Le donne di Minsk
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Le donne di Minsk

La rivolta pacifica per la democrazia in Bielorussia

Laura Boldrini, Lia Quartapelle, Anna Zafesova, Giulia Lami, Ekaterina Ziuziuk, Riccardo Noury

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Le donne di Minsk

La rivolta pacifica per la democrazia in Bielorussia

Laura Boldrini, Lia Quartapelle, Anna Zafesova, Giulia Lami, Ekaterina Ziuziuk, Riccardo Noury

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Il 9 agosto 2020, appresi i risultati delle elezioni presidenziali, frutto di brogli e intimidazioni, una mobilitazione mai vista si riversa nelle piazze per protestare contro la conferma a presidente della Bielorussia di Aleksandr Lukashenko, da 26 anni al potere.
Le autorità di Minsk danno vita a una massiccia campagna di arresti nei confronti di migliaia di manifestanti pacifici, cui seguono torture nei centri di detenzione della capitale e di altre città del Paese.
Laura Boldrini e Lia Quartapelle solidarizzano immediatamente col movimento di protesta, il cui epicentro è l’attivismo delle donne: si recano a Vilnius per incontrare la leader dell’opposizione, Svetlana Tikhanovskaya, tornano in Italia per raccontare il loro viaggio e fondano un comitato di solidarietà, che intende sostenere il processo democratico raccogliendo intorno a sé l’attenzione dei movimenti per i diritti umani e che coinvolge da subito la diaspora bielorussa in Italia.
A distanza di un anno da quegli avvenimenti, questo libro vuole fare il punto della situazione, rendere omaggio alla straordinaria prova di coraggio delle piazze bielorusse, in modo particolare delle donne, e raccontare la recente storia di un Paese di cui si conosce poco.
“Una rivoluzione popolare, che oggi viene repressa con una brutalità che in Europa non si era vista dal 1968, dai carri armati russi a Praga. Le ragazze di Minsk che tanto avevano entusiasmato i fotografi oggi sono in carcere […] oppure sono scappate dal loro Paese, per paura di venire incarcerate, picchiate, stuprate. L’Ucraina, la Polonia e la Lituania sono piene di esuli, migliaia di persone che hanno scelto la fuga, spesso all’ultimo momento prima dell’arresto, di fronte al dilemma atroce se rischiare la libertà o mettersi in salvo e lasciare come ostaggi al regime parenti e amici. Le denunce di torture – per far confessare, per rivelare i nomi di altri attivisti, per puro sadismo – sono centinaia: manganelli, elettroshock, soffocamenti e le morti sospette in cella sono casi su cui nessuno indaga, nonostante alle famiglie vengano restituiti corpi con evidenti segni di traumi. Si viene arrestati per una parola sbagliata, un colore dei calzini (bianco-rosso) sgradito, per un post su Telegram”. (Anna Zafesova)

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Information

Year
2021
ISBN
9788868615499

Le donne di Minsk/Prima parte

Laura Boldrini e Lia Quartapelle dialogano con Riccardo Noury

26 gennaio 2021




Nella tradizionale distrazione del mese estivo per eccellenza, in un’ondata di irresponsabile euforia al grido “Non ce n’è Coviddi”, con buona parte dei mezzi d’informazione intenti a celebrare la “ripartenza”, in pochi ci rendemmo subito conto che alla fine della prima decade di agosto del 2020 in Bielorussia era successo qualcosa di grave, che avrebbe cambiato profondamente il Paese e la sua storia.

Tra quelle poche persone, le deputate Laura Boldrini e Lia Quartapelle – pur in un periodo di recesso parlamentare – presero subito la parola, denunciando la violenta repressione già contro le primissime manifestazioni e mettendo in moto l’organizzazione di iniziative, di denuncia, di azione politica e di solidarietà, che si sarebbero svolte a settembre e nei mesi a seguire.

Di tutto questo, le due parlamentari in prima linea nelle lotte per i diritti parlano nelle pagine che seguono.


Riccardo Noury
Dove vi trovavate durante la giornata del 9 agosto 2020, in occasione delle elezioni presidenziali bielorusse?

Lia Quartapelle
In realtà avevo iniziato a seguire la campagna elettorale bielorussa già prima del 9 agosto, dato che una serie di persone me l’aveva segnalata. C’erano stati anche dei primi articoli, addirittura sui giornali italiani, che però come sempre, purtroppo, riferiscono delle campagne elettorali estere attraverso dei racconti più di colore che non attraverso degli articoli di approfondimento. Diverse persone mi avevano segnalato, in particolare Anna Zafesova e alcuni ricercatori che lavorano sulla Russia, che gli avvenimenti in Bielorussia rappresentavano qualcosa di davvero significativo.

Per questo motivo avevo seguito la campagna elettorale ed ero rimasta sinceramente colpita dal genio organizzativo e creativo che sprigionava. Un chiaro esempio ne è stato il raduno organizzato in una foresta per aggirare il divieto di manifestare nelle piazze, un modo nuovo per continuare a manifestare il dissenso. Un altro aspetto molto interessante è rappresentato dall’utilizzo della Rete da parte dell’opposizione bielorussa, esperienza che dagli inizi della protesta si è protratta fino a oggi. I messaggi della protesta e della campagna elettorale usavano e usano infatti un linguaggio semplice, fresco e contemporaneo: come nel caso del meme di Svetlana Tikhanovskaya, rappresentata come Wonder Woman, o quello utilizzato dall’opposizione che raffigura Aleksandr Lukashenko come un cavaliere che viene inseguito da Tikhanovskaya, da Veronika Tsepkalo e da Maria Kolesnikova.

Ero rimasta colpita anche dal fatto che, di solito, a livello politico in Italia si tende sempre a prendere come modello Paesi come gli Stati Uniti; non pensiamo mai che anche Paesi come la Bielorussia, nonostante non abbiano una vera tradizione democratica, siano in grado di offrire degli esempi elettoralmente così dirompenti. Proprio per queste particolarità nello sviluppo della campagna elettorale e anche per la difficoltà del regime nell’arginare la crescita del movimento di opposizione, avevo già chiaro ancora prima del 9 agosto che le elezioni del 2020 sarebbero state differenti dalle altre che le avevano precedute.

Quando, il 9 agosto, si è iniziato a votare, il risultato delle elezioni era già evidente. La mobilitazione sia online che attorno ai seggi e anche le caratteristiche delle persone che si recavano a votare erano un buon presagio.

Laura Boldrini
Il 9 agosto si erano appena conclusi i lavori parlamentari per la pausa estiva ed ero partita per le Marche, la mia regione. Come per Lia, però, quel giorno non ha segnato l’inizio del mio interesse per la campagna elettorale bielorussa, perché già nelle settimane precedenti avevo preso a seguirne le vicende.

La mia attenzione verso la Bielorussia non era dovuta alla copertura mediatica operata dai giornali italiani, i quali raramente si occupano di ciò che accade in altri Stati, specie in caso di Paesi non considerati di particolare interesse; bensì al fatto che su alcuni media internazionali erano apparsi articoli sulla campagna elettorale e su come il regime aveva utilizzato fin da subito strumenti di repressione molto forti, arrestando ancora prima delle elezioni due leader dell’opposizione – Viktor Babaryko e il blogger Sergej Tikhanovsky – e facendone fuggire all’estero un terzo, Valery Tsepkalo. Era quindi evidente che il clima fosse caratterizzato da una forte tensione.

Quello che ne è seguito è stato l’aspetto davvero interessante e innovativo della campagna elettorale bielorussa, perché Lukashenko, mettendo fuori gioco le figure maschili del movimento di opposizione, ha indirettamente e involontariamente permesso a Svetlana Tikhanovskaya di raccogliere un larghissimo consenso, che molto probabilmente i leader uomini non avrebbero avuto.

L’aspetto da sottolineare è la concezione che Lukashenko ha delle donne in generale e, di conseguenza, di Svetlana Tikhanovskaya. A Lukashenko le donne interessano per la loro bellezza. Afferma addirittura che le donne belle non dovrebbero lasciare il Paese perché esportare quella avvenenza danneggia la Bielorussia. Sostiene che le donne non siano adatte alla politica, che ne devono stare lontane, quindi sottostima la componente femminile del movimento: per questo nell’immediato non rende la vita difficile a Tikhanovskaya, la lascia fare e le permette di raccogliere ben 435mila firme necessarie per candidarsi. In realtà, la ritiene la candidata ideale da stracciare con facilità, perché è una donna e poiché non ha esperienza politica. Pertanto la lascia agire, così da far trasparire all’estero un’immagine positiva e democratica del Paese. Dimostra di non aver paura, per poi alla fine vincere.

Ciò che Lukashenko però non ha capito è che Tikhanovskaya appare come un volto credibile agli occhi delle cittadine e dei cittadini bielorussi ed è al tempo stesso una figura capace di interpretare il malcontento ormai diffuso nella società. Un malcontento che nasce da una crisi economica pesante e dalla sottovalutazione del Covid-19 – nonostante abbia contratto anch’egli il virus, Lukashenko ha continuato a irridere i malati. Per questo la campagna elettorale di Svetlana Tikhanovskaya ha preso piede anche nelle zone di provincia e nei luoghi più remoti.

Insieme alle sue due compagne Veronika Tsepkalo e Maria Kolesnikova, Svetlana Tikhanovskaya è diventata un simbolo per i bielorussi. Gli avvenimenti che si sono susseguiti – le manifestazioni di protesta con centinaia di migliaia di persone, il consolidamento del movimento di opposizione, l’accordo per presentarsi uniti alle elezioni e il sostegno internazionale alle tre leader politiche – sono stati il modo più riuscito e incisivo per ripagare il maschilismo di Lukashenko. Tre donne hanno dimostrato in campagna elettorale di essere molto più credibili di lui. E tutto questo avveniva ancora prima del 9 agosto. C’era, dunque, da aspettarsi che una mobilitazione tale non sarebbe terminata con i brogli alle elezioni.

R. Noury
Il fatto che si siano trovate a competere per la presidenza delle candidate, ha in qualche modo fatto sì, almeno all’inizio, che i mezzi di informazione italiani abbiano sottovalutato il peso politico di questi avvenimenti? Limitandosi a trattare la campagna elettorale, come diceva poc’anzi Lia, come un fatto di colore quasi da rotocalco femminile…

L. Quartapelle
La presenza di leadership femminili è stata interpretata dai giornali come un fattore di colore più che come un dato politico, ma in realtà credo sia proprio questo il vero dato politico.

Avendo seguito processi di transizioni e altre elezioni nel mondo – penso per esempio alle transizioni africane – la prima cosa che mi aveva colpito in questo caso non era tanto che le protagoniste fossero donne, ma il fatto che le opposizioni si fossero unite. È molto raro che, in situazioni di democrature o di elezioni fittizie tenute dove ci sono regimi, le opposizioni riescano a unirsi.

Pertanto penso sia questo il reale dato politico, anche se fin dall’inizio è stato molto sottovalutato: la grande unità delle forze di opposizione. E non è stato per nulla un caso che questa saldatura politica tra opposizioni si sia creata proprio in quest’occasione. È stata quest’unione che ha dato l’opportunità ai cittadini di scegliere se votare a favore di Lukashenko oppure contro Lukashenko.

La solidarietà creatasi tra le donne protagoniste del movimento di opposizione, tra le componenti di una vera e propria squadra, dava l’idea che se una persona era contro Lukashenko allora automaticamente era con loro, indipendentemente dalla sua natura elitaria, populista o liberale.

Per certi versi potremmo dire che tutto ciò è stato reso possibile proprio grazie all’impoliticità di queste figure femminili: nessuna di loro aveva una storia politica pregressa e ciò ha permesso loro di essere più libere e di potersi mettere l’una a disposizione dell’altra. Un chiaro esempio ne è la campagna portata avanti dalla Kolesnikova a favore prima di Veranika Tsepkalo, in seguito di Tikhanovskaya, un cambiamento che dimostra la solidarietà e la capacità di lavorare insieme delle donne, che spesso gli uomini non sottolineano e che invece c’è. Molti hanno tralasciato o considerato secondario quest’elemento che è stato invece il loro vero punto di forza.

Tornando al 9 agosto, la domanda chiave che continuavo a pormi non era tanto: “Quale sarà il risultato elettorale?”, perché era evidente che stava accadendo qualcosa di importante, ma piuttosto: “Che cosa accadrà dopo?”. Per questo è stata fondamentale la gestione non solo della campagna elettorale ma anche della fase post-elettorale da parte di queste quattro donne. Dico quattro perché aggiungerei anche l’importante contributo di Svetlana Alexievich, che si è attivata molto soprattutto nei mesi successivi al voto del 9 agosto. Il modo in cui la situazione è stata gestita ha giocato un ruolo chiave ed è il motivo per cui, ancora oggi, siamo qui a parlare di Bielorussia, di una battaglia che non è ancora persa, ma che anzi permane di notevole importanza.

L. Boldrini
La componente femminile è fondamentale, ma come spesso avviene nei media italiani, quando sono le donne a essere protagoniste quest’importanza non viene riconosciuta né restituita. Questo avviene a mio giudizio perché, purtroppo, nelle redazioni a comandare sono quasi sempre uomini ancora impastati di pregiudizi che impediscono loro di vedere la forza delle donne e i loro successi. Due donne che vincono il premio Nobel per la Chimica sono raccontate in un autorevole quotidiano nazionale come le “Thelma e Louise del Dna”, e allo stesso modo questa bella rivoluzione viene rappresentata con donne vestite di bianco, ben messe, che sfidano i poliziotti con un fiore e un sorriso.

Questa lettura “estetica” è la più superficiale che si possa dare degli atti rivoluzionari delle cittadine e dei cittadini bielorussi, perché alla base c’è molto di più in termini sociali, culturali e politici, qualcosa appunto di rivoluzionario nei confronti di un sistema opprimente. Ciò che è accaduto è stato una vera e propria valorizzazione del femminile, un protagonismo che è esploso con buona pace di Lukashenko e dell’establishment che ancora fa quadrato intorno a lui.

È opportuna però una puntualizzazione. Queste protagoniste non sono arrivate sulla scena politica come espressione di un tempo maturo per le donne, anzi, la loro leadership è stata in qualche modo una scelta indotta. Esse sono subentrate in sostituzione degli uomini che guidavano l’opposizione ma che a un certo punto sono stati impossibilitati a farlo, perché arrestati o perché costretti a fuggire all’estero. Se non ci fosse stata una risposta così feroce e repressiva da parte del regime, gli uomini leader delle opposizioni avrebbero portato avanti la loro campagna elettorale e con ogni probabilità non avrebbero ottenuto un grande impatto.

Nel momento in cui è venuto a mancare l’assetto politico iniziale, preparato per sfidare Lukashenko, le donne hanno deciso di giocare un ruolo attivo. Dunque il loro protagonismo non nasce unicamente da una spinta femminista, ma dall’azione repressiva del governo di Lukashenko. Ed è, suo malgrado, lo stesso regime, nel tentativo di allontanare gli oppositori politici, a catalizzare l’attivismo delle donne.

Una strategia che ha segnato un autogol su più piani: in primo luogo, come già detto, ha stimolato e fatto esplodere il protagonismo delle donne; in secondo luogo, le sue azioni hanno portato l’opposizione a unirsi come mai avvenuto prima, a porsi in una posizione di forza rispetto all’esito elettorale. Perché la cosa interessante è che le candidate alla presidenza non sono state tre ma una sola: Svetlana Tikhanovskaya; mentre prima i candidati in opposizione a Lukashenko erano tre. E in ultimo, questo nuovo assetto ha suscitato l’attenzione della comunità internazionale.

Vittima del proprio maschilismo che gli ha fatto perdere lucidità e commettere errori di valutazione, Lukashenko pensava che tre donne non avrebbero mai potuto smuovere i cittadini bielorussi e che lasciarle agire sarebbe stata la mossa migliore.

Oggi possiamo concludere che la sua strategia abbia rappresentato un errore politico su tutta la linea. I leader delle opposizioni non sarebbero riusciti a creare l’alchimia capace di mettere in discussione l’autorità di Lukashenko; un’alchimia resa invece possibile grazie all’unità dell’opposizione sotto una leadership femminile, in un’alleanza forte e coesa. A dimostrazione di ciò, in ventisei anni di regime questa è la prima volta che le elezioni non sono state riconosciute come legittime dalla comunità internazionale. Anche le elezioni precedenti avevano suscitato perplessità, ma non si era arrivati ad affermare che erano state truccate. In questo caso, invece, l’intera comunità internazionale lo afferma, a esclusione del presidente russo Vladimir Putin e del segretario generale del Partito comunista cinese Xi Jinping.

R. Noury
Perché Lukashenko si è permesso di imbrogliare i suoi concittadini e il mondo in modo così eclatante? Visto chi aveva di fronte, ossia tre donne, pensava di potersi spavaldamente comportare come il padrone indiscusso della Bielorussia?

L. Quartapelle
Lukashenko decide di “imbrogliare” perché truccare le elezioni è ormai parte stessa della sua logica di pensiero: indìce le elezioni semplicemente per dire di averlo fatto. Ha sempre truccato i risultati delle urne, ad esclusione, forse, delle prime elezioni presidenziali alle quali ha corso, quelle del 1994. È il capo di un regime da 26 anni e pensa che le regole del regime siano queste, lui non può fare altro che imbrogliare.

L. Boldrini
Le azioni di Lukashenko sono anche il risultato di ciò che fino a quel momento gli è stato concesso di fare nella totale impunità.

R. Noury
Rispetto però alle elezioni dello scorso decennio, qual è ora l’elemento che fa la differenza? Cos’è che ha reso quelle che erano proteste molto blande e di élite delle vere proteste di massa?

L. Quartapelle
Questa volta ciò che fa la differenza è che stiamo assistendo a delle rivolte del popolo. Il popolo, infatti, si è riconosciuto fin dall’inizio nel messaggio di Svetlana Tikhanovskaya, seppure in realtà fosse un messaggio in bianco. È fondamentale tenere a mente che la Tikhanovskaya non si candida al fine di governare la Bielorussia, ma con l’unico obiettivo di indire di nuovo le elezioni e permettere ai cittadini e alle cittadine di votare democraticamente. Ed è proprio questo il messaggio che ha riunito il popolo bielorusso.

Inoltre, la cattiva gestione della pandemia da Covid-19 ha aggravato una situazione politica già critica: non dimentichiamo che Lukashenko è risultato positivo al Covid-19 e, nonostante ciò, ha continuato a portare avanti una cattiva gestione dell’emergenza sanitaria nel Paese, facendo addirittura finta che il virus non esistesse e continuando a deridere i cittadini. In secondo luogo, anche la pessima gestione del governo a livello economico ha aumentato notevolmente il malcontento.

Certo, già negli anni precedenti poteva esserci uno scontento diffuso rispetto alla mancanza di libertà o ad alcune azioni del governo di Lukashenko, ma in questo caso i problemi erano enormi e trasversali e si è arrivati a un punto di non ritorno. Quindi, la presenza di ragioni di fondo sommata all’unità e coesione dell’opposizione, ha portato a una rivolta del popolo, anzi a un vero e proprio rigetto da parte del popolo.

L. Boldrini
Alla base del sentimento di protesta troviamo di sicuro la crisi economica, la mala gestione del Covid-19, la disoccupazione e le problematiche del Paese che hanno causato un’alta tensione a livello sociale e politico.

Ma l’elemento innovativo in questo caso è proprio ...

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Boldrini, L., & Quartapelle, L. (2021). Le donne di Minsk ([edition unavailable]). Infinito Edizioni. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3118639/le-donne-di-minsk-la-rivolta-pacifica-per-la-democrazia-in-bielorussia-pdf (Original work published 2021)

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Boldrini, Laura, and Lia Quartapelle. (2021) 2021. Le Donne Di Minsk. [Edition unavailable]. Infinito Edizioni. https://www.perlego.com/book/3118639/le-donne-di-minsk-la-rivolta-pacifica-per-la-democrazia-in-bielorussia-pdf.

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Boldrini, L. and Quartapelle, L. (2021) Le donne di Minsk. [edition unavailable]. Infinito Edizioni. Available at: https://www.perlego.com/book/3118639/le-donne-di-minsk-la-rivolta-pacifica-per-la-democrazia-in-bielorussia-pdf (Accessed: 15 October 2022).

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Boldrini, Laura, and Lia Quartapelle. Le Donne Di Minsk. [edition unavailable]. Infinito Edizioni, 2021. Web. 15 Oct. 2022.