Per chi suona la campana
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Per chi suona la campana

Ernest Hemingway, Maria Napolitano Martone

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Per chi suona la campana

Ernest Hemingway, Maria Napolitano Martone

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Durante la guerra di Spagna un americano combatte al fianco di un gruppo di partigiani repubblicani, innamorandosi di una giovane combattente e giungendo a sacrificare la propria vita per salvare i compagni e l'amata. Questo celebre romanzo di Hemingway (1898-1961) è da annoverarsi fra le vette della letteratura del Novecento.

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Information

Publisher
Mondadori
Year
2011
ISBN
9788852020490
Subtopic
Classici

XLIII

Steso dietro il tronco di un pino, sul versante della collina al di sopra della strada e del ponte, Robert Jordan guardava sorgere l’alba. Aveva sempre amato quell’ora del giorno e ora la osservava; si sentiva grigio dentro, quasi s’illuminasse anche lui lentamente come il cielo prima che sorga il sole, quando le cose solide si oscurano e lo spazio si rischiara e le luci che hanno brillato la notte ingialliscono e poi svaniscono davanti al giorno. I tronchi di pino ai suoi piedi erano adesso duri e chiari, i tronchi solidi e bruni, e la strada era lustra sotto un velo di nebbia. La rugiada aveva bagnato Jordan e il terreno della foresta era soffice ed egli affondava i gomiti nel bruno letto di aghi di pino. Sotto di sé, attraverso la leggera nebbia che saliva dal letto del fiume, egli vedeva il ponte d’acciaio, rettilineo e rigido sopra il valico, con le garitte di legno delle sentinelle alle due estremità. Ma in quell’ora l’armatura del ponte appariva ancora filiforme e aerea nella nebbia sospesa sul fiume.
Adesso egli vedeva la sentinella nella sua garitta, la schiena nel lungo poncho di panno, l’elmetto di acciaio in testa, chinarsi sulla latta di petrolio trasformata in braciere, per scaldarsi le mani. Robert Jordan udiva scorrere il fiume lontano tra i massi e vedeva un fumo debole, sottile, salire dalla garitta.
Guardò l’orologio pensando: “Chissà se Andrés è riuscito ad arrivare fino a Golz. Se dobbiamo far saltare il ponte, vorrei respirare molto lentamente e rimettere un poco indietro le lancette e gustarmi questo tempo. Ci sarà riuscito, Andrés? E se c’è riuscito, quegli altri fermeranno l’offensiva? Avranno il tempo di fermarla? Qué va! Non ci pensare. La fermeranno o no. Non si esce di qui e tra poco lo saprai. Mettiamo che l’offensiva riesca. Golz ha detto che poteva riuscire. Che c’era una possibilità. Se i nostri carri venissero giù per quella strada e gli uomini prendessero La Granja arrivando giù dalla destra, aggireremo tutto il fianco sinistro dei monti. Perché non pensi mai come si potrebbe vincere? Sei stato così a lungo sulla difensiva che non puoi pensare alla vittoria. Già. Ma allora non avevano mandato ancora tutti quei rifornimenti su per questa strada. Non erano arrivati ancora gli aeroplani. Non essere così ingenuo. Ma non dimenticarlo: finché potremo tenerli a bada qui, legheremo le mani ai fascisti. I fascisti non possono attaccare in nessun altro posto prima di averci liquidati, e non potranno liquidarci mai. Se i francesi si decideranno ad aiutarci, basterà che aprano la frontiera, e se l’America ci manderà gli aeroplani, i fascisti non potranno liquidarci mai. Mai, se solo ci mandano qualcosa. Questo popolo non smetterà mai di lottare se sarà bene armato.
“No, non devi aspettarti una vittoria qui, non prima di diversi anni, almeno. Quest’attacco è solo una manovra per impegnare il nemico. Non ti fare illusioni. Ma se oggi sfondassimo? Questo è il nostro primo grande attacco. Non perdere il senso delle proporzioni. Ma… se sfondassimo? Non ti eccitare” disse a se stesso. “Ricorda quanto materiale è stato portato su. Tu hai fatto quello che potevi. Dovremmo avere degli apparecchi portatili trasmittenti a onde corte” pensò. “Li avremo, col tempo. Ma ora non li abbiamo. Tu ora sta’ attento e fa’ quello che devi.
“Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno. Ma quello che accadrà in tutti gli altri che verranno può dipendere da quello che farai tu oggi. È stato così tante volte. Tutta questa guerra è così. Ehi,” disse a se stesso “non ti dare tante arie fin dal primo mattino. Guarda che cosa succede ora.”
Vide due uomini avvolti nelle coperte e con gli elmetti in testa svoltare la curva della strada e marciare verso il ponte coi fucili a tracolla. Uno si fermò all’estremità più lontana del ponte e sparì nella garitta. L’altro attraversò il ponte camminando con passo lento e pesante. Si fermò sul ponte e sputò giù nella gola, poi raggiunse lentamente l’estremità del ponte più vicina a Jordan, dove l’altra sentinella gli disse qualche cosa e poi se ne andò attraversando il ponte. Il soldato che aveva avuto il cambio camminava più svelto dell’altro (va a far colazione, Robert Jordan pensò) ma anche lui sputò giù nel fiume.
“Mi domando se sono superstizioso” pensò Robert Jordan. “Ma mi vedrò costretto a sputare anch’io giù nella gola. Se sarò ancora capace di sputare. No. Non può essere un sortilegio molto forte. Non può avere effetto. Dovrò convincermi che non ha effetto prima che io sia là.”
La sentinella era entrata nella garitta e si era seduta. Il suo fucile con la baionetta inastata era appoggiato al muro. Robert Jordan si tolse il binocolo dalla tasca della camicia e girò gli oculari finché l’altra estremità del ponte laccato di grigio non apparve netta e chiara. Poi alzò il binocolo verso la garitta.
La sentinella, seduta, si appoggiava al muro; aveva appeso l’elmetto a un piolo e la sua faccia si distingueva chiaramente. Robert Jordan riconobbe il soldato che era stato di guardia in quel medesimo posto quel pomeriggio di due giorni prima. Portava lo stesso berretto fatto a maglia e non era rasato. Aveva le guance infossate, gli zigomi sporgenti, due sopracciglia irsute che si univano al centro della fronte. Sembrava assonnato e mentre Robert Jordan lo guardava, sbadigliò. Poi si tolse di tasca una borsa di tabacco e un libretto di cartine e si arrotolò una sigaretta. Cercò di far funzionare un accendisigari, infine se lo mise in tasca e si avvicinò al braciere, si piegò, vi pescò dentro un pezzo di carbone, lo fece saltare su una palma mentre vi soffiava sopra, accese la sigaretta e buttò di nuovo il carbone nel braciere.
Guardandolo attraverso il suo Zeiss 8, Robert Jordan studiò il viso dell’uomo mentre, appoggiato alla garitta, fumava la sigaretta. Poi abbassò il binocolo, lo piegò e se lo mise in tasca.
“Non lo guarderò più” disse a se stesso.
Allungato in terra si mise a guardare la strada sforzandosi di non pensare. Uno scoiattolo squittì sul tronco di un pino sotto di lui e Robert Jordan lo guardò scendere lungo il tronco fermandosi ogni tanto per girare la testa e fissare l’uomo che lo spiava. Vedeva gli occhi dello scoiattolo piccoli e brillanti e la coda sussultante per l’emozione. Poi lo scoiattolo saltò su un altro albero facendo lunghi salti con le piccole zampe e aiutandosi con la coda. Dall’albero si voltò a guardare di nuovo Robert Jordan, quindi corse su, girando intorno al tronco, e sparì. Poi Robert Jordan lo udì squittire dai rami più alti del pino e lo vide lassù, appiattito lungo il ramo, agitare la coda.
Robert Jordan guardò di nuovo giù, attraverso gli alberi, la garitta della sentinella. Gli sarebbe piaciuto avere in tasca lo scoiattolo o una cosa qualunque da poter toccare. Strofinò di nuovo i gomiti sugli aghi di pino, ma ora era diverso. “Nessuno sa come si può essere soli facendo un lavoro simile. Io solo lo so. Spero che il coniglietto se la cavi bene. Smettila! Sì, certo. Ma questo posso sperarlo e lo spero. Che io possa riuscire a far saltare bene il ponte e che lei se la cavi. Bene. Certo. Questo solo. Non voglio altro, ora.”
Sempre allungato in terra girò gli occhi, dalla strada e dalla sentinella, sui monti lontani. “Cerca di non pensare” disse a se stesso. Immobile, calmo, guardò nascere il giorno. Era una bella mattina di prima estate sul finire del maggio e faceva giorno presto. Un motociclista col giaccone e l’elmo di cuoio e con un fucile automatico in un fodero lungo la gamba sinistra attraversò il ponte al di sotto di lui, sparendo nella stessa direzione. Non si vide altro. Robert Jordan odorava i pini e ascoltava il fiume e il ponte appariva adesso chiaro e bello nella luce del mattino. Se ne stette disteso dietro il pino con il fucile automatico sull’avambraccio sinistro, senza più guardare la garitta della sentinella, finché, molto tempo dopo, quando già gli era parso che niente potesse accadere in una così bella mattina di maggio, udì il brusco, sordo rombo delle bombe.
Quando Robert Jordan udì le bombe, il primo sibilo sordo, prima che i monti lo rimandassero trasformato in tuono, trasse un lungo sospiro e sollevò il fucile automatico da dove l’aveva posato. Aveva il braccio addormentato per il peso e le dita non volevano ubbidirgli.
La sentinella che era nella garitta alzò la testa quando udì le bombe. Robert Jordan lo vide allungare la mano verso il fucile e farsi avanti sulla porta della garitta, in ascolto. Adesso stava sulla strada sotto il sole, col berretto a maglia di sghembo e il sole sulla faccia irsuta alzata verso il cielo dove gli aeroplani sganciavano le bombe.
Adesso non c’era più nebbia sulla strada e Robert Jordan vide chiaramente, nettamente, l’uomo che stava sulla strada e guardava il cielo. Il sole gli pioveva addosso filtrando tra gli alberi.
Robert Jordan si sentiva soffocare ora come se un filo di ferro gli serrasse il petto, e puntando i gomiti, sentendo sotto le dita le rughe dell’impugnatura anteriore dell’arma, puntò il mirino, che era perfettamente al centro nell’intacco dell’alzo, in mezzo al petto dell’uomo e premette dolcemente il grilletto.
Sentì contro la spalla il sussulto rapido, liquido, spasmodico del fucile mitragliatore e sulla strada l’uomo scivolò in avanti sulle ginocchia con un’aria stupita e offesa, e si piegò in due battendo la fronte sulla strada. Il fucile gli cadde accanto, uno dei diti dell’uomo rimase piegato sul grilletto, il polso piegato in avanti. Il fucile, con la baionetta inastata, era in mezzo alla strada. Staccando gli occhi dall’uomo piegato in due sulla strada, Robert Jordan guardò verso la garitta più lontana. Non vide l’altra sentinella; guardò allora giù per il pendio a destra dove Agustín era nascosto. In quel momento udì sparare Anselmo; il colpo strappò un’eco alla gola. Poi udì un altro colpo.
Col secondo colpo arrivò dalla svolta sotto il ponte l’esplosione ripetuta delle bombe a mano. Poi altre bombe scoppiarono a sinistra, molto più in su, verso la strada. Poi Robert Jordan udì un fuoco di fucileria su per la strada e il rumore, spat-spat-spat, del fucile automatico da cavalleria di Pablo si mescolò, salendo dal basso, allo scoppio delle bombe. Vide Anselmo precipitarsi per la scorciatoia che scendeva ripida presso l’altra estremità del ponte; mise in spalla il mitragliatore, afferrò i due fagotti pesanti che erano dietro i tronchi di pini e tenendone uno in ogni mano, le braccia tese come se i tendini volessero uscirgli dalle spalle, corse barcollando giù per il ripido pendio fino alla strada.
Correndo, udì Agustín gridare: «Buena caza, Inglés. Buena caza!» e pensò: “Buona caccia, all’inferno, buona caccia” e proprio allora udì Anselmo sparare in fondo al ponte; il colpo rimbombò in mezzo all’armatura di acciaio. Passò davanti alla sentinella morta con i fagotti che oscillavano e fu sul ponte.
Il vecchio gli venne incontro correndo, con il fucile in mano. «Sin novedad» gridava. «Tutto va bene. Tuve que rematarlo. Ho dovuto finirlo.»
Inginocchiandosi, Robert Jordan aprì i fagotti al centro del ponte, ne tolse il suo materiale e vide che le lacrime scorrevano sulle guance di Anselmo tra la barba grigia.
«Yo maté uno tambien» disse ad Anselmo. «Ne ho ucciso uno anch’io» e accennò con la testa verso la sentinella piegata in due sulla strada in fondo al ponte.
«Sì, hombre, sì» disse Anselmo. «Dobbiamo ucciderli e li uccidiamo.»
Robert Jordan si stava ora calando nell’intelaiatura del ponte. Gli elementi di acciaio erano freddi e umidi di rugiada sotto le sue dita, egli scendeva lentamente, sentendosi il sole sulla schiena, sostenendosi ai piloni, udendo sotto di sé lo scroscio del torrente, udendo degli spari, troppi spari, sulla strada intorno al posto di guardia più alto. Adesso sudava copiosamente sebbene facesse fresco sotto il ponte. Aveva intorno a un braccio un rotolo di fili di ferro e dal polso gli pendeva una pinza attaccata a un laccio.
«Calami qui un fagotto per volta, viejo» gridò ad Anselmo. Il vecchio si sporse più che poté sul ponte tendendogli i blocchi oblunghi di dinamite e Robert Jordan li afferrava, li infilava al loro posto, comprimendoli forte e...

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