Iacobus
eBook - ePub

Iacobus

Matilde Asensi

  1. 406 pages
  2. Italian
  3. ePUB (mobile friendly)
  4. Available on iOS & Android
eBook - ePub

Iacobus

Matilde Asensi

Book details
Book preview
Table of contents
Citations

About This Book

Straordinario successo in Spagna come già L'ultimo Catone, Iacobus è un intrigante giallo storico che svela dopo sette secoli alcuni dei più grandi enigmi irrisolti di tutti i tempi, e conferma le superbe doti di Matilde Asensi. Narratrice capace di tessere intrecci memorabili, ci regala un altro romanzo abilmente sospeso tra Storia e fantasia, in cui prende vita una convulsa società medievale dove il papato avignonese domina il mondo cattolico e il Cammino di Santiago brulica di medici musulmani, monaci guerrieri ed eruditi giudei alla ricerca di arcane chiavi cabalistiche.

Frequently asked questions

How do I cancel my subscription?
Simply head over to the account section in settings and click on “Cancel Subscription” - it’s as simple as that. After you cancel, your membership will stay active for the remainder of the time you’ve paid for. Learn more here.
Can/how do I download books?
At the moment all of our mobile-responsive ePub books are available to download via the app. Most of our PDFs are also available to download and we're working on making the final remaining ones downloadable now. Learn more here.
What is the difference between the pricing plans?
Both plans give you full access to the library and all of Perlego’s features. The only differences are the price and subscription period: With the annual plan you’ll save around 30% compared to 12 months on the monthly plan.
What is Perlego?
We are an online textbook subscription service, where you can get access to an entire online library for less than the price of a single book per month. With over 1 million books across 1000+ topics, we’ve got you covered! Learn more here.
Do you support text-to-speech?
Look out for the read-aloud symbol on your next book to see if you can listen to it. The read-aloud tool reads text aloud for you, highlighting the text as it is being read. You can pause it, speed it up and slow it down. Learn more here.
Is Iacobus an online PDF/ePUB?
Yes, you can access Iacobus by Matilde Asensi in PDF and/or ePUB format, as well as other popular books in Literatura & Literatura histórica. We have over one million books available in our catalogue for you to explore.

Information

Publisher
RIZZOLI LIBRI
Year
2017
ISBN
9788858691502

Dedica

Al mio piccolo amico Jacobo C.M.,
che è convinto che questo romanzo sia suo.

Prologo

A questo punto non si spiega come io, Galcerán de Born, che da poco ho smesso i panni di cavaliere dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, secondogenito del nobile signore di Taradell, già crociato in Terrasanta e vassallo di nostro signore Giacomo II d’Aragona, possa credere ancora all’esistenza di un destino occulto e ineluttabile tra i casi in apparenza accidentali della vita. Nondimeno, quando ripenso agli accadimenti degli scorsi quattro anni, e vi ripenso con insistenza molesta, non riesco a liberarmi del sospetto che sia un fatum misterioso, forse il supremum fatum di cui parla la Qabalah, a tessere i fili degli eventi con una lucida visione del futuro, senza tener in conto alcuno i nostri progetti e i nostri desideri. Così dunque, nell’intento di chiarire le mie confuse idee e con il desiderio di lasciare memoria delle strane circostanze della storia, acciocché le possano conoscer fedelmente le generazioni a venire, comincio questa cronaca nell’anno di Nostro Signore 1319 nella piccola località portoghese di Serra d’El-Rei dove esercito, tra le altre attività, quella di medico.

I

dp n="14" folio="14" ? dp n="15" folio="15" ?
Sbarcato dalla robusta nave siciliana a bordo della quale avevo intrapreso il lungo viaggio da Rodi, con scali spossanti a Cipro, Atene, in Sardegna e a Maiorca, e presentatomi a rapporto alla capitaneria provinciale dell’Ordine a Barcellona, mi affrettai a lasciare la città. Cavalcai alla volta di Taradell per far visita ai miei genitori, che non vedevo già da dodici anni. Anche se mi sarebbe piaciuto trattenermi presso di loro qualche giorno, potei fermarmi solo poche ore, dacché il mio vero obiettivo era raggiungere quanto prima il lontano monastero mauriziano di Ponç de Riba, duecento miglia a sud del regno, prossimo a terre tuttora in mano ai mori. In quel luogo mi attendeva un compito importante, così importante da farmi abbandonare senza indugio alcuno la mia isola, la mia casa e il mio lavoro, anche se ufficialmente mi recavo laggiù al solo scopo di dedicare alcuni anni allo studio coscienzioso di certi libri conservati dal cenobio e messi a mia disposizione grazie all’influenza e alle richieste del mio Ordine.
Il mio cavallo, un superbo animale dai quarti poderosi, dovette invero faticare per tenere il passo che la mia fretta gl’imponeva. Galoppammo per i campi di grano e d’orzo e attraversammo molti fra villaggi e cittadine. Non era un anno di buoni raccolti, il 1315, e per tutti i regni cristiani la fame dilagava come una pestilenza. Ciononostante, il lungo tempo trascorso lontano mi faceva vedere la mia terra con gli occhi ciechi di un innamorato: bella e ubertosa qual era sempre stata.
Giunsi ben presto in vista degli estesi territori mauriziani, nei pressi della località di Torá, e subito scorsi le mura dell’abbazia e i puntuti pinnacoli della sua bella chiesa. Senza alcun dubbio, mi azzardo ad affermare che quello di Ponç de Riba, fondato centocinquant’anni addietro da Ramón Berenguer IV, è tra i monasteri più grandi e maestosi che io abbia mai visto e che la sua ricchissima biblioteca non ha pari su questo lato dell’orbe, in quanto non solo possiede i codici sacri più straordinari della cristianità, ma in pratica anche la totalità dei testi scientifici arabi ed ebraici condannati dalla gerarchia ecclesiastica, giacché, per fortuna, i monaci di San Maurizio hanno sempre avuto mente aperta verso ogni sorta di ricchezza. Negli archivi di Ponç de Riba sarei giunto a vedere cose che nessuno crederebbe: carteggi ebraici, bolle papali e missive di re musulmani che avrebbero impressionato il più imperturbabile degli studiosi.
Era evidente che, come ospitaliere,1 almeno in apparenza ero un estraneo in quel sacro recinto dedito allo studio e all’orazione, tuttavia il mio caso era singolare, poiché oltre alla vera e segreta ragione che mi aveva condotto a Ponç de Riba, al mio Ordine premeva specialmente, nel generale interesse dei nostri ospedali, approfondire la conoscenza delle variolae, le febbri eruttive magnificamente descritte dai medici arabi, così come la preparazione di sciroppi, alcoli, pomate e unguenti di cui avevamo avuto notizia durante gli anni della nostra presenza nel regno di Gerusalemme.
Concretamente, non vedevo l’ora di studiare l’Atarrif di Albucasis da Cordoba, opera altresì conosciuta come Methodus medendi dopo la sua traduzione in latino di Gerardo da Cremona. In realtà non m’importava in quale lingua fosse stilata la copia conservata nel cenobio, poiché ne domino parecchie, al pari di tutti i cavalieri che hanno dovuto combattere in Siria o Palestina. Speravo di scoprire in quel volume i segreti delle incisioni indolori sui corpi vivi e della cauterizzazione, l’una e le altre tanto necessarie in tempo di guerra, e di apprendere tutto riguardo agli strumenti dei medici persiani, minuziosamente descritti dal grande Albucasis, per poi ordinarne la fabbricazione quando fossi tornato a Rodi. E dunque quello stesso giorno avrei abbandonato la casacca, la cotta e il manto nero con la bianca croce latina e avrei sostituito l’elmo, la spada e lo scudo con il calamo, l’inchiostro e lo scrinium.
Si trattava di un progetto appassionante, e tuttavia non era quello, come ho detto, il vero motivo per cui mettevo piede nelle terre del cenobio; la vera ragione che mi aveva condotto fin laggiù, una ragione esclusivamente personale avallata fin dal primo istante dal gran siniscalco di Rodi, era che in quel luogo dovevo incontrare una persona assai importante, della quale non sapevo assolutamente nulla: né chi fosse, né quali ne fossero il nome e le fattezze... e neppure se in quel momento si trovasse ancora lì. Nondimeno, confidavo in me stesso e nella Provvidenza per trionfare in tale ardua missione. Non per nulla mi hanno soprannominato "il Perquisitore".
Attraversai al passo il portale delle mura e smontai senza fretta da cavallo, per non dare un’impressione di violenza in quel pacifico recinto. Mi ricevette il frate economo, preavvisato della mia venuta. Avrei saputo in seguito che un novicius vigila sempre il circondario dalla lanterna della chiesa, consuetudine maturata nei tempi non lontani delle aceifas dei mori. Con il cavallo tenuto per le briglie e accompagnato dal fraticello, mi diressi all’interno del recinto, osservando la perfetta distribuzione del monastero, le cui dipendenze e costruzioni erano assai ben organizzate intorno al chiostro maggiore. Vi era un altro chiostro, il minore e più antico, situato alla sinistra di un piccolo edificio che mi parve fosse l’ospedale.
Ci fermammo infine davanti alla porta principale dell’abbazia, dove con cortesia mi ricevette il vicepriore, un monaco giovane e serio, di aspetto fine e senza dubbio di nobili natali, com’ebbi a dedurre dalle sue maniere. Questi mi condusse prontamente alla bellissima dimora dell’abate, che a sua volta, insieme al priore, mi accolse con modi assai corretti: si vedeva ch’erano persone di rilievo, aduse a ricevere visitatori illustri. Ma si mostrarono molto più gentili e ospitali quando mi videro uscire dalla mia nuova cella con indosso l’abito più prossimo a quello mauriziano che fossero riusciti a fornirmi senza contravvenire al rispetto dovuto alla loro Regola: tunica talare bianca con mantellina, senza scapularium né cintura, e ai piedi sandali di cuoio del colore naturale, molto diversi dai loro, neri e chiusi. Mi bastarono due passi nel chiostro per comprovare che quei vestimenti risultavano appropriati per il freddo, molto più pesanti della mia casacca dalle maniche ampie e della mia gramaglia, dimodoché il mio corpo incallito, uso ai grandi rigori, si adeguò rapidamente a quella che sarebbe stata la mia tenuta d’ora innanzi.
dp n="19" folio="19" ?
Si avvicinava l’inverno e, benché la neve non fosse cosa strana a Ponç de Riba, quell’anno la stagione fu particolarmente dura, non solo per i campi e per le messi, ma anche per gli uomini. La Vigilia di Natale ci sorprese, tutti noi che abitavamo al monastero, assediati da una sconfinata coltre bianca.


Nelle settimane che seguirono il mio arrivo mi tenni ai margini, per quanto possibile, della vita e degli intrighi d’abbazia. Anche se d’indole diversa, persino nelle capitanerie degli ospitalieri si producevano situazioni di profonda tensione, quasi sempre per futili motivi... Un buon abate o un buon priore, come anche un buon maestro o un buon siniscalco, si distinguono precisamente per il controllo che esercitano sulla loro comunità, evitando tali problemi.
Non potevo tuttavia distanziarmi totalmente dalla vita del cenobio, in quanto come giovannita dovevo assistere agli uffici religiosi della comunità e come medico trascorrevo ogni giorno alcune ore all’ospedale, a contatto con i frati infermi. Naturalmente, non presenziavo ai capitoli, ch’erano questione privata, e non avevo obbligo alcuno di svolgere compiti sgraditi. Lodi, prima, terza, sesta, nona, vespri e compieta scandivano il mio orario quotidiano di studio, pasto, passeggio, lavoro e sonno con precisione matematica. A volte, preda dell’inquietudine e della nostalgia per la mia isola lontana, giravo senza posa per il chiostro contemplandone i singolari capitelli, o salivo alla lanterna della chiesa per tenere compagnia al novicius di guardia, o camminavo senza meta tra la biblioteca e la sala capitolare, o tra i bagni e le cucine, nel tentativo di rasserenare l’animo e temperare l’urgenza che provavo di trovare colui che, dentro di me, avevo battezzato Jonás, non come il Giona che entrò timoroso nel ventre della balena, ma come quello che ne uscì libero e rinnovato.
Un certo giorno, durante la preghiera, udii tra i canti una tosse infantile e cavernosa che mi fece sobbalzare. Non fossi stato certo che quella tosse non usciva dal mio petto, avrei giurato che fossi io stesso a esserne scosso e soffocato. Rivolsi affannoso lo sguardo ai pueri oblati che, sotto gli occhi attenti del pazientissimo frate tutore, seguivano la liturgia tra uno sbadiglio e l’altro, ma non mi riuscì di distinguere altro che un gruppo d’ombre minuscole e irrequiete. La navata, illuminata appena da una decina di ceri, era immersa nell’oscurità.
Quando entrai nell’infermeria all’ora prima del mattino seguente, trovai frate Borrell intento a visitare un fanciullo, già quasi un ragazzo, che osservava tutto ciò che lo circondava con aria severa e sfiduciata. Mi misi in un angolo e, con discrezione, effettuai a mia volta un esame a distanza del paziente. Di certo non aveva un bel colorito; gli occhi e le guance apparivano infossati e la fronte sudata. Nulla di strano, a parte un volgare raffreddore; il suo petto scarno e ansioso saliva e scendeva producendo un lieve sibilo ed era squassato da accessi repentini di una tosse forte e secca. La cosa più opportuna, dissi a me stesso, sarebbe stato metterlo a letto e tenerlo qualche giorno a brodo caldo e vino, perché traspirasse gli umori cattivi...
"La cosa più opportuna", disse tuttavia il frate infermiere, propinandogli buffetti sulla schiena, "è praticarti un salasso e darti una lieve purga. In una settimana starai perfettamente."
"Lo vedete?" gridò Jonás, rivolto al benevolo frate tutore. "Lo vedete che mi vuol fare un salasso? Avevate promesso di no."
"È così, frate infermiere", replicò questi. "Gliel’ho promesso."
"Molto bene. Dunque, il purgante più forte che ho."
"No!"
È curioso come la natura giochi con la carne e il sangue da una generazione all’altra. Jonás, che non aveva ereditato alcuno dei miei tratti, aveva nondimeno una voce identica alla mia, una voce infantile che di quando in quando, sul punto di farsi uomo com’era, gli diventava grave. Ed era in quei momenti che nessuno avrebbe potuto distinguerlo da me.
"Se me lo permettete, frate Borrell", dissi all’infermiere, accostandomi allo scenario del dramma, "anziché alla purga si potrebbe forse ricorrere all’exudatio."
Sollevai la palpebra destra di Jonás e mi avvicinai quanto bastava a guardargli in fondo all’iride. La sua salute generale era eccellente, a parte giusto un po’ di debolezza momentanea, ma una buona exudatio e un lungo sonno lo avrebbero rimesso in sesto. Non potei fare a meno di notare che i suoi occhi, come quelli di sua madre, erano di un azzurro chiaro venato di grigio, occhi che entrambi avevano ereditato da un lontano antenato francese... Giacché, anche se Jonàs non lo sapeva, era nobile il suo lignaggio materno, discendente dal ramo di León dei Jimeno e dal casato dei Mendoza di Álava, e antico e reale il suo lignaggio paterno, il quale, ancorché decaduto, non per questo scordava di avere come capostipite Wilfredo il Villoso. Nelle sue vene scorreva il sangue dei fondatori dei regni spagnoli, e sul suo stemma di famiglia (parimenti Jonás ignorava di avere uno stemma di famiglia) campeggiavano torri, leoni e croci patenti. Se, come sospettavo, quel fanciullo davvero era Jonás, mai e poi mai sarebbe stato ordinato frate, per quanto puer oblatus fosse. Lo attendeva un destino più alto e nessuno, neppure la Chiesa stessa, avrebbe potuto impedirne il compimento.
"Non mi aggradano le exudationes", frate Borrell tornò alla carica. "Sortiscono un effetto insufficiente contro gli umori di bile."
"Ma, fratello... ! " protestai. "Fateci caso e vedrete che il fanciullo non soffre d’umori di bile, bensì di raffreddore, e che oltretutto è in pieno cambiamento, si sta facendo uomo. In ogni caso, gli potrete applicare un impiastro di pietra pomice, zolfo e allume, che lo aiuterà nell’exudatio, e preparargli qualche pastiglia per la tosse con piccole dosi d’oppio, ricino, pepe e mirra..." "
Convinto da questo suggerimento che metteva alla prova le sue rinomate capacità di erborista, frate Borrell si diresse alla farmacia per preparare le misture, mentre Jonás e il frate tutore mi guardavano con ammirazione.
"Voi siete l’ospitaliere che vive al nostro monastero da qualche settimana, non è vero?" domandò l’anziano. "Vi ho visto molte volte alla preghiera... Nella comunità corrono molte voci su di voi."
"Gli ospiti destano sempre curiosità", mi limitai a osservare, sorridente.
"I fanciulli non parlano d’altro che di voi, e mi è toccato di strapparne più di uno dalla finestra della biblioteca, quando vi dedicate allo studio. Non ve ne siete accorto? Questo qui, per esempio, che più che un fanciullo sembra un gatto, si è buscato più d’uno scappellotto per tale motivo! »
Mi misi a ridere, vedendo Jonás fissarmi ammutolito. Per la mia alta statura e lo sviluppo delle braccia e delle spalle, dovuto al costante maneggio della spada, dovevo apparirgli come un Ercole o un Sansone, specie al confronto con i monaci dal cranio tonsurato, sempre dediti a digiuni e penitenze.
"Sicché mi osservavi dalla finestra... »
La mia voce lo risvegliò di soprassalto dal torpore. Raccolte alla cintola le pieghe dell’abito, balzò dalla tavola e si mise a correre, varcando la soglia a perdifiato e perdendosi tra gli edifici.
"Signore benedetto! " proruppe il frate tutore gettandosi all’inseguimento. "Morirà di polmonite!"
Dietro le tende della farmacia, frate Borrell si lasciò sfuggire un sospiro di rassegnazione.


Il cuore della biblioteca era lo scriptorium, un cuore che batteva poderoso sotto le alte volte di pietra, soffiando l’alito della vita negli splendidi codici che con tanta pazienza e devozione i monaci amanuensi copiavano e miniavano. Chiunque abitasse nel cenobio, foss’egli monacus, capellanus o novicius, aveva pieno diritto di recarvisi ogni volta che lo desiderava, per la propria istruzione. In un recinto annesso, cui si accedeva per u...

Table of contents

Citation styles for Iacobus

APA 6 Citation

Asensi, M. (2017). Iacobus ([edition unavailable]). RIZZOLI LIBRI. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3303593/iacobus-pdf (Original work published 2017)

Chicago Citation

Asensi, Matilde. (2017) 2017. Iacobus. [Edition unavailable]. RIZZOLI LIBRI. https://www.perlego.com/book/3303593/iacobus-pdf.

Harvard Citation

Asensi, M. (2017) Iacobus. [edition unavailable]. RIZZOLI LIBRI. Available at: https://www.perlego.com/book/3303593/iacobus-pdf (Accessed: 15 October 2022).

MLA 7 Citation

Asensi, Matilde. Iacobus. [edition unavailable]. RIZZOLI LIBRI, 2017. Web. 15 Oct. 2022.