La claque del libro
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La claque del libro

Ambrogio Borsani

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La claque del libro

Ambrogio Borsani

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Abbandonato l'utero dello stampatore il libro si trova di fronte la spaventosa giungla del mercato. Editori rivali, eserciti di concorrenti, scrittori invidiosi, cecchini della critica, influencer malevoli. E su tutti domina il nemico mortale: l'indifferenza del mondo. Contro questi pericoli l'editore provvede a sostenere alcuni dei nuovi nati con squadre di promotori, uffici stampa, agenti pubblicitari.La claque del libro ricostruisce la storia delle promozioni editoriali nei secoli. A cominciare da Peter Shöffer, collaboratore di Gutenberg che nel 1469 per primo ebbe l'idea di stampare un foglio con diciannove titoli e di affiggerlo ai muri.Il libro di Ambrogio Borsani ripercorre le tappe fondamentali delle operazioni di sostegno al libro intrecciandole con la storia della pubblicità. Da Shöffer a Renaudot, primo teorico dello scambio. Da Parmentier a Diderot, infaticabile promotore dell'Encyclopédie. La grande stagione dei manifesti, da Chéret a Depero. Si ricostruiscono le case-histories di lanci clamorosi come quello di Fantomas, l'esempio più sorprendente di marketing tra i libri seriali del primo Novecento, e altri eventi straordinari come Via col vento e Il Piccolo Principe. Storie di grandi scrittori come Mark Twain, Hemingway e Steinbeck che si prestavano volentieri alla pubblicità. Un viaggio tra grandi successi e tonfi paurosi, fino a osservare il libro al tempo dei social. Follower, influencer, like, stroncature, cuoricini, emoticon ammiccanti o dispettosi, incensi e veleni della rete. Dai metodi inflazionati di promozione che promettono a tutti un grande successo al singolare caso di Rupi Kaur, astuta regina della poesia social. La storia del libro come racconto appassionante di splendori e miserie del mondo editoriale.

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Information

Publisher
Neri Pozza
Year
2019
ISBN
9788854518681

La rivoluzione del Novecento

Le industrie culturali sono tre: la produzione artistica e letteraria; l’insegnamento; i lavori di pubblicità, informazione (relazione) e editoria.
Fernando Pessoa,
Sull’industria, l’editoria e la pubblicità
L’arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria.
Fortunato Depero,
Manifesto futurista della pubblicità
L’uomo che all’apertura del secolo scaraventò la pubblicità sull’altare dell’arte, prima di incontrare il Futurismo disegnava lapidi funebri e strani esseri alieni, spaventosi e mortuari, simili a E.T. (fig. 30). Poi, sulla via di Roma, Fortunato Depero cadde folgorato dalla visione di Balla, Boccioni, Marinetti e si dedicò alla pubblicità con totale dedizione. Non più visioni mortuarie, ma vitalità abbagliante. Il suo concetto di arte si era fatto sempre più chiaro. Se un artista è artista, ciò che produce è arte, sia che crei dipinti senza committenza sia che lavori per le aziende. Fu coerente. Invitato alla XV Biennale di Venezia nel 1926, Depero vi espose Squisito al seltz, un enorme quadro che era un inno alla Campari.
30. Fortunato Depero, disegni per Spezzature, 1913.
30. Fortunato Depero, disegni per Spezzature, 1913.
Il suo contributo alla comunicazione editoriale fu notevole. Disegnò copertine di libri e di riviste, caratteri, tavole grafiche e una quantità smisurata di immagini pubblicitarie, anche per prodotti editoriali, spesso rimaste sotto forma di bozzetti. Creò “cataloghi” straordinari per pubblicizzare se stesso. Uno di questi è considerato tra i volumi più importanti nella storia del libro d’artista. Si intitola Depero Futurista, ma è più noto come Imbullonato (fig. 31). Un libro rilegato con due bulloni non si era mai visto, allora. Dopo lo imitarono in molti. Le pagine, progettate con libertà grafiche straordinarie, presentano i lavori creati da Depero nella sua Casa d’arte di Rovereto, dove si producevano tappeti, gilet, mobili, cravatte, arazzi, quadri… L’Imbullonato è il libro di un genio che celebra il suo talento, è autopubblicità di altissimo livello. Depero lo inizia con piglio impetuoso esprimendo la necessità dell’artista di valorizzarsi da solo:
31. Depero Futurista (“Libro imbullonato”), Azari, Milano, 1927.
31. Depero Futurista (“Libro imbullonato”), Azari, Milano, 1927.
«L’autoréclame non è vana, inutile o esagerata espressione di megalomania, ma bensì indispensabile NECESSITÀ per far conoscere rapidamente al pubblico le proprie idee e creazioni. In qualunque campo della produzione al di fuori dell’arte è permessa e ammessa la più strepitosa réclame; ogni industriale può e fa la più ardita pubblicità ai suoi prodotti; soltanto per noi produttori di genialità, di bellezza, di arte, la pubblicità è considerata cosa anormale, mania arrivista e sfacciata immodestia. È ora di finirla con il riconoscimento dell’artista dopo la morte o in avanzata vecchiaia. L’artista ha bisogno di essere riconosciuto, valutato e glorificato in vita, e perciò ha diritto di usare tutti i mezzi più efficaci ed impensati per la réclame al proprio genio e alle proprie opere. Il primo e più competente critico dell’opera d’arte è l’artista che l’ha creata: a lui tutti i mezzi per illustrarla e per lanciarla. Se l’artista attende la celebrità e la riconoscenza dell’opera propria per mezzo altrui ha tempo di morire 5000 volte di fame».
Di notevole rilievo, nel suo lavoro per l’editoria, ci sono anche le architetture progettate per il padiglione della casa editrice Treves (fig. 32). Una costruzione composta da lettere dell’alfabeto di assoluta originalità architettonica e di perfetta espressione promozionale.
32. Fortunato Depero, padiglione per l’editore Treves, Monza, Esposizione per le Arti Decorative, 1927.
32. Fortunato Depero, padiglione per l’editore Treves, Monza, Esposizione per le Arti Decorative, 1927.
Il XX secolo era destinato a espandere i consumi, a offrire merci per un pubblico sempre più allargato. La pubblicità secondo alcuni doveva servire a far conoscere i nuovi prodotti accessibili a fasce più vaste di pubblico, secondo altri doveva solo creare nuovi desideri per incrementare il consumismo e arricchire le aziende. Tra gli oggetti in espansione rientrava il libro. I costi di produzione della carta stampata si abbassavano, le tirature aumentavano, sempre più persone potevano permettersi un libro. E il prodotto culturale, espandendosi, diventava sempre meno culturale e sempre più prodotto.
L’industria editoriale, anticamente fabbrica di libri colti per chi era già colto, cominciò a rivolgersi a chi si era sentito escluso per ragioni economiche. Già dal Settecento si era capito che il libro poteva essere un “affare”, un affare colto. L’Encyclopédie, come abbiamo visto, fu un’impresa culturale ma anche economica, tanto che Darnton la chiamò «L’affare dei lumi». E nel XX secolo crescevano i libri culturalmente ed economicamente accessibili a un pubblico vasto. Non più solo Bibbie e Salteri come ai tempi di Gutenberg e Schöffer, ma anche romanzi. Letture appassionanti. Uno dei casi più eclatanti del Settecento fu Paul et Virginie, un’opera strappalacrime con fondali esotici, amore appassionato e perverso senso del pudore. La prima edizione del 1788 divenne subito un bestseller e dopo qualche anno si contavano decine di edizioni pirata. Il romanzo venne trasposto in “fumetto”, ovvero raccontato con tavole dalle Imagerie d’Epinal. Si fece un’opera lirica, opere teatrali, si fabbricarono gadget. L’idea di sfruttamento allargato di un successo cominciava a farsi strada. Tuttavia i libri di grande tiratura dell’Ottocento, come Pinocchio e La capanna dello zio Tom, furono successi spontanei, non progettati a tavolino. La capanna dello zio Tom, pubblicato a puntate su “The National Era” diventò un bestseller da 300.000 copie in un anno nella sola America. L’industria culturale era intervenuta a sostenere il libro con della pubblicità dopo una partenza spontanea veloce, quando si vedevano i segni di un grande successo. Anche Pinocchio era stato annunciato in piccoli spazi sul “Corriere del Mattino” perché c’era già stato un ampio consenso per l’uscita a puntate sul “Giornale per i Bambini”. Il marketing allora era affidato al talento dello scrittore che riusciva a incantare il lettore.
Nel Novecento, più il pubblico si allargava più si andava verso un gusto allargato. Dal successo che un autore poteva incontrare per caso, si passò alla progettazione di un successo. Tra i primi casi eclatanti in Europa vi fu quello di Fantômas.
I due autori, Pierre Souvestre e Marcel Allain, si incontrarono per caso a Parigi, come Bouvard e Pécuchet. Avevano i piedi nell’Ottocento e la testa nel Novecento. Souvestre, nato a Plomelin nel 1874, era avvocato con una posizione di rilievo nel mondo del giornalismo e qualche libro alle spalle. Allain, più giovane, era nato a Parigi nel 1885. Anche lui aveva fatto studi di giurisprudenza, e dopo essersi affermato come cronista era diventato assistente di Souvestre. I due avevano in comune vaghe ambizioni letterarie. Nel 1910 l’editore Fayard propose a Souvestre un vantaggioso contratto per un progetto seriale. Forse aveva in mente i successi di Rocambole e Arsène Lupin. Fayard voleva un libro al mese destinato al grande pubblico. Souvestre ingaggiò subito Allain. Nel febbraio del 1911 apparve Fantômas, il primo libro di una lunga serie, nato sotto l’insegna della pubblicità, a cominciare dalla rappresentazione visiva del personaggio protagonista. L’immagine di Fantômas sulla copertina infatti era un disegno di Gino Starace (fig. 33) ispirata alla pubblicità delle pillole Pink, un farmaco pour personnes pâles (fig. 34). Così si presentava il marketing prima che il marketing fosse inventato. L’operazione venne sostenuta anche da una campagna pubblicitaria (fig. 35) e il primo libro raggiunse rapidamente le 100.000 copie. Oggi che il marketing si basa più su una emulazione di quello che fa tendenza e non alla individuazione di filoni nuovi, il progetto Fantômas può essere considerato un’anticipazione della nascente industria del libro seriale. Oltre al clamoroso successo di pubblico, Fantômas ebbe notevoli approvazioni culturali.
33. Copertina di Gino Starace per il primo libro di Fantômas, 1911.
33. Copertina di Gino Starace per il primo libro di Fantômas, 1911.
34. Pubblicità per le pillole Pink, ripresa da Starace per Fantômas.
34. Pubblicità per le pillole Pink, ripresa da Starace per Fantômas.
35. Pubblicità per Fantômas, 1911.
35. Pubblicità per Fantômas, 1911.
«La sua estetica, così come la tecnica del movimento, ispireranno gli artisti d’avanguardia che vedranno in Fantômas il portatore di nuovi mezzi espressivi, come la stesura a collage che si ritrova nel montaggio cinematografico. Artisti come Cendrars, Aragon, Jacob, Apollinaire o Moerman faranno di Fantômas un motivo e un principio poetico» scrive Annabel Audureau in un libro sul progetto Fantômas.
Blaise Cendrars dedicò addirittura un poema all’eroe mascherato. Magritte dipinse un quadro dove si vede un Fantômas quasi identico a quello di Starace, tranne che nella mano destra stringe un fiore invece di un pugnale.
Souvestre e Allain riuscivano a tenere il ritmo, un libro al mese. Dopo aver deciso la trama assieme, dettavano separatamente a una segretaria. I surrealisti videro in questo modo di lavorare l’attuazione della “scrittura automatica” che avevano teorizzato. In realtà si trattava di qualcosa di molto diverso. Gli autori volevano costruire in poco tempo ciò che una vasta fascia di pubblico desiderava, non ciò che loro sentivano. Prima il target, poi il prodotto mirato. Era nato il marketing editoriale moderno, in modo spontaneo e con un clamoroso successo. Dal 1913 al 1914 vennero prodotti cinque serial cinematografici girati da Louis Feuillade; i filmati andavano da tre a sei episodi ciascuno. Tra il 1920 e il 1921 ci fu una produzione americana di venti episodi prodotti dalla Twentieth Century Fox. Una delle ultime miniserie è stata creata nel 1980 da una produzione franco-tedesca. Questo era marketing, creare un’idea che poteva generare prodotti all’infinito, e sfruttarla fino all’osso.
C’erano già stati libri seriali in Francia, Arsène Lupin di Maurice Leblanc e Rocambole di Ponson du Terrail, che avevano prodotto film. Ma il ciclo di Fantômas era molto più studiato, più progettato, più sicuro come meccanismo, più adatto alla costruzione programmata dell’opera e del suo sfruttamento.
E volendo risalire all’origine della progettazione letteraria di un successo popolare si dovrebbe risalire al feuilletton e ai romanzi a dispense, capitoli diffusi settimanalmente nelle edicole. Si ritorna ancora a de Girardin e a quel fatidico 22 luglio 1836…
Di fatto nel Novecento si incominciò a capire che il libro andava seguito se si voleva ricavarne vantaggi. Diventava sempre più difficile abbandonare un’opera lungo le strade spaventose del mondo letterario senza un piccolo sostegno, un aiuto, un’assistenza. Con l’aumento della produzione il libro andava incontro a pericoli letali. A ogni angolo si aprivano voragini, dentro i boschetti luccicavano pugnali di critici sanguinari, dietro ogni svolta si scorgevano gli occhi assassini di sicari senza scrupoli inviati da rivali invidiosi. E poi ovunque incombeva l’agguato del nemico peggiore: l’indifferenza. Il silenzio che uccide un libro not with a bang but with a whimper. Il mondo editoriale era cambiato. Bisognava darsi da fare per accompagnare i primi passi di un libro. Ma non di tutti i libri, solo dei prescelti, quelli destinati a percorrere le strade della fortuna. Bisognava conquistare il pubblico. Con centinaia di migliaia di copie l’autore poteva anche fregarsene della critica.
Intanto il nuovo secolo aveva scodellato tre dittature. La prima era una dittatura del proletariato e promuoveva la lettura, con una comunicazione volutamente molto semplificata per arrivare alle masse (fig. 36). La seconda predicava “libro e moschetto”, ma il duce preferiva il secondo (fig. 37), anche se nel ministero qualcosa per il libro si faceva, come vedremo in seguito. La terza dittatura pensò bene di scaldare i titoli migliori con dei falò per fare spazio al libro del capo, Mein Kampf (fig. 38), che per tutti divenne tragicamente Unser Kampf.
36. Alexandr Rodcenko, pubblicità per la casa editrice di Stato di Leningrado. “Libri, per tutti i rami del sapere”. 1925.
36. Alexandr Rodcenko, pubblicità per la casa editrice di Stato di Leningrado. “Libri, per tutti i rami del sapere”. 1925.
37. Pubblicità “Libro e moschetto fascista perfetto”, anni Trenta.
37. Pubblicità “Libro e moschetto fascista perfetto”, anni Trenta.
38. Pubblicità per Mein kampf di Hitler, 1935.
38. Pubblicità per Mein kampf di Hitler, 1935.
Nel Novecento il mondo della comunicazione sperimentava nuove tecniche. Nell’America degli ...

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