1. Avvegna che: quantunque, sebbene. Il senso concessivo della frase è chiarito dal contrasto fra i due verbi: dispergesse, mi ristrinsi. Cioè: sebbene tutti gli altri si spargessero in fuga per la pianura, io non li imitai, ma mi strinsi alla mia guida.←
– subitana, arcaico per subitanea, repentina, richiama il subitamente della scena finale del canto II, alla quale questo attacco è strettamente connesso.←
2. dispergesse: dal latino dispergere: spargere in varie direzioni. Cfr. sperga a XXVII 84. L’uso di questo verbo – molto comune nella Vulgata biblica – è testimoniato anche in altri testi volgari antichi.←
3. ove ragion ne fruga: dove la giustizia divina ci punisce, tormenta. Che ragion valga qui giustizia, ce lo assicurano, oltre al contesto, il riscontro con Inf. XXX 70 (La rigida giustizia che mi fruga), l’uso del termine nel Convivio, dove vale spesso «diritto» o «legge» (cfr. I, X 3; IV, IX 8), e la stragrande maggioranza dei commenti antichi. Per fruga cfr. il luogo citato dell’Inferno e nota.←
4. i’ mi ristrinsi: mi accostai ben stretto al mio fedele compagno (compagna per «compagnia», come in Inf. XXVI 101). Il verso esprime già nel gesto quel che diranno esplicitamente i due seguenti, e tutta la terzina è una muta dichiarazione di fiducia e di affetto per colui che è stato or ora colto in fallo.←
5. e come sare’… corso?: come avrei potuto correre avanti senza di lui, cioè senza sapere dove? Dante sembra non poter muovere un passo, come un fanciullo sperduto, senza il suo duca al fianco.←
6. avria: avrebbe, forma antica del condizionale (derivata dall’infinito + l’imperfetto di avere invece del perfetto ebbe) già più volte incontrata (cfr. Inf. IX 39 e nota).←
7. mi parea: nel volto e nell’atto, ai quali Dante è sempre attentissimo.←
– da sé stesso rimorso: morso, ferito dalla sua stessa coscienza, cioè indipendentemente dal rimprovero di Catone. Questo verso dà ragione dei tre che precedono; e vedi come ritrae, senza descriverlo, l’atteggiamento di Virgilio.←
8. dignitosa… e netta: gelosa della propria dignità, e perfettamente pura, sì che di ogni lieve ombra si accorge e si duole.←
9. come t’è picciol fallo…: come anche una piccola mancanza è per te un’amara ferita. Più la coscienza è pura, più le piccole colpe vi appaiono grandi. Con questa esclamazione, Dante trasforma in lode la momentanea debolezza del maestro di fronte al canto che tutti li ha rapiti.←
10. lasciar la fretta: cioè ripresero l’andare consueto. Quella fretta era la reazione alle parole di Catone; quando il passo di Virgilio l’abbandona, è segno che il suo turbamento è passato, e quindi anche l’animo di Dante si distende (vv. 12-3) ed egli si guarda intorno pensando al nuovo cammino.←
11. che l’onestade… dismaga: che indebolisce, diminuisce dignità ad ogni atto dell’uomo. Gravità e misura erano i tratti ideali del saggio stoico. Cfr. Brunetto, Tesoro volgarizzato II, VII 25: «… dee l’uomo guardare la sua andatura non sia troppo molle per tardezza… né troppo presta, tanto ch’ella ti faccia ingrossare la lena e mutare il colore». Per dismagare, diminuire di forze, cfr. smagato a Inf. XXV 146 e nota.←
12. ristretta: raccolta in un pensiero solo: la scena precedente, e il suo riflesso in Virgilio. ristretta è detto della mente anche a Par. VII 52 e Purg. XVII 22.←
13. lo ’ntento rallargò: lasciò spaziare la sua attenzione; intento è participio sostantivato, come ’ntesa di Inf. XXII 16, e si trova più volte a indicare il pensiero indirizzato, teso, a un dato oggetto (cfr. Purg. XVII 48; XIX 18 e Par. XXI 3). Vedi il preciso contrapporsi di ristretta e rallargò, che ritrae l’aprirsi della mente da una sola e penosa preoccupazione ad altre più leggere e piacevoli.←
– vaga: desiderosa; come un fanciullo liberato, che può lasciare andare la sua curiosità. vago è usato in senso assoluto anche in Par. XXIII 13.←
14. diedi ’l viso: rivolsi lo sguardo.←
15. si dislaga: si innalza distaccandosi dall’oceano, come da un lago che lo circonda, più di ogni altra montagna terrena. Il senso del verbo dislagare, coniato da Dante col prefisso dis-, che indica separazione (come dismala, disuna, ecc.), è chiarito da Par. XXVI 139, dove si definisce il purgatorio come il monte che si leva più da l’onda (Parodi, Lingua, p. 266).←
16. Lo sol…: ripreso il racconto dopo la pausa, ecco interviene il sole, che, assente nell’Inferno, domina invece sempre la scena della seconda cantica, scandendo il tempo ed indicando la via.←
– roggio: rosso; forma gallicizzante (franc. rouge) che Dante sembra preferire per indicare il colore del fuoco (cfr. Inf. XI 73 e Par. XIV 87). Il color rosso è proprio del sole mattutino, ancora basso sull’orizzonte e velato dai vapori terrestri. Vedi come gli aspetti del sole, via via indicati, segnino i tempi del cammino (cfr. II 55-7 e IV 137-8).←
17. rotto m’era…: la luce del sole era interrotta davanti al mio corpo (figura), perché trovava in me un ostacolo ai suoi raggi. Per figura nel senso di «forma corporea» cfr. Inf. VI 98; XVI 131; Par. V 137. Cfr. Guinizelli, Rime VII 1, 3: «Vedut’ho la lucente stella diana,… c’ha preso forma di figura umana».←
18. ch’avëa: relativa causale; il che vale «come quello che» ed è riferito a lo sol del v. 16.←
19. dallato: di fianco; forma comune nei nostri antichi.←
21. solo dinanzi a me: e non davanti a Virgilio; vedendo un’ombra sola, e non due, l’istinto lo fa volgere a cercare il compagno. Come sempre, la situazione irreale è ritratta con il massimo realismo.←
22. ‘l mio conforto: è Virgilio, così chiamato anche altrove (IX 43), ma qui forse a sottolineare l’affettuoso sentimento già espresso ai vv. 4-6.←
– pur: ancora, dà valore continuativo al verbo, come più volte abbiamo osservato.←
23. tutto rivolto: rivolto verso di me con tutta la persona: a indicare premura e protezione.←
24. me teco: che io sia con te. Come puoi ancora credere, sembra dire Virgilio, che io non ti sia accanto a guidarti?←
25. Vespero è già…: già scende la sera (l’ora del vespero) là dov’è sepolto quel corpo nel quale io potevo far ombra (quasi dica: questo che ho ora è altra cosa da quello). Esso è dunque ben lontano da qui, dove sorge il mattino. E la lontananza geografica significa, nel mesto andare del verso, la lontananza che ormai separa Virgilio dalla sua vita terrena. Ricordiamo che Napoli, dove era la tomba di Virgilio, si trova, nella geografia dantesca, a 45° (cioè a tre ore di sole) da Gerusalemme. Se dunque sulla riva del purgatorio è da poco sorto il sole, e a Gerusalemme, che è ai suoi antipodi, è da poco tramontato, a Napoli sarà in corso l’ora del Vespro, che si svolge tra le 15 e le 18.←
27. Napoli l’ha: il corpo di Virgilio era sepolto a Napoli, ma gli era stato tolto dalla città di Brindisi (Brandizio, lat. Brundisium) dove egli era morto nel 19 a.C., tornando da un viaggio in Grecia. Augusto fece poi trasportare e seppellire le spoglie del poeta a Napoli (cfr. VII 6). Dante riecheggia in questo verso l’epitaffio di Virgilio, che si credeva da lui stesso composto, riferito nella Vita scritta da Donato: «Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet...