AAA Angiologia
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Entrata posteriore senza portiere

Claudio Allegra, Claudio Petruccioli

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AAA Angiologia

Entrata posteriore senza portiere

Claudio Allegra, Claudio Petruccioli

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Questo libretto, forse meglio libello, per i suoi contenuti critico-satirici è il tentativo di raccontare la storia di una società medica, l’Angiologia, non attraverso noiose e fredde enumerazioni di eventi congressuali, cariche onorifiche, numero di produzioni scientifiche e via dicendo, bensì attraverso i personaggi che vi hanno circolato sia attivamente che passivamente. Non è una raccolta di biografie né un tentativo di un romanzetto storico, bensì il tentativo di descrivere i personaggi, lasciandoli senza nome, tratteggiandoli prevalentemente nel loro lato umano e marginalmente scientifico e immergendoli nel loro contesto sociale e regionale. Vizi e Virtù o forse più vizi che virtù. L’anonimato degli attori sembra fatto ad arte per incuriosire il lettore ma anche forse per universalizzare alcuni comportamenti criticabili comuni a tanti “lei non sa chi sono io”, non solo nel mondo della Medicina.
“L’autore è fra i migliori degli addetti al culto della Dea Angiologia, se non il migliore; ovvio, quindi, che così lo abbiano sempre guardato e lo guardino ancora, che indossi il camice bianco in studio o il blazer blu d’ordinanza nei congressi internazionali. La sua identificazione con Gia (lui la chiama così, con un geniale diminutivo che libera il precedente ‘Angiolo’) è tanto naturale e perfetta che nessuno si chiede da dove nasca, come venga alimentata.
Questo libro è molto più che una raccolta di ritratti; è una lezione e – insieme – una confessione. Coincidono, perché nessuno può davvero insegnare se non quello che ha appreso vivendolo”. (Claudio Petruccioli)
I proventi derivanti dai diritti d’autore di questo libro vengono devoluti a Global Health Telemedicine Onlus.

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Information

Year
2021
ISBN
9788868615352

Indice dei contenuti

  • Prefazione
  • Nota dell’Autore
  • Prologo
  • I Padri Pellegrini
  • Titoliamolo “il grande vecchio”
  • Lo chiameremo “Regno delle due Sicilie”
  • Bologna a ultrasuoni
  • Pubblico e privato
  • Sud e non solo
  • Le dame bianche
  • O dei rami collaterali
  • Formula Uno
  • Angiologia e dintorni
  • Il salto generazionale
  • Come un gesto a mezz’aria
  • O delle terre abbandonate
  • Andiamo a lavare i panni in Arno
  • Lo zoccolo duro dell’Angiologia
  • Epilogo
  • Pensierino della sera
  • Filastrocca
  • Ringraziamenti
  • Collana Narrativa

© Copyright Infinito edizioni, 2021
Prima edizione: agosto 2021
Infinito edizioni S.r.l.
Formigine (MO)
Posta elettronica: [email protected]
Sito Internet: http://www.infinitoedizioni.it
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ISBN 9788868615352

Immagine di copertina: Claudio Allegra
Copertina: Infinito edizioni
Impaginazione e grafica: Giulia Pasqualin/Infinito edizioni

Alla famiglia “angiologia” cui ho sacrificato
la mia famiglia naturale.





A un padre che mi ha sempre rifiutato
affidandomi però il figlio.





A tutti quelli che mi hanno sopportato
e continuano affettuosamente a farlo.

Prefazione

di Claudio Petruccioli
giornalista, scrittore, già presidente del consiglio d’amministrazione della Rai




È fra i migliori degli addetti al culto della Dea Angiologia, se non il migliore; ovvio, quindi, che così lo abbiano sempre guardato e lo guardino ancora, che indossi il camice bianco in studio o il blazer blu d’ordinanza nei congressi internazionali. La sua identificazione con Gia (lui la chiama così, con un geniale diminutivo che libera il precedente “Angiolo”) è tanto naturale e perfetta che nessuno si chiede da dove nasca, come venga alimentata.
A lui esser visto così non piace, non è mai piaciuto. Gli fa crescere dentro un cruccio che gli ha impedito anche di godere appieno dei frutti che l’Angiologia gli ha largamente consentito di raccogliere. Gli altri non capiscono. Non capiscono che quanto a loro sembra meccanico, ovvio, è invece un atto creativo, vitale; una scintilla che scocca se e quando si è accumulata la carica giusta. Altrimenti non c’è nessuna identificazione; men che mai con una dea.
Alla fine, perciò, decide di darla lui la spiegazione. Ma non mette in tavola la pappa già bella scodellata. Non perché sia maligno; è che non sopporta chi si aspetta di raccogliere od ottenere qualcosa – qualsiasi cosa – senza applicazione, senza impegno e magari con qualche sotterfugio o con la spinta di qualche manina compiacente. Se vogliono capire gli elementi necessari li fornirà tutti; ma poi dovranno metterci del loro. Non tutti ci riusciranno? Possibile, anzi quasi sicuro; non sono pochi quelli che la risposta non la vedono neppure se gliela squaderni sotto gli occhi, per la semplice ragione che non si fanno mai la domanda. Chi vuole capire, qui trova tutto; a condizione che abbia il gusto della observatio e sappia far uso della ratio. E sia, ovviamente, disposto a sostenere la fatica che comporta l’attivazione dell’una e dell’altra.
In un primo tempo ha avuto la tentazione di ricorrere a una sua spontanea abilità, di cui si serve quando conversa – soprattutto a tavola, stimolato da un buon rosso – con amici e colleghi; ma talvolta anche quando scrive. Gli vengono parole che nel vocabolario italiano non esistono, neppure come voci antiquate o dialettali; o, se ci sono, hanno significati diversi da quelli per cui lui le usa. Gli ascoltatori, però, nel contesto capiscono tutti benissimo cosa vogliono dire. Anzi, quelle parole colpiscono e attirano l’attenzione perché aderiscono perfettamente a quel momento del racconto, a quel tratto del soggetto descritto; e riescono a trasmettere da sole una sensazione o un giudizio complessi, per i quali, altri, di parole ne userebbero due o più, e con esito meno efficace.
Una volta, un tale – forse per apparire colto – gli disse che il maestro in quell’arte era Carlo Emilio Gadda. “Ah! – replicò subito lui – il gran lombardo. Fosse fondato il tuo complimento, potrei definirmi il gran siciliano! Ma – aggiunse con gli occhi stretti in un sorriso – della Sicilia vera, la mia: quella in vista e a tiro dell’Etna”. Anche qui si è lasciato un po’ andare al suo vezzo paroloso, ne ha seminato qua e là un assaggio, un segnale: mediatoria, giudizievoli, maternalismo – e, in crescendo, pietibili, linguale, acarnale…
La tentazione originaria è immediatamente caduta quando gli si è affacciata in mente l’idea semplice e vera: “Ma io sono un pittore”. Era lo spunto che andava cercando; e ne sono nate le opere esposte nella galleria che segue. Sono ritratti di personaggi che l’autore ha incrociato e frequentato, con cui ha parlato, chiacchierato, passeggiato in momenti e occasioni diverse; personaggi che conosce bene perché li ha sempre studiati con acuminata simpatia e con partecipe, ironico distacco.
Sempre, però, con la massima attenzione, il massimo interesse, come quando studia un caso clinico; che, per lui, non è mai astratto, teorico: è quella precisa persona seduta davanti a lui, che ha osservato, esaminato, ascoltato a lungo; alla quale ora parla con la sua voce profonda, lenta e scandita, per consegnarle il consiglio che, se avrà successo, lo renderà felice altrettanto, se non più, di chi lo ha ricevuto.
È fatto così: applica la stessa dedizione, lo stesso metodo, qualunque sia l’oggetto di studio. Parte sempre dall’elemento minimo, elementare, che poi con miliardi di altri compone l’insieme, sia l’organismo umano o il dipinto compiuto. Sì, i capillari sono come le pennellate; e le pennellate sono come i capillari. Non sono – come alcuni suoi colleghi pensano – una delimitazione dello sguardo e del pensiero, sono l’inizio della conoscenza e della creazione.
Quella che segu...

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