La strada del cielo
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La strada del cielo

La vita come pellegrinaggio verso l'eternità

Livio Fanzaga

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  1. 160 pages
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La strada del cielo

La vita come pellegrinaggio verso l'eternità

Livio Fanzaga

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In tempi di grandi prove per l'umanità - guerre, pandemie, rivolgimenti naturali - la fragilità e la precarietà dell'esistenza appaiono ancora più evidenti e ci spingono a interrogarci sul senso della nostra vita, a cercare una meta che sappia dare significato al cammino di ogni giorno. Andando al fondo di noi stessi, non è difficile sentire che la vita non è affatto una merce da consumare, ma un mistero da scandagliare, una missione da realizzare e che non ne siamo i padroni, anzi, non siamo in grado né di conservarla né di progettarla. In questi momenti si percepisce forte la nostalgia di qualcosa di più grande, che sta "aldilà" di tutto quello che è l'apparenza del quotidiano.
È come una rinascita: l'uomo scopre di non essere solo, di essere creato per l'immortalità, di avere Dio come Padre, di essere stato amato da Cristo fino al sacrificio della Croce, di avere Maria come Madre Celeste.
Una luce inaspettata investe ogni aspetto dell'esistenza e conferisce un nuovo gusto alle cose, spalancando orizzonti di felicità prima inimmaginabili. È il cuore dell'avvenimento cristiano. L'inizio di quell'esperienza che conduce fuori dall'oscurità in cui si procede incerti, a tentoni, e guida sulla strada del Cielo, che porta alla piena realizzazione di sé come figli di Dio.
Una strada che si percorre senza contare i passi e incuranti delle asperità, con sempre maggior sicurezza e fiducia, camminando con i piedi ben saldi sulla terra e lo sguardo levato oltre l'orizzonte.

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Information

Year
2020
ISBN
9788858524664
1

IL LABIRINTO

La vita è un viaggio

Il fatto di esistere è un miracolo che ci riempie di stupore nel momento in cui ce ne rendiamo conto. Prima di esistere infatti non c’ero. Come è avvenuto questo passaggio dal nulla all’essere? Qual è la causa che l’ha determinato? Chi lo ha deciso, dal momento che il nulla che ero non poteva decidere alcunché? Chi ha voluto che io esistessi in questo momento e non in un altro? Avrei potuto essere un uomo rinchiuso in una caverna e invece sto ammirando l’orizzonte dall’alto di un grattacelo. Avrei potuto nascere all’equatore o al Polo Nord, eccomi invece a godermi il dolce tepore di un clima mite. Avrei potuto nascere in un’altra civiltà, nutrirmi di una cultura diversa, parlare una lingua che oggi non conosco, essere educato da altri genitori, avere qualità diverse da quelle che mi caratterizzano. Mi trovo a esistere qui e ora, in questo modo e non in un altro, dove tante cose decisive della vita sono già state determinate. Mi rendo conto che non solo non esisto per una mia decisione, ma che mi è già stato preparato il ventaglio di possibilità per realizzare la mia vita. Perché esisti invece di non esistere e perché esisti in questo modo e in questo tempo invece che in un altro, sono quelle domande che non cesseranno mai di bussare alla porta del cuore. Sarai tentato di archiviarle perché non trovi risposta, o perché ti fanno comodo risposte ingannevoli. Solo se avrai la grazia della fede tutto ti apparirà chiaro e ti sarà dato di scorgere una mano misteriosa e provvidente che, per amore, ti ha tratto dal nulla, e ti ha dato ali di aquila per elevarti a quelle sommità celesti, dalle quali scorgi la bellezza e la grandezza della tua esistenza. La vita è un mistero da scandagliare, è un’occasione unica da cogliere, è un’avventura da affrontare, è una missione da realizzare. È tutto questo e ancora di più. Non è affatto una merce da consumare, un’illusione da coltivare, un mare nel quale affogare. La vita è una benedizione e tocca a ognuno farla fruttificare.
Vorrei incominciare col dirti che, per guardare la vita nella giusta prospettiva, la devi considerare come un viaggio da percorrere. Incominci a camminare già nel momento del concepimento. Fin dal principio, in quel minuscolo embrione, c’è già tutto il bagaglio di talenti e di possibilità che dovrai sviluppare con la luce dell’intelligenza e la forza della volontà, perché il seme che sei diventi un albero frondoso e ricco di frutti. Ogni giorno che passa vai avanti nel cammino. All’inizio con passi incerti, su strade che non conosci e lungo le quali vieni accompagnato. Ti rendi conto quanto sia importante che una mano sicura ti guidi, rialzandoti quando cadi e indicandoti la strada quando ti perdi. Il viaggio della vita è un movimento continuo, che non conosce soste. Che tu cammini o ti fermi, che tu dorma o sia sveglio, il viaggio continua e il tempo inesorabile lo segna, accumulando i giorni, i mesi e gli anni. Man mano che avanzi, ti poni degli obiettivi da raggiungere, dei traguardi da tagliare. La strada per te continua e non sai quanto sarà lunga. Ti rendi conto infatti che ogni uomo ha un suo cammino da percorrere e non sa se sia breve o lungo, in salita o in discesa, invitante od osteggiato. Nessuno sa quanto duri il suo viaggio e quanta strada debba ancora percorrere. I giorni che scorrono misurano l’ampiezza e il vigore del tuo passo. All’inizio saltellavi lieto e spensierato, poi hai incominciato a correre senza sosta, finché i tuoi passi sono diventati pesanti e la fatica del viaggio li ha resi incerti. Ora non ti illudi più che il viaggio si prolunghi all’infinito e incominci a guardare indietro, abbracciando con l’occhio il cammino percorso. È giunto il momento in cui un pensiero affiora insistente e riguarda quanto tratto di strada ti rimanga ancora da percorrere e quanto tempo ti è concesso prima che la clessidra si vuoti. La vita non è un viaggio che non finisce mai. Ha un inizio e una fine. Ti sei mai interrogato se tanto camminare abbia una meta?
Camminare senza una meta è irragionevole perché ridurrebbe la vita a una fatica inutile. Chi affronterebbe un viaggio lungo e faticoso senza sapere quale sbocco avrà? Eppure è così che molti oggi fanno, soprattutto quelli che hanno lasciato che si spegnesse la luce della fede e avanzano al buio, ignari che potrebbero mettere il piede in fallo e precipitare in un abisso. L’umanità ha alle sue spalle un viaggio interminabile, lungo il quale gli uomini hanno saputo intravedere una meta, sia pure avvolta dalle nebbie della non conoscenza, che li motivava nelle asperità e nelle insidie del cammino. Questa meta, situata oltre gli orizzonti del tempo, ha sostenuto le generazioni, infondendo forza e coraggio nelle tragedie che flagellano la lunga traversata. Oggi sono sempre più gli uomini che camminano ma non sanno verso dove. Un velo di oscurità è calato sui loro occhi e il loro sguardo si è talmente accorciato, che non vedono oltre l’istante passeggero che si dilegua passando. Invece di impostare la vita con l’obiettivo di raggiungere un traguardo per il quale vale la pena fare tutti i sacrifici necessari, la trascorrono nell’inseguimento dell’effimero da afferrare e da consumare, incuranti del vortice del nulla che tutto consuma. Così il viaggio diventa fine a se stesso, è una strada che porta da nessuna parte, è una fatica che si risolve in una beffa. Chi potrebbe essere attratto da una prospettiva di questo genere, che pure si diffonde e incanta con la sua falsa luce? Solo l’ingannatore è in grado di architettare una truffa così plateale, che sta accecando un’intera generazione e la spinge inesorabilmente verso il culto del nulla nel quale inabissarsi e dileguarsi.
Caro amico, oggi l’oscurità della menzogna incombe sull’orizzonte, la vita è stata accorciata nell’ambito della finitezza, lo striscione del traguardo è stato alzato sul ciglio dell’abisso, la tua vita è stata consegnata all’abbraccio dell’inutilità e della disperazione. Sappi però che la vita è tua e non puoi permettere che ti venga rubata, manipolata e usata per altri fini che non siano la tua felicità. Riprendila in mano. Chiediti chi te l’ha data, rifletti sul suo inestimabile valore, proiettala verso il traguardo di luce che ti è stato preparato fin dall’eternità. Stai facendo un viaggio. Ti pare saggio camminare senza chiederti prima se sei nella direzione giusta, quella che ti conduce alla meta? Che cosa consiglieresti a una persona che corre imperterrita su una strada che finisce in una voragine senza speranza?

Il labirinto senza uscita

Non ti è mai capitato di camminare in un bosco fitto e oscuro e di perdere il sentiero? Prima andavi avanti tranquillo, perché ti sentivi rassicurato dal percorso che si delineava davanti ai tuoi occhi. Eri certo che, passo dopo passo, saresti arrivato a rivedere il cielo e a imboccare la strada principale. Ma ecco che all’improvviso ti trovi impigliato negli arbusti e non sei più in grado di trovare la direzione giusta. Ti muovi da una parte e dall’altra a caso, mentre la paura ti paralizza, impedendoti di ragionare. Ti metti a gridare, nella speranza che qualcuno ti ascolti, ma invano aspetti una riposta. Che fare? Fermarti in attesa di un aiuto o continuare a muoverti nella speranza che filtri un raggio di luce, che ti indichi dove andare? Questo, caro amico, è il cammino della vita, quando lo si incomincia senza avere ben chiara la meta e senza una bussola che ti orienti quando l’oscurità si fa impenetrabile. La vita è stata descritta dal sommo poeta come «una selva oscura», che diventa un labirinto inestricabile quando si smarrisce «la diretta via» (Dante, Inferno, 1). Non la puoi affrontare a cuor leggero, avanzando a tastoni, senza prima avere ben chiaro dove vuoi arrivare e predisporre le tappe del tuo itinerario. Finiresti per perderti, aggirandoti qua e là, illudendoti di avanzare mentre ritorni sempre nel medesimo posto. Eppure quanti intraprendono questo viaggio senza avere una meta da raggiungere che li orienti e che li motivi nella lunga traversata! Giunge inevitabilmente il momento in cui uno si stanca, si siede e si rassegna, rinunciando ad andare oltre. Questa, caro amico, è la sconfitta che incombe e che invano cercheresti di allontanare se non ti sei chiarito prima il fine ultimo di tanta fatica e di tanto camminare.
Ti parlo di un fine ultimo, cioè di un obiettivo che sia oltre l’oscurità del bosco, oltre l’oceano cangiante dell’effimero, oltre la falsa luce che, tramontando, si dilegua nella tenebra della notte. Questo è un punto nevralgico del modo con cui affrontare il viaggio della vita. Si tratta di mettere a fuoco una meta che ti porti fuori dalla selva oscura, che realizzi i tuoi desideri più autentici, che ti faccia pregustare una felicità che non inganna, che ti apra spiragli di una luce che non tramonta. Che ti serve viaggiare se poi affondi in una palude maleodorante e, al termine di tanto ansimare, ti trovi stanco e consumato dal tempo, ancora prigioniero di una labirinto senza uscita? Oggi, più di ieri e dei secoli passati, gli uomini affrontano la traversata della vita senza prima scoprire quale sia il golfo di luce al quale attraccare la propria barchetta. I più si mettono in viaggio senza sapere dove vanno. Si prefissano delle mete che sono tali sono in apparenza. Il loro navigare è un’“Odissea” che li porta da un isola all’altra, più o meno piacevole o minacciosa. Pochi, come Ulisse, perseguono una meta che il cuore desidera, una meta dalla quale sono partiti e alla quale vogliono ritornare. Le false mete, che brillano e incantano, sono quelle che attirano le moltitudini, ma sono come quelle oasi immaginarie dei viandanti assetati nelle sabbie del deserto: le intravedi all’orizzonte e acceleri il passo per raggiungerle, ma esse si allontano e si dissolvono prima che tu ti possa dissetare. Chiediti se anche tu non sia nella medesima condizione di chi naviga a vista, scegliendo volta per volta obiettivi che ti lasciano a mani vuote, il cuore sconfortato, la vista annebbiata, mentre davanti a te si profila un orizzonte immobile e vuoto.
Ti voglio rendere consapevole che un obiettivo da raggiungere nel viaggio della vita è necessario, che senza una meta cammini e fatichi invano, ma che non puoi perseguire traguardi che ti lasciano nel labirinto della finitezza, soffocante e depressivo come l’odore della morte. Per uscire devi trovare la porta dalla quale sei entrato e dalla quale puoi uscire. L’entrata e l’uscita non hanno due porte diverse, ma una sola ed è uguale per tutti quelli che si muovono come formiche nel mare sconfinato dell’effimero. Questo mondo, caro amico, non è un bozzolo chiuso in se stesso, non è una monade senza porte e senza finestre, non è un oceano senza un porto dal quale si parte e al quale si ritorna. Ti sei mai chiesto come sei entrato in questo mondo? Sei venuto dal di fuori, come un pellegrino di passaggio, o sei germogliato dalla terra alla quale ritornare? Questo è il dilemma dinanzi al quale si trova ogni uomo, lo voglia o non lo voglia. Nel primo caso la porta dalla quale sei entrato è quella che si spalanca sull’eternità ed è quella la meta da raggiungere e attraverso la quale uscire. Nel secondo caso, non vi è nessuna porta, perché anche tu saresti come un fiore che spunta al mattino e muore alla sera, senza nessuna speranza se non quella vana di trattenere l’istante che passa. Considera se vale la pena impostare la vita perseguendo traguardi, dopo i quali devi ancora correre, proponendoti obiettivi che si dissolvano nel cammino, accumulando beni che dovrai lasciare insieme al sudore che ti sono costati.
Ti metto in guardia da questa tentazione sopraffina, con la quale la serpe inietta il suo veleno di morte eterna. È una tentazione tutta nuova, studiata apposta per la nostra generazione ammaliata dall’effimero, nel quale invano cerca di saziarsi. È la tentazione di fare della vita un cammino fine a se stesso, cogliendo tutto ciò che è possibile e con tutti i mezzi a diposizione. Non è necessario che ci sia una meta oltre il limite visibile, purché si riescano a cogliere tutti i frutti del giardino, divorandoli fino all’ultimo morso, dopo il quale lasciarsi dissolvere nel nulla, dal quale saresti uscito fuori. Tu credi veramente che sei spuntato dal mare dell’effimero e che stai di nuovo immergendoti in questo abisso senza senso? Non hai l’impressione che qualcuno si prenda gioco di te e che sia invidioso della tua origine e del tuo destino? Incomincia a porti delle domande, senza le quali non diverrai mai un vero uomo. Chiediti dove stai andando, dove ti sta portando la strada che hai intrapreso, per quale obiettivo stai lottando e faticando e che cosa ti potrà consolare quando la tua clessidra lascerà scorrere gli ultimi granelli di sabbia. Mettiti in discussione, non lasciare passare il tempo che non ritorna, non affaticarti su una strada che è senza uscita, non rassegnarti a passare i tuoi giorni lungo i corridoi di un labirinto che ti porta da nessuna parte. Se non lasci appesantire il cuore dalle false gioie e non lasci abbagliare gli occhi dalle false luci, ti sarà concesso di vedere quella porta misteriosa dalla quale sei entrato nel mondo e attraverso la quale potrai passare, laddove il fiume del tempo sbocca nell’istante dell’eternità.

Le fauci del tempo

La vita è un cammino nel tempo. Il tempo è un fiume che scorre e che ti trascina in avanti, impedendoti di risalire la corrente. Il tempo è l’acqua nella quale navighi e che ti tiene a galla, finché non si dissolve. Basterebbe questo per comprendere che la vita non è tua e che non la potrai mai tenere in mano come vorresti. Sei obbligato a viverla un istante dopo l’altro, ben sapendo che nessuno di essi sono in tuo possesso, ma che ti vengono donati uno dopo l’altro. Nessuno ha il potere di realizzare se stesso in un istante che non abbia un prima e un dopo, ma che sia una pienezza incorrotta e inattaccabile. Sei obbligato ad avanzare a passi lenti e a costruirti posando una pietra per volta, aspettando con pazienza che il progetto si realizzi. Il tempo è il sigillo della tua dimensione terreste, dove tutto ha un prima e un dopo, un inizio e una fine. Il tempo rivela a te stesso il tuo limite e ti chiama all’umiltà della creatura. Il tempo, che scorre inesorabile, ti tiene per mano e non ti abbandona neppure per un istante. È un’ombra che ti segue ovunque, è una catena che ti imprigiona, è un occhio che ti guarda, è un giudice che ti ammonisce, è un tarlo che ti consuma. Il tempo è il riflesso della morte, che fa capolino fra le onde fugaci e che invano cerchi di rimuovere. Col tempo devi necessariamente fare i conti. È un abito che non puoi smettere, ma che deve tenerti addosso giorno e notte. La vita la puoi realizzare solo nel tempo, non in quello di cui puoi disporre a tuo piacimento, ma in quello che ti viene dato e non sai fino a quando. A prima vista il tempo sembra una maledizione. Non appena un bambino scopre la morte, si rende conto che sulla vita incombe una nuvola nera, che oscura la luce del sole. Anche tu, mentre la tua barchetta corre via veloce, senti crescere l’inquietudine e ti guardi indietro e poi avanti, cercando invano di scoprire quanto ancora ti resta da vivere.
I miti dei popoli antichi hanno descritto il tempo col volto famelico di un gigante che tutto divora e distrugge. Non c’è nulla che il tempo non corroda fino a farlo diventare polvere. Ogni battaglia contro l’avanzare del tempo finisce necessariamente con una sconfitta. Ogni diga che si volesse erigere per fermare il flusso impetuoso della corrente verrebbe travolta. Invano l’uomo cerca il farmaco dell’immortalità. Per coloro che vivono nel labirinto senza porte e senza finestre, il tempo è un nemico inesorabile, che non lascia alcuna via di scampo. Gli istanti scorrono via veloci e nessuno ha il potere di fermarli. Ti guardi allo specchio ogni giorno, ma non accadrà mai che domani sia più giovane di oggi. L’industria della salute, le oasi del benessere, le cure per la bellezza non potranno mai lasciare fuori dalla porta questo mostro onnivoro e devastante. Quando eri bambino e ti affacciavi alla vita, guardavi al tempo come a un amico che ti teneva per mano e che ti accompagnava verso la realizzazione dei tuoi sogni. Nell’età adulta hai incominciato a contare i giorni, ben sapendo che non avresti più avuto domani la possibilità di realizzare quello che ti eri proposto oggi. Quando l’autunno della vita si è affacciato, con i suoi paesaggi desolati di foglie cadenti, hai incominciato a guardare indietro, illudendoti di rinverdire il tempo perduto. Mai poi ti sei accorto che il tempo ha impresso un’accelerata inesorabile, divorando i giorni come se fossero istanti e portando la tua vita al passaggio dal quale non c’è ritorno. Era soltanto ieri quando ti sei affacciato sul palcoscenico del mondo e hai incominciato l’avventura della vita, ed ecco che sei già arrivato al traguardo finale. Forse da piccolo hai immaginato come sarebbe stata la tua vecchiaia. Ed ecco che è arrivato il momento per saperlo. Tutto passa inesorabilmente.
La vita, per chi è arrivato alla fine, è lunga quanto un battito di ciglia. Col salmista puoi ben dire: «Come l’erba sono i giorni dell’uomo, come il fiore del campo, così egli fiorisce. Lo investe il vento e più non esiste e il suo posto non lo riconosce» (Salmo 102, 15-16). Arrivare all’ultimo giorno, col cuore intriso di amarezze e di rimpianti, non era nelle tue speranze. Se c’è una consolazione nel tuo bilancio finale sarà qualche opera buona e non certo quello che hai accumulato e che devi necessariamente lasciare. Quando il tempo è finito, lo è per sempre. La vita è un’occasione unica, che ti è concessa una sola volta. Chiediti se era possibile viverla diversamente e se il tempo, invece di essere una maledizione, non poteva essere una benedizione, un’opportunità, una vetta dalla quale spiccare il volo verso l’eternità.
Per chi non ha trovato la porta per uscire dal limite oscuro della finitezza, il tempo è un tarlo inesorabile che corrode anche le vite più corazzate. C’è poco da illudersi coltivando felicità inesistenti. Chi è rinchiuso in una prigione oscura, senza vie di uscita e senza un raggio di sole che possa filtrare, quale felicità si potrebbe inventare, se non la sazietà di un corpo che anch’esso va in rovina? Chi ha visto un cadavere in putrefazione impara a guardare il suo corpo con uno sguardo proiettato nel futuro, quando la resa dei conti sarà inevitabile. Per chi invece ha scoperto la porta misteriosa per la quale è entrato nel mondo e dalla quale può uscire, il tempo cambia volto, che non è più quello minaccioso che attenta alla tua vita, ma è quello di un amico che ti aiuta a realizzarla.
Il tempo non è una condanna, ma la tua dimensione di creatura, che è chiamata a percorrere un cammino che la porta alle soglie dell’eternità. In questa luce il tempo è un dono di inestimabile valore, più prezioso dell’oro e di qualunque altra cosa che tu possa trovare nell’universo, perché attraverso di esso realizzi la tua vocazione e il tuo destino, oltre gli orizzonti di questo mondo che passa. In questa luce tu comprendi che lo devi valorizzare e non dissipare, lo devi risparmiare e non spendere, lo devi salvare e non lasciarlo perire. Non ti sei mai chiesto come il tempo possa diventare un’opportunità unica, un investimento che non delude, un trampolino di lancio verso l’eterno e non una zavorra che ti trascina nell’abisso? Questo ti è possibile se sai ascoltare te stesso nelle tue profondità, se non soffochi i fremiti di eternità che fanno vibrare l’anima, se non copri con la povere dell’effimero il desiderio insopprimibile di eternità che ti rende inquieto e insofferente.
Caro amico, gli esiti della vita possono essere radicalmente diversi, a seconda di come la concepisci e la realizzi. Senza la fede in Dio, dal quale vieni e al quale ritorni, la vita diventa un vagare fine a se stesso e il tempo una clessidra inesorabile che si svuota. Hai scelto come tuo “dio” il nulla, come se fossi tu a stabilire la verità delle cose. In realtà l’ingannatore ti ha trascinato lungo la via larga dell’autosufficienza e della falsa libertà. Che cosa ne hai avuto? Il non senso, la schiavitù e la disperazione. Che cosa ti attende? Il ghigno eterno dell’avversario che ti ha trascinato dalla sua parte. Tu pensi di essere ben piantato nella realtà e di aver ragione. Però sei senza speranza. Sei un condannato a morte che fuma l’ultima sigaretta. Tuttavia hai un diritto da far valere, a condizione di avere un pizzico di umiltà. Non temere di dire al tuo Creatore che sei suo figlio e che come Padre ti può salvare dalle fauci fameliche di Kronos anche all’ultimo istante.

L’inganno dell’effimero

Non ti sei mai chiesto quale sia la motivazione che sorregge gli uomini nella tempestosa traversata della vita e che li spinge a guardare sempre avanti, nonostante le difficoltà, i naufragi e i pericoli che si profilano minacciosi all’orizzonte senza dare tregua? Nonostante che i momenti di sereno siano rari, l’uomo non cessa mai di scrutare l’orizzonte aprendo il cuore alla speranza. Soffermati a riflettere sul cammino della tua vita, pensando ai momenti difficili che hai vissuto, quando le acque dell’amarezza ti squassavano e tu non trovavi un appiglio a cui aggrapparti o una mano amica che accorresse in tuo aiuto. In quei momenti, come hai potuto trovare la forza di resistere e di ricostruire ciò che era stato distrutto, ricominciando da capo, come un contadino dopo un uragano devastante? Anche tu, come le laboriose formiche, non ti sei seduto sulle macerie, ma hai ritrovato la forza di operare e di vivere, perché la vita nasconde in se stessa una forza segreta, più resistente di ogni avversità. Caro amico, questa forza misteriosa, che ha sorretto l’umanità nel suo avventuroso cammino, si chiama speranza. Dovresti conoscerla, perché essa è sempre con te e ti segue come un ombra dovunque tu vada e qualunque cosa ...

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