L'impegno del cristiano nel mondo
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L'impegno del cristiano nel mondo

About this book

«Per questo il cristiano può percorrere il suo cammino nel mondo con una speranza fresca, credibile, creata dall'origine divina, e nella misura in cui permane alla fonte e beve da essa può indirizzarvi anche gli altri, gli assetati: sì, per mezzo suo può far bere anche gli altri a questa origine (Gv 4, 14; 7, 37ss). Può realizzare attorno a sé un modello di esistenza libero dalle potenze personali e sociali del mondo, e donare al di sopra della morte (in tutte le sue possibili forme) un presentimento di vita di resurrezione: nel nascondimento è vero (Col 3, 3), ma con tanta efficienza da cambiare a livello di vita il tessuto della società umana.» (Hans Urs von Balthasar, Einsiedeln 1971) «Il destino e l'intenzione profonda della comunità cristiana è il mondo, "per gli uomini": una dedizione profonda e appassionata agli uomini e al loro destino, una tensione a rendere presente dentro la trama della convivenza solita, in cui gli uomini soffrono, sperano, tentano, negano, attendono il senso ultimo delle cose, il Fatto di Gesù Cristo unica salvezza degli uomini. Il "per gli uomini" è il motivo storicamente esauriente la vita della comunità cristiana. L'apertura incondizionata alla missione è garanzia di verità e di autenticità della vita stessa della comunità cristiana: "Per essi io consacro me stesso, affinché siano anch'essi consacrati in verità"» (Luigi Giussani, Einsiedeln 1971). Prefazione di Julián Carrón.

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Information

HANS URS VON BALTHASAR

Conferenze tenute a Einsiedeln per un raduno di studenti di «Comunione e Liberazione» delle università di Friburgo, Berna, Zurigo, nel gennaio 1971
Dedico queste due conferenze tenute per i gruppi
di «Comunione e Liberazione» a don Luigi Giussani,
in segno di amicizia e di ammirazione profonda.

PREMESSA

Il mondo d’oggi è colmo di profonda sfiducia nei confronti della Chiesa cristiana, e stranamente essa sembra essere aumentata anziché diminuita dopo l’ultimo Concilio, che sottolineò ed esplicitò le linee programmatiche dell’intimo legame della Chiesa con il mondo e il suo impegno totale per esso. Proprio perché programmi umanistici – di cui ce n’è veramente abbastanza in ogni indirizzo politico – oggi non giungono più al mondo, un concreto impegno che lo trasformi è pur sempre in grado di toccarlo, da qualsiasi sfondo ideologico provenga. Se la Chiesa cristiana pensasse dunque che un impegno significativo e pianificato potrebbe aver origine solo da un’ispirazione cristiana, sarebbe naturale parlare di presenza nascosta della grazia dovunque si potesse osservare un impegno di questo genere, e parlare anche di un portatore di esso come di «cristiano anonimo». Dio infatti non ha voluto salvare solo la Chiesa ma il mondo, e la grazia che Egli ha procurato attraverso Gesù Cristo deve oltrepassare i confini della Chiesa visibile, anche se essa è vista come fulcro di questa grazia: «Sacramentum mundi», come l’ha chiamata il Concilio.
Tale concezione non è del tutto nuova: da secoli la teologia parla di battesimo ricevuto «in voto», recepibile da chiunque sia deciso, relativamente alla sua visione parziale, a impegnarsi nel migliore dei modi per il bene degli altri e del mondo intero. Costui viene accolto e sostenuto dalla grazia di Dio e reso membro invisibile della Chiesa visibile.
Senza dubbio per molti una simile visuale è liberante e non pensiamo certo di problematicizzarli riportandoli alla vecchia e angusta interpretazione dell’enunciato secondo cui «fuori della Chiesa non v’è salvezza». Noi siamo più propensi per la nuova interpretazione di apertura: Dio distribuisce universalmente la presenza nel mondo del «Cristo totale» in cui capo e corpo sono indivisibili: l’uomo di Nazareth esaltato come Signore e la sua comunità di vita, la Chiesa, in quanto essa ha il suo Spirito e sta alla sua sequela.
Questa interpretazione però ha un rovescio. Esplica sì l’apertura fondamentale della Chiesa nei confronti del mondo, ma suscita anche l’impressione in quelli che stanno al di fuori che la Chiesa come tale non sia nient’altro che una istituzione visibile con una quantità di regole, leggi e comandamenti ai quali si deve credere e che bisogna osservare in un modo determinato, mentre la sostanza vitale di questa istituzione può essere altrettanto trovata, dispersa nel mondo, al di fuori di essa. Il momento dell’istituzione, per esempio, della costituzione gerarchica, delle disposizioni circa il servizio di culto della domenica, la ricezione dei sacramenti e più incisivamente la configurazione della vita coniugale appaiono non credibili, superflui e inopportuni nel loro isolamento, anzi rispetto alla vita e all’esempio di Cristo addirittura contrapposti.
Nessuna meraviglia: spargendo la sostanza propria dell’essere cristiano in tutta l’umanità, alla «Chiesa di Cristo» non resta per distinguersi se non la forma esteriore, l’ossatura. Una volta che questa concezione s’è fatta dominante – e lo è ancora – è difficile per la Chiesa sottrarsi a questa valutazione: essa viene intesa essenzialmente come organizzazione che mette in movimento l’irradiazione cristiana nel mondo secondo un certo ordine. Questo è stato appunto il motivo conduttore dell’«Azione Cattolica» lanciata quarant’anni fa e ormai inesistente nella maggior parte dei Paesi e destinata al tramonto negli altri.
La Chiesa come deve intendere se stessa allora, una volta accettata la teoria del «cristianesimo anonimo», quella del rapporto vivo quasi-religioso di tutti gli uomini che lottano in spirito di impegno disinteressato per la salvezza e il progresso dell’umanità? Essa ha dunque ancora una funzione che supera la mera organizzazione funzionale? Sono state stampate abbastanza bibbie perché ognuno che ne ha voglia possa informarsi dell’impegno di vita di Gesù Cristo e dei suoi discepoli, senza che qualche particolare organizzazione sociale faccia valere l’esclusivo monopolio sul contenuto del libro.
Per quanto è dato di vedere, almeno in occidente v’è un’alternativa ai cui interrogativi non è facile rispondere: quanto più la Chiesa si apre liberalmente al mondo e rivaluta i suoi valori permeati di luce cristiana, tanto più trattiene per sé l’aspetto formale che la rende non credibile. In questo modo viene attaccata da tutte le parti proprio nella sua struttura esterna, anche là dove sono fatti valere in qualche misura i valori di vita cristiana.
Forse però quest’alternativa che regola il nostro rapporto diretto con la Chiesa non è così inesorabile come sembra. Proviamo a guardare nell’est le grandi figure di scrittori cristiani russi: Solženycin, Sinjavskij, Michail Bulgakov e altri, oppure il movimento dei battisti. Vediamo qualcosa del tutto nuovo: praticamente l’alternativa in questi casi è assolutamente diversa. Ci sono, è vero, alcuni rimasugli di Chiesa gerarchica e liturgica, essa è pur sempre minacciata; in certo qual modo però è tollerata.
L’assalto frontale non si dirige infatti contro di essa, bensì contro persone e gruppi che vivono, più che annunciarlo a parole, un cristianesimo separato. È molto strano che in Solženycin i cristiani dichiarati che si riconoscono come tali emergano solo marginalmente e pare che non abbiano alcun ruolo decisivo; su tutto il paesaggio umano che ci si apre innanzi – per lo più orrendo e tragico – splende una luce «anonima» di redenzione, che sospinge in modo quasi inesplicabile questo mondo alienato verso la propria verità. Le maschere delle ideologie cadono dai volti come croste rinsecchite – quasi come nella «Divisione cancro» –, i riflettori accecanti vengono spenti e le cose appaiono nella loro semplice e profonda peculiarità. È superato il contrasto fra vita e istituzione che noi prima avevamo stabilito. Proprio la luce «anonima» del cristiano che colpisce tutte le scene e le figure è lo specifico, l’unico, il penetrante che irrita gli ideologi e li stimola alla persecuzione, alla guerra di sterminio. Ma si può impedire a questa luce di brillare? Pilato potrebbe ancora condannare a morte l’incompreso Cristo – che ha l’ardire di vivere? Questo Cristo non è uno spirito: «Toccatemi e vedete che uno spirito non ha carne e ossa come vedete che ho io», eppure non lo si può più crocifiggere e flagellare.
Anche gli apostoli di Cristo, che possono essere flagellati, hanno ereditato qualcosa di questo mistero: essi si sono sì organizzati in quanto formano una comunità ecclesiale, ma chi colpisce la loro organizzazione non li incontra veramente. Ed essi sono sì fratelli di tutti coloro che tentano nel mondo di realizzare la giustizia per l’umanità; chi però si rivolge a loro semplicemente come a una particolare specie di umanisti (o «cristiani anonimi»), ancora una volta non li incontra. Essi hanno una visibilità specifica e irritante (perché mai allora sarebbero perseguitati così duramente un Solženycin o un Sinjavskij?) che non è semplicemente identica all’appartenenza a una società religiosa. Tanto essi che molti altri umili fratelli irradiano una forza: il senso delle pagine che seguono è domandarsi che cos’è questa forza, da dove proviene, qual è il rapporto fra la fonte della forza che alimenta il cristiano e il suo impegnarsi tra gli uomini.
Possiamo subito premettere che dal vero cristiano s’irradia una libertà che è ricercata dai non cristiani secondo modalità sempre rinnovate. Nell’era moderna il tema specifico che li discrimina è proprio la libertà – e quindi la liberazione – dell’uomo che si impone come una gara fra chi dei due riesca a divulgarla nel modo più effettivo e profondo.
L’ateismo è impegnato intensamente nella liberazione della ragione dai vincoli della fede (Illuminismo), liberazione dell’uomo dallo sfruttamento economico per un lavoro degno di lui (Marx), liberazione dell’individuo dalle catene di un passato inevaso (Freud), liberazione di tutta l’umanità dall’incubo incombente di un’idea di Dio in cui non si crede più, trascinata nella storia del mondo come un cadavere. Dappertutto sembra che l’uomo sia trattenuto davanti alle porte della sua libertà, legato al passato, a usi superati, a un punto irremovibile della storia, a una sacralità feticizzata nell’ambito naturale o culturale. Eppure egli ci sarà quando si sarà deciso e perfezionato liberamente, quando sarà acquisito e compenetrato in modo responsabile tutto ciò che è «Natura» in lui. Finché cristiano significherà innanzitutto tradizione e istituzioni, avranno gioco facile i movimenti di libertà dei tempi moderni. Il confronto vero ci sarà solo quando il cristiano s’impegnerà teoreticamente a mostrare che l’auto-apertura di Dio in Gesù Cristo è invito a entrare nello spazio di libertà assoluta, nel quale soltanto si può dispiegare la libertà umana. E non solo invito, ma, con l’incarnazione divina in Gesù Cristo, pienezza esemplare per tutti, intervento e accesso a quella sfera di libertà che viene ricercata febbrilmente dai moderni, ma che non può essere trovato se non dall’aprirsi di Dio. Di fronte alla libertà che cerca e cozza di continuo solo nel vuoto, il cristiano proporrà l’annuncio della libertà perfetta che completa tutti noi. Senza dimenticare anzi l’opposizione massiccia sollevata sia contro di lui che contro la posizione del moderno evoluzionismo (neodarwinismo materialistico): quella di un mondo che da sempre è avanzato con l’aggressione dei più forti e l’uccisione dei più deboli, il cui «buon» movimento si fonda sullo «sfruttamento» e sull’«oppressione» del «cosiddetto male» (K. Lorenz).
Come può un mondo così andare incontro alla libertà? Come si può pensare in esso anche solo un abbozzo di proposta di libertà? Esso, non certo come realtà da rimuovere scientificamente, resiste comunque a tutte le tesi – marxiste o cristiane – che in nome di Cristo o di Lenin vagheggiano l’istituzione sulla terra di un regno di pace.
C’è forse capitalismo e sfruttamento già nel mondo preumano? Molti biologi che non si volevano staccare da questa opinione dopo la presa del potere in Russia da parte dei comunisti furono mandati in Siberia. Ma un mondo costruito su tali leggi non è accettabile anche per noi come fondamento della dottrina cristiana? Ha origine da un Dio buono, può essere trasformato e spiegato, oppure chi si oppone a esso in nome di Cristo e della libertà viene irrimediabilmente esposto al fallimento fin dall’inizio? Comunisti e cristiani sono utopisti nella stessa misura per ciò che riguarda il raggiungimento della libertà? O forse i cristiani hanno il vantaggio solo di essere alimentati da una sorgente ultraterrena, possono tendersi con la loro speranza utopica anche verso una meta sovratemporale? Questo movimento all’interno del cosmo di guerra e di morte è l’unico bagliore di libertà?

Parte prima

L’IMPEGNO DI DIO

In precedenza abbiamo considerato una tragica e sterile alternativa che purtroppo ha solo significato pratico attuale, e intuito poi in qualche modo l’indirizzo metodologico con il quale può essere superata. Ora si tratta di trasformare l’intuizione avuta in una visione e una certezza chiare. Si ricerca il modo per superare il dualismo tra Chiesa e mondo, ed esso non viene certo superato spiegandone l’inesistenza. Pi...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. Prefazione: La gara moderna per la libertà
  6. HANS URS VON BALTHASAR: Conferenze tenute a Einsiedeln per un raduno di studenti di «Comunione e Liberazione» delle università di Friburgo, Berna, Zurigo, nel gennaio 1971
  7. LUIGI GIUSSANI: Riassunto delle conferenze tenute a Einsiedeln in occasione del medesimo raduno di studenti di «Comunione e Liberazione» delle universitÃ