Tutor Magistralis. Ordinamento giudiziario e diritto pubblico per concorsi pubblici nel settore della Giustizia
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Tutor Magistralis. Ordinamento giudiziario e diritto pubblico per concorsi pubblici nel settore della Giustizia

Maria Rosaria Sodano

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L'opera è un compendio di ordinamento giudiziario e di diritto pubblico. Consta di due parti distinte. La prima, si propone di illustrare in termini semplici e divulgativi le regole che disciplinano l'esercizio della funzione giurisdizionale, la struttura degli Uffici, la regolamentazione del Consiglio Speriore della magistratura, l'organo di autogoverno dei giudici.. La seconda parte è dedicata alla materia del diritto pubblico nella sua piÚ ampia accezione. Comprende la trattazione dei principali istituti di diritto internazionale ed europeo, diritto costituzionale e diritto amministrativo; gli argomenti sono llustrati in maniera sintetica e chiara onde offrire una panomarica completa e riassuntiva del diritto pubblico.

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Information

Publisher
Youcanprint
Year
2022
ISBN
9791220380386
 
L’ordinamento giuridico
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Sommario: 1. La norma giuridica 2. Diritto oggettivo e soggettivo. 3. Diritti soggettivi ed interessi legittimi. 4. L’ordinamento giuridico. 5. Nozione di diritto pubblico..
1. La norma giuridica
L’uomo è “un animale sociale”, portato a vivere e a relazionarsi con gli altri suoi simili. Per questi motivi è necessario che la sua vita di relazione sia regolata sulla base di principi innati o codificati che noi chiamiamo di diritto e che impongono a tutti gli esseri umani di tenere alcuni comportamenti considerati fondamentali per ottenere un’ordinata convivenza civile.
Ogni gruppo sociale necessita di un insieme di regole o, più precisamente, di norme che ne disciplinano il funzionamento e di organi preposti a garantire la loro osservanza; una società nella quale mancano regole imposte da un’organizzazione centrale sarebbe, infatti, destinata a dissolversi nell’anarchia (Trabucchi). Le norme giuridiche si differenziano dal complesso delle altre norme (sociali, morali, di cortesia, di deontologia professionale) in quanto il loro rispetto è garantito dall’apparato statale. La norma giuridica prescinde dal caso che in concreto si può determinare (astrattezza) e si rivolge alla generalità dei consociati Essa presenta due elementi: il precetto, ovvero il comando e la sanzione, vale a dire la conseguenza derivante dalla sua trasgressione. Le sanzioni possono essere di qualsivoglia natura, amministrative, civili e penali.
Chi trasgredisce al comando imposto dalla norma commette un illecito che viene perseguito dagli organi dello Stato attraverso l’applicazione della sanzione indicata preventivamente dalla norma (principio di legalità). Per questi motivi esistono illeciti amministrativi, penali o civili a seconda di come la norma ne indichi specificamente la natura. La distinzione fra i vari tipi di illeciti è tipica, rimessa, cioè, alla scelta discrezionale del legislatore.
2. Diritto oggettivo e soggettivo
Spesso le regole sociali e le norme giuridiche si influenzano le une con le altre, determinando l’evoluzione della storia civile di uno Stato e costituendo il diritto in senso oggettivo, l’insieme, cioè, delle regole e dei principi che si traggono dal testo normativo attraverso l’attività di interpretazione e applicazione delle norme operata dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
Dal diritto oggettivo deve essere tenuto distinto il diritto in senso soggettivo, termine con il quale si indica il potere attribuito dalla legge agli uomini di agire per il soddisfacimento dei propri interessi invocando a tal fine le norme giuridiche codificate. Quando un soggetto giuridico interferisce con la pubblica amministrazione può essere titolare sia di diritti soggettivi che di interessi legittimi
3. Diritti soggettivi e interessi legittimi
Il diritto soggettivo è la posizione giuridica di vantaggio che spetta ad un soggetto in ordine ad un bene; ad essa corrisponde una tutela giuridica piena ed immediata che si esercita erga omnes. L’interesse legittimo è una situazione giuridica di vantaggio che spetta ad un soggetto in ordine ad un bene della vita oggetto di un provvedimento amministrativo e consistente nell’attribuzione a tale soggetto di poteri idonei ad influire sul corretto esercizio del potere, in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene. Perciò, quello che maggiormente distingue il diritto soggettivo dall’interesse legittimo è il carattere assoluto che l’ordinamento accorda al diritto soggettivo. L’interesse legittimo deve, al contrario, necessariamente rapportarsi all’esercizio del potere amministrativo rispetto al quale il soggetto titolare dell’interesse legittimo si pone in una posizione differenziata rispetto a quella della generalità dei soggetti; anche nel caso dell’interesse legittimo, la norma posta a disciplina dell’esercizio del potere della pubblica amministrazione per il perseguimento dell’interesse pubblico primario deve prevedere, seppure implicitamente, l’interesse sostanziale individuale connesso all’interesse pubblico. Gli interessi legittimi si distinguono in interessi legittimi pretensivi e interessi legittimi oppositivi. I primi si sostanziano nella pretesa del titolare a che l’amministrazione adotti un determinato provvedimento, i secondi legittimano il titolare a opporsi all’adozione di atti pregiudizievoli della propria sfera giuridica.
La distinzione fra le due posizioni soggettive differenzia il riparto di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice amministrativo ai sensi dell’art, 103 c.p.a. Tale distinzione, in origine contrapposta fra la giurisprudenza amministrativa e quella ordinaria, è oggi pacificamente fondata sul tipo di pretesa che il privato può vantare nei confronti dell’autorità amministrativa. Molteplici sono i criteri adottati sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina per un discrimen fra le due posizioni. Se ne menzionano essenzialmente tre anche se la distinzione non sembra essere sul punto completamente esaustiva: a) diversità di struttura della norma attributiva del potere alla PA (di relazione se diritto soggettivo di azione se interesse illegittimo); b) distinzione tra potere vincolato e potere discrezionale (presenza di interesse legittimo solo in quest’ultimo caso); c) diversa natura del vizio fatto valere dal privato (nel caso di interesse legittimo vi sarebbe un cattivo uso del potere, mentre negli altri casi vi sarebbe una carenza assoluta di potere anche se non sono mancati contrasti nell’ipotesi in cui l’uso del potere da parte della PA sia astrattamente concepibile e tuttavia la stessa abbia agito in assenza dei presupposti previsti dalla legge).
Negli ultimi anni hanno assunto sempre maggiore rilevanza nello scenario degli interessi legittimi gli interessi collettivi, la cui tutela è attualmente al centro di un intenso dibattito interpretativo. Sul punto giova sin da subito chiarire che per interesse collettivo si intende l’interesse che fa capo non al singolo soggetto privato (come tale portatore di un interesse individuale) ma ad un ente giuridico rappresentativo degli interessi dei soggetti che in esso si riconoscono. In questo senso gli interessi collettivi vanno distinti dai cd. interessi diffusi, di norma privi di tutela e riferibili in modo indifferenziato alla collettività.
In via di prima approssimazione, quindi, può dirsi che l’interesse collettivo è quello di cui è portatore il soggetto dell’ordinamento cui è attribuita la qualifica di ente esponenziale di una collettività (cd. ente collettivo), in ragione di una possibile individuazione di tali collettività, attraverso l’appartenenza – giuridicamente definita e persistente nel tempo – di coloro che le compongono e che insistono in un determinato territorio o appartengono ad una determinata categoria. Tali enti possono essere sia riconosciuti come tali dall’ordinamento giuridico (gli enti territoriali trovano il proprio riconoscimento negli articoli 5 e 114 Cost.; le organizzazioni sindacali nell’art. 39 Cost.), sia manifestarsi per effetto della libertà di associazione, espressamente riconosciuta dall’ordinamento (art. 18 Cost.).
In quest’ultimo caso, tuttavia, perché la loro costituzione possa renderli titolari di interessi collettivi, occorre che i singoli associati si caratterizzino non già per essere una aggregazione meramente seriale ed occasionale, ma per essere identificabili in relazione ad un vincolo che, in quanto afferente ad una realtà territoriale o ad una medesima manifestazione non occasionale della vita di relazione, si presenti come concreto (quanto al suo oggetto) e temporalmente persistente (quanto alla sua durata).
Gli enti collettivi – oltre ad avere caratteristiche diverse quanto alla personalità giuridica – possono quindi essere titolari sia (al pari dei soggetti singoli) di posizioni giuridiche proprie (diritti soggettivi ed interessi legittimi), sia di posizioni giuridiche “collettive” (appunto, interessi collettivi). 
 
4. Nozione di diritto pubblico
Qualunque organizzazione sociale costituisce un ordinamento giuridico. Infatti un’organizzazione per essere tale, ha bisogno di un complesso di regole che ne disciplinano la vita e l’attività. Le regole che costituiscono il diritto di una determinata organizzazione, considerate nel loro insieme, formano, appunto, un ordinamento giuridico che, nel caso in cui sia riferito allo Stato, è originario ed indipendente, tale cioè da non aver bisogno di alcun riconoscimento. La sua organizzazione non è infatti soggetta ad un controllo di validità da parte di un’altra.
S’intende per diritto pubblico il complesso delle norme appartenenti a quel ramo dell'ordinamento giuridico che disciplina l'organizzazione dello Stato e degli altri enti pubblici, regola la loro azione ed impone ai privati un determinato comportamento cui sono tenuti per rispettare la vita associata e far reperire dei mezzi finanziari necessari per il perseguimento delle finalità pubbliche. In tali rapporti, lo Stato e gli altri enti pubblici, in quanto portatori di interessi generali e titolari di un potere di comando, si trovano quasi sempre in una posizione di supremazia rispetto ai cittadini. Fanno parte del diritto pubblico il diritto costituzionale (che contiene i principi fondamentali della vita e del funzionamento dello Stato), il diritto penale, il diritto tributario (che regola i rapporti tra privati e l’amministrazione in merito all’imposizione e alla riscossione dei tributi), il diritto processuale (che disciplina il funzionamento degli organi di giustizia regolando il processo civile, penale e amministrativo), il diritto ecclesiastico (che disciplina i rapporti tra Stato e Chiesa).
Ordinamento giudiziario
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1 - Il sistema giudiziario italiano. Giurisdizione ordinaria e speciale (T.A.R., Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Commissioni tributarie, Giustizia militare) 2. I principi dell’ordinamento giudiziario. 3. Il Consiglio superiore della magistratura. 4. Il Ministro della giustizia. 5. Il Consiglio direttivo della Cassazione ed i Consigli giudiziari 6. L’organizzazione giudiziaria degli uffici giudiziari giudicanti civili e penali.Il sistema tabellare. 7. L’organizzazione giudiziaria degli uffici requirenti. 8. La dirigenza giudiziaria. 9. L’accesso in magistratura. 10. La Scuola Superiore della magistratura 11. Lo status giuridico della magistratura (requirente e giudicante) 12. Il codice deontologico. Gli illeciti disciplinari 13. La responsabilità civile dei magistrati- 14. La magistratura onoraria 15. Prospettive di riforma .
1.Il sistema giudiziario italiano
Per sistema giudiziario può intendersi l’insieme degli organi dello Stato chiamati allo ius dicere,ad assumere una decisione su una determinata controversia secondo le regole del diritto. Tali organi costituiscono, in funzione dell’assetto organizzativo e del tipo di materia sui quali sono chiamati a giudicare, la giurisdizione costituzionale, la giurisdizione ordinaria o le giurisdizioni speciali.
Per Magistratura ordinaria si intende quella istituita e disciplinata dall’ordinamento giudiziario, mentre per giurisdizione speciale quella che si occupa esclusivamente di determinate materie. Per garantire l’applicazione uniforme della legge, la Costituzione, all’art. 102, demanda l’applicazione della legge alla sola giurisdizione ordinaria, vietando l’istituzione di giudici speciali, ad eccezione di quelli specificamente indicati all’art. 113 Cost.
Le giurisdizioni speciali previste dalla Costituzione sono quella amministrativa, contabile e quella militare (art. 113 e VI disposizione transitoria Cost.)
La giurisdizione amministrativa (demandata al Consiglio di Stato in secondo grado e ai Tribunali amministrativi regionali in primo grado) si occupa delle controversie in materia di interessi legittimi (e, in taluni casi, di diritti soggettivi) nei rapporti che coinvolgono la pubblica amministrazione, giudicando della legittimità degli atti amministrativi. L’organo di governo autonomo è il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa La ragione di tale ripartizione deriva da un’esigenza avvertita negli ordinamenti di civil law nell’ambito dei quali la pubblica amministrazione, quando agisce in veste autoritativa, si pone in una posizione differente rispetto a quella degli altri soggetti dell’ordinamento, per cui anche la tutela giurisdizionale deve essere attribuita a un giudice diverso da quello ordinario. Pertanto, tali sistemi hanno adottato il modello dualistico di giurisdizione sopra delineato. Diversa è la situazione negli ordinamenti di common law, che, infatti, hanno adottato un modello monistico di giurisdizione, nell’ambito del quale la pubblica amministrazione non assume una configurazione particolare rispetto agli altri soggetti e, di conseguenza, la tutela giurisdizionale è affidata a un giudice unico.
La giurisdizione contabile (demandata alla Corte dei Conti e alle sue sezioni regionali) ha ad oggetto il controllo preventivo di legittimitĂ  su numerosi atti del Governo e di altri organi pubblici, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle ammi...

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