Capitolo 1
La scuola come prolungamento della famiglia nel magistero e nella disciplina della chiesa
l. 73José Tomás Martín de Agar
Pontificia Università della Santa Croce, Roma.
1.1 Introduzione
l. 77Il matrimonio e l’educazione sono temi importanti in cui occorre distinguere bene tra giurisdizione e magistero, pur affermando, nel contempo, la corrispondenza tra le competenze reclamate e le affermazioni di ordine dottrinale.
Sin dagli inizi della Chiesa il matrimonio e la vita familiare hanno originato questioni morali, di coerenza di vita cristiana. Per contrastare leggi e consuetudini pagane contrarie ai suoi valori è nata una disciplina interna alla Chiesa che ha finito per sostituirle anche al di fuori di essa, e che è andata acquisendo profili sempre più schiettamente giuridici via via che la società diventava cristiana e maturava la coscienza della sacramentalità del matrimonio tra battezzati.
Attualmente la Chiesa rivendica la competenza esclusiva sul matrimonio dei cattolici in quanto sacramento (cfr. cc. 1059, 1671). Da qui è scaturito il complesso e delicato ramo del diritto matrimoniale canonico, teso a formalizzare i principi di giustizia naturale relativi al matrimonio, e incentrato perlopiù su temi riguardanti la validità o l’invalidità delle nozze.
La Chiesa, inoltre, vanta una cospicua dottrina sul matrimonio e sulla famiglia come istituiti dal Creatore, origine e fondamento della società, habitat naturale dello sviluppo della persona e della trasmissione dei valori, delle virtù e della fede. È una dottrina di portata universale, che viene insegnata ai fedeli e proposta a tutti gli uomini come parte della dottrina sociale della Chiesa. Si noti, però, che il fatto che insegni la verità rivelata, eterna e immutabile (anche di ordine morale naturale) riguardo al matrimonio, non significa che la Chiesa sappia tutto sul coniugio, né che abbia potestà giuridica su ogni matrimonio1.
Il tema educazione-scuola, invece, non è apparso agli inizi della Chiesa perché non riguarda un sacramento, e per secoli non è stato oggetto della pastorale: lo sono la predicazione del Vangelo, l’insegnamento religioso e la catechesi, ma non l’istruzione come attività intenzionale di trasmissione del sapere e di integrazione sociale2.
In questo senso l’educazione dei cattolici non compete alla Chiesa, benché molto presto essa abbia mostrato un notevole interesse nei suoi confronti, e sia stata pioniera del suo sviluppo e della sua diffusione. Analogamente la Chiesa ha elaborato un ampio e ricco magistero sull’educazione cristiana in generale e sulla scuola in particolare come luoghi privilegiati della trasmissione e della diffusione della fede, nonché di una vita e di una cultura ad essa ispirate.
L’educazione, quindi, è di per sé un argomento di dottrina sociale, con le caratteristiche proprie di questo ramo dell’etica cristiana, che si articola in principi generali la cui applicazione pratica, pur senza contraddirli, dipende da circostanze di diverso genere: geopolitiche, economiche e sociali3. A questo mutevole profilo si sono via via adeguati l’insegnamento, le rivendicazioni di competenze e di diritti, e la stessa attività della Chiesa in questo ambito. Si tratta di un’evoluzione decisamente interessante4.
L’educazione e la scuola non sono realtà sociali che afferiscono alla Chiesa come qualcosa di appartenente all’essenza della sua missione, ma hanno con essa una relazione strumentale e pratica. La Chiesa è consapevole dell’importanza dell’educazione sia per la formazione umana delle persone, sia come veicolo di evangelizzazione, sia, infine, per la conservazione del cattolicesimo. E la scuola costituisce un mezzo, uno strumento, un ambiente privilegiato dell’educazione.
Catechesi, educazione religiosa e istruzione profana, di fatto, devono crescere di pari passo. È per questo che non soltanto la Chiesa cattolica, ma anche molte altre confessioni hanno tradizionalmente creato scuole proprie, cui sono affidate l’educazione e la formazione dei giovani.
Prima di proseguire, è opportuno soffermarsi brevemente sul significato delle parole. Teoricamente si potrebbero distinguere abbastanza agevolmente i concetti di formazione, educazione, istruzione, insegnamento e scuola, sulla base, ad esempio della portata della loro incidenza nel processo di crescita dei più giovani. Dal punto di vista terminologico, però, almeno nelle enciclopedie, nei vocabolari e nei dizionari, questi sostantivi sono presentati come sinonimi, e come tali sono usati nel linguaggio corrente e nei documenti ufficiali: mi ritengo quindi dispensato da una peraltro improbabile precisione linguistica.
Nell’ambito del concetto di educazione, José M. González del Valle distingue tra insegnamento e formazione, affermando che il primo «si dirige all’apprendimento sistematico di un ramo del sapere» (anche della religione), e contempla diversi gradi e livelli, mentre la seconda «è volta a inculcare norme o abitus comportamentali e d’azione, ed ha come destinatario la persona considerata nella sua singolarità, e non un gruppo o una classe, senza che ciò comporti l’attribuzione di titoli o di diplomi»5.
1.2 La questione scolastica
l. 102Sin dalla fine dell’antichità sorsero in seno alla Chiesa scuole e istituzioni educative di diverso tipo e denominazione, di cui essa volle regolamentare la vita e l’operato, per integrarle e rendere proficuo il loro contributo alla sua missione. È ben noto che le prime Università furono in parte di matrice ecclesiastica.
La più antica normativa ecclesiale in ambito educativo riguarda, però, le scuole ecclesiastiche sorte, soprattutto in età carolingia, all’interno dei monasteri o presso le cattedrali e le parrocchie. Giuseppe Marchisio ricorda che il Concilio romano dell’846 «prescriveva che tutti i vescovati e le case parrocchiali avessero la loro scuola»6. Non si trattava, però, di una rivendicazione di competenza. Lo stesso autore, infatti, riconosce che quella che oggi chiamiamo questione scolastica è nata relativamente di recente, giacché «solo verso la fine del secolo scorso [XIX] la Chiesa cominciò a rendere esplicita la propria dottrina in materia di educazione». Ancora più recente, poi, è la legislazione ecclesiastica sulla scuola, comparsa soltanto con il Codice di Diritto canonico del 19177.
Fino al XIX secolo la Chiesa ha fondato e gestito liberamente le sue scuole (come i suoi ospedali e le sue mense). Essa, di fatto, è stata pioniera nella diffusione dell’insegnamento e nel renderlo alla portata di tutti, anche dei non cristiani, soprattutto nei luoghi di missione.
Oggi, però, il discorso sull’educazione e sulla scuola è assai diverso rispetto al passato. Fino all’inizio dell’800 l’educazione era per lo più una ‘questione’ meramente privata, familiare, e l’istruzione era in buona parte riservata a quei pochi che, per la loro posizione sociale, potevano permettersela, sebbene, in effetti, già allora esistesse un numero crescente di istituzioni, civili e religiose, orientate a rendere la cultura accessibile a un sempre più ampio numero di persone di ogni classe.
Finché le aspettative sociali e gli obiettivi delle autorità, ecclesiale e civile, erano convergenti, la questione non si poneva, almeno non in termini di concorrenza: saranno la divergenza e l’opposizione di vedute e, quindi, di obiettivi a originare scontri e dissensi fra di loro in materia di educazione.
Nei paesi di tradizione cristiana hanno convissuto a lungo, senza grandi tensioni, l’insegnamento pubblico e le scuole della Chiesa, sia le cosiddette scuole popolari, cominciate con le Scuole Pie di S. Giuseppe Cala...