CAPITOLO 1
La ricerca del brand
La parola design <di∫àin> deriva dal latino signum. Traducibile in francese con “dessein” e in italiano con “segno”, “disegno”, questo termine è anche un verbo (to design) che significa progettare, guardare in avanti, immaginare il futuro, realizzare idee, dar vita a un processo creativo in cui l’aspetto funzionale si coniuga alla ricerca estetica. Il titolo Design Yourself nasce dall’idea che il design possa avere un ruolo e un impatto anche sulla nostra crescita personale e professionale.
1.1 PREMESSA
L’obiettivo del libro è rendere i principi del design accessibili a tutti. Spesso associamo il termine design al concetto di stile, di moda e lo utilizziamo banalmente come sinonimo di costoso, o vistoso. In realtà, il design è presente in ogni settore (dall’arredamento alle automobili e alla tecnologia) e il suo scopo è molto più ampio. Attraverso il design progettiamo soluzioni che aiutano e migliorano la vita delle persone, senza distinzione. Il design è per tutti e tutto quel che ci circonda è frutto del design e della progettazione di qualcuno.
Siamo tutti designer
Esistono tanti tipi di designer (industrial designer, graphic designer, interior designer ecc.), ma hanno tutti delle caratteristiche comuni: sono bravi a osservare, a capire, a relazionarsi. I designer non hanno paura di affrontare i problemi e cercano di risolverli in maniera consapevole. Guardano il mondo con occhi nuovi, cercando di rimuovere i pregiudizi. Non si focalizzano sugli strumenti, ma piuttosto sul processo. I designer si assumono la responsabilità delle proprie scelte, sono consapevoli che le soluzioni a cui lavorano hanno un impatto sulle persone. Diversi anni fa ho letto il libro Designing Your Life, ispirato a uno dei corsi più popolari della Stanford University; in esso si racconta come vestire i panni del designer possa aiutare a progettare al meglio la propria vita. È proprio questo il punto: non serve avere un titolo da designer per adottarne la mentalità. Quello che proveremo a fare in queste pagine è proprio immergerci nei panni del designer per costruire al meglio la nostra identità creativa.
E leader di noi stessi
Uno dei grandi trend della società contemporanea è la rincorsa affannosa al migliorare sé stessi per avere più successo, più denaro, più felicità. Ci sforziamo di fare sempre di più, di colmare le nostre lacune seguendo millemila corsi. Io stessa per anni mi sono concentrata sui miei punti deboli piuttosto che far leva sui miei punti forti. Il che mi ha reso spesso demotivata, con poca energia, e la sensazione di non essere brava abbastanza. Oggigiorno il mercato del lavoro è sempre più competitivo, le aziende e i dipendenti chiedono sempre di più gli uni agli altri, puntano a migliorare costantemente e a imparare cose nuove. Tutto questo è già di per sé stressante e, non bastasse, la tecnologia sta avanzando a passi da giganti ed è davvero difficile starci dietro. Come fare allora?
Di recente ho visto un paio di video interessanti di Sarah Devereaux, che ha passato 14 anni al Learning and Leadership Development space in Google1. Sarah racconta che, secondo le ricerche di Google, i leader del futuro devono acquisire maggior consapevolezza di sé stessi e sviluppare la capacità di cambiare costantemente, di adattarsi a nuovi scenari, d’imparare e disimparare velocemente. Un buon leader è colui che è capace di ispirare e guidare le persone che lo circondano, nonché di stabilire la direzione giusta da prendere. È il più capace di tutti? Non necessariamente. È un buon leader chi trasmette passione in quello che fa: proattivo nel risolvere i problemi, ha una visione per il futuro e affronta le situazioni con un atteggiamento consapevole e positivo. Non solo, per avere successo un buon leader deve andare in profondità e capire quali sono le sue capacità, cosa ha da offrire, come aiutare gli altri, come avere un impatto positivo nel mondo. La vera trasformazione è dentro sé stessi, richiede dedizione e pratica. Questo è un tipo di competenza che non si scrive negli attestati, che non si impara a scuola e che non si conclude in una serie di corsi o moduli, è lifelong learning.
Uno dei motivi per cui ho iniziato a lavorare alla mia identità creativa, tanti anni fa, è che sentivo la necessità di non essere etichettata come “Serena di [nome_azienda]” e basta. Non fraintendetemi: sono sempre stata molto orgogliosa e grata alle aziende in cui ho lavorato, ma non ho mai voluto che il lavoro avesse la priorità sulla mia persona, su chi sono io. Inoltre, non ho mai voluto sentirmi intrappolata in un titolo. A prescindere dall’azienda in cui lavoro e dalla funzione che svolgo, sento la necessità di una visione chiara delle mie competenze e del valore che posso trasmettere alle persone.
Questo mi permette di:
•fare qualcosa che mi motiva, in cui credo;
•conoscere nuove persone e attrarre nuove opportunità, in linea con le mie ambizioni e i miei interessi;
•stabilire periodicamente se il lavoro che faccio e l’azienda in cui lavoro rispecchiano i miei valori.
Quel che siamo va ben oltre un titolo.
Cambiare mentalità
Il modo in cui raccontiamo noi stessi e come appariamo agli altri può influenzare notevolmente la nostra vita. Il nostro carattere e la nostra personalità non sono gli stessi che ci portiamo dietro dalla nascita, si evolvono attraverso le esperienze che viviamo, le persone che incontriamo, e la dedizione che mettiamo nell’imparare e migliorarci. In inglese si parla di differenza tra fixed e growth mindset2, ovvero tra una mentalità statica e una dinamica, crescente...