La razionalità e la libertà della scelta in Tommaso d'Aquino
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La libertà della scelta nella filosofia contemporanea sembra costituire ancora un problema teoretico. Le analisi che si susseguono nel corso della storia della filosofia tendono a fornire due letture interpretative fondamentali che si interrogano sul principio che è all'origine dell'atto: a seconda che questi venga identificato con l'intelletto o con la volontà si avrà la tendenza intellettualista o quella volontarista. Una certa fenomenologia descrive invece la scelta come un atto in cui si rivela la compresenza di due elementi uno intellettuale e uno volitivo. Detta compresenza in una descrizione meramente fenomenologica sembra però dar luogo a un paradosso: il paradosso della derivazione dell'atto da qualcosa di precedente – l'elemento razionale – il motivo, e al contempo dell'insorgere di una novità – l'elemento volitivo – che sembra emergere senza ammettere precedenti. Detto paradosso pone la domanda circa la relazione esistente tra razionalità e libertà: sono i due termini conflittuali? Di contro all'impostazione della filosofia contemporanea si staglia la posizione di Tommaso d'Aquino per il quale la questione appare capovolta: non solo non rileva la presenza di un conflitto, ma ne esprime molto chiaramente la relazione in termini di causalità; per l'Aquinate la razionalità è la causa della libertà.È la tesi dell'Aquinate meramente ingenua, o ci sono i presupposti e la metafisica per una dimostrazione di tali asserzioni? Questo ciò che vuole mostrare l'Autrice: esaminare la posizione dell'Aquinate per vedere se nell'antropologia metafisica di Tommaso, attraverso l'analisi dei suoi testi e in confronto con la letteratura tomista più recente sul tema, si dia una dimostrazione di detta relazione causale e una risposta soddisfacente al filosofo contemporaneo.Il lavoro consiste in un'analitica della scelta in chiave metafisica. La messa a fuoco della nozione di causa in Tommaso e il confronto tra le cause fisiche e quelle intellettuali, risultano centrali nell'opera per intendere la concezione della libertà in Tommaso e il ruolo essenziale dell'intelletto. La disamina sulla genesi dell'atto, la riconsiderazione dei diversi elementi che vi convergono, sulla base dei testi dell'Aquinate, e l'apporto specifico che da esso ne risulta, mostra al lettore che Tommaso ha ancora qualcosa da dire al mondo intellettuale contemporaneo, e che forse una via maestra per scoprirlo è attingere direttamente ai suoi scrittiL'iniziativa di editare questo testo in formato digitale nasce dalle molteplici richieste di esso che ci sono pervenute. Dopo quasi vent'anni questo libro propone una lettura e interpretazione analitica dei testi dell'Aquinate sempre valida e interessante. In particolare l'approfondimento della causalità non deterministica dell'intelletto in Tommaso risulta di speciale rilievo e originalità nel contesto delle ermenutiche tommasiane.Federica Bergamino è professore di Antropologia e Letteratura alla Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale della Pontificia Università della Santa Croce (Roma). Ha pubblicato principalmente su Tommaso d'Aquino, antropologia filosofica e il rapporto tra l'antropologia filosofica e la narrazione. Nella stessa casa editrice ha pubblicato La struttura dell'essere umano (2007), Dostoevskij. Abitare il mistero (2017).

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Information

Capitolo 5
La radice della libertà della scelta
La causalità contingente dell'intelletto


5. 1. La relazione tra causalità e necessità
Elizabeth Anscombe, in un testo ormai classico della letteratura filosofica contemporanea431, sostiene che, nonostante le possibili divergenze che si possano dare all’interno delle differenti posizioni di pensiero, risulta quasi un luogo comune ritenere che la causalità sia un qualche tipo di connessione necessaria432. Tale concezione – asserisce – costituisce «un pezzo di Weltanschauung: contribuisce a creare una forma mentis che caratterizza tutta la nostra cultura»433. In un iter rapido e succinto, e con le dovute distinzioni, l’Autrice evidenzia l’associazione di causalità e necessità così come si è data da Aristotele fino a Russell passando per Spinoza, Hobbes, Hume, Kant e Mill. In tutti gli autori menzionati, ad eccezione di Aristotele434, rileva l’esistenza di una nozione di causa inseparabilmente connessa a quella di necessità. Osserva inoltre che, da Mill in poi, è diventato abbastanza comune spiegare la causalità in termini di condizioni “necessarie” e “sufficienti”435. Rileva altresì che
condizione sufficiente è un termine tecnico, e perciò quelli che lo adoperano ne possono definire il significato che vogliono. Quindi hanno il diritto di non ammettere la domanda: “non è possibile che siano presenti le condizioni sufficienti di un evento, e che comunque l’evento non accada?” Perché “condizione sufficiente” viene usato in modo tale che, se le condizioni sufficienti per X sono presenti, X accade. Ma allo stesso tempo la frase inganna la mente, facendo sì che non prenda atto di una supposizione. “Condizione sufficiente” infatti suona come: “basta”. E uno può certamente domandare: “non è possibile che ci sia ciò che basta per aver fatto accadere qualcosa – e comunque la cosa non sia accaduta?”436.
Se questa domanda si rivolgesse a Tommaso d’Aquino la risposta sarebbe certamente affermativa. Lo stesso Garrigou-Lagrange ha evidenziato che nell’Aquinate la nozione di causa non viene identificata con quella di necessitazione, e che una causa sufficiente non implica di per sé necessità rispetto all’effetto437. D’altra parte, nel momento in cui l’autore tomista ha cercato di spiegare l’atto libero secondo detta concezione tommasiana, sembra essere rimasto prigioniero della Weltanschauung di cui sopra. Forse, l’incapacità a spiegare a livello di atto una causa che non sia necessaria, trova la sua spiegazione in quella che la Anscombe chiama una sorta di forma mentis che ha radici lontane. Ma, è lecito chiedersi, è questa la forma mentis di Tommaso?
L’identificazione di causa sufficiente e causa necessaria o una connessione inseparabile tra causalità e necessitazione, era stata contemplata anche dall’Aquinate; i testi di riferimento potrebbero essere molti. Può risultare utile qui partire da uno che evidenzia come per Tommaso detta connessione sia in stretta relazione col problema dell’atto libero. Nella questione del De malo dedicata alla trattazione della scelta umana, una delle obiezioni poste alla libertà della scelta viene così formulata:
... se la volontà rispetto a qualcosa che è voluto non si muove per necessità, è necessario dire che è aperta agli opposti: poiché ciò che non è necessario che sia è possibile che non sia. Ma ogni cosa che è in potenza agli opposti, non si riduce all’atto se non per qualcosa che è ente in atto, che fa sì che ciò che era in potenza fosse in atto. Ciò che invero fa sì che qualcosa sia in atto diciamo che è la sua causa. Sarà necessario quindi, se la volontà vuole determinatamente qualcosa, che ci sia qualche causa che faccia in modo che voglia ciò. Posta però la causa è necessario porre l’effetto come prova Avicenna, poiché se posta la causa, fosse ancora possibile che l’effetto non seguisse, mancherà ancora qualcosa che riduca dalla potenza all’atto; e così il primo non era causa sufficiente. Quindi la volontà si muove a volere per necessità438.
L’argomentazione ammette – in linea con la concezione dell’Aquinate – che la volontà sia un “motore mosso”. Essa quindi è una potenza che – secondo i principi della metafisica aristotelica439 – per passare all’atto ha bisogno di qualcosa che sia già in atto e che sia quindi causa del suo volere. D’altra parte, considera sempre l’obiettore, se la potenza non si muove necessariamente, ossia se non è determinata ad unum, essa sarà aperta ai più, se habeat ad opposita. Ma allora come può muoversi determinatamente ad una cosa? Se infatti è potenziale ha bisogno di una causa del suo atto, e se la causa è causa – ossia se è sufficiente a produrre l’effetto – l’effetto (il movimento volitivo) seguirà necessariamente; non ci sarà possibilità di opzione. Infatti, posta una causa, è necessario che segua l’effetto, altrimenti la causa non sarà stata sufficiente. Se ne conclude che la volontà non è aperta agli opposti, e quindi l’atto di scelta è determinato.
Il nucleo dell’argomento è dato dal principio di causalità che si prende in considerazione (o principio di causa sufficiente) e la conclusione dipende dalla nozione di causa ad esso intrinseca: la causa in gioco è di per se determinista.
5. 1. a. La relazione tra causalità e necessità nella proposta
di Garrigou-Lagrange
Parallelamente si può azzardare che la nozione che soggiace alla soluzione di Garrigou-Lagrange non sia troppo diversa da questa. Nella disamina precedente ci si interrogava infatti circa la causa dell’atto di scelta. Come fa la volontà a determinarsi verso una cosa o un’altra, o, detto in altri termini, qual è il movente dell’atto di scelta? La conclusione fornita dall’autore suggeriva in modo più o meno esplicito che porre una causa (il giudizio) – a meno che non fosse la stessa volontà – sarebbe equivalso a cadere nel determinismo. La volontà è libera perché il suo atto non ha motivo (il giudizio è impotente a muovere) – ossia non ha causa – o a-metafisicamente perché l’atto è causa a se stesso. Quindi, capovolgendo i termini della questione: se esistesse una causa sufficiente dell’atto di scelta, questa causerebbe necessariamente e quindi si annullerebbe la libertà. La posizione suggerisce quindi che la nozione di causa implicata sia identificata – o necessariamente connessa – con quella di necessità. Una causa che è sufficiente a muovere è solo una causa necessitante.
5. 1. b. La posizione di Tommaso: la nozione di impedimento
La risposta di Tommaso all’obiezione si pone in questi termini:
Non ogni causa per necessità produce il suo effetto, anche se è causa sufficiente; questo perché la causa può essere impedita, di modo che l’effetto non segua; come le cause naturali, che non producono i loro effetti per necessità, ma nella maggior parte, perché raramente vengono impedite. Così quella causa che fa che la volontà voglia qualcosa, non è necessario che faccia questo per necessità: perché può essere posto dalla stessa volontà un impedimento, o rimuovendo tale considerazione che lo induce a volere, o considerando l’opposto, cioè che questo che viene proposto come bene, secondo qualcosa non è bene440.
L’argomentazione dell’obiettore viene affrontata partendo dal nucleo: la nozione di causa implicata. Una causa sufficiente – afferma l’Aquinate – non è sempre una causa necessaria rispetto all’effetto; la differenza sembra essere data dal fatto che una causa sufficiente può essere impedita dal produrre l’effetto, mentre una causa necessitante no. L’esempio che avvalla questa tesi viene preso dalle cause naturali; queste infatti non producono i loro effetti per necessità in quanto raramente vengono impedite. Analogamente, la causa che fa sì che la volontà voglia qualcosa non lo fa per necessità; ossia causa, ma non in modo necessario. Essa infatti può essere impedita ed è la stessa volontà che può porre degli impedimenti rispetto alla causa movente; quindi è libera.
Il testo risulta centrale nella presente disamina per molteplici ragioni. Innanzitutto emerge con chiarezza che in Tommaso non si identifica ipso facto causalità con necessitazione e che la nozione di ...

Table of contents

  1. Introduzione
  2. Citazioni
  3. I. I presupposti della scelta
  4. II. La natura della scelta
  5. III. La libertà della scelta
  6. IV. La libertà della scelta nel tomismo del XX secolo
  7. V. La radice della libertà della scelta - La causalità contingente dell'intelletto
  8. Conclusioni
  9. Bibliografia