Confido in te, Signore
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Confido in te, Signore

Commento alle suppliche individuali

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Confido in te, Signore

Commento alle suppliche individuali

About this book

Nel commento alle suppliche individuali, Cristo si rivela ancora una volta agli occhi del Vivariense, esemplare punto di incontro tra umano e divino: per questo il senso cristologico non è solo il senso dominante sugli altri, ma è anche punto di convergenza degli altri sensi, vale a dire il letterale, lo spirituale e l'anagogico. L'impressione che si ricava dalla lettura di queste pagine, grazie anche alla fluidità della lingua nella quale sono rese in traduzione, è quella di uno sguardo ampio sull'umanità e sulla sua storia, che diventano, così, "luoghi" nei quali la visita di Dio consente un continuo passaggio dalla morte, cui l'essere umano è condannato dal peccato originale, alla vita, il grande dono di Dio, misericors per eccellenza, il cui cuore tenero è rivolto verso i miseri. L'esperienza storica di Cristo diviene così chiave interpretativa della vicenda di ogni uomo e della vita nuova, alla quale egli è chiamato su questa terra nell'attesa di un compimento che arriverà di certo, sia pure in una dimensione metastorica, simbolicamente evocata dalla tradizionale immagine della Gerusalemme celeste.... Dalla prefazione di Mons. Vincenzo Bertolone

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Information

LE SUPPLICHE INDIVIDUALI

Salmo 3

A TESTA ALTA

1. Psalmus. David, cum fugeret a facie Abessalom filii sui.
Salmo di Davide quando fuggiva davanti al figlio Assalonne.
2. Domine, quid multiplicati sunt, qui tribulant me?
Multi insurgunt adversum me,
Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.
3. multi dicunt animae meae: “Non est salus illi in Deo ejus”.
Molti dicono della mia vita:
“Per lui non c’è salvezza in Dio!”.
4. Tu autem, Domine, susceptor meus es, gloria mea et exaltans caput meum.
Ma tu sei mio scudo, Signore, sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.
5. Voce mea ad Dominum clamavi, et exaudivit me de monte sancto suo.
A gran voce grido al Signore ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.
6. Ego dormivi et soporatus sum, et exsurrexi, quia Dominus suscepit me.
Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene.
7. Non timebo millia populi circumdantis me.
Non temo la folla numerosa che intorno a me si è accampata.
8. Exsurge, Domine; salvum me fac, Deus meus; quoniam tu percussisti omnes adversantes mihi sine causa, dentes peccatorum contrivisti.
Sorgi, Signore, salvami, Dio mio.
Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici, hai spezzato i denti dei malvagi.
9. Domini est salus, et super populum tuum benedictio tua.
La salvezza viene dal Signore: sul tuo popolo la tua benedizione.

SALMO 3

1. Salmo. Di Davide. Quando fuggiva davanti al figlio Assalonne.

Mentre Assalonne inseguiva spietatamente suo padre Davide, scaraventato dallo slancio della mula su una folta quercia, attorcigliandosi i rami attorno al suo collo, rimase sospeso in aria, quasi in prefigurazione del traditore del Signore: come Giuda finì la sua vita legato a un cappio, così anche il persecutore di Davide morì strozzato. Come peraltro attesta la storia dei Re, questo salmo è posteriore a ciò cui si riferisce il salmo 50: si sa, infatti, che la persecuzione di suo figlio Assalonne avvenne dopo le colpe dell’adulterio e dell’omicidio. Si spiega comunque che sia stato posto a questo numero in rapporto al suo significato. Era infatti opportuno che occupasse il terzo posto il salmo che conteneva in sé sia la potenza della santa Trinità, sia il mistero della resurrezione avvenuta il terzo giorno. Proprio attraverso la liberazione di David viene debitamente indicata la risurrezione del Signore, affinché l’animo dei Cristiani, corroborato da tale esempio, sia costantemente incoraggiato nelle situazioni avverse. Un esempio simile si ha in quello che è chiamato Ottateuco, anteriore a Giobbe, dato che Mosè è esistito molti anni dopo. Perciò l’ordine di lettura è per lo più disposto non secondo una sequenza temporale, ma in base alla qualità dei contenuti. Si ricordi, tuttavia, che ci sono alcuni salmi che toccano fugacemente la passione e la resurrezione del Signore; altri invece l’annunciano più esplicitamente e apertamente; l’attuale comunque è il primo di quelli che ne parlano brevemente.

DIVISIONE DEL SALMO

Questo intero salmo si adatta bene alla persona di Cristo Signore. In verità la sua Persona è l’espressione della onnipotentissima Divinità, e l’umiltà della natura umana assunta sussiste [in essa] non in una confusa mescolanza, ma in forza di una unione indivisibile. Prima di tutto parla al Padre, condannando i persecutori, che dicevano contro di lui parole empie. In secondo luogo viene ammaestrato il popolo fedele, perché non si spaventi della morte: lo consola l’esempio del suo Creatore con la speranza di una resurrezione più che certa.

COMMENTO AL SALMO

2. Signore, quanti sono i miei avversari? Molti contro di me insorgono.

Questo inizio sembra quasi simile a quello del secondo salmo. Ma lì la domanda è di uno che si lamenta, qui invece [il salmista] si meraviglia che le moltitudini si siano sollevate contro di lui che era venuto per salvarle. Dicendo: Mi opprimono1, si mostra che [il Signore] abbia sofferto ancor di più per la cecità di coloro che rifiutarono con mente ostinata ciò che giovava alla loro salvezza, come si dirà nel salmo 34: Mi rendevano male per bene: una desolazione per la mia anima (v. 12).

3. Molti dicono della mia vita: “Per lui non c’è salvezza in Dio”.

Intanto furono molti, in quanto nel numero dei discepoli fu aggregato anche Giuda il traditore. E ripetendo abbastanza spesso molti, viene indicata la penosa moltitudine degli empi, i quali non furono capaci di tirarsi fuori in nessun modo da una serratissima cospirazione. Questo modo di dire si chiama ἐπέμβασις (“ripetizione”) ed è la figura che si ha quando si ripetono le parole con intento di enumerarle allo scopo di rafforzare la cosa di cui si parla.
Per lui non c’è salvezza in Dio. Ciò si riferisce a quelle espressioni dei Giudei che dicevano: Ha salvato altri e non può salvare se stesso! (Mt 27,42). E infatti si pensava che il Padre non avesse amore per il Figlio, consentendo che egli venisse ucciso nella sua carne. Oh, frase stoltissima di una folla empia! Forse che la redenzione del mondo non avrebbe dovuto appoggiarsi alla debolezza? Non altrimenti infatti poteva essere vinta l’insaziabile morte, se la vita non avesse attraversato le porte della sua tirannide. Così le tenebre non possono persistere, quando sono allontanate dalla presenza della luce.

4. Ma tu sei mio scudo, Signore, sei mia gloria e tieni alta la mia testa.

[Il Signore] è detto scudo tenendo conto della sua forma di servo; infatti scudo dell’uomo è il Verbo fatto carne. Perciò è la carne che parla della sua gloria e dell’innalzamento della sua testa: il Verbo onnipotente l’aveva assunto, in modo tale che la natura divina e la natura umana sussistessero in una sola persona senza nessuna confusione. Ciò serve anche a confutare i Pelagiani, i quali pensano che l’uomo possa fare da sé qualcosa di buono. Ma, domando, chi mai basterà a se stesso per fare il bene senza la generosità della grazia divina? È per mezzo della grazia, con cui è unita a Dio, che la natura umana è collocata alla destra del Padre. Cosa che Sant’Agostino ha spiegato a modo suo nell’Enchiridion più ampiamente e utilmente (Capp 55 e segg.). Inoltre è stato usata questa bellissima figura, in greco detta αὒξησις, in latino augmentum (“amplificazione”), che si ha quando, aggiungendo alcuni termini alle singole espressioni, si rafforza ciò che si vuol dire. Dice infatti: Ma tu, Signore, sei mio scudo, tu sei mia gloria e tieni alta la mia testa. Tale figura la utilizza abbastanza ampiamente anche l’Apostolo dicendo: Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (Rm 8,35). A questa è vicina la figura detta κλῖμαξ, in latino gradatio (“gradazione”), allorché, con una certa gradualità, aumenta sempre, sia la lode che il biasimo. Ma, tra le due figure, la differenza è questa: l’αὒξησις rafforza il contenuto senza nessuna ripetizione del termine, mentre nella κλῖμαξ è necessario che l’ultima parola, posta nel primo comma, si ripeta in ogni modo nella frase seguente, come fa l’Apostolo: Sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude (Rm 5,4.5).

5. A gran voce grido al Signore ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.

Quando dice mia2, [il salmista] indica la santissima purezza della sua preghiera. Infatti, nessuna ombra di fantasia avrebbe potuto recar danno alla sua integrità, che per lo più manca agli altri mortali per la debolezza della carne. Quello che poi dice: Al Signore innalzo la mia voce, lo attestano le parole del Vangelo, laddove il Figlio esclama Padre, glorifica il Figlio tuo (Gv 17,1) ecc. E infatti, quando dice mia, indica ciò che lui stesso aveva detto anche tramite i profeti. Anche ciò che poi segue: e mi risponde dalla sua santa montagna, lo riporta il testo del Vangelo, quando si udì su di lui la voce: L’ho glorificato e lo glorificherò ancora (Gv 12,28). Certo, con il termine “montagna” molto appropriatamente si intendono, in diversi passi, sia lo stesso Signore, sia i suoi santi, sia la Chiesa. Qui però l’espressione “dalla montagna” va intesa in questo modo, cioè dalla eminente altezza della divinità, così come recita un altro salmo: La tua giustizia è come le più alte montagne (Sal 35,7). Infatti era stato giusto che la natura della umanità assunta, che sulla terra aveva dato un singolare esempio di pazienza, ricevesse nei cieli il primato su tutte le creature.

6. Io mi corico, mi addormento e mi risveglio: il Signore mi sostiene.

[Il salmista] passa alla seconda parte, nella quale vengono rinvigoriti i cuori di coloro che dubitano, perché credano che sarebbe subito risorto colui che stavano per veder crocifisso da mani empie. Ha detto: Ho dormito, perché è risorto presto; in tale sonno c’è elemento vitale, per cui non si ha in esso il termine della vita, bensì un temporaneo riposo. Mi sono addormentato, intende una pausa tranquilla; non come gli empi che nella morte sono scossi, agitati come sono senza interruzione dalla consapevolezza dei loro peccati. Invece questo addormentarsi fu un beato sonno del sacro corpo. Svegliarsi, poi, è risorgere con prontezza: e difatti la carne, smessa la mortalità, assunse l’immortalità e la gloria sempiterna. Ma per quale motivo si era svegliato? Lo spiega chiaramente: Perché il Signore mi sostiene. La natura umana infatti non sarebbe potuta risorgere per propria capacità, se la divina onnipotenza non l’avesse sostenuta, così come lui stesso dice: Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo (Gv 10,18).

7. Non temo la folla numerosa che intorno a me si è accampata.

Non avrebbe potuto temere il popolo iniquo, colui che aveva una difesa nella propria divinità; e difatti è scritto nel Vangelo che una moltitudine di popolo lo circondò durante la sua passione. In proposito, il fatto che dice Non temo, non significa che non sarebbe morto, ma che non si sarebbe potuto spaventare della morte, sapendo in anticipo che sarebbe durata tre giorni e avrebbe giovato al mondo.

8. Sorgi, Signore, salvami, Dio mio. Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici, hai spezzato i denti dei malvagi.

Sorge non perché Dio stia dormendo o sia coricato, ma [dice così] perché le divine Scritture hanno la consuetudine di dire qualcosa su Dio secondo il nostro modo di rappresentare un argomento con linguaggio figurato. La metafora consiste nel trasferire un’espressione particolare dall’ambito di significato nel quale è propria a un altro nel quale propria non è. Salvami, Dio mio. Ciò è riferito alla resurrezione; infatti non avrebbe tollerato di evitare il tramonto di questa vita, colui che avrebbe giovato al genere umano. Il termine nemici, poi, non si riferisce solo alla morte, ma anche alle tesi degli eretici, e quanti sono coloro che, senza amore per la verità, contestano i princìpi cattolici con perverse dottrine. E a buon diritto sono colpiti di cecità nelle loro menti coloro che si erano dati ad abietti appetiti.
Hai spezzato i denti dei malvagi. Ciò si riferisce alle parole mordaci dei detrattori, che si oppongono alla potestà divina con empie dottrine. Sono stati infatti definiti “denti” dal termine latino demere (“triturare”). E perciò con molta eleganza i discorsi dei detrattori sono indicati come denti: come questi riducono in frammenti i cibi, così anche quelli corrodono i pensieri degli uomini riducendoli un po’ alla volta. Ma ciò può anche essere applicato ai Giudei, che dicevano: È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e crederemo in lui (Mt 27,42). Hai spezzato, cioè hai ridotto in nulla. Certo, sono stati davvero ridotti in polvere, allorché si son resi conto che era risorto nella gloria quello stesso che essi, disprezzandone l’umanità, avevano inteso trucidare.

9. La salvezza viene dal Signore: sul tuo popolo la tua benedizione.

Questa affermazione è proferita contro coloro i cui denti, come egli ha detto più su, erano stati frantumati. Con il proclamare infatti: la salvezza viene dal Signore, confonde coloro che credettero con disprezzabile presunzione di togliere la vita a Cristo come a un uomo terreno. Su che cosa inutilmente vi affa...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. INDICE
  5. Prefazione
  6. Introduzione
  7. Note per la lettura
  8. Le suppliche individuali
  9. Indice delle citazioni bibliche
  10. Indice delle figure retoriche