L'amore criminale
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L'amore criminale

Matilde D'Errico

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L'amore criminale

Matilde D'Errico

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Ogni tre giorni, in Italia, un uomo uccide una donna. La uccide nonostante sia sua moglie, sua figlia o la sua ex. La uccide perché è sua moglie, sua figlia o la sua ex. Le vittime del femminicidio muoiono per la rabbia, la gelosia, l'orgoglio degli uomini. Ma soprattutto muoiono perché sono donne, ancora troppo spesso silenziose, educate a una folle rassegnazione che non le spinge a denunciare chi abusa di loro. Nel 2007 Matilde D'Errico ha cominciato a far emergere il dramma della violenza sulle donne nella trasmissione televisiva Amore criminale, di cui è autrice e regista. In sette anni ha portato sullo schermo centinaia di storie vere - storie di vittime soprattutto, ma anche di chi, nonostante gli abusi, ce l'ha fatta - sempre senza morbosità, senza retorica. Ed è cosí, con la stessa misura, che ce ne racconta alcune in questo libro, dove a parlare, nella loro drammaticità, sono semplicemente i fatti.

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Information

Maria Rosaria

Quando la mia vita incrocia quella di Maria Rosaria Sessa, lei è un cadavere. Il suo corpo giace riverso nella macchina di Corrado, il suo ex fidanzato. È questa la prima immagine che rimane impressa nella mia mente.
E ci rimarrà per sempre.
È la notte del 9 dicembre 2002, fuori piove a dirotto. Un ragazzo sta guidando sulla statale che da Paola porta a Cosenza: su un lato della strada vede una macchina con le luci accese. Siccome pensa che si tratti di un incidente, si ferma e chiama il 113.
Dentro l’auto, i poliziotti scoprono il corpo di Maria Rosaria, tragicamente uccisa a ventisette anni. Ha la gola tagliata, aperta a metà. Vicino a lei, i documenti di Corrado, un mazzo di rose rosse e il coltello usato per ucciderla.
Il filmato della polizia è molto duro, ma sulla scena del delitto nulla deve essere trascurato. Tutto può essere utile per individuare l’assassino. Alla crudezza delle immagini si associa un forte senso di profanazione. Mi sembra di essere fuori posto, come un’intrusa che allunga lo sguardo dove non dovrebbe. Ecco le prime domande che mi pongo: è giusto entrare nella vita e nella morte di queste donne? Dov’è il limite? Dove l’autocensura?
Non ho ancora una risposta sicura. So solo che girare lo sguardo dall’altra parte sarebbe un’orribile distrazione. Un venire meno, un nascondere ciò che per anni poeti, scrittori e registi hanno raccontato con la favola nera dell’amore romantico e passionale. Voglio ribellarmi a questo stereotipo, e per farlo, come prima cosa, devo avere gli occhi per guardare. Devo raccontare la realtà, perché arrossisco quando, davanti a queste donne uccise, sento parlare di amore.
Di fronte al filmato della polizia mi faccio coraggio. Osservo la gola aperta di Maria Rosaria, gli occhi spalancati, il corpo accasciato, la mano che penzola dal sedile destro. Nelle mie orecchie risuona lo scrosciare della pioggia e la frase del poliziotto che invita l’operatore a inquadrare le rose rosse.
È la prima volta che vedo una donna morta ammazzata.
Quando finisco di esaminare le riprese, provo imbarazzo: sono entrata nell’intimità piú profonda del corpo senza vita di Maria Rosaria. Una visione interdetta anche alla famiglia.
Prendo il dvd del filmato e lo spezzo con le mani. Mi taglio, ma riesco a romperlo. Ho paura che lo veda qualcuno che potrebbe farne un uso sbagliato. Non me lo perdonerei.
D’ora in poi, ogni volta che mi capiterà di recuperare i filmati girati dalla polizia e dai carabinieri, dopo averli visionati, li distruggerò.
All’inizio dell’estate parto per Cosenza, la città dove Maria Rosaria viveva. Non me la sento di incontrare subito la famiglia. Ho bisogno di capire meglio chi era questa ragazza, e perché, dopo appena tre mesi, è stata accoltellata da Corrado.
A Cosenza mi accolgono Emily e Arcangelo, due giornalisti.
Emily, una collega di Maria Rosaria, si porta dietro il dolore di non essersi accorta del pericolo che correva l’amica. Maria Rosaria l’aveva aiutata a inserirsi in redazione, erano diventate inseparabili, passavano molto tempo insieme.
Arcangelo scrive da anni per la «Gazzetta del Sud». Per Maria Rosaria era il giornalista piú grande, con esperienza maggiore, il modello da raggiungere, quello che l’aveva sempre incoraggiata a inseguire il suo sogno. Anche lui, come Emily, non si dà pace.
Sono loro a raccontarmi tutto ciò che sanno di Maria Rosaria. Ma hanno tante domande senza risposta.
Maria Rosaria nasce a Rossano Calabro, dove vive tuttora la sua famiglia. Figlia di un poliziotto e di una casalinga, lascia il paese dopo il liceo e si trasferisce a Cosenza per l’università. Si laurea in lingue, parla bene l’inglese e lo spagnolo, sogna di diventare una giornalista. Dopo la laurea rimane a vivere a Cosenza perché inizia a collaborare con la tv locale, e perché ormai Rossano Calabro le sta stretta.
Si specializza in cronaca nera e giudiziaria, e conduce l’edizione principale del telegiornale, quella delle diciannove e trenta. Entra nelle case della città: tutti la vedono e familiarizzano col suo volto. Alta un metro e settantacinque, capelli neri e occhi verdi, sembra una star per quanto è bella, vitale e piena di energia.
Anche Corrado tutte le sere la vede in tv, e se ne innamora. Ma dove la conosce?
Una delle colleghe di Maria Rosaria dice che il primo incontro avviene durante la riunione di un’associazione frequentata da entrambi. Qualcun altro sostiene che si vedono in un supermercato: mentre Maria Rosaria fa la spesa, Corrado la ferma.
Queste ipotesi non mi convincono, ed Emily non mi racconta nulla a riguardo. Decido di non forzare. Una cosa è certa, però: all’epoca del primo incontro con Corrado, Maria Rosaria è single. Alle spalle ha una storia importante, finita da un anno: un rapporto tormentato e difficile, fatto di tira e molla continui. Sí, perché lui non se la sentiva di compiere un passo impegnativo come il matrimonio. E un giorno, stanca dell’indecisione, Maria Rosaria lo aveva lasciato definitivamente. La scelta non era stata accettata dai genitori di lei, ma era irrevocabile. Irrevocabile e dolorosa. Poiché, oltre alla carriera giornalistica, l’altro grande sogno di Maria Rosaria era mettere su famiglia.
Cosí, appena Corrado arriva nella sua vita, cercandola con insistenza, senza darle tregua, le sembra l’uomo giusto: ha trentasette anni, dieci piú di lei, un lavoro stabile (fa il rappresentante di prodotti per dentisti) e la corteggia come se non avesse paura di mettersi in gioco.
Guardo l’unica foto di Corrado che sono riuscita a procurarmi. È stempiato, indossa una giacca blu e una camicia bianca senza cravatta, con i primi due bottoni aperti. Non lo trovo bello, ma mi colpisce il suo sguardo brillante.
Dalle indagini della polizia emerge che Corrado viveva al di sopra delle proprie possibilità. Le colleghe di Maria Rosaria mi confermano che per conquistarla non si è risparmiato in regali e cene. Il suo obiettivo era quello di impressionarla positivamente, e c’è riuscito.
Ma scopro anche un’ombra nel passato di Corrado. Da alcune voci apprendo che l’ex moglie, nelle carte della separazione, lo ha accusato di maltrattamenti. Per capire quanto c’è di vero, contatto l’avvocato di Corrado. O meglio, l’avvocato dei suoi genitori: mi presenta Corrado come un uomo pacifico, un gran lavoratore, molto legato alla famiglia d’origine, in particolare alla mamma.
Riguardo all’accusa di violenza, mi blocca subito. La situazione non è mai stata denunciata, quindi per la legge non esiste. Sono solo voci e conflitti fra ex coniugi in fase di separazione. E chiude l’argomento.
Arriva il momento di incontrare la famiglia di Maria Rosaria, e da Cosenza mi sposto a Rossano Calabro. I genitori mi accolgono a casa. La mamma, vestita a lutto, mi ascolta e parla poco. Anche il padre non dice quasi nulla. Sono i due fratelli a farmi qualche domanda.
Il salone in cui mi ricevono è semplice ed essenziale. Nella camera dove è cresciuta Maria Rosaria, ci sono ancora le sue bambole: una ha i capelli raccolti in due codine e la bocca all’ingiú, e sulle gote sono disegnate un paio di lacrime.
È la prima volta che mi confronto con un dolore cosí grande. Ho paura di dire qualcosa che anche involontariamente possa ferire quei genitori cosí silenziosi, quei fratelli cosí protettivi.
Il volto segnato della mamma di Maria Rosaria e il nero dei suoi vestiti raccontano la sofferenza piú di tante parole.
Gli elementi piú importanti cominciano a esserci. Ma ne manca ancora uno: la famiglia di Corrado. Quando torno a Roma, mi chiedo se sia opportuno contattare i parenti o se sia sufficiente aver parlato con il loro avvocato.
Sono piena di dubbi, ma decido di telefonare. Cerco il numero sull’elenco, mi faccio coraggio, chiamo a casa. Risponde la mamma di Corrado. Mi presento, le spiego brevemente lo scopo delle mie ricerche e nel racconto cerco di essere oggettiva e rispettosa di suo figlio. Ma la signora, come previsto, ha una reazione forte. M’interrompe, è agitata. Mi prega di lasciarla in pace perché suo figlio ha già pagato: si è suicidato dopo aver ucciso Maria Rosaria. Io ascolto in silenzio, e l’unica cosa che riesco a dire è che lo so.
Quando chiudo, ho l’impressione di aver sbagliato qualcosa. Non dovevo chiamarla. Anche lei, in fondo, ha perso un figlio. Una pena nella pena, perché per tutti sarà sempre la mamma dell’assassino.
Dopo averle parlato, provo imbarazzo a usare la parola assassino. Anche gli altri genitori vivono nel dolore. Un dolore ugualmente forte.
Ormai la mia vita è intrecciata a quella di Maria Rosaria. Adesso di lei mi parlano i verbali di polizia e gli atti d’indagine.
Dedico l’intero mese di luglio del 2007 allo studio meticoloso delle carte processuali. Sul muro dell’ufficio ho attaccato tutti gli articoli sull’omicidio, le foto, i post-it con le scene da ricostruire. Sul muro dell’ufficio sono stese la vita e la morte di Maria Rosaria.
Fa caldo, il condizionatore è rotto, l’afa a Roma è insopportabile. Mi porto gli atti giudiziari a casa e nella notte finisco di leggere le ultime cinquanta pagine. Ora ho raccolto tutte le informazioni. Sono pronta.
Il giorno dopo mi trovo per la seconda volta nel giro di poche settimane in Calabria, ma c’è subito un imprevisto. I genitori di Maria Rosaria non sono piú disponibili a essere intervistati, non se la sentono. Eppure sono venuta qui apposta.
Sono preoccupata perché può saltare tutto. Mi prendo una pausa per riflettere, e giro tutto il giorno per Cosenza. Fa piú caldo che a Roma, non si respira. Quando ogni cosa mi sembra persa, squilla il telefonino. È Nazzareno, il fratello maggiore di Maria Rosaria. Mi chiama per spiegare la scelta dei suoi genitori: il dolore è troppo forte per ricordare quello che è accaduto. Non ce la fanno a parlare della morte della figlia.
Mi dice, però, che può rappresentare lui la famiglia e raccontare. In qualche modo vorrebbe invitare le donne che subiscono violenza a parlare senza vergognarsi, a parlare prima che sia troppo tardi. Lui, infatti, ha un rimpianto: non ha potuto aiutare Maria Rosaria perché ignorava tutto, perfino l’esistenza di Corrado.
Parto con le interviste. E comincio – tassello dopo tassello – a completare il mosaico.
Maria Rosaria a scuola era bravissima. Quando si è laureata, sognava già di fare la giornalista: era disposta a tutto pur di raggiungere il suo obiettivo, non si sarebbe fatta fermare da nessuno. È il primo pezzo, e lo racconta il fratello Nazzareno.
Sul lavoro era rigorosissima, aspettava la grande occasione che le avrebbe permesso di lasciare la piccola tv di Cosenza. È la voce di Jenny, la caporedattrice, ad aggiungere il secondo tassello.
Ogni volta che entrava nella sala di una conferenza stampa, tutti si giravano a guardarla per quanto era bella. È la terza tessera, e la consegna Arcangelo.
Un giorno aveva presentato in redazione Corrado che, per festeggiare, l’aveva portata a cena fuori con tutte le colleghe. Aveva pagato lui, era stato simpatico e divertente con ognuna di loro. È Emily a raccontarlo.
Mi dice anche, però, che quell’uomo rubava tutto il tempo di Maria Rosaria, che non la lasciava mai da sola. Mai. Era diventato la sua ombra. La andava a prendere in redazione tutti i giorni. Ed Emily stava perdendo Maria Rosaria, rapita da quel nuovo amore.
Al mosaico si aggiunge un ulteriore tassello, il piú importante: il Canada.
Un pomeriggio, in redazione, si diffonde la notizia che Maria Rosaria andrà a lavorare per sei mesi a Toronto, in una tv italo-canadese. Finalmente è arrivata l’occasione che aspetta da tempo, quella che le permetterà di dare una svolta alla sua carriera giornalistica. Maria Rosaria è felice e festeggia con i colleghi. Corrado prova sentimenti doppi, quasi contrastanti, di gioia e dispiacere. Ma in verità ha paura: lasciarla partire verso un altro Paese, con nuovi stimoli e nuovi incontri, potrebbe significare perderla. E vuole che Maria Rosaria rifiuti la proposta.
Iniziano giornate pesanti, fatte di discussioni e litigi. Maria Rosaria è determinata a partire, perché sa di non poter rinunciare a quell’opportunità all’estero. Finché il 5 dicembre, un giovedí, arriva in redazione sconvolta. Attorno al collo ha segni e arrossamenti che prova a nascondere con un foulard.
Incontrando Emily, cerca di sminuire, ma davanti alle domande insistenti di lei e di Jenny, si mette a piangere e racconta quello che è successo la sera prima, quando, poco dopo la cena, è scoppiata l’ennesima discussione sul Canada con Corrado. Non potendo convincerla a rimanere in Italia, Corrado si è alzato di scatto, ha cominciato a urlare e l’ha sbattuta contro il muro. Poi le ha messo le mani al collo, stringendo, con il fuoco negli occhi. Il tutto, in una frazione di secondo. Fortuna che la furia, a un certo punto, si è placata. Ma a quel punto Corrado ha obbligato Maria Rosaria a rimanere a dormire da lui. Solo con l’arrivo del mattino, lei è riuscita a scappare da quella casa, in silenzio e in punta di piedi.
Jenny prova a convincerla a denunciarlo, proponendosi di accompagnarla in caserma. Maria Rosaria, però, non se la sente. Ha deciso di chiudere, ma non vuole sporgere denuncia. Perché non basta un episodio, dice, ad annullare quello che c’è stato tra loro. Non ci tiene a rovinare Corrado, che non è mai stato aggressivo prima di quella sera. Lo lascerà e lo cancellerà dalla sua vita, ma non lo denuncerà.
Quel giovedí Maria Rosaria decide di non rispondere alle telefonate di Corrado. Il proposito dura poco, e alla fine cede. Corrado si affretta a dirle che ha bisogno di lei perché si è fatto male in un incidente d’auto. È una menzogna. Maria Rosaria lo intuisce e interrompe la telefonata, pentendosi di aver risposto.
Corrado non si ferma e chiama in redazione piú volte. Maria Rosaria chiede alle colleghe di non passarglielo: tutta quell’insistenza la ...

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