Che cos'è la scienza
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Che cos'è la scienza

La rivoluzione di Anassimandro

Carlo Rovelli

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Che cos'è la scienza

La rivoluzione di Anassimandro

Carlo Rovelli

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Che cos'è la scienza · Tutte le civiltà umane, dagli Egizi ai Maya, dai Cinesi ai Babilonesi, hanno sempre pensato che il mondo fosse fatto di Cielo sopra e Terra sotto. Tutte, eccetto una: i Greci. Per loro non c'era altra Terra sotto la Terra. Né enormi tartarughe, come nei miti asiatici e pellerossa. O le colonne di cui parla la Bibbia. La Terra, per i Greci, non è altro che un sasso gigantesco che galleggia nello Spazio, immersa in un Cielo che continua sotto i nostri piedi. Ad avere questa straordinaria intuizione - «una delle idee più audaci, rivoluzionarie e portentose dell'intera storia del pensiero umano», secondo Karl Popper - è stato il filosofo Anassimandro nella prima metà del VI secolo a.C. È della sua straordinaria «rivoluzione scientifica» che parla questo libro, un'idea che ha aperto la strada alle scoperte di Copernico, Galileo, Newton, Einstein. E che diventa qui lo spunto per una riflessione articolata sulla natura del pensiero scientifico, della sua capacità critica e ribelle, in polemica tanto con il dogmatismo antiscientifico di chi pretende di essere depositario della verità quanto con il relativismo culturale oggi di moda. Per difendere, in maniera vivace e appassionata, la libertà di pensiero contro ogni forma di oscurantismo.

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Information

Publisher
Mondadori
Year
2014
ISBN
9788852055195
I

Il VI secolo

Un panorama sul mondo

Il VI secolo a.e.v. non è fra i periodi storici più conosciuti da tutti. Nel 610 a.e.v., al momento della nascita di Anassimandro a Mileto, mancano ancora quasi duecento anni al secolo d’oro della civiltà greca, quello di Pericle e di Platone. A Roma regna, secondo la tradizione, Tarquinio Prisco. Più o meno in quegli anni i Celti fondano Milano e coloni greci, partiti dalla Ionia di Anassimandro, fondano Marsiglia. Omero (o chi per lui) aveva composto l’Iliade due secoli prima, ed Esiodo aveva già scritto Le opere e i giorni; ma ancora pochissimi dei grandi poeti, filosofi, e scrittori di teatro greci avevano iniziato a scrivere. Saffo era ancora ragazzina, in un’isola a poca distanza da Mileto.
Ad Atene, la cui potenza cominciava a crescere, era in vigore lo stretto codice di Dracone, ma era già nato Solone, che avrebbe scritto la prima costituzione che comprende elementi di democrazia.
Il mondo mediterraneo non era certo primitivo: gli uomini avevano iniziato a vivere in città già da almeno diecimila anni. Il grande regno d’Egitto esisteva già da almeno ventisei secoli, cioè quanti separano Anassimandro da noi.
Quando nasce Anassimandro, da due anni era caduta Ninive, evento storico maggiore, che segna la fine della vasta e brutale potenza assira. La più grande città del mondo, con oltre duecentomila abitanti, torna a essere Babilonia, che lo è già stata per decine di secoli. Su Babilonia regna Nabopolassar, ma è solo un breve ritorno di splendore: già si affaccia da Oriente sul mondo mediorientale la nascente potenza persiana, sulla quale regna Ciro I, e che presto avrebbe preso il controllo della Mesopotamia. In Egitto era l’ultimo anno del lungo regno del grande faraone Psammetico I, primo faraone della XXVI dinastia, che aveva riconquistato l’indipendenza dell’Egitto dal morente impero assiro e aveva riportato il suo regno alla prosperità. Psammetico I aveva stabilito strette relazioni con il mondo ellenico, aveva arruolato numerosi mercenari greci nel suo esercito e aveva incoraggiato Greci a stabilirsi in Egitto. Mileto manteneva un florido scalo commerciale in Egitto, a Naucrati, e Anassimandro doveva quindi necessariamente avere numerose informazioni di prima mano sulla cultura egizia.
Gli imperi mediorientali intorno al 600 a.e.v.
Figura 2. Gli imperi mediorientali intorno al 600 a.e.v.
A Gerusalemme regna Giosia, della casa di Davide, che sfruttando la fluidità della situazione internazionale, con l’impero assiro indebolito e Babilonia non ancora tornata potente, riafferma l’orgoglio di Gerusalemme imponendo il culto esclusivo di Yahweh. Per fare questo, distrugge tutti gli oggetti di culto degli altri dèi, come Baal o Asherah, distrugge i templi, trucida tutti i sacerdoti pagani ancora vivi, ed esuma e brucia sui loro altari le ossa di quelli morti,1 inaugurando così uno stile di comportamento verso le altre religioni che sarà poi caratteristico del monoteismo, quando questo trionferà. Prima della morte di Anassimandro, il popolo ebraico soccomberà nuovamente, e sarà deportato a Babilonia, a ripetere la tragica esperienza dell’asservimento; asservimento dal quale riuscirà ancora una volta a liberarsi, come già aveva fatto diversi secoli prima dall’Egitto grazie a Mosè.
Di questi eventi arrivava con ogni probabilità eco a Mileto. Di altri, in altre parti della Terra, molto probabilmente poco o nulla: l’Europa settentrionale passava dall’età del bronzo all’età del ferro. In America, la secolare civiltà olmeca sta già declinando. Nel Nordovest dell’India si erano già formati i grandi regni Mahajanapadas. Contemporaneo di Anassimandro in India è Mahavira, fondatore del jainismo, che predica il non-nuocere ad alcun essere vivente: già gli Indoeuropei d’Occidente si concentrano su come pensare il mondo e quelli d’Oriente su come meglio vivere la vita…
K’uang di Zhou era da poco asceso al trono come dodicesimo imperatore della grande dinastia Zhou, in Cina. Era il periodo detto delle Primavere e degli Autunni, un periodo di decentralizzazione del potere, di lotte feudali, ma anche di una vivacità e diversità culturale, che la Cina avrebbe poi perso per molto tempo, forse in cambio di una stabilità interna non certo perfetta, ma indubbiamente molto maggiore di quella della bellicosa storia del Medio Oriente e dell’Europa.
La civiltà umana era dunque già in piedi da millenni, e assai strutturata, quando, verso la fine del VII secolo a.e.v., nasce Anassimandro. Le idee correvano già da una parte all’altra dei continenti, insieme alle merci. A Mileto si poteva forse comprare seta cinese, come sarà possibile due secoli dopo ad Atene. La maggior parte degli uomini si occupava di sopravvivere coltivando la terra, allevando animali, pescando, cacciando o commerciando; altri, esattamente come oggi, di ammassare potere e ricchezza facendosi l’un l’altro la guerra.

Il sapere del VI secolo: l’astronomia

Com’erano il sapere e il clima culturale di questo mondo? Non è facile saperlo, per un secolo che, a differenza dei loquacissimi secoli successivi, ci ha lasciato relativamente poche testimonianze scritte. Al tempo di Anassimandro, sono già stati scritti grandi libri il cui influsso arriva fino a noi: grandi parti della Bibbia (il Deuteronomio è probabilmente scritto in quegli anni), il Libro dei Morti egizio e le grandi epopee come Gilgamesh, il Mahabharata, l’Iliade e l’Odissea, le splendide e grandiose storie in cui l’umanità rispecchia se stessa, i suoi sogni e le sue follie.
La scrittura esisteva da tre millenni. Leggi scritte esistevano almeno da dodici secoli, cioè almeno da quando Hammurabi, sesto re di Babilonia, le aveva fatte incidere su splendidi blocchi di basalto, posti in ogni città del suo grande impero. Uno di questi blocchi lo si può ancora vedere al Louvre ed è difficile resistere all’emozione, osservandolo e leggendone la traduzione.
Il sapere scientifico? In Egitto e ancor più a Babilonia si erano sviluppate rudimentali matematiche, che conosciamo per il ritrovamento di raccolte di risultati ed esercizi. Ai giovani scribi egizi, per esempio, veniva insegnato come risolvere problemi di divisione di sacchi di grano in parti eguali fra creditori, o in parti in proporzioni date fra loro. (Un mercante ha venti sacchi di grano con cui retribuire due operai, uno dei quali ha lavorato un tempo triplo dell’altro: quanto deve dare a ciascuno?) Si conoscevano tecniche di calcolo per dividere un numero per 2, 3, 4 e 5, ma non per 7. Se la soluzione del problema implicava una divisione per 7 era necessario cercare di riformulare il problema in altri termini.
Per calcolare il perimetro di un cerchio in funzione del raggio, si usava la costante oggi chiamata pi greco (3,14…): il valore correntemente usato di pi greco era 3. Gli Egizi sapevano che un triangolo di lati in rapporto fra loro come 3:4:5 ha un angolo retto. Ho cercato di valutare globalmente il livello di questa matematica, sulla base delle ricostruzioni moderne, e mi sembra che, in generale, si possa valutare come paragonabile a quello di un bravo studente di terza o quarta elementare odierne. Si legge sovente dello «straordinario sviluppo dell’antica matematica babilonese». È certo corretto, ma bisogna stare attenti a non interpretare male: s’intende l’avere compreso le cose che noi studiamo a sette anni. Il punto è che è stato tutt’altro che facile per l’umanità arrivare a mettere insieme il sapere che noi impariamo alle elementari. Il sapere dell’Egitto, di Babilonia, di Gerusalemme, così come quello antico di Creta o di Micene, o come quello della Cina e del Messico, era concentrato nelle grandi corti reali e imperiali. La forma fondamentale dell’organizzazione politica umana nelle prime grandi civiltà era infatti la monarchia e l’accentramento del potere. Penso si possa dire, in modo anche più forte, che le grandi monarchie erano le grandi civiltà stesse. Leggi, commerci, scrittura, conoscenza, sapere, religione, struttura politica, tutto esisteva principalmente all’interno dei grandi palazzi reali e imperiali. È stata questa struttura monarchica che ha permesso lo svilupparsi della complessità della civiltà. Essa rappresentava la garanzia della stabilità e della sicurezza necessarie alla complessità di questa civiltà; stabilità che poi un po’ reggeva e un po’ no, come oggi.
La corte di Babilonia teneva registri di fatti importanti o notevoli. Fra questi il prezzo del grano, eventi catastrofici, e, cosa cruciale per lo sviluppo futuro della scienza, dati astronomici come eclissi e posizioni dei pianeti. Otto secoli più tardi, in pieno impero romano, Tolomeo si potrà ancora servire con una certa fiducia di dati provenienti dagli antichi archivi di Babilonia. Egli lamenta di non avere accesso a tutti i documenti babilonesi sulle posizioni dei pianeti, ma utilizza tavole delle eclissi compilate durante il regno di Nabonassar intorno al 747 a.e.v., cioè un secolo prima di Anassimandro, e usa perfino l’inizio di questo regno come anno zero per i suoi elaborati calcoli astronomici.
La registrazione dei dati astronomici è anche più antica. Abbiamo una tavoletta cuneiforme, riprodotta in figura 3, che contiene registrazioni corrette della posizione di Venere nel cielo, fatte lungo diversi anni, durante il regno di Ammisaduqa, intorno al 1600 a.e.v.: mille anni prima di Anassimandro.
Tavoletta in caratteri cuneiformi scritta a Ninive nel VII secolo a.e.v. Contiene una lista di osservazioni della posizione del pianeta Venere nel cielo fatte sotto Ammisaduqa, un millennio prima
Figura 3. Tavoletta in caratteri cuneiformi scritta a Ninive nel VII secolo a.e.v. Contiene una lista di osservazioni della posizione del pianeta Venere nel cielo fatte sotto Ammisaduqa, un millennio prima. Londra, British Museum.
È opportuno soffermarsi un poco su quest’astronomia antica perché è in rapporto con la scienza che verrà. Che senso avevano questi dati per i Babilonesi? Perché li registravano? Perché si occupavano del cielo?
Non è difficile rispondere: il motivo è scritto chiaramente sulle innumerevoli2 tavolette antiche che ci restano.
Da un lato, gli esseri umani si sono resi conto dell’esistenza della regolarità in alcuni di questi fenomeni celesti, e ne hanno fatto uso. Dall’altro, hanno presto cercato di mettere in relazione fenomeni celesti e fenomeni umani. Distinguiamo le due cose.
Il movimento relativo del Sole e delle stelle nel cielo era compreso da secoli con una chiarezza su questi fenomeni molto superiore a quella che può avere in media un professore universitario di oggi. Per esempio, Esiodo fa chiaramente riferimento al fatto che per sapere a che punto siamo dell’anno, cioè la data, basta osservare quale costellazione si veda all’alba a oriente. Suppongo che pochi professori universitari sarebbero oggi capaci di fare altrettanto. Il clima mediterraneo impone al mondo contadino di seguire in modo piuttosto scrupoloso i ritmi annuali, ma in un mondo senza calendari e giornali e in un clima in cui le stagioni non sono molto marcate, non è sempre facile seguire questi ritmi. Il cielo e le stelle offrono una risposta semplice a questo problema; gli uomini se ne erano accorti da secoli, e il sapere corrispondente era diffuso.
Per esempio, dice Esiodo in Le opere e i giorni, con immagini bellissime:
Quando […] l’astro di Arturo, lasciata la sacra corrente di Oceano, tutto splendente si innalza al sorgere della se...

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