Via col vento
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Via col vento

Margaret Mitchell, Ada Salvatore, Enrico Piceni

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Via col vento

Margaret Mitchell, Ada Salvatore, Enrico Piceni

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Ambientato nel Sud degli Stati Uniti nel periodo della Guerra Civile, Via col vento apparve nel 1936, quando il ricordo del sanguinoso evento era ancora ben vivo nella coscienza di molti americani. Rossella O'Hara, la giovane capricciosa e viziata protagonista del romanzo, affronta le avversità con spirito di conquista; incapace come il suo popolo di "riconoscere la sconfitta anche quando se la trova di fronte", si appresta ad andare incontro al futuro pensando che "dopo tutto, domani è un altro giorno". La società americana che si stava risollevando dalla profonda crisi economica iniziata dopo il crollo della borsa del 1929 accolse con un entusiasmo senza precedenti il messaggio del romanzo, facendolo entrare a buon diritto, anche grazie alla memorabile trasposizione cinematografica con Clark Gable e Vivian Leigh, tra i classici della letteratura contemporanea.

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Information

Publisher
Mondadori
Year
2015
ISBN
9788852047572

PARTE QUARTA

31

In un freddo pomeriggio del gennaio 1866, Rossella sedeva nello studio a scrivere alla zia Pitty una lettera nella quale le spiegava per la decima volta perché né lei né Melania né Ashley potevano tornare ad abitare ad Atlanta. Scriveva con irritazione, perché era sicura che la zia non avrebbe letto più in là delle prime righe, e avrebbe risposto ancora: “Ma io ho paura a vivere sola!”.
Aveva le mani gelate e si interruppe per sfregarsele e per sprofondare meglio i piedi in un pezzo di vecchia coperta in cui li aveva avvolti. Le suole delle sue scarpine, completamente logore, erano state sostituite da pezzi di tappeto, che impedivano il contatto con il pavimento senza però dare alcun calore.
Riprese la penna, ma la posò di nuovo sentendo nel vestibolo il tonfo della gamba di legno di Will, che doveva essere tornato in quel momento da Jonesboro dove si era recato a far ferrare il cavallo. Il passo irregolare si fermò davanti alla porta dello studio, ma poiché Will non entrava, lei lo chiamò. Will si fece avanti: aveva le orecchie violacee per il freddo e i capelli rossicci scomposti. Si fermò guardandola con un bizzarro sorriso.
«Miss Rossella» furono le sue prime parole «quanto denaro contante avete da parte?»
«Vi proponete di sposarmi per il mio denaro, Will?» chiese Rossella piuttosto sgarbata.
«No, volevo soltanto saperlo.»
Lei lo fissò con aria interrogativa. Sembrava che Will non parlasse sul serio, ma veramente non era mai molto serio. Però Rossella ebbe l’impressione che ci fosse qualcosa che non andava per il suo verso.
«Ho dieci dollari in oro» rispose. «L’ultimo denaro rimastoci del soldato yankee.»
«Allora non basterà.»
«Per che cosa?»
«Per le tasse.» E zoppicando verso il caminetto, si chinò e tese alla fiamma le mani intirizzite.
«Le tasse? Per l’amor di Dio, Will! Non le abbiamo già pagate?»
«Sì. Ma dicono che non avete pagato abbastanza. Ne ho sentito parlare oggi a Jonesboro.»
«Non capisco, Will. Che volete dire?»
«Non vorrei darvi maggiori preoccupazioni di quelle che già avete, Miss Rossella; ma sono costretto a informarvi. Dicono che dovete pagare molto di più. Stanno facendo la revisione delle imposte, e quelle di Tara arrivano alle stelle.»
«Ma non possono farci pagare ancora, se abbiamo già pagato una volta!»
«Voi non andate spesso a Jonesboro, Miss Rossella, e fate benissimo. Non è un luogo adatto per una signora. Ma se ci foste stata, sapreste che da qualche tempo chi governa è un potente nucleo di repubblicani, di rinnegati e di carpetbaggers.* E i marciapiedi sono affollati di negri…»
«Ma che c’entra questo con le tasse?»
«Adesso ve lo spiego. Per qualche ragione, questi furfanti hanno alzato le tasse di Tara, come se si trattasse di un luogo che produce mille balle di cotone. Avendo avuto sentore di questo, sono andato in giro per i saloon a raccogliere le chiacchiere, e sono venuto a sapere che c’è qualcuno che ha l’intenzione di comprare Tara per quattro dollari, appena sarà messa all’asta. Cosa che avverrà se voi non potrete pagare le tasse straordinarie. Ora, tutti sanno benissimo che voi non siete in grado di pagarle. Non sono riuscito a sapere chi è il presunto acquirente, credo che quel pusillanime di Hilton, quel tale che ha sposato Miss Catina, lo sappia, perché ha fatto una stupida risata quando ho cercato di farlo cantare.»
Will sedette sul divano e si massaggiò il moncherino. Gli doleva sempre quando il tempo era umido, tanto più che la gamba di legno non era imbottita.
Rossella lo fissò cupamente. Quell’uomo sembrava indifferente mentre si compiva il destino di Tara. Venduta all’asta? E dove sarebbero andati? E Tara sarebbe dovuta appartenere a estranei! No, non era credibile!
Si era talmente affannata per rendere la piantagione produttiva che non aveva più badato a ciò che accadeva nel mondo esterno. Ora che c’erano Will e Ashley per occuparsi di qualsiasi faccenda a Jonesboro o a Fayetteville, Rossella non si muoveva quasi mai dalla piantagione. E nella stessa maniera in cui in altri tempi aveva ascoltato senza darvi importanza i discorsi di suo padre riguardo alla guerra, oggi prestava poca attenzione alle discussioni fra Will e Ashley riguardanti gli inizi della ricostruzione.
Certamente aveva sentito parlare dei rinnegati – sudisti che erano diventati repubblicani per opportunismo – e dei carpetbaggers che erano piombati sugli Stati del Sud come avvoltoi portando tutti i loro averi in una sacca. Aveva anche fatto qualche spiacevole esperienza con il Freedmen’s Bureau – l’ufficio per l’Emancipazione –, e aveva inoltre sentito dire che alcuni dei negri liberati stavano diventando insolenti. Ciò le sembrava incredibile perché in vita sua non aveva mai visto un negro ribelle.
Ma c’erano molte cose che Will e Ashley avevano cercato di tacerle. La tortura della guerra era stata seguita dalla tortura ancora peggiore della ricostruzione, ma i due uomini avevano deciso di non menzionare i particolari più allarmanti parlando della situazione a casa. E, anche quando Rossella si degnava di ascoltarli, gran parte di quel che dicevano le entrava da un orecchio e le usciva dall’altro.
Aveva udito Ashley affermare che il Sud veniva trattato come terra di conquista e che la politica dominante dei conquistatori era basata sullo spirito di vendetta. Ma questo non la interessava: la politica riguardava gli uomini. Aveva anche udito Will affermare che sembrava che il Nord non volesse permettere al Sud di rimettersi in piedi, ma pensava che gli uomini cercano sempre qualcosa di cui preoccuparsi. L’unica cosa da fare era lavorare, senza curarsi del governo yankee. Tanto la guerra ormai era finita.
Rossella non si rendeva conto che tutte le regole del gioco erano sovvertite e che il lavoro onesto non poteva più avere una onesta ricompensa. La Georgia era virtualmente sotto la legge marziale. I soldati yankee presidiavano tutta la regione e il l’ufficio per l’Emancipazione disponeva di ogni cosa e stabiliva le regole che più gli convenivano.
Questo ufficio, organizzato dal governo federale per tutelare gli infingardi ed eccitati schiavi liberi, li trasferiva a migliaia dalle piantagioni nei villaggi e nelle città. L’ufficio dava loro da mangiare e nel contempo li istigava contro i loro antichi padroni.
L’ex sorvegliante di Gerald, Giona Wilkerson, dirigeva la succursale dell’ufficio e aveva come assistente Hilton, il marito di Catina Calvert.
Questi due andavano spargendo ad arte la voce che i sudisti e i democratici aspettavano un’opportunità per rimettere i negri in schiavitù, e che l’unica speranza per i negri di sfuggire a questo destino era accettare la protezione offerta dall’ufficio e dal Partito repubblicano.
Inoltre Wilkerson e Hilton dicevano continuamente ai negri che valevano quanto i bianchi in tutto e per tutto, che ben presto avrebbero permesso i matrimoni fra bianchi e negri e che le proprietà dei loro antichi padroni sarebbero state spartite in modo che ogni negro ricevesse quaranta acri e un mulo. Istigavano i negri con false descrizioni di crudeltà perpetrate dai bianchi, perciò in quella regione, che era sempre stata conosciuta per i rapporti affettuosi tra schiavi e padroni, cominciò a diffondersi l’odio e il sospetto.
L’ufficio era governato da militari i quali avevano emanato numerosi ordini – spesso contraddittori – per regolare la situazione del paese. Tali ordini concernevano le scuole, gli ospedali, i bottoni che bisognava portare sugli abiti, la vendita delle derrate e quasi ogni cosa. Wilkerson e Hilton avevano il diritto di intervenire in qualsiasi contratto di compravendita e potevano fissare i prezzi.
Fortunatamente Rossella aveva avuto ben poco a che fare con i due uomini, perché Will l’aveva persuasa a lasciargli gestire la parte commerciale, mentre lei si occupava della produzione. Con il suo modo di fare calmo e diplomatico, Will aveva appianato molte difficoltà, senza nemmeno parlarne con Rossella. Ma l’attuale problema era troppo grave. Le tasse supplementari e il pericolo di perdere Tara erano faccende di cui Rossella doveva essere messa al corrente.
Lei lo fissò con gli occhi fiammeggianti. «Oh, maledetti gli yankee!» esclamò. «Non basta che ci abbiano sconfitti e ridotti in miseria? Che cosa vogliono ancora da noi, quei farabutti?»
La guerra era finita, la pace era stata dichiarata, ma gli yankee potevano ancora derubarla, farla morire di fame, cacciarla dalla sua casa. E, da quella sciocca che era, per lunghi mesi aveva creduto che, se soltanto fosse riuscita ad arrivare a primavera, tutto sarebbe andato bene. La notizia sconfortante portata da Will, dopo un anno di lavoro sfiancante e di una speranza che veniva sempre rinviata, era l’ultima goccia che faceva traboccare il vaso.
«E io che credevo che con la fine della guerra tutti i guai fossero terminati!»
«No, signora. I guai sono appena cominciati.»
«E quanto vogliono farci pagare di tasse supplementari?»
«Trecento dollari.»
Rimase un attimo come colpita dal fulmine: trecento dollari! Era come se avesse detto “trecento milioni”.
«Ma… allora… bisognerà che mettiamo assieme trecento dollari in qualche modo!»
«Sì, signora… e anche un arcobaleno, una luna e un sole.»
«Ma, Will! Non possono mettere all’asta Tara! In che modo…?»
Gli occhi chiari di lui espressero più odio e amarezza di quanto lei potesse immaginare.
«Non possono? Possono fare tutto ciò che vogliono, e lo faranno! Il paese, cara Miss Rossella, è rovinato. Questi politicanti e questi rinnegati hanno il diritto di votare e la maggior parte di noi democratici no. Nessun democratico può votare, se nel 1865 era iscritto nei registri delle tasse per più di duemila dollari. Così rimangono escluse persone come vostro padre, Mister Tarleton, i McRae e i ragazzi Fontaine. Nessuno che abbia avuto il grado di colonnello o un grado superiore durante la guerra può votare, e scommetto che qui c’erano più colonnelli che in qualsiasi altro Stato della Confederazione. E sono esclusi tutti coloro che avevano qualche carica nel governo confederato, nonché giudici e notai. Insomma, chiunque abbia avuto una carica prima della guerra non ha diritto di voto. Né i ricchi, né l’aristocrazia. Io potrei votare se prestassi il loro maledetto giuramento. Non avevo un soldo nel ’65, e non ero colonnello né altro. Ma non voglio giurare. No, che il diavolo li porti! Se gli yankee avessero agito bene, avrei fatto giuramento di fedeltà, ma non lo farò. Anche se non dovessi mai più votare. Tuttavia gentaglia come Hilton può votare e farabutti come Giona Wilkerson, e straccioni come gli Slattery, e gente da nulla come MacIntosh: tutti costoro possono votare. E dirigere la cosa pubblica. E, se vogliono richiedervi delle tasse supplementari anche dieci volte maggiori, sono padroni di farlo. Così come un negro può uccidere un bianco senza essere impiccato, oppure…» Si interruppe imbarazzato, e il ricordo di ciò che era accaduto a una donna bianca che viveva sola in una fattoria isolata presso Lovejoy venne in mente a entrambi… «Questi negri possono fare contro di noi qualunque cosa, e l’ufficio per l’Emancipazione e i soldati li proteggono con le armi, mentre noi non abbiamo diritto di votare né di ribellarci.»
«Votare!» esclamò Rossella. «Cosa c’entra il voto con tutto questo? Stavamo parlando delle tasse… Tutti quanti, Will, sanno che Tara è un’ottima piantagione. Possiamo ipotecarla per una cifra sufficiente a pagare le tasse, se è necessario.»
«Miss Rossella, voi non siete stupida, ma a volte parlate come se lo foste. Chi ha del denaro da prestarvi? Chi, eccettuato i carpetbaggers che stanno cercando di spodestarvi?»
«Ho gli orecchini di brillanti dello yankee. Potremmo venderli.»
«Ma chi volete che abbia quattrini per comprarli? La gente non ha denaro per comprare nemmeno un po’ di carne. Se voi avete dieci dollari in oro, giuro che è più di quanto abbia qualunque altro dei vostri vicini.»
Rimasero nuovamente in silenzio e Rossella ebbe l’impressione di urtare contro un muro di pietra. E questo le era accaduto tante volte nell’ultimo periodo.
«Che cosa dobbiamo fare, Miss Rossella?»
«Non lo so» rispose cupamente. E in quel momento le parve che non gliene importasse nulla. All’improvviso si sentì così stanca che tutte le ossa le fecero male. Perché lavorare e lottare e affaticarsi disperatamente? Al termine di ogni lotta le sembrava che la sconfitta la attendesse per schernirla.
«Non lo so» ripeté. «Ma non diciamolo al papà. Si preoccuperebbe.»
«Non lo dirò.»
«Ne avete parlato con altri?»
«No, sono venuto subito da voi.»
Sì, tutti andavano direttamente da lei quando c’erano delle cattive notizie. E ormai non ne poteva più.
«Dov’è il signor Wilkes? Forse potrà darci qualche idea.»
Will rivolse verso di lei il suo sguardo dolce e lei sentì, come nel giorno in cui era arrivato Ashley, che lui sapeva tutto.
«È nell’orto a spaccare legna. Ho sentito il rumore della scure mentre mettevo il cavallo nella stalla. Ma certo non ha più denaro di quanto ne abbiamo noi.»
«Se voglio parlare di questo con lui, ne avrò bene il diritto, no?» ribatté aspramente Rossella alzandosi e liberandosi con un calcio dei pezzetti di tappeto.
Will non si offese, ma continuò a sfregarsi le mani davanti al fuoco. «È meglio che prendiate il vostro scialle, Miss Rossella; fuori fa freddo.»
Ma lei uscì senza mettere nulla sulle spalle, perché lo scialle era al piano di sopra, e il suo bisogno di vedere Ashley per sfogarsi era troppo urgente.
Che fortuna se fosse stato solo! Da quando era tornato non aveva mai avuto modo di scambiare una parola con lui. C’era sempre la famiglia intorno, sempre Melania che ogni tanto gli toccava una manica, come per assicurarsi della sua presenza. La vista di quel gesto aveva rianimato in Rossella tutta la gelosia che era rimasta sopita durante i mesi in cui aveva ritenuto che Ashley fosse morto. Ora era decisa a parlare con lui da...

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