Capitolo 2
La decostruzione del matrimonio e della famiglia. Profili giuridici1
l. 1Carlos Martínez de Aguirre
Ordinario di Diritto Civile, Università di Saragozza
2.1 I cambiamenti del Diritto di Famiglia. Presupposti metodologici dello studio
l. 8Nel suo complesso, ma anche in ciascuna delle sue singole istituzioni fondamentali (matrimonio e filiazione, sebbene il fenomeno abbia interessato anche il sistema di tutela dei minori), il Diritto di Famiglia ha subito negli ultimi decenni una serie di cambiamenti generali, che si distinguono per la loro entità, la loro portata e la loro crescente rapidità. Per un avvocato di cento o anche soltanto di cinquanta anni fa, il moderno Diritto di Famiglia sarebbe quasi completamente irriconoscibile, soprattutto nei suoi principi ispiratori, ma anche nella configurazione e nel contenuto delle sue istituzioni fondamentali. È altrettanto se non più probabile che lo stesso giurista troverebbe ancora più irriconoscibile la percezione sociale del matrimonio, della famiglia e delle relazioni tra i sessi. Il fatto è che i cambiamenti hanno interessato non soltanto il Diritto di Famiglia, ma anche e contemporaneamente le concezioni sociali dominanti sulla famiglia e sulla sua stessa configurazione sociologica. È cambiata la famiglia, sono cambiate le idee sulla famiglia, e le leggi su di essa, anche se non necessariamente in questo ordine cronologico, e ancor meno in questo ordine causale (come se i cambiamenti verificatisi nella famiglia avessero prodotto i cambiamenti nelle idee, e entrambi avessero originato i cambiamenti nelle leggi). In effetti, vi è una forte interrelazione (e interazione) tra tutti i fattori che concorrono a questa dinamica influenzandosi reciprocamente, così che ciascuno di essi, in qualche misura e con intensità e portata mutevoli, è, allo stesso tempo, effetto dei cambiamenti prodotti dagli altri fattori e causa di nuove trasformazioni. Ciò dà origine a una sorta di moto uniformemente accelerato, cui non è estraneo l’effetto moltiplicatore di alcune decisioni di politica giuridica, che si muovono nella stessa direzione delle dinamiche sociali; l’esperienza insegna che in molti Paesi, tra cui la Spagna, è il cambiamento nella legislazione a produrre un cambiamento nella percezione e negli usi sociali.
I cambiamenti normativi hanno interessato le due istituzioni attorno alle quali è tradizionalmente strutturato il Diritto di Famiglia: matrimonio e filiazione. Entrambi hanno subito quello che potremmo definire un processo di decostruzione, che descriverò sinteticamente nelle pagine seguenti, e che consente di concludere che abbiamo assistito non a un semplice cambiamento delle “regole del gioco” (per usare una metafora), ma a un cambiamento del “gioco” stesso2.
Prima di addentrarmi nel tema, però, vorrei esporre alcuni presupposti metodologici che ritengo fondamentali per poter avviare un’analisi e un dibattito proficui sull’argomento3.
1) Il primo è la convinzione che sia possibile e utile lavorare su questioni di Diritto di Famiglia, anche su quelle ideologicamente più delicate, applicando le stesse tecniche comunemente usate in qualsiasi altra branca del Diritto civile. Vi è la diffusa impressione che nel campo del Diritto di Famiglia esistano materie o ambiti non suscettibili di discussioni tecniche a causa della loro forte carica ideologica, quasi fosse impossibile dibattere proficuamente su di essi, perché alla fine non resterebbe che un’opinione personale, giustificata con pregiudizi (nel significato etimologico di giudizi previ) extragiuridici. L’unica cosa lecita, dunque, sarebbe essere o meno “favorevole” a questa o a quella riforma: non ci sarebbe alcuno spazio per l’analisi tecnico-giuridica, né vi sarebbe un possibile terreno comune di discussione. Non intendo, naturalmente, negare che questa carica ideologica esista: significherebbe negare l’evidenza. Ma sono convinto che si possa effettuare un’analisi tecnico-giuridica su questi temi, come su tutti quelli relativi al Diritto di Famiglia, ricorrendo alle stesse tecniche e agli stessi strumenti intellettuali comunemente usati dai giuristi nel Diritto civile o nel Diritto in generale. L’analisi tecnica è possibile, utile e necessaria, e rifiutarne le conclusioni, ricorrendo al semplice espediente di affermare che chi vi è giunto è o non è “favorevole” a ciò di cui si discute, è un atteggiamento intellettualmente molto povero.
Nella stessa linea, sorprende come in questo ambito si prescinda da modi di interpretare le norme e di argomentare pacificamente accettati in altri campi del Diritto (in particolare nel Diritto patrimoniale).Nessuno, ad esempio, penserebbe mai di sostenere la validità della donazione di un immobile che non sia conforme ai modi previsti dalla legge (nel Diritto spagnolo, ai sensi dell’art. 633 del Codice civile, atto pubblico), per quanto la volontà di chi l’ha effettuata verbalmente possa essere inequivocabile; e nessuno affermerebbe che un imprenditore individuale può limitare la sua responsabilità patrimoniale anche senza costituire una società a responsabilità limitata a socio unico (ottemperando ai requisiti di legge in merito), nonostante la sua volontà manifesta di impegnare nell’impresa esclusivamente il patrimonio ad essa destinato, e il suo desiderio che sugli altri suoi beni non gravino i debiti dell’azienda, e per quanto svolga un’attività identica a quella di un imprenditore che ha creato una società a responsabilità limitata unipersonale. Nel caso del matrimonio (negozio giuridico legalmente soggetto a forma solenne), invece, sembra che non vi sia alcun problema ad applicare molte delle norme previste per detta istituzione a due persone che vivono insieme senza aver contratto matrimonio (senza, cioè, aver rispettato la forma, che è requisito giuridico perché si producano gli effetti del matrimonio), pur potendolo fare, o ad affermare radicalmente l’uguaglianza tra tali situazioni di convivenza e il matrimonio. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi.
2) Il secondo presupposto metodologico è la convinzione che il Diritto non è argilla o creta nelle mani di un interprete autorizzato a far “dire” ad esso, in qualsiasi momento, ciò che ritiene opportuno, introducendo per via interpretativa riforme o emendamenti legislativi, anche al livello costituzionale, senza seguire la procedura legale o costituzionalmente stabilita. È opinione quasi unanime che, per adempiere adeguatamente alla sua funzione, l’interpretazione della norma scritta debba rispettare alcuni limiti (quelli che potremmo chiamare limiti di tolleranza dell’interpretazione), oltre i quali non c’è più interpretazione, ma rettifica, riforma o addirittura deroga surrettizia. Nei nostri ordinamenti, che non rispondono al modello anglosassone, rettificare, riformare o abrogare le leggi è compito esclusivo del legislatore e non dell’interprete o dell’applicatore.
3) A questa convinzione dobbiamo poi aggiungerne un’altra: esistono argomentazioni e interpretazioni più probabili, e altre meno probabili; conclusioni più certe (alcune molto più certe) e altre meno certe (alcune molto meno certe), alcune quasi indiscutibili, e altre da considerarsi, con un altissimo margine di probabilità, erronee. Qualche anno fa Luis Díez-Picazo ha osservato che “la difesa di un punto di vista problematico non implica in alcun modo che tutto possa essere problematizzato, e che la nostra disciplina sia una sorta di campo di Agramante in cui tutto è lecito. È un’impressione, questa, che, inconsciamente, infondiamo negli studenti di Diritto e nei giuristi in via di formazione, e nei confronti della quale occorre stare in guardia”4. Di fronte a una argomentazione non è sufficiente averne un’altra: o è migliore questa o prevarrà l’altra. Con ciò, naturalmente, non intendo dire che soltanto alcune conclusioni siano valide: interpreti diversi possono giungere a conclusioni diverse e persino contraddittorie, seguendo vie metodologicamente corrette. Ma è condizione di possibilità del dibattito giuridico poter confrontare argomenti e ragionamenti, e poter valutare le diverse conclusioni al fine di optare per quelle che appaiono più certe. Se questa valutazione e questo confronto non sono possibili, se ogni argomento equivale a qualunque altro per il solo fatto che è stato enunciato e difeso, o perché serve a sostenere un’idea previa (che sarebbe quella valida), il dibattito giuridico, ancora una volta, appare superfluo.
Vorrei aggiungere, infine, che concentrerò la mia analisi essenzialmente sul Diritto spagnolo, non soltanto perché è quello che conosco meglio, ma anche perché vi si possono osservare chiaramente i cambiamenti prodottisi in questa materia. In un certo senso, inoltre, esso costituisce uno dei casi in cui tali cambiamenti hanno raggiunto il...