Il Cinquecento - Filosofia
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Il Cinquecento - Filosofia

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 47

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Il Cinquecento - Filosofia

Storia della Civiltà Europea a cura di Umberto Eco - 47

About this book

Quattrocento e Cinquecento si caratterizzano per una reazione alla filosofia delle scuole medievali: la filosofia scolastica continua a prevalere nelle scuole universitarie e si parla a buona ragione di una scolastica postriformistica che va avanti a produrre sino al Seicento avanzato e con buoni risultati sul piano della teologia o della logica. Si può dire allora che con l'umanesimo quattrocentesco l'uomo, sino ad allora periferia dell'universo, ne diviene il centro, come evidente nell'Orazione sulla dignità dell'uomo di Pico della Mirandola. Tutto il pensiero filosofico del Cinquecento non può prescindere da questa significativa svolta del pensiero come pure sarà costretto a raffrontarsi con i significativi eventi politico-sociali che si susseguono dalla fine del Quattrocento a tutto il secolo successivo: la Riforma protestante, la pubblicazione del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico, che ribalta la visione tradizionale dell'universo, il Concilio di Trento, la nascita dei Gesuiti. In questo contesto figure centrali nella storia della filosofia del secolo sono Erasmo da Rotterdam e Thomas More, impegnati in quel confronto di dimensioni epocali, i cui risultati ci coinvolgono ancora. Questo ebook va dunque a scandagliare tutte le riflessioni filosofiche che accompagnano un secolo così decisivo per la storia europea, in cui da un lato gli Stati europei prendono forma definitiva e per la loro legittimazione o per una nuova teoria dello Stato si battono alcune delle più fervide menti dell'epoca, da Machiavelli a Bodin, da Thomas More a Campanella, e dall'altro si propongono nuove visioni della natura, con una nuova attenzione al rapporto tra anima e corpo e al primato del senso nell'osservazione delle cose naturali.

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Le tradizioni magico-ermetiche e mistiche

Paracelso (Philippus Aureulus Theofrastus, detto Paracelsus)
Antonio Clericuzio

L’opera del medico svizzero Paracelso fonde aspirazioni di rinnovamento religioso e sociale con un progetto di riforma della medicina basata sull’indagine diretta della natura e sulla chimica. Critico delle teorie e pratiche mediche tradizionali, Paracelso individua tre sostanze quali costituenti ultimi dei corpi e causa delle malattie: il sale, lo zolfo e il mercurio.

Una vita errabonda

La vita e l’opera di Paracelso si collocano all’interno delle turbolente vicende della Riforma e della guerra dei contadini in Germania. Nato a Einsiedeln, nel cuore della Svizzera centrale, all’età di 11-13 anni studia presso l’abbazia benedettina di St Paul im Lavanttal, probabilmente sotto la guida dell’abate Giovanni Tritemio, umanista e studioso di scienze occulte. Studia in varie università (inclusa Ferrara), ma non sembra che abbia mai conseguito alcun titolo. Intraprende viaggi in molti Paesi, durante i quali acquisisce conoscenze pratiche in fatto di medicina, chimica e farmacologia. Svolge la funzione di chirurgo militare e nel 1524 è a Salisburgo, dove pratica medicina per un anno. Simpatizza con i contadini tedeschi in rivolta contro i principi e aderisce alle idee più radicali della Riforma, in particolare alle concezioni degli anabattisti. Da Salisburgo passa a Strasburgo, dove si lega al riformatore Giovanni Ecolampadio (1482-1531), che lo aiuta si trasferirsi a Basilea. Qui cura con successo l’editore Johann Froben e ha tra i suoi pazienti Erasmo da Rotterdam. Grazie alla fama conseguita, riceve il duplice incarico di medico municipale e docente all’università. Paracelso manifesta pubblicamente la propria avversione per la medicina tradizionale: fa lezione in tedesco, anziché in latino (la lingua usata nelle università), dichiara di insegnare le proprie dottrine e non quelle di Ippocrate e Galeno (su cui si basava il curriculum) e dà alle fiamme uno dei libri di testo più diffusi, il Canone di Avicenna. L’opposizione dei medici e dell’università lo costringono ad abbandonare la città. Ha quindi inizio un nuovo periodo di peregrinazioni. Nel 1529 si stabilisce a Norimberga, città in cui confluiscono mercanti artigiani, con una fiorente industria tipografica, nonché uno dei maggiori centri culturali e scientifici dell’Europa del Rinascimento. Qui, Paracelso pubblica opere di medicina, religione e scritti di carattere profetico. Non perde occasione per scagliarsi contro gli esponenti della medicina ufficiale, accusati di tradire la vera missione del medico al fine di ottenere sempre maggiori guadagni. Tra i suoi principali interessi in questi anni vi è la cura della sifilide, che comincia a essere trattata con la corteccia di guaiaco, un rimedio considerato miracoloso, il cui commercio è monopolizzato dalla potente famiglia tedesca dei Fugger. L’uso del legno santo, come veniva chiamato il guaiaco, è respinto da Paracelso, che riconosce ad esso un solo miracolo, quello dei crescenti profitti che procurava ai Fugger. Costretto ad abbandonare Norimberga, inizia una nuova serie di viaggi, svolge attività medica tra i contadini svizzeri, studia le malattie dei minatori e le acque minerali. Nel 1538 torna in Carinzia, per poi trasferirsi di nuovo a Salisburgo, dove muore nel 1541. Immediatamente dopo la sua morte, la sua figura e le sue teorie (espresse con una terminologia estranea alla medicina ufficiale e spesso oscura) divengono oggetto di controversie: da alcuni accusato di pratiche magiche illecite, da altri un ignorante iconoclasta, da alcuni seguito come maestro e iniziatore di una nuova medicina.
Paracelso

Sull’alchimia
Paragrano

Pensiamo ora al terzo fondamento su cui riposa la medicina: questo è l’alchimia. Se il medico non è particolarmente e sommamente attento e competente su questo punto, tutta la sua arte è inutile. Giacché la natura è così sottile e sagace nelle sue cose che non vuol essere adoperata senza una grande arte; essa infatti non porta nulla alla luce che sia già di per se stesso compiuto, è l’uomo invece che deve portarlo a perfezione. Questo perfezionamento si chiama alchimia. Poiché l’alchimista è in ciò simile al fornaio che cuoce il pane, al vignaiuolo che fa il vino, al tessitore che fa il panno. Colui dunque che realizza in tutto quanto cresce nella natura a beneficio dell’uomo, la destinazione voluta della natura, è un alchimista. Sappi che in questa arte è implicita la stessa differenza che c’è nel caso che uno si prenda una pelle di pecora e se la metta addosso, a guisa di pelliccia o di vestito, allo stato grezzo: quanto rudimentale e maldestro è tutto ciò in confronto con la qualità del pellicciaio e del tessitore, così rudimentale e maldestro è che uno abbia qualcosa dalla natura senza avere dato a questa cosa nessuna preparazione, ciò è ancora più rudimentale e maldestro; poiché è in questione la salute, il corpo e la vita. Perciò tanta maggior diligenza dovrà essere applicata ed usata. Le arti tutte hanno esplorato la natura e rilevato la sua peculiarità allo scopo di saper seguire la natura in tutte le cose e di estrarre quel che in essa v’è di sommo. Soltanto nella medicina invece, dove ciò sarebbe quanto mai necessario, questo non è avvenuto; sotto questo aspetto essa è la più rozza e inabile di tutte le arti.
Paracelso, Paragrano, a cura di F. Masini, Roma-Bari, Laterza, 1973
Charles Webster

Magia e scienza da Paracelso a Newton

Solo poche volte nei suoi scritti, Paracelso si dimenticò di riferire le questioni di cui trattava al tema dell’origine e fine di tutte le cose. Le sue idee sulla vita e sulla materia si basavano sull’interpretazione che egli dava dei primi versi del libro della Genesi. Paracelso si espresse più volte, e in modi diversi, sul tema dell’escatologia… Egli insistette talvolta sulla possibilità di un ritorno imminente di Cristo. In particolare, la frequente apparizione di comete e la crescente instabilità dei tempi sembravano puntare in tale direzione. Il mondo sembrava decadere rapidamente, sembrava aver raggiunto l’ultima fase della sua vita. La conclusione logica doveva essere perciò una catastrofe universale, l’inizio di un nuovo mondo dello spirito, dopo la distruzione del vecchio mondo materiale… Tuttavia Paracelso predicava contro quei disperati che predicevano la fine del mondo, ed ammoniva che non si poteva sapere quante generazioni sarebbero passate prima della fine… Quale erede legittimo di Dio, e nonostante la sua caduta, l’uomo era destinato a ricevere in dono il regno della terra. L’uomo sarebbe riuscito a raggiungere il suo fine e sarebbe divenuto perfetto, ripristinando così il paradiso in terra sconfiggendo per sempre il demonio.
C. Webster, Magia e scienza da Paracelso a Newton, Bologna, Il Mulino, 1984
La medicina
Al sapere medico di carattere libresco, basato sulla lettura e sul commento dei classici della medicina greca e latina, Paracelso oppone una nuova concezione della medicina, fondata sull’osservazione della natura e del corpo umano, su competenze pratiche tramandate oralmente, sulla chimica. Il vero medico è colui che, abbandonando le dottrine degli antichi, percorre il mondo, perché – secondo Paracelso – ogni Paese e ogni popolo possiedono le proprie malattie specifiche e i propri rimedi specifici. Feroce critico dei privilegi dei medici, propugna una pratica medica ispirata ai principi del Vangelo: quella del medico – afferma Paracelso – è una missione che deve essere svolta al servizio dei deboli e bisognosi.
A fondamento del pensiero medico di Paracelso vi è l’idea che l’uomo sia un microcosmo, ovvero che vi sia una corrispondenza tra i fenomeni del mondo naturale e quelli che si verificano nel corpo umano. L’analogia tra il cosmo e il corpo umano ha una duplice valenza: se la fisiologia e gli stati patologici dell’uomo sono assimilati ai fenomeni naturali, allo stesso modo, l’intero universo è descritto come un essere vivente, nel quale si verificano digestioni, secrezioni, crescite, e le cui parti sono dotate di sensibilità, poteri attrattivi e repulsivi. L’universo paracelsiano è un tutto vivente nel quale sono presenti rapporti di corrispondenza tra le parti. Agli umori e alle facoltà della medicina galenica Paracelso contrappone una nuova concezione del corpo umano, attribuendo ad agenti incorporei (gli spiriti) le principali funzioni vitali. Gli spiriti sono presenti in tuti i corpi naturali e sono assorbiti dal corpo umano attraverso un processo analogo alla distillazione. La digestione e la respirazione sono reinterpretati come distillazione, fermentazione e sublimazione. La chimica, che tradizionalmente era considerata una disciplina eminentemente pratica e quindi di rango inferiore, per Paracelso e per i suoi seguaci, diviene il fondamento della medicina. I processi che il chimico o l’alchimista (per Paracelso i due termini si equivalgono) producono in laboratorio sono analoghi a quelli che avvengono in natura e nel corpo umano. Di conseguenza, la preparazione dei farmaci deve essere effettuata con procedimenti chimici, utilizzando minerali e metalli, sostanze estranee alla farmacologia galenica. Paracelso stabilisce un nuovo concetto di malattia: confuta la concezione tradizionale della malattia come squilibrio nel rapporto tra gli umori e sostiene che ogni malattia è prodotta da un agente patogeno specifico, da semi che dall’esterno penetrano nell’organismo e alterano i principi vitali, da lui chiamati archei. La malattia ha dunque una sede specifica e un’origine specifica. Se la malattia è causata da un indebolimento o alterazione del principio vitale in una certa parte del corpo, allora la terapia dovrà mirare a ripristinarne il funzionamento.

La chimica

Per Paracelso tutti i corpi naturali sono formati da tre principi chimici – i principi spagirici – sale, zolfo e mercurio, sostanze che si ottengono dall’analisi chimica di tutti i corpi. I tre principi hanno in Paracelso uno status alquanto ambiguo: con essi infatti non sono designati il sale, lo zolfo e il mercurio comuni, ma le loro essenze, ovvero sostanze purissime, da cui dipendono tutte le proprietà sensibili dei corpi. I quattro elementi aristotelici (terra, acqua, aria, fuoco) non scompaiono del tutto nella chimica paracelsiana, ma a essi è attribuito un ruolo secondario: sono definiti le “matrici” nelle quali operano i principi per formare i corpi composti. La chimica per Paracelso è strettamente legata alle sue applicazioni medico-farmacologiche, mentre nessun interesse è rivolto alla trasmutazione dei metalli, che costituiva uno dei temi centrali dell’alchimia medievale.
Paracelso adotta e rielabora una ricca messe di concezioni magiche, per lo più di origine neoplaton...

Table of contents

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Frontespizio
  4. La collana
  5. Introduzione
  6. Nascita della modernità
  7. Pensiero politico e utopia nell’età moderna
  8. Le tradizioni magico-ermetiche e mistiche
  9. Le tradizioni naturalistiche tra Cinquecento e Seicento
  10. Piano dell'opera