Antichità - La civiltà romana - Mito e religione
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Antichità - La civiltà romana - Mito e religione

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 14

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Antichità - La civiltà romana - Mito e religione

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 14

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Di fronte ai Greci coi loro poemi epici, le loro tragedie e la loro lirica, cos'è la mitologia romana? La civiltà romana al pari di quella greca ha intessuto nei secoli la propria identità e le proprie aspirazioni di grandezza su di una florida messe di fabulae, al crocevia fra "tradizionalità" e "significatività": l'arrivo di Enea nel Lazio, la nascita dei gemelli, il ratto delle Sabine, le oche del Campidoglio, e ancora in Virgilio l'abbandono fatale di Didone da parte di Enea - a fondamento dell'atavica ostilità di Cartagine - la predizione delle glorie di Ottaviano, lo scontro epocale fra gli dei di Roma e le animalesche divinità egizie. Una mitologia che permea tutta la topografia di Roma, disegnando mappe favolose: il Palatino, la rupe Tarpea, il bosco che Romolo avrebbe destinato ad asylum, e tutti gli altri scorci di Roma che proprio da queste storie si caricano di senso ulteriore. E accanto al mito, si possono seguire il mutare delle sensibilità del popolo romano, l'avvento di nuove religioni e culti misterici fino all'arrivo del cristianesimo, con le lente ma profonde trasformazioni che porterà.In questo ebook la storia di una civiltà nel suo evolversi raccontata attraverso le sue leggende, le sue credenze e le sue divinità, tra letteratura e culto, mito e realtà, per riscoprire tutta la magia e il mistero che avvolgono la Roma antica.

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Information

Nascere, crescere, morire

Nascere e crescere
Maria Monteleone

Come tutti i momenti di passaggio importanti della vita, anche quelli della nascita e della crescita sono accompagnati a Roma da riti specifici che li sanciscono e ne favoriscono il buon esito. Nel dies natalis una serie di preghiere chiama una schiera di dèi a proteggere partoriente e bambino già durante il travaglio e le fasi iniziali della vita, dal primo vagito alla prima poppata, mentre altri riti e offerte agli dèi coniugali ne tutelano i primi giorni fino al dies lustralis, il giorno in cui, con un rito di purificazione (lustratio), il neonato è ufficialmente accolto nella famiglia e riceve il nome. Dopo un arco di tempo variabile dai 14 ai 17 anni i bambini escono dall’infanzia per entrare nell’età adulta, passaggio che segna anche la differenziazione sessuale e di ruoli sociali fra maschi e femmine.

Il giorno della nascita: gli dèi e i neonati, i riti di protezione e di ringraziamento

Quando nasce un bambino è un giorno di festa. A sancirlo non bastano le felicitazioni e gli auguri di amici e parenti: per un momento così importante è necessaria la presenza degli dèi, numerosi, chiamati a partecipare all’evento con riti e preghiere, probabilmente anche con offerte e sacrifici, a proteggere e favorire il buon esito del travaglio e un felice avvio della nuova vita. Purtroppo nessuna delle fonti a nostra disposizione ci descrive compiutamente cosa accade in quel giorno, né quali cambiamenti intervengano da un’epoca all’altra e nelle diverse classi sociali. Di conseguenza possiamo ricostruirne solo un quadro frammentario.
La puerpera è assistita dall’ostetrica e confortata dal supporto di altre donne a lei vicine, solitamente la madre, la zia, non di rado anche la suocera. E dopo Fluvonia, la dea che ha bloccato il flusso mestruale per tutta la gestazione, e Alemona, che si è occupata di far crescere e alimentare (alere) il feto, è ora il tempo di invocare le numerose divinità del parto: Numeries, perché la nascita avvenga velocemente (numero); i tre dèi Nixi, per aiutare la partoriente a spingere (niti); Candelifera, alla quale all’inizio del travaglio si accende una candela, che protegge madre e bambino dagli spiriti maligni e aiuta il piccolo a venire alla luce; e naturalmente la dea maggiore, Giunone Lucina, la dea per eccellenza del dare e venire alla luce, lux appunto. Nel suo tempio, per volere del re Servio Tullio, i genitori depongono una moneta per ogni nuovo nato.
Dionigi di Alicarnasso

Antiquitates Romanae, Libro IV, 15, 5

Come scrive Lucio Pisone nel primo libro dei suoi Annali, volendo poi conoscere il numero di coloro che abitavano nella città, e di quelli che nascevano e di quelli che morivano e di quelli che (raggiungendo la maggiore età) venivano registrati fra i viri, stabilì che per ciascuno i congiunti versassero una certa somma: al tesoro di Ilizia, che i Romani chiamano Giunone Lucina, per ogni nato; a quello di Afrodite nel bosco, che chiamano Libitina, per chi moriva; al tesoro di Juventas per coloro che entravano a far parte dei viri.
Dionigi di Alicarnasso, Antiquitates Romanae, trad. it. di M. Monteleone
Al parto sono presenti anche due gruppi di divinità profetiche: le due Carmente Postvorta, da post e vertere “volgere indietro”, e Antevorta o Porrima, da porro “in avanti”, vaticinatrici rispettivamente di ciò che deve ancora avvenire e di ciò che è già avvenuto. Esse sono inoltre protettrici rispettivamente del parto “rivoltato”, cioè podalico, e di quello cefalico. Nona e Decima, dee dei mesi “giusti” per partorire, rappresentano invece insieme a Parca, il cui nome deriva da partus, i Tria Fata: esse sono divinità della nascita e della profezia perché enunciano (fari) il destino (fatum) del neonato. Il bambino, protetto da tale schiera di divinità, appena nato, è immediatamente poggiato per terra dalla levatrice, che ne controlla le funzioni vitali.
È nel momento del contatto con la terra che secondo i Romani il bimbo saluta la vita emettendo il primo vagito, primo e più importante segno di vitalità e omen, presagio del suo futuro. Altri dèi presiedono a questo delicato momento, Vitumnus che dà il via alla vita, Ops, dea della terra e della prosperità, invocata ad accogliere nel suo seno il nuovo nato, Vaticanus ad aprirgli la bocca per il primo vagito e Sentinus, a dotarlo dei sensi, delle prime percezioni. In un secondo momento, verificato lo stato di buona salute del piccolo, l’ostetrica, sotto la protezione della dea Levana, lo solleva. Tollere infantem (“alzare il bambino dal suolo”) è un gesto che si ripete più di una volta nel giorno della nascita, ogni volta con diverso significato. Dapprima, come abbiamo visto, lo compie la levatrice, e al gesto materiale corrisponde anche simbolicamente l’auspicio che il neonato si alzi per bene da terra, raggiungendo con la crescita la posizione eretta, e dunque stabilità e robustezza. Successivamente invece, quando la levatrice lo avrà dichiarato in buona salute, lavato e avvolto nelle fasce, a sollevare l’infans sarà il padre, prendendolo in braccio per la prima volta, ma spesso anche solo dichiarando di volere tollere liberum, cioè di voler tenere presso di sé e “tirare su” il bambino come suo figlio legittimo. Si tratta di un atto senza alcun valore giuridico, ma di grande importanza simbolica e morale, il primo riconoscimento del neonato da parte del padre. La levatrice taglia il cordone ombelicale, lava il bambino e avvolto in fasce lo depone nella culla (cuna), su cui ora veglia la dea Cunina, per tenere lontani il malocchio e l’invidia, a cui i più piccoli, indifesi, sono costantemente esposti.
Anche il primo pasto del bambino è un passaggio tutelato dagli dèi, da Rumina per la precisione, che fa sì che le mammelle (rumae), producano buon latte fino allo svezzamento, quando per la prima volta il bambino mangerà (edere) e berrà (potare), sotto lo sguardo delle dee Educa e Potina. Solo quando nella stanza del parto tutto si è concluso, nei riti della nascita viene coinvolto il resto della casa, ovvero gli uomini, padre per primo. A lui tocca ornare porte e stipiti con corone di alloro, pianta sacra, purificatrice e benefica, simbolo di pace e vittoria. La prima notte di vita del figlio, con l’aiuto di altri due uomini il padre deve stare a guardia della domus e compiere un rito per impedire al dio agreste Silvano di entrarvi a vessare e tormentare madre e bambino: gireranno intorno al perimetro della casa, uno percuoterà la soglia con la scure, uno la batterà col pestello, uno la spazzerà con la scopa. Con questo rito saranno presenti i tre dèi Intercidona, Pilumno e Deverra, dèi delle attività umane che si svolgono negli spazi domestici, preposti alla potatura delle piante e al taglio della legna con la scure (intercisio), la macina col pestello (pilum) per fare la farina, la pulizia del pavimento, ovvero lo spazzare (deverrere). Grazie alle loro attività il selvatico e incultus Silvano non avrà accesso allo spazio “civilizzato” della casa.
Nel giorno della nascita e nei nove a seguire inoltre Pilumno non sarà presente solo fuori dalla casa, ma sarà accolto dentro, invitato a dormirvi e mangiarvi. Subito dopo il parto infatti per lui e per un altro dio, Picumno, nell’atrium, lo spazio più centrale e pubblico della domus, viene allestito un lectisternium, un banchetto imbandito ricco di vivande e offerte. Ciò in ragione del fatto che i due sono dii coniugales e infantium, dèi protettori del matrimonio e dei bambini, tanto che i Romani fanno derivare il nome Pilumno ora dal pestello (pilum) ora dal verbo pellere, “scacciare”, perché terrebbe lontani i mali che minacciano i neonati; Picumno invece altro non sarebbe se non il picchio (picus) l’animale che insieme alla lupa si prese cura di Romolo e Remo appena nati (l’una li allattava, l’altro li imbeccava). Non sempre tuttavia il lectisternium è dedicato a Pilumno e Picumno. Nelle case nobili e lontane dall’ambiente agricolo esso è offerto ad altre due divinità altrettanto rappresentative di matrimonio e procreazione, Giunone Lucina ed Ercole. A Giunone ci si rivolge non solo in quanto dea che aiuta il parto, ma come ipostasi della madre stessa, della madre che allatta, della matrona. Sulla sua mensa le amiche della partoriente che vengono in visita portano offerte e celebrano sacrifici. Dal canto suo invece Ercole viene chiamato in causa come protettore del neonato: forse perché l’eroe è venuto alla luce felicemente dopo un parto molto travagliato, o forse perché si spera che il bambino sia “adottato”, cioè protetto, da Giunone, come nel mito lo è stato Ercole, dietro preghiera dello stesso Giove. Pare inoltre che nel tempio di Giunone vi fosse una mensa offerta a Ercole e che i genitori vi portassero i bambini, perché mangiando anche loro da lì acquistassero la sua stessa forza. Forse il lectisternium offerto nell’atrio della casa il giorno della nascita assolve la stessa funzione, cioè trasmette la fortitudo ercolina al neonato.
Sicuramente però Ercole è lì presente insieme a Giunone in qualità anche lui di deus coniugalis: nell’ultima notte da vergine la sposa, come tutte le spose...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Frontespizio
  4. La collana
  5. Introduzione
  6. Il culto
  7. Gli dèi e le dee a Roma
  8. Il destino
  9. Nascere, crescere, morire
  10. Le trasformazioni religiose
  11. Piano dell'opera