventa k, ed è fenomeno presente anche in russo dove ha il nome di cokanie, e in polacc...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Dedica
  5. INDICE
  6. Epigrafe
  7. I: FANTASMI E SOGNI
  8. II: FENOMENI E FORME
  9. III: FILOSOFIA NELLA MUSICA IN SCENA?
  10. ADVERSUS