Saggi di Teodicea. Sulla bontà di Dio, la libertà dell'uomo e l'origine del male
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Saggi di Teodicea. Sulla bontà di Dio, la libertà dell'uomo e l'origine del male

Gottfied W. Leibniz

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Saggi di Teodicea. Sulla bontà di Dio, la libertà dell'uomo e l'origine del male

Gottfied W. Leibniz

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La summa del pensiero di Leibniz. una risposta rigorosa e appassionata alle grandi problematiche metafisiche, morali, religiose e teologiche emerse nel XVII secolo, l'epoca dei grandi filosofi e dei grandi scienziati. Rispondendo alle provocazioni intellettuali sollevate da Pierre Bayle nel suo Dizionario storico-critico, Leibniz smaschera i giochi di prestigio di coloro che sposano le regole della retorica e della dialettica contro quelle della logica e della verità. Argomentazioni chiare e precise che offrono una via d'uscita dai labirinti della grazia e del libero arbitrio in un mondo abbandonato all'anonima gestione di leggi meccaniche necessarie.

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Information

Publisher
BUR
Year
2013
ISBN
9788858651186

PARTE TERZA

241. Eccoci finalmente sbarazzati della causa morale del male morale. Il male fisico, vale a dire i dolori, le sofferenze, le miserie, essendo conseguenze del male morale, ci causeranno minori difficoltà. Poena est malum passionis, quod infligitur ob malum actionis, come dice Grozio. Si patisce perché si è agito; si soffre il male perché si è fatto il male:
Nostrorum causa malorum
Nos sumus.1
È vero che spesso si soffre a causa di cattive azioni altrui: ma quando non si prenda in alcun modo parte al crimine, si deve tenere per certo che queste grandi sofferenze ci preparano una felicità maggiore. La questione del male fisico, cioè dell’origine delle sofferenze, presenta certe difficoltà che essa ha in comune con quella dell’origine del male metafisico, del quale i mostri e le altre irregolarità apparenti dell’universo offrono alcuni esempi. Ma anche le sofferenze e i mostri vanno pensati come rientranti nell’ordine; ed è bene considerare che, non solo è meglio ammettere simili difetti e mostri che violare le leggi generali – come qualche volta ragiona il R. P. Malebranche –, ma anche che questi stessi mostri rientrano nelle regole, e sono conformi a certe volontà generali, quantunque noi non siamo in grado di gettar luce su tale conformità. Lo stesso accade nelle matematiche, dove qualche volta riscontriamo alcune apparenze di irregolarità, apparenze che si risolvono infine in un grande ordine, appena si sia terminato di approfondirle. Per questo ho già osservato più sopra che, secondo i miei principi, tutti gli eventi individuali, senza eccezione, sono conseguenze di volontà generali.


242. Non ci si deve meravigliare se cercherò di chiarire siffatte questioni con esempi tratti dalle matematiche pure In queste, infatti, tutto è ordine e ogni questione può essere risolta per mezzo di, un ragionamento esatto, il quale ci fa godere, per cosi dire, della vista delle idee di Dio. È possibile, difatti, proporre una successione o seri e di numeri, in apparenza del tutto irregolare, in cui i numeri crescono e diminuiscono in modo variabile, senza che vi compaia alcun ordine; e tuttavia chi possegga la chiave del cifrario, e intenda l’origine e la costruzione di questa serie numerica, sarà in grado di dare una regola che, quando sia correttamente capita, farà vedere come la serie sia del tutto regolare, e possieda, anzi, alcune belle proprietà. La cosa può esser resa ancora più manifesta facendo l’esempio delle linee. Una linea può avere giri e rigiri, alti e bassi, punti di regresso e punti d’inflessione, interruzioni e altre variazioni, in modo tale che non vi si scorge né capo né coda, soprattutto se si considera una parte soltanto della linea; e tuttavia è possibile indicarne l’equazione e la costruzione, nella quale un geometra troverà la ragione e la convenienza di tutte le cosiddette irregolarità. Allo stesso modo vanno giudicate le irregolarità dei mostri e degli altri pretesi difetti nell’universo.
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243. In tal senso si può adoperare questa bella sentenza di San Bernardo (Epistola 276, ad Eugenium, III): Ordinatissimum est, minus interdum ordinate fieri aliquid.2 Nell’ordine più perfetto si trova sempre un qualche piccolo disordine; e si può inoltre affermare che quel piccolo disordine relativamente al tutto è solo apparente, e che non è neppure apparente relativamente alla felicità di coloro che si mettono sulla via dell’ordine.


244. Parlando dei mostri intendo riferirmi anche a una quantità di altri difetti apparenti. Noi quasi altro non conosciamo che la superficie del nostro globo, e non penetriamo nel suo interno oltre qualche centinaio di tese, e ciò che troviamo nella crosta del globo sembra l’effetto di qualche grande sconvolgimento. Sembra che questo globo sia stato un tempo incandescente, e che le rocce, che formano la base della crosta terrestre, siano le scorie residue di una grande fusione. Nelle loro viscere si trovano formazioni di metalli e di minerali molto simili a quelli prodotti nelle nostre fornaci; e l’intero mare può essere una specie di oleum per deliquium, come l’olio di tartaro si forma in un ambiente umido. Quando infatti la superficie terrestre, dopo il grande incendio, si raffreddò, l’umidità che dal fuoco era stata spinta nell’aria ricadde sulla terra, ne lavò la superficie, sciolse e assorbì il sale rimasto nelle ceneri, e riempì infine questa grande cavità della superficie del nostro globo, andando a formare l’oceano pieno d’acqua salata.


245. Ma dopo il fuoco, dobbiamo pensare che la terra e l’acqua non abbiano prodotto devastazioni meno gravi. Forse la crosta formatasi per il raffreddamento, e che aveva sotto di sé grandi cavità, è crollata, per cui noi adesso ne abitiamo le rovine, come ha osservato, tra gli altri, mons. Thomas Burnet,3 cappellano del defunto re della Gran Bretagna. E parecchi diluvi e inondazioni hanno lasciato sedimenti, di cui si trovano tracce e resti, che mostrano come il mare occupasse luoghi che oggi ne sono lontanissimi. Ma alla fine le catastrofi cessarono, e il globo prese la forma che adesso vediamo. Mosè introduce questi profondi cambiamenti nel giro di poche parole; la separazione della luce e delle tenebre indica la fusione provocata dal fuoco; e la separazione dell’umido e del secco segna gli effetti delle inondazioni. Ma chi non vede che questi disordini sono serviti a condurre le cose al punto in cui attualmente si trovano, che dobbiamo ad essi tutte le nostre ricchezze e le nostre comodità, e che è solo grazie a loro che questo globo è divenuto atto ad essere coltivato per opera nostra? Questi disordini si sono trasformati in ordine. Disordini, veri o apparenti, che noi osserviamo da lontano, sono le macchie solari e le comete. Di tali disordini però noi non conosciamo né l’utilità né quanto in essi vi sia di regolato. Vi fu un tempo in cui i pianeti furono considerati stelle erranti, ora giudichiamo il loro movimento regolare; forse lo stesso accadrà per le comete: i posteri lo sapranno.


246. Non si include tra i disordini l’ineguaglianza delle condizioni, e Jaquelot ha ragione di domandare a coloro che vorrebbero che tutto fosse egualmente perfetto, perché le rocce non siano incoronate di foglie e di fiori, o perché le formiche non siano pavoni. E se vi dovesse essere eguaglianza dappertutto, il povero avanzerebbe istanza contro il ricco, il servo contro il padrone. Né può essere che le canne di un organo siano eguali. Bayle dirà che c’è differenza tra una privazione di bene e un disordine; tra un disordine nelle cose inanimate, che è puramente metafisico, e un disordine nelle creature razionali, che si fonda sul peccato e sulle sofferenze. Egli ha ragione di distinguerli, e noi abbiamo ragione di unirli. Dio non trascura affatto le cose inanimate, esse sono prive di sensibilità, ma Dio è sensibile per loro. E neppure trascura gli animali; essi sono sprovvisti d’intelletto, ma Dio ne ha per loro. Egli si rimprovererebbe il minimo, vero difetto che vi fosse nell’universo, quand’anche esso non fosse percepito da nessuno.


247. Bayle sembra non approvare che si stabiliscano paragoni tra i disordini che possono esservi nelle cose inanimate e i disordini che turbano la pace e la felicità delle creature razionali; né che si permetta il vizio fondandosi, almeno in parte, sulla preoccupazione di evitare la violazione delle leggi del movimento. Se ne potrebbe concludere, secondo lui (risposta postuma a Jaquelot, p. 183), «che Dio abbia creato il mondo solo per mostrare la sua scienza infinita, che egli ha, dell’architettura e della meccanica, senza che i suoi attributi di buono e di amico della virtù abbiano avuto parte alcuna nella costruzione di questa grande opera. Un Dio simile troverebbe soddisfazione solo nella scienza; e preferirebbe lasciar perire l’intero genere umano, prima di tollerare che qualche atomo vada più veloce o più lentamente di quanto stabiliscono le leggi generali». Bayle non avrebbe sicuramente mosso quest’obiezione se fosse stato informato del sistema dell’armonia generale da me elaborato. Tale sistema stabilisce che il regno delle cause efficienti e quello delle cause finali sono paralleli tra loro, e che in Diò le qualità proprie del miglior monarca non sono certo inferiori a quelle del più abile architetto; che inoltre la materia è disposta in modo che le leggi del movimento servano al migliore governo degli spiriti, e che, di conseguenza, Dio ha ottenuto il maggior bene possibile, purché si contino tutti insieme i beni metafisici, fisici e morali.


248. Ma (dirà Bayle) potendo Dio allontanare un’infinità di mali con un piccolo miracolo, perché non lo fa? Egli dà tanti soccorsi straordinari agli uomini caduti, ma un piccolo soccorso di simile natura dato a Eva avrebbe impedito la sua rovina e reso inefficace la tentazione del serpente. Abbiamo risposto a sufficienza a questo genere d’obiezioni con la risposta generale che Dio non doveva scegliere un altro universo, dal momento che ha scelto il migliore, e ha impiegato solo i miracoli che vi erano necessari. Gli era stato risposto che i miracoli alterano l’ordine naturale dell’universo. Egli replica che si tratta di una risposta illusoria, e che il miracolo delle nozze di Cana (ad esempio) non apportò altro cambiamento nell’aria della stanza, se non che, invece di ricevere nei suoi pori qualche corpuscolo d’acqua, ricevette corpuscoli di vino. Ma dobbiamo tener presente che, una volta scelto il miglior piano delle cose, nulla vi può essere mutato.


249. Quanto ai miracoli (a proposito dei quali abbiamo già detto qualcosa più sopra), essi, forse, non sono tutti della stessa specie. Molti, verosimilmente, Dio li produce attraverso il ministero di qualche sostanza invisibile, quali gli angeli, come ritiene anche il R. P. Malebranche; e questi angeli, o queste sostanze, agiscono secondo le leggi ordinarie della loro natura, essendo essi uniti a corpi più sottili e più vigorosi di quelli di cui noi possiamo servirci. Miracoli di tal genere lo sono soltanto comparativamente e in rapporto a noi; così come le nostre opere parrebbero miracolose agli animali, se avessero la facoltà di comuni...

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